SONATINA SECONDA

Va subito detto che il termine «sonatina» non è da intendersi nella accezione classica, ma come pezzo di piccole dimensioni per il pianoforte, di forma e impegno diversi. Così, mentre la Prima Sonatina del 1910 (al pari di quella delicata Fantasia da Johann Sebastian Bach composta nel 1909 alla memoria del padre, in cui tutta una vita di dolorosi dissidi si trasfigura all'ombra consolatrice della musica di Bach), non presenta alcuna novità sostanziale, nascendo come un affettuoso esercizio dello spirito e della penna su spunti contrappuntistici desunti dal ciclo An die Jugend (una serie di quattro pezzi per pianoforte del 1909, di cui Busoni rielabora qui il primo, «Preludietto, Fughetta ed Esercizio», e il quarto, «Introduzione, Capriccio Paganinesco ed Epilogo»), la Sonatina seconda, anch'essa del 1910, è per unanime riconoscimento uno dei capolavori di Busoni: per Vlad addirittura «il lavoro più straordinario che Busoni abbia mai composto», tale da scavalcare, per modernità e audacia, tanto Schoenberg quanto Webern, anticipando, citiamo ancora Vlad, «una delle esigenze maggiormente avvertite dall'avanguardia postweberniana, esigenza che postula il totale superamento della tradizionale quadratura e periodicità ritmica». Di fatto in quest'opera lucidissima e tesa vengono abolite le indicazioni di misura e di metro e, per lunghi tratti, anche le suddivisioni in battute; nessuna tonalità principale è riconoscibile all'inizio o alla fine, i segni di alterazione valendo soltanto per le note cui si riferiscono (così richiede espressamente Busoni). Dal lato formale abbiamo una successione ininterrotta di episodi brevi disgiunti solo da pause o corone, nello spirito di una variazione perpetua e infinita. L'atematismo è principio assoluto, benché la ricchezza melodica sia la base della composizione (fin dall'inizio: l'opera si apre con una melodia che sale dal si basso fino al do centrale con intervalli sempre più ampi, e questa melodia sarà il filo interno del divenire musicale); la polifonia è sviluppata al massimo anche in senso tradizionale con l'impiego di procedimenti imitativi e canonici (nell'« Andante tranquillo, dolce senza accenti » appare un canone rigoroso a tre voci di aforistica intensità); l'armonia sembra periodicamente bloccarsi in successioni di accordi a sé stanti, in un arco di tensioni irrisolte dalle molteplici direzioni virtuali (è ciò che Busoni chiama « armonia multiversale »). Eppure, come osserva Stuckenschmidt, « in questa musica è ancora serbato il gesto d'una regolarità classica, e non si sa bene come accada che la composizione, del tutto priva di precedenti per i suoi aspetti particolari, si ordini in un insieme di cristallina evidenza e chiarezza » . In realtà un precedente esiste, e sia Vlad sia Stuckenschmidt finiscono per additarlo nei coevi pezzi pianistici dell'opera li di Schoenberg, del secondo dei quali Busoni aveva curato proprio nel 1910 una trascrizione definita, come sappiamo, « Interpretazione da concerto ». Le affinità sono in verità molteplici, sia nella concezione aforistica della forma (in Busoni però annodata dai fili di una più sottile continuità), sia nella tendenza al suono translucido, oggettivo, depurato di ogni traccia di sensualità e ridotto all'essenza, sia nella rinuncia al virtuosismo strumentale (in Busoni in misura leggermente minore che in Schoenberg).

Giustamente è stato osservato che la Sonatina seconda è un'opera utopica, visionaria, l'opera di un mistico del suono che ascolta e riproduce risonanze interiori, indirizzandole verso regioni inesplorate e segrete dello spirito cosmico, in cui la musica aleggia come « parte dell'universo vibrante ». Pure essa non si esaurisce affatto sul piano dell'astrattezza: per esempio Busoni postula esplicitamente, nelle abbondanti didascalie di cui il lavoro è corredato, la partecipazione emotiva, la giusta definizione espressiva (così all'inizio dell'opera è scritto: «Il tutto vivace, fantastico, con energia, capriccio e sentimento » - « sostenuto, a mezza voce parlando »). Tali indicazioni determinano l'atteggiamento dell'esecutore più che la qualità della musica stessa, e in tal senso vanno lette come richiesta di una partecipazione attiva al mistero della ricreazione, quasi un corrispettivo psicologico della inesauribile varietà e libertà di accenti della musica.

Busoni fu consapevole di aver raggiunto con la Sonatina seconda i vertici di ciò che si doveva intendere per «nuovo » e necessario ampliamento del linguaggio e delle forme della tradizione, come sua organica e graduale continuazione nel presente e verso il futuro. Oltre quel limite, certo passibile di ulteriori miglioramenti e perfezionamenti, due sole strade erano possibili: o il ritorno, in senso attivo e « progressi-

vo », a leggi antiche (la futura «nuova classicità ») o la fondazione di leggi e strutture nuove, che però avrebbero finito per diventare anch'esse una limitazione e un'astrazione nel circolo eterno della storia (ecco quindi l'arresto di fronte all'abisso, e il distacco sempre più definitivo sia dalle avanguardie sia, in particolare, da Schoenberg e dai suoi seguaci). Da un punto di vista linguistico le altre Sonatine rappresentano indubbiamente un passo indietro, ma illuminano nuovi aspetti dell'arte di Busoni e del suo personale stile pianistico, nel rinnovato contatto con Bach e con Liszt trascrittore.
[Sergio Sablich]

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La SONATINA SECONDA (K. 259), de juin-juillet 1912, est la plus célèbre des six, et à bon droit, car c'est l'ouvre la plus audacieusement novatrice de Busoni, de forme entièrement libre. Une musique complètement atonale, et renonçant même à la barre de mesure: donc, en un sens, plus avancée même que ce que Schonberg et ses disciples écrivaient à la même époque! L'ouvre habite ce monde étrange de rêve crépusculaire et blême, au-delà de toute pesanteur, propre à Busoni. Il est significatif que le compositeur ait repris l'espèce de Choral intervenant après le premier climax, puis juste avant la fin, pour l'un des moments capitaux du Docteur Faust. - Celui dans lequel les trois mystérieux étudiants de Cracovie, vêtus de noir, remettent à Faust le Livre magique. Vers la fin de l'ouvre, les accords d'accompagnement deviennent des clusters indistincts et non-fonctionnels dans le grave du clavier. L'ouvre entière tire son unité d'un intervalle: la seconde (d'ailleurs annoncée, par jeu de mots, dans le titre même!). Mineure ou majeure, ou encore renversée sous forme de septième, elle domine tout le déroulement de la Sonatine. En voici un exemple

L'harmonie, non tonale, est faite surtout de divers accords combinant quartes et neuvièmes. En sa totale liberté, l'ouvre va bien au-delà de toute autre musique de son époque. et garde toute sa fascinante actualité. Avec le Nocturne svniphonique pour orchestre, de la même année, elle représente l'avancée stylistique la plus extreme de son auteur. [La musique de piano - Fayard]