ANTONY BEAUMONT

GUERRA E CLASSICITÀ

Il curatore di questa Website ringrazia di cuore il maestro Antony Beaumont per il generoso permesso di pubblicazione di questo suo saggio, nell'ambito di un progetto per ricordare la figura e l'opera del musicologo Sergio Sablich prematuramente scomparso il 7 marzo 2005.

Il titolo della mia relazione può sembrare strano, ma l'ho scelto perché desidero avanzare un'ipotesi, che cioè la nuova classicità di Busoni debba la sua origine alla prima guerra mondiale.

Questo convegno tratta dei rapporti fra Busoni e Berlino ed è nei suoi anni berlinesi che Busoni sviluppa pienamente la sua idea al riguardo. Ora, se vogliamo occuparci della nuova classicità, dobbiamo: 1) esaminarne la natura e 2) cercare le ragioni biografiche e sociali di questa svolta stilistica.

Esaminiamo il 1º punto e domandiamoci che cos'è veramente la nuova classicità. Il modo migliore di rispondere a questa domanda è stabilire ciò che essa non è. La nuova classicità evita - cioè voleva evitare - tutti gli "ismi", soprattutto il futurismo e l'espressionsimo. Simile a una testa di Giano guarda al passato, alle origini della musica e a tutti gli stili ripudiati o superati, senza voler con ciò essere regressiva. (A questo scopo Busoni avanzava la tesi dell'«onnipresenza del tempo»). La nuova classicità accetta la tonalità come linguaggio fondamentale della musica, senza tuttavia perder di vista le possibilità di rinnovamento del linguaggio musicale. Essa incoraggia l'impiego di nuovi strumenti, persino di macchine, di nuove scale e di microintervalli, senza voler con ciò rinunciare a ciò che è già affermato nell'uso. Accoglie con favore la polifonia - anche nelle sue forme più rigorose - ma, al di là di questa, cerca l'assoluta libertà della musica. Questa libertà non doveva riguardare né i principi dell'ordine costituito né le strutture sociali.

La produzione di Busoni negli anni Berlinesi corrisponde solo in parte a queste richieste, ma resta sempre fedele al principio fondamentale della rinuncia. La nuova classicità, come la vediamo impiegata da Busoni nella pratica, è un movimento pendolare tra il tutto e il nulla: nello sforzo di non rinunciare a nulla, si deve rinunciare a tutto ciò che non è essenziale, e l'arte si fa semplice e "snella". Negli ultimi anni di vita Busoni subisce, come si può osservare, un nuovo fascino, quello delle regole della simmetria, regole che egli aveva fatto oggetto di indagine già nel 1910 nella Fantasia contrappuntistica. Tra l'aprile del 1923 e il marzo del 1924 scrisse solo alcuni pezzi di minori proporzioni in cui si potevano mettere alla prova le nuove tecniche. In questi pezzi il linguaggio musicale diviene più astratto, più sciolto, addirittura "più atonale" e indica un nuovo indirizzo che doveva portare a superare il linguaggio già costituito della nuova classicità. Ma la morte impedì a Busoni di evolversi più oltre in questa direzione.

