FERRUCCIO BUSONI

IL FLUSSO DEL TEMPO
CONSIDERAZIONI MUSICALI

ZEITWELLE*
MUSIKALISCHE BETRACHTUNGEN

LO SGUARDO LIETO
pp. 145-147

Dappertutto, e in Germania non meno che altrove, si annunciano gli stessi sintomi di un rivolgimento nelle aspirazioni musicali. Si somigliano in tutti i paesi; ed evidentemente l'aperta esplosione di questa tendenza odierna è una manifestazione del dopoguerra. Nuove condizioni suscitano, in senso traslato, un nuovo atteggiamento, e in arte una nuova espressione e la presunta prerogativa del singolo di annunciarla. Come pretesto si adduce un principio personale, ma alcuni rinunciano persino a tanto e si fanno forti della libertà d'opinione: motivare il proprio modo di procedere viene semplicemente disdegnato. - I piú anziani signori che si atteggiano a liberali cercano un apparente ringiovanimento assentendo e seguendo, cosa che dà loro l'apparenza di marciare alla testa del movimento. Decisiva per loro sembra la giovinezza dei dimostranti e l'ostilità delle loro produzioni alle regole: talento e capacità vengono presi in considerazione solo in via subordinata, alle volte niente affatto.
Ma il movimento è troppo generale e uniforme per potersi ignorare. Bisogna occuparsene, registrare il fatto ed esaminarlo quanto piú oggettivamente possibile.
Eppure il seme che doveva produrre questi fiori è stato seminato prima della Guerra. Schoenberg, il secessionista viennese, Stravinsky, l'acrobata musicale russo, hanno posto le basi (1) per superare quell'organizzazione formale che risultava da un sentimento musicale prevalentemente armonico, condizionato dalla cadenza. Ma negl'ingegni veramente creativi - i soli capaci di fornire una misura al giudizio - tali aspirazioni non nascono da un'intenzione preconcetta, né sono propriamente nuove. Esse piuttosto portano avanti, in modo perfettamente logico e organico, quella metamorfosi espressiva che attraversa il divenire di tutta la musica tonale. Tra Schoenberg e Wagner l'uso dei mezzi sonori non differisce nulla piü che tra Wagner e Beethoven, tra Beethoven e Phiipp Emanuel Bach, tra Philipp Emanuel e Johann Sebastian Bach, tra Johann Sebastian e la generazione precedente. E ad osservare un fenomeno singolo come Schoenberg nel suo proprio sviluppo si troveranno di nuovo tra opera e opera gli stessi rapporti e contrasti che nel quadro generale. Si constaterà come l'armonia di Schoenberg nasca in organica regolarità da quella di Wagner, originariamente determinata del tutto da essa, e solo gradualmente se ne liberi, per progredire a poco a poco verso immagini sonore che allentano il tessuto tonale per ben precise necessità interne e con ciò raggiungono nuove legalità di strutture melodiche e formali. Bisogna tener bene a mente che la musica come fenomeno sonoro è un'entità vivente pressappoco al modo della lingua, dunque debbono compiersi e rispecchiarsi in essa gli stessi rimodellamenti, mutamenti fonetici, dirozzamenti, ampliamenti, che determinano il permanente evolversi della lingua con le sue varianti verbali, la sua cadenza, il suo «tempo», il suo dettato. Se ora ammettiamo questa originaria natura vivente del suono, intenderemo facilmente come le dicerie che corrono sull'atonalità della musica nuova non siano propriamente se non chiacchiere oziose, buone soltanto a stornare l'attenzione da ciò che più importa, ossia dal valutare la potenza creativa, e nel migliore dei casi a deviarla su fenomeni secondari di carattere grammaticale o filologico.
Della musica nuova si dice anche che sia d'indirizzo internazionale e che perciò rinunci alle radici dell'autenticità etnica. Anche questo biasimo scambia la causa per l'effetto. Radicata in senso internazionale è la musica di Bach, che immediatamente si riferisce a modelli italiani e francesi, e per gli stessi motivi lo è l'arte dei classici di Vienna e quella di Richard Wagner. La musica d'oggi sorge da una lunga segregazione nazionale di tutti i popoli europei, ma oggi si dà il curioso fenomeno che da tutte queste culture, tuttora così diverse, sbocciano dappertutto nell'arte aspirazioni tra loro affini. Se internazionalismo dev'essere questo, tuttavia l'intenzione propria dell'internazionalismo, e con ciò il suo pericolo, ne sono assenti, perché anche le stesse aspirazioni si realizzano sempre in manifestazioni conformi al rispettivo carattere nazionale. Ma che anche l'interna affinità vi si documenti inequivocabilmente, questo non può ascriversi a biasimo, ma soltanto come segno di autenticità, giacché sempre l'arte, in tutti i tempi e presso tutti i popoli, è un fatto umano. E continuare a vedere questo elemento umano confermato da ogni parte come spontaneo impulso dell'animo non può suscitare altro che gioia e speranza.
C'è poi un contrassegno, a distinguere effettivamente la musica nuova e giovane da quella della generazione precedente, e non come sintomo concomitante ma come fatto organico: la vistosa riduzione dei mezzi sonori materiali, collegata col rigetto delle forme maggiori della grandezza naturale, e degli eccessi coloristici. Si può ricondurre questo fenomeno a difficoltà esterne (2), le quali potrebbero aver contribuito a determinarlo, ma la ragione decisiva è altrove. Essa risiede in parte nello spegnersi dell'impulso produttivo verso quella specie di monumentalità che negli ultimi decenni s'è manifestato nel dispiegamento di mezzi massicci su ogni terreno. Per un altro verso questo ritegno si spiega poi come una nuova prorompente volontà di raggiungere l'essenza positiva delle cose, di tendere, attraverso la massima semplificazione possibile dei mezzi, a concentrare l'esuberanza dei barocchismi in un'intensità nuova. Tali aspirazioni, che oggi tornano a porre in primo piano la forma da camera e i suoi problemi, sono sempre stati segni di energie in risveglio, e il predominio di questo impulso contro la tendenza espansiva dell'epoca precedente è la sola novità interna della musica «nuova», ed è in rapporto profondo con la volontà spirituale fondamentale del nostro tempo. Ma in che modo questo si confermi nei casi singoli, come raggiunga uno sviluppo produttivo, questo non è affare di scuola, di tendenza, di partito, ma esclusivamente di personalità e di forza creativa.


NOTE DEL CURATORE

* Pubblicato postumo da J.K. (Julius Kapp) col titolo Zeitwelle, musikalische Betrachtungen in «Blätter der Staatsoper», Berlino, V, 2, ottobre 1924, e non più ristampato. Presumibilmente uno degli ultimi scritti di Busoni. Ne abbiamo omesso i due primi capoversi, identici a quelli che inziano l'articolo che qui lo precede (Sui tempi che corrono) e che dunque vanno mentalmente preposti alla sua lettura. Anche l'inizio del terzo capoverso, che invece abbiamo riprodotto, è nei due scritti identico.

 

(1) «Posto le basi». Il testo reca soltanto il verbo (« legten»), ciò che non dà senso; ma nell'articolo precedente si leggeva «legten den Grund», e abbiamo qui completato in conformità.

(2) Evidentemente nel senso di difficoltà economiche; che notoriamente si manifestarono, dopo la Guerra, anche nella vita musicale, sconsigliando l'uso di organici vocali e strumentali costosi.