La permanenza a Lipsia è sicuramente stata di breve durata. Busoni infatti «trascorse i primi due mesi del 1912 nella 'sua' Berlino, immerso nella frenetica attività musicale della metropoli prussiana. Il 19 gennaio la Gesellschaft der Musikfreunde dedicò un concerto esclusivamente a sue composizioni [1]: un evento artistico importante per il musicista italiano che, felice e onorato, si sentiva sempre più legato alla sua patria d'adozione. Tra il pubblico «attento e pronto al riconoscimento» [2] c'era anche Arnold Schönberg, con cui Busoni era in quel periodo in stretti rapporti. [3] Qualche settimana dopo ricambiò la cortesia partecipando, con una ristretta e qualificata cerchia di persone, a un concerto di musiche da camera schönberghiane. [4] Alla fine di febbraio, ebbe anche l'occasione di ascoltare una conferenza del musicista viennese su temi stimolanti per le sue ricerche in ambito musicale ed estetico. [5] Subito dopo scrisse un articolo in cui, riferendosi al concerto con musiche sue e alla conferenza di Schönberg, proclamava l'indipendenza dai modelli e dai dettami delle scuole e manifestava, come Boccioni nella lettera sopra citata ma con toni più pacati e meno sofferti, una completa devozione all'arte:

«Il creatore tende, in fondo, solo alla perfezione. E mentre cerca di armonizzarla con la propria individualità, una nuova legge involontariamente sorge. Nel concetto del «creare» è contenuto quello del «nuovo»; per questo la creazione differisce dall'imitazione. Si segue un grande modello con la massima fedeltà se non lo si segue: giacché il modello è grande in quanto si allontana da ciò che l'ha preceduto. In questo senso Arnold Schönberg ha parlato a una piccola cerchia di persone quando ha dimostrato di quanto poco aiuto sia la teoria della composizione. Questa insegna ciò che è già noto. Ma il creatore vuole l'ignoto. [...] Per me l'opera d'arte è lo scopo supremo di ogni aspirazione umana.» [6]

[1] Furono eseguite tre composizioni molto diverse tra loro: la Fantasia contrappuntistica per pianoforte, nata in origine come completamento della fuga finale dell'Arte della fuga di Bach; la rarefatta, raffinata e, per quei tempi, audace Berceuse élégiaque, breve brano orchestrale dedicato alla memoria della madre, e il monumentale Concerto per pianoforte, coro d'uomini e orchestra, ancora profondamente radicato nell'Ottocento musicale, soprattutto di area mitteleuropea (ma con grotteschi e divertiti ammiccamenti alla musica popolare napoletana).

[2] Cfr. Autorecensione, in BUSONI, Lo sguardo lieto (Tutti gli scritti sulla musica e le arti), il Saggiatore, Milano, 1977, p. 173. Si intende ovviamente «riconoscimento» della sue qualità di compositore, a cui teneva più di ogni altra cosa. Le lettere e i testi teorici di Busoni, sono tradotti, salvo diversa indicazione, dal tedesco. Soltanto le lettere ad Anzoletti, Boccioni, Clausetti e Serato sono scritte in italiano. Questa precisazione vale anche per l'articolo introduttivo.

[3] Schönberg si commosse ascoltando la Berceuse ed elogiò l'impressionante architettura del Concerto (cfr. la lettera a Busoni del 22 gennaio 1912, in BUSONI, Lettere..., pp. 353-354 e il Diario berlinese, pubblicato in Ch. ROSEN, Schönberg, Milano, Mondadori, 1984, p. 113).

[4] Sulle quali scrisse una benevola recensione intitolata Matinée schönberghiana (in BUSONI, Lo sguardo..., pp. 389-390): «Un'armonia sfrontata - scrisse riferendosi al programma comprendente Lieder giovanili e pezzi per pianoforte (tra cui quelli op. 19) - che per la sua stessa insistenza perde automaticamente il mordente - [...] - ingenuità in proporzioni quasi barbariche. Eppure tanta scioltezza, tanta chiarezza di visione e rettitudine. [...] Uno spettacolo insolito che, sorretto dalla sonorità insolita, esercita un fascino.»

[5] Schönberg annotò nel suo diario (ROSEN, p. 123): «Nel corso della mia conferenza ho esposto le mie idee sul genio e sul talento. E in particolare quella che il genio sarà la forma futura dell'umanità. Ciò sembra essere piaciuto molto a Busoni (ne sono davvero straordinariamente contento!)» I rapporti tra Busoni e Schönberg non erano tuttavia sempre sereni, a causa di incomprensioni reciproche dovute non solo a profonde differenze di temperamento, ma anche al diverso modo di intendere lo sviluppo della musica in un momento cruciale nella storia di tutte le arti e alla diversa posizione dei due artisti nel mondo musicale berlinese (nel 1912 era di gran lunga più eminente quella di Busoni). Il diario di Schönberg documenta la difficoltà e la complessità dei loro rapporti ma nel contempo l'alta stima reciproca: Per esempio, riferendosi conferenza, Schönberg scrisse: «Credo mi sia ancora possibile trovare con lui [Busoni] un punto d'intesa. Desiderato l'ho sempre, giacché indubbiamente è un uomo geniale. In ogni caso di gran lunga il migliore ch'io abbia sinora conosciuto» (ibidem). Sui rapporti Busoni-Schönberg cfr. anche M. WEINDEL, Ferruccio Busonis Ästhetik in seinen Briefen und Schriften, Wilhelmshaven, F. Noetzel Verlag, 130 sgg.; H. H. STUCKENSCHMIDT, Schönberg, Atlantis Musikbuch-Verlag Zürich, 1974; traduz. francese (a cui faccio riferimento), Fayard, 1993, pp. 232-247) e Ph. ALBÈRA, Introduction al carteggio Schönberg-Busoni nel vol. Schönberg-Busoni; Schönberg-Kandinsky (Correspondances, textes), Editions Contrechamps, Genève, 1995, pp. 11-23. La traduzione in italiano dell'importante carteggio tra i due musicisti, curato da J. Theurich, è pubblicata in BUSONI, Lettere..., pp. 517-568.

[6] BUSONI, Lo sguardo..., pp. 173-175. Le righe iniziali, in cui Busoni parla della legge interna a ogni opera d'arte, trovano una singolare corrispondenza in un passo di Dinamismo plastico: «[Il] quadro, come organismo indipendente, ha una sua propria legge, e gli elementi che lo compongono obbediscono a questa legge creando cosí la rassomiglianza del quadro con se stesso» (BOCCIONI, Scritti..., p. 118). Busoni sviluppò questo concetto nel suo Abbozzo di una nuova estetica della musica e in altri scritti teorici.