Se prendiamo in esame l'influenza della guerra su un artista dobbiamo limitarci, di regola, a osservare le reazioni che appaiono allo scoperto. Credo si possa affermare che i compositori sono spesso persone politicamente ingenue. Le loro reazioni alla guerra vanno dallo sciovinismo al pacifismo, ma esistono anche fuga e indifferenza. Vediamo qualche esempio di questi fenomeni, scelti dall'Inghilterra al tempo della seconda Guerra mondiale: William Walton che, in tempo di guerra, compose musica per film su eroi inglesi tratti dai drammi di Shakespeare, Michael Tippet che andò a finire in carcere per il suo rifiuto del servizio militare e Benjamin Britten che si rifugiò in America. La posizione particolare assunta da Beethoven nei confronti del tema guerra e arte potrebbe costituire un interessante studio a sé: si va dallo sfruttamento finanziario (si pensi a lavori come La vittoria di Wellington e le Variazioni su "Rule Britannia") fino al più eccelso idealismo (per esempio la sinfonia Eroica). Con l'inizio della prima Guerra Mondiale il mondo culturale europeo andò improvvisamente in frantumi. Le esperienze di guerra di Maurice Ravel possono venir definite tipiche di molti artisti della sua generazione. A un iniziale entusiasmo per la causa nazionale seguì un ritorno alla creatività, tuttavia senza quell'aspirazione a spingersi avanti che aveva caratterizzato gli anni dal 1900 al 1914. Ravel scrive le Trois Chansons per coro e Le Tombeau de Couperin. Con ciò trova una sua via personale per tornare al classicismo. Il cammino percorso da Busoni durante la guerra fu più complicato. Se è paragonabile a quello di un altro compositore, lo è forse a quello di Heinrich Schütz durante la Guerra dei trent'anni. Nelle parole di Busoni sul tema guerra possiamo trovare turbamento, disperazione, e speranza e la nota costante è un appassionato rifiuto della violenza in tutte le sue forme. Per l'umanità la guerra può significare solo un reculer pour mieux sauter. Difatti dopo il cinismo espresso nel libretto di Arlecchino si assiste a una specie di rinascita. Il compositore non si volge soltanto all'indietro, tornando ai classici, come fecero Ravel e più tardi Stravinskij, ma si sforza anche di contemplare il mondo intero con occhi di bambino. Questo ringiovanimento artistico - e artificiale - ha inizio con la Sonatina ad usum infantis e sfocia nell'annuncio della "nuova classicità" nel 1918. Negli anni di Berlino si assiste poi allo sviluppo logico di questo corso di pensiero e alla sua trasmissione ai compositori della nuova generazione.

Il parallelismo con Heinrich Schütz non è privo di interesse. Una guerra costringe ambedue prima alla fuga e poi alla rinuncia. Già prima che la Sassonia venga coinvolta nel 1628 nella Guerra dei trent'anni, Schütz fugge da Dresda, dove svolgeva la sua attività di maestro di cappella di Corte, e si reca in Italia. Colà dove un tempo c'erano i suoi maestri, i fratelli Grabrieli, trova ora Claudio Monteverdi e da lui impara a conoscere lo stile nuovo. Nel 1629 Schütz pubblica a Venezia le sue Symphoniae Sacrae, che significano per lui una completa svolta stilistica. Rientra in Sassonia, ma ben presto fugge in Danimarca, torna di nuovo a Dresda e vi pubblica i Kleine geistliche Konzerte, il cui principio fondamentale è costituito dal tema della rinuncia: mentre prima grandi mottetti per doppio coro con accompagnamento strumentale erano all'ordine del giorno, la cappella di Dresda consta ora di un pugno di cantori. Tuttavia per questo organico minimo Schütz scrive la sua musica più straordinaria, e prova che povertà, angustia e rinuncia possono tuttavia produrre arte. Dopo la fine della guerra egli pubblica le sue tre ultime Passioni (secondo Luca, Matteo e Giovanni) concepite per coro a cappella. La rinuncia è diventata un fatto normale, Schütz ha raggiunto, per così dire, la sua classicità e scrive capolavori in cui tutto ciò che è superfluo viene eliminato.
Analogo è il caso di Debussy al tempo della prima guerra mondiale. Egli rinuncia un po' alla volta a tutto ciò che lo ha reso famoso. Compone La boite à joujoux, un balletto infantile per pianoforte solo, in cui la desolazione della guerra è rappresentata con cinismo ("Il pleut, il pleut bergère" in modo minore, danzato davanti a una fattoria abbandonata in un paesaggio devastato). Seguono gli Studi e le tre Sonate di Claude Debussy musicien français, un piccolo segno del suo orgoglio nazionale. Ma anche qui la rinuncia è assurta a principio fondamentale della musica.
Vorrei leggervi alcuni estratti del pensiero di Busoni sul tema della guerra, rimasti inediti fino ad oggi. Li aveva stesi in forma di diario e intitolati Appunti della stagione alta.

