BERCEUSE
ÉLÉGIAQUE

Composta in morte della madre, deceduta il 3 ottobre 1909, è uno di quei brevi pezzi in cui si realizza pienamente il principio busoniano di una costruzione libera, sempre sgorgante dalla fantasia. Peraltro la fattura ne è perfetta, e l'autore stesso confessò di aver qui individuato per la prima volta una sonorità tutta particolare (interessante la funzione the svolgono in orchestra l'arpa e la celesta). Non manca qualche reminiscenza impressionistica, tuttavia risolta in un discorso assolutamente personale. Diretta da Mahler nel 1911 a Boston, la Berceuse godette il favore di Toscanini, presente a quella prima esecuzione. [Giacomo Manzoni]

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En 1909, sa mère Anna décède et, en écrivant la Berceuse élégiaque op. 42, Busoni écrit ici une ceuvre funèbre difficile. Elle porte le soustitre suivant: «La berceuse de l'homme qui se tient auprès du cercueil de sa mère». Il l'a faite précéder d'un quatrain:

Lorsque le berceau de l'enfant se balance
C'est le berceau de son destin qui oscille
Le chemin de la vie passe
Se perd dans les lointains éternels

Le caractère est déterminé, d'une part, par les continuels mouvements pendulaires dans les voix de cordes intermédiaires; le compositeur a certainement voulu rendre ici, dans un tempo calme, le balancement du berceau. D'autre part, les figures rythmiques pointées ont aussi un effet déterminant; elles nous forcent à associer ce passage à une marche funèbre. Troisième élément déterminant: les progressions par degrés, qui ne se hissent qu'à grand-peine jusque dans les registres aigus: elles sont constamment suivies de demi-tons descendants qui créent de bout en bout un climat dépressif. Quatrièmement, les couleurs orchestrales sombres jouent également un rôle déterminant et - cinquièmement - les mouvements de triolets qui progressent comme un perpetuum mobile: par le manque de but dont ils font preuve ils créent une impression de désolation désespérée. Busoni renforce le geste sombre de l'ensemble en utilisant une particularité harmonique: il mélange différentes tonalités de manière bitonale, ce qui suscite une impression de vague et de sincérité. Musique funèbre retentissante, une douleur à peine contenue, désarroi d'un homme qui fut, de son vivant très proche de sa mère. La berceuse funèbre se fige dans le ton de fa majeur avec sixte ajoutée, ne trouve aucune conclusion stablé. Si nous mettons de côté le motif biographique, il ne reste alors qu'une création audacieuse sur le plan de la sonorité et de l'harmonie; il reste la perte de tonalités nettement définies, la perte également de certitudes rythmiques. On ne peut manquer de noter que cette oeuvre est assez proche de l'atonalité de Schoenberg (qui l'expérimenta également en 1909), tout comme des oeuvres funèbres tardives de Liszt évoquant le chant des gondoliers.

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La prima delle Elegie per orchestra [...] è la Berceuse élégiaque op. 42, apparsa nel 1910 ma composta nell'ottobre 1909, a Londra in memoria della madre da poco morta, e ancora sotto la diretta emozione di un dolore che, come sappiamo, toccò nel profondo il cuore di Busoni. Il clima poetico di questo lavoro (una «poesia» per piccola orchestra, come lo chiamò Busoni) è reso non soltanto dal sottotitolo, che suona «Des Mannes Wiegenlied am Sarge seiner Mutter» (Ninna-nanna dell'Uomo sulla bara di sua Madre), ma anche dai quattro versi premessi alla partitura:

Schwingt die Wiege des Kindes,
Schwankt die Wage seines Schicksals,
Schwindet der Weg des Lebens,
Schwindet hin in die ewigen Fernen...

Dondola la culla del bimbo,
oscilla la bilancia del suo destino,
svanisce il cammino della vita,
si perde in lontananze eterne...:


ed è un clima poetico dominato dallo stato d'animo di un cordoglio virile accettato con fiduciosa rassegnazione. «In questo pezzo», scrisse Busoni, «mi riuscì per la prima volta di trovare una sonorità personale e di risolvere la forma in sentimento»: si potrebbe però anche dire, che è il sentimento ad essere risolto nella forma, attraverso la sottigliezza adamantina della scrittura, il sovrano equilibrio delle parti, la magia degli effetti sonori, fusi in una visione compositiva di estrema concentrazione espressiva.
A ciò concorre senza dubbio la scelta dell'organico strumentale, composto da sestuplo quartetto d'archi con sordina, 3 flauti, oboe, 3 clarinetti, 4 corni, gong, arpa e celesta. Il timbro, elemento di maggior novità in quest'opera, risplende di una luminosità opaca che Busoni ottiene prescrivendo per tutta la sua durata la sordina agli archi, sfruttando i registri medi e bassi dei fiati e gli armonici dell'arpa e degli archi, amalgamati dagli stati, sonori puri, quasi bagni di colore, della celesta e del gong; sfondo e primi piani si impastano così nel trascolorare continuo di mezzi toni soffusi, senza emergenti asperità. Il ritmo, disossato e fluttuante, suggerisce un tempo senza tempo, immagini che si perdono in «eterne lontananze», come in una dissolvenza della memoria. Armonicamente siamo oltre i confini della tonalità: la compresenza di modo maggiore e minore caratterizza già la melodia iniziale, per raffinarsi poi nella aperta bimodalità di passi in cui accordi maggiori e minori, anche appartenenti a tonalità diverse, si sovrappongono per creare spazi aperti su un nuovo tipo di armonia polifonica, «nel cielo dell'«eterna armonia». Nella coda, per esempio, la melodia-base è esposta dalla celesta in la maggiore e dall'arpa in do minore, senza che per questo vada perduta la sua identità. Nella avvolgente trama polifonica di cui è intessuta la composizione, su un processo armonico svincolato dal contrasto fra consonanze e dissonanze, la melodia può innalzarsi a tensioni metafisiche non tematiche, come se si trattasse di brandelli che ricompongono l'unità di una originaria melodia assoluta. La trasfigurata conclusione, poi, è uno di quei momenti magici che a un artista anche grande riescono soltanto in rari stati di grazia: sulla quinta vuota fa-do dei contrabbassi divisi, rafforzata dal fa basso pizzicato e dal sommesso colpo di gong, si erge un accordo tenuto degli archi spaziato per quarte sovrapposte; mentre l'arpa esegue un lento arpeggio di fa maggiore, che si spegne a poco a poco, e la celesta lo punteggia con un la basso ripetuto sempre più piano, il gong si sovrappone con un tremolo (pianissimo - piano - pianissimo) tenuto all'infinito. L'effetto che ne deriva è stupefacente.
La Berceuse élégiaque rivela molti punti di contatto con le innovazioni apportate all'interno del linguaggio musicale in quei medesimi anni da Schoenberg, il quale, come sappiamo, ne dette anche una sua fedele trascrizione per nove strumenti solisti (flauto, clarinetto in la, harmonium, pianoforte, due violini, viola, violoncello e contrabbasso). Si tratta, più che di un influsso diretto, di una convergenza inevitabile date le premesse comuni, volte a cercare nuovi mezzi di espressione nell'ampliamento del linguaggio tradizionale, soprattutto in campo armonico. In questo senso va visto anche quell'uso di accordi per quarte sovrapposte che Schoenberg aveva inaugurato in modo assai più radicale nella Kammersymphonie op. 9 (1906) e che Busoni adotta non soltanto nella Berceuse ma anche in alcuni passi delle Elegie per pianoforte; con la differenza, però, che mentre Schoenberg li impiega come base strutturante della composizione, Busoni se ne serve più liberamente, come allargamento di un centro tonale attorno a cui essi gravitano alla stregua di satelliti (nel caso del finale della Berceuse, fa maggiore appunto). Se verso Schoenberg e la sua scuola Busoni dimostrò interesse e simpatia, almeno in un primo tempo, rifiutò invece decisamente l'accostamento a Debussy avanzato dalla critica quando la Berceuse fu eseguita per la prima volta a Berlino il 19 gennaio 1912 (la prima assoluta si era avuta a New York il 21 febbraio 1911 con la Boston Symphony Orchestra diretta da Mahler). Cfr. Autorecensione. [Sergio Sablich]