NOCTURNE SYMPHONIQUE

On a bien du mal à imaginer que le Nocturne symphonique op. 43 fut composé trois ans auparavant, donc en 1912. Le style et le geste nous feraient plutôt penser à une œuvre tardive, méditative et à la tonalité éclatée. Pourtant il semble que cela soit typique de Ferruccio Busoni et de l'autre côté, sombre, de son psycho-programme: nous voyons se développer, à partir d'un unisson vide, une peinture sonore extrêmement expressive qui semble rompre avec la notion habituelle de «nocturne» romantique. Le nocturne de Ferruccio Busoni est un cauchemar retentissant, une expérience nocturne habitée par l'angoisse, si l'on en croit les thèmes qui vagabondent presque librement sur le plan de la tonalité, la progression constante par demi-tons descendants, les couleurs orchestrales extrêmement sombres et l'emploi des registres sonores extrêmes, dans le grave comme dans l'aigu.
Une agitation, qui n'est contenue que par la force, se déchaîne sous la surface d'un calme retenu; les accélérations et les concentrations qui s'imposent peu à peu en témoignent. Il se peut que l'attitude consistant à vouloir ranger des oeuvres singulières dans des tiroirs préexistants soit une erreur, mais ce «nocturne» rompt avec le ton élégiaque de l'époque romantique et le transporte dans le monde émotionnel insondable, inexplicable de l'expressionnisme, où il se transforme en choc sonore.Encore une chose en passant: le «Nocturne» doit avant tout son caractère emphatique et saturé d'émotions à l'emploi constant d'intervalles complémentairés, c'est à dire à l'enchaînement de secondes et de septièmes; il en résulte une tension constante i dûe au phénomène de dissonance. Stuckenschrnidt défend l'idée selon laquelle cette oeuvre serait le travail le plus radical effectué par le compositeur en ce qui concerne l'emploi de dissonances obtenues par la juxtaposition de nombreux sons et représentative de la constante recherche de nouvelles sonorités à laquelle se livrait Busoni.



Un filo robusto lega la Sonatina seconda al Nocturne Symphonique op. 43, non tanto per la data di composizione (1912), quanto per i contenuti della ricerca linguistica. Dedicato al direttore berlinese Oscar Fried (uno dei più tenaci sostenitori della musica moderna e amico di Busoni, con cui divise anche parte dell'esilio a Zurigo), il Nocturne Symphonique sviluppa in modo ancor più radicale le premesse contenute nella prima Elegia, la già esaminata Berceuse élégiaque. Se là Busoni era stato indirizzato e guidato dall'organico cameristico e dallo stato d'animo del dolore per la morte della madre, qui, invece, la massa dilatata alle dimensioni della grande orchestra (senza ottoni a parte quattro corni, ma con arpa e celesta) gli consente di esplorare più vasti spazi sonori, in atmosfere assorte e notturne (il titolo è in questo senso determinante per il clima poetico dell'opera), e di trarre associazioni inedite da un tessuto armonico caratteristico che usa liberamente le dissonanze e si affida per lunghi tratti alla politonalità.
Strutturalmente nuovo è l'impiego delle sezioni dell'orchestra come fasce tonali sovrapposte a strati: ne risulta una complessa polifonia di gruppi di voci al loro interno anch'essi trattati polifonicamente, o di fasce timbriche differenziate allo stesso modo (non a caso Busoni parlò di un pezzo tutto «intessuto di fibrille nervose»). Il flusso ritmico di queste polifonie di armonie e di timbri è ininterrotto e lineare (non v'è traccia del crescendo e decrescendo emozionale tipico del sinfonismo ottocentesco), e si conclude del tutto naturalmente in un accordo «a terrazze» che sovrappone le tonalità di mi bemolle minore, sol minore e do minore. Tale uso delle fasce politonali, vera novità del periodo centrale dello stile compositivo di Busoni, ha bisogno di un chiarimento: Busoni non usa la politonalità in senso centrifugo, antitetico e oppositivo (come faranno Milhaud e Stravinskij), ma in funzione centripeta, allo scopo di ricostituire un'unità tonale allargata all'infinito. Anche quando sono sovrapposte simultaneamente, le tonalità mantengono un ordine gerarchico strutturale, ottemperando a funzioni convergenti seppur non unidirezionali. Il riferimento a un centro tonale sovente sottinteso, da cui si irraggiano, in un sistema di nessi dilatati e raffinati, diversi fili tonali, è costante (si ricordi a questo proposito la definizione che Busoni aveva dato dell'«essenza dell'odierna armonia» nella Nuova estetica: «Un caleidoscopio, dove nella camera a tre specchi del gusto, della sensibilità e dell'invenzione, vengono agitati alla rinfusa dodici semitoni»). Solo che il centro non è mai fisso, ma si muove ed evolve nel tempo e nello spazio via via che il processo compositivo si dipana, ora allargandosi ora restringendosi: quel che lo muove è l'identità del tutto, non l'autonomia delle parti nella distruzione dell'insieme.
La Sonatina seconda e il Nocturne Symphonique appartengono al momento magico e visionario, autenticamente tedesco e faustiano della esplorazione più avanzata di Busoni (nel 1922 egli giunse a scrivere che entrambi questi lavori erano ante litteram «studi musicali per il Faust, come stimolo, norma, atmosfera preparativi per quella partitura»).