27 settembre 1914. Ho appreso ieri che il tisico garzone di fornaio Gorkij ha indossato la divisa. - Deve indignarsi, è naturale, con una nazione che ha accolto entusiasticamente il suo Albergo dei poveri. - Non potrei affermare lo stesso dei libri di Maeterlinck, ed egli deve avere una profonda ragione per essere così ostile nonostante l'accoglienza fatta ai suoi libri in Germania. Se la prendono con D'Annunzio perché proclama la fratellanza tra Italia e Francia: ma in fondo non ha ragione? Ha perfettamente ragione!

(Lo stesso giorno).
Dopo che il Belgio è stato assalito di sorpresa, Reims bombardata e il compositore Albéric Magnard fucilato, questo sistema e questo tipo di 'azione difensiva' mi sono ora perfettamente chiari. Dopo essersi cacciata in questo pasticcio, la Prussia deve arrivare alla meta ad ogni costo. Non c'è da aspettarsi e meno che mai da pretendere 'umanità' ed 'estetica'; ma rimarrebbe l'umile desiderio che questi princìpi non venissero sbandierati.

29 settembre.
Sono già tre settimane che sono ammalato ed è la terza volta quest'anno. Solo un grande sollievo morale mi potrebbe guarire a fondo, ma da dove dovrebbe venire? Dovunque volgo lo sguardo vedo le stesse cose. In alto avidità, in basso stoltezza, in mezzo tanta sete di sangue, una bestialità scatenata; e allora ci si dice; sono stato ben ben menato per il naso e a lungo. In questo momento non mi sento più la forza di costruire altari; di essere architetto, sacerdote e comunità per me stesso e in una persona.

2 ottobre.
Ero uso dire: sulla Terra ci sono, in complesso, o civiltà nascenti o civiltà morenti. Solo la minuscola porzione di Terra tra Londra e Roma; tra Parigi e Mosca può vantarsi di avere una civiltà fiorente, viva, matura e ancora giovane. Dichiaro che questa opinione è uno degli errori della mia vita. La rapidità con cui tutti gli uomini tra Londra e Roma, tra Parigi e Mosca sono potuti ricadere nella bestialità primitiva dimostra che la civiltà loro attribuita era una grossolana illusione.

(Lo stesso giorno).
Alla fine della sua serie sulla guerra, come risultato complessivo di tutti gli orrori che ha disegnato, Goya scrive: la verità è morta! Ed è questa la sensazione; non si sa più che cosa è giusto e che cosa è vero.
Un certo Diepenbrock, musicista di Amsterdam, ha pubblicato un articolo ingiurioso contro la guerra e soprattutto contro i tedeschi. Di rimando l'uomo d'onore August Spanuth lo maltratta sul suo giornale. Diepenbrock elenca le 'virtù' che i tedeschi considerano proprie: fedeltà tedesca, lealtà tedesca, serietà tedesca, diligenza tedesca, precisione tedesca, animo tedesco. Sono virtù d'oro che pesano come il piombo, soprattutto per quel che riguarda l'animo.


8 ottobre.
Bisogna avere molta pazienza, anche con se stessi. Ho paura del 50° compleanno, che è un mezzo funerale, e delle "opere complete", che sono un mucchietto di miseria.
Ieri c'è stata una prova d'orchestra con Cottlow: quello che i 'Filarmonici' sconciano più di tutti è Beethoven, mentre Tcajkovskij e Wagner sono loro assolutamente congeniali.
Dapprima la gente inveisce contro l'artista nuovo, indi ne esagera il valore, poi la nuova gioventù ha una reazione contraria e alla terza generazione costui è già un classico e non merita più un dibattito: e a chi serve e a che cosa?
Non c'è più una notizia che corrisponda a un'altra - di cose che accadono sotto i nostri occhi -, e poi vatti a fidare della veridicità della storia!
Ieri è stato detto che soltanto tra 6 anni si comincerà a ricostruire. Avrò 54 anni. Potrebbe ancora andare. Speriamo!
[in italiano nel testo].

9 ottobre: si nota qui come la svolta positiva si vada facendo strada.
Il veleno della situazione è penetrato lentamente nel mio animo, tanto che per tutto il mese di agosto mi sono potuto ritenere immune. Ma in settembre ha incominicato ad agire e mi ha buttato a terra. Tuttavia sembra che mi possa riprendere; comincio a distanziarmi dalla faccenda; non partecipo più e non sono quasi nemmeno spettatore; mi rivolgo di nuovo a me stesso e a problemi che non si possono risolvere con i cannoni, ma nemmeno distruggere. Ma per arrivare a questo punto sono dovuto passare prima per il folto della boscaglia.
Ha un certo valore sperimentare qualcosa di così grave alla mia età ed è un buon segno che riesca a superarlo bene.


Domandiamoci ora quale influenza abbia esercitato questa svolta sulla produzione di Busoni. Dapprima ci fu la fuga in America: colà trovò il tempo di riflettere più a lungo sulla guerra. Aveva portato con sé a New York il libretto di Arlecchino e alcune parti già pronte della partitura. In quest'opera, il cui testo fu rielaborato subito dopo lo scoppio della guerra, Busoni sfogò tutta la sua amarezza nei confronti dei suoi simili. Era talmente spaventato, egli stesso, di quel che aveva scritto che decise di non comporre la musica. Riunì invece le parti già scritte in un pezzo orchestrale, il Rondò arlecchinesco. Terminato questo lavoro, rivolse la sua attenzione ai veri americani, agli Indiani, e scrisse un'opera, caduta ora nell'oblio più totale, il Gesang vom Reigen der Geister. I retroscena di questo pezzo sono affascinanti, anche se tristi. Il titolo, a dir il vero, dovrebbe venir scritto in inglese, Song of the Spirit Dance: "spirit dance" era il nome di un movimento degli Indiani, il quale si estinse repentinamente col massacro di Wounded Knee. Del movimento rimasero soltanto alcuni canti, di cui Busoni venne a conoscenza attraverso l'etnomusicologa Natalie Curtis. Uno di questi serve da cantus firmus nel Gesang vom Reigen der Geister. Troviamo dunque qui la sua prima meditazione sul tema uomo e guerra. Ma è una meditazione, non uno sfogo esplosivo, non un grido di dolore, come avrebbe forse fatto un artista di mentalità diversa. Il carattere generale è tranquillo, solenne.

Dopo questo lavoro Busoni scrisse la già citata Sonatina ad usum infantis non soltanto una sonatina per un bambino, infatti la dedicatana era una ragazza di quindici anni ma anche una sonatina che "fa essa stessa un'impressione infantile". Busoni trova qui una freschezza di linguaggio un nuovo candore che cala un velo su tutte le emozioni. In quest'arte del celare, in questo gioco di nascondino dei sentimenti sta, credo, la chiave della nuova classicità.
Nel 1916 Busoni si recò a Roma, dove diresse, tra l'altro, la prima esecuzione assoluta del Rondò arlecchinesco. Assistette anche alla rappresentazione dell'opera di Rossini L'occasione fa il ladro, al Teatro dei Piccoli. In quest'opera giovanile, quasi infantile, Rossini riesce ad esprimere tutto un mondo di sentimenti con un'estrema scarsità di mezzi. Busoni tornò a Zurigo, dove voleva aspettare la fine della guerra, con nell'orecchio la freschezza di quest'opera e portò a termine il suo Arlecchino. Rossini gli aveva indicato la via per nascondere "classicamente" l'amarezza del suo testo in modo tale che essa potesse venir sopportata. Da qui ha origine quella spaccatura che si ritroverà poi sempre nella sua produzione più tarda: la rinuncia alla commozione umana, il desiderio di non esprimere più l'umano, troppo umano (per usare termini di Nietzsche) ma di "mascherare" la musica sì che possa librarsi in sfere ultraterrene.
Si può dunque affermare che le ultime opere di Busoni, e quindi anche il suo capolavoro Doktor Faust, rappresentino un superamento della guerra.

(Traduzione di Laura Dallapiccola)