ARLECCHINO

 

TRADUZIONE IN ITALIANO

DI BRUNO BRUNI

 


[A SIPARIO CHIUSO]

ARLECCHINO [parlato]
Nè per Dei nè fanciulli e quest'azione,
sol si rivolge al cuore che l'intende;
non ha bisogno d'una spiegazione
però che il meglio vi si sottintende.
I personaggi della tradizione
rivedrete con lor virtù e lor mende
in un vivace progredir di scene
all'antica tagliate e spesso amene.

Un uom tradito di sua sorte ignaro,
rivali in lotta per un bel visino,
un duello cruento ed un somaro
che salva poi baracca e burattino,
parole argute e qualche detto amaro,
l'astuzia e la baldanza d'Arlecchino:
del picciol mondo e qui dipinto il volto.
Voi mi direte se l'ho bene colto.

[Al direttore d'orchestra ] Maestro? ...




Picasso: Arlecchino con violino

 
PRIMO TEMPO

 
1. INTRODUZIONE, SCENA E CANZONETTA

ANALISI DI SERGIO SABLICH 

A Bergamo: Una strada tortuosa e montuosa nella parte alta della città. Più in fondo la strada si biforca a guisa di un Y. Al punto di biforcazione una piazzuola. A sinistra sul davanti la casa di Ser Matteo, un poco più in sù, a destra, una porta con l'insegna d'un'osteria. Il tramonto illumina pittorescamente le finestre degli ultimi piani e i tetti.
Davanti alla sua casa Matteo si è accomodato un tavolo trasportabile da lavoro. Sta cocendo un mantello; ha davanti a sè aperta la Divina Commedia, che legge ad alta voce per bene assaporarne i versi.
Da una finestra, proprio sopra il suo capo, guardano furtivamente Arlecchino e la giovine e bella moglie di Ser Matteo. Questi legge gravemente, ma a poco a poco si rasserena, si entusiasma, prorompe in esclamazioni. Il suo modo di esprimersi contrasta col suo manifesto entusiasmo per un che di stanco e di querulo.
MATTEO
O versi divini
che al cor scendete:
«Questo che mai da me non fìa diviso»
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse.»

[s'interrompe] V'intendo, v'intendo: simboli siete!

Lussuria, lussuria,
tu sei il vero Galeotto!
T'attende dannazione qui!

[picchia col dito sul libro. Alla finestra Arlecchino e la moglie di Matteo si baciano e ridono]

Leggendo questi versi
mi par d'udir
la melodia di un'opera...
Oh mio Mozart!
«La bocca mi baciò tutto tremante»
Dovrebber qui trillare i flauti,
sospirar le viole.

[È in estasi. Il lavoro gli cade di mano.]
ARLECCHINO [alla finestra]
Or come far?
La porta è chiusa
e il sarto tien la chiave.
Annodare è dolce cosa,
liberarsi cosa grave. Mio Dio!

MATTEO [declama con entusiasmo]
«Questo che mai da me non fia diviso»
la bocca mi baciò tutto tremante.»

ARLECCHINO [deciso]
Le donne giocano d'astuzia,
ma l'uomo ha la sua spada.
Addio!

MATTEO
Incalzan ora i bassi.
«Galeotto fu il libro»...

[Arlecchino è saltato giù dalla finestra in modo da trovarsi proprio davanti al sarto, al quale chiude il libro esclamando con sfrontatezza]

ARLECCHINO
«Quel giorno più non vi legemmo avante.»
Basta per oggi, Ser Matteo.



MATTEO
Che c'è?
Donde venite? Cosa cercate?
Chi siete?

ARLECCHINO
Sappiate, Ser Matteo, mentre state mettendo ín musica la «Divina Commedia», il barbaro s'avvicina alle porte. Fra poco è qui e si prende le nostre donne. In un baleno un di quei barbari v'infilza sulla sua lancia.

MATTEO [impaurito]:
Mio Dio! Voi siete un barbaro?

ARLECCHINO [estraendo la spada di legno]
Io sono l'arcangelo Gabriele e uccido il drago. [afferra il sarto]

MATTEO
Cielo!

ARLECCHINO
Attento, orsù!
Io mi fingo il nemico.
Viva la Bibbia!
Abbasso la genia dei guelfi!
Or consegna il bel pugnale.

[Inforca le forbici del sarto alla propria cintura].

Attento, Ser Matteo.
Barbariche corna taurine
già vedo spuntarvi sul capo.

[Infila il mantello sulla spada di legno.]

In alto l'insegna della fede!

[il sarto cade a terra; la chiave di casa gli esce di tasca].

Vittoria, le chiavi della città!
«E caddi come corpo morto cade»
Così finisce il canto.
Ed ora presto in casa.
Attento! I barbari...
Non udite?
Tap, tap, bum, bum,
sangue, peste e stupri.
C'è poco da scherzare.
MATTEO
Siete il diavolo?

ARLECCHINO

Via, io chiudo l'uscio.
Pel vostro bene
non fate chiasso,
entrate, orsù!

[Ha spinto in casa Matteo che trema di paura. Chiude dietro di lui la porta e intasca la chiave. Ora si avvolge nel mantello conquistato].

Vittoria! Bottino! Un prigioniero!

[Baldanzoso, passa a poco a poco con grazia dalla recitazione al canto.]

Capricciosa sei, fortuna,
secondo il vento che spira.
Ma il soldato ti rincorre e aggioga.

[Si guarda intorno, e getta un bacio.]

Già due occhi innamorati
stan spiando.
Ritorno, cara, tosto a te.
La, la, la, la.

[Dietro la scena, allontanandosi. Matteo