SERGIO SABLICH

ANALISI DI«ARLECCHINO»

PRIMO TEMPO

2. DUETTO

___________________________________________________________________________________
Entrano a questo punto due nuovi personaggi, l'Abate Cospicuo (baritono; di passaggio notiamo che per tutta l'opera e nel libretto Busoni scrive sempre «Abbate») e il Dottor Bombasto (basso), accompagnati da una marcetta caricaturale alla cui testa risuona il tema del Dies irae. Il Duetto a cui danno vita serve anzitutto a caratterizzarne i tipi, presi di peso da quella tradizione melodrammatica così carica di preti miscredenti e di dottori ciarlatani; esso si apre in ampie frasi cantabili, distesamente liricheggianti, allorché l'Abate celebra le bellezze della Toscana e del suo vino, che ai suoi occhi appaiono prova certa della esistenza del Signore.
Anche qui l'aspetto parodistico è ambiguamente fuso nella musica con una commozione vera, calda e insieme nostalgica, di potente suggestione espressiva. La prima parte dell'opera culmina in un Terzetto di stile quasi rossiniano, brillante e spigliato: Ser Matteo comunica ai due compari la gran nuova dell'arrivo dei barbari (e sulla parola «barbari» si intreccia tutto un gioco di incalzanti ripetizioni, stilema tipico dell'opete buffa italiana), con effetti esilaranti (la sfilza di nomi femminili, ancora non a caso desunti dal repertorio dell'opera buffa italiana, Rosina in testa, che l'Abate snocciola prevedendo terribili violenze da parte dei barbari), a cui fanno da sfondo melodrammatici proponimenti, fitizi s'intende.
Sergio SABLICH, «Busoni», Torino, EDT, 1982, p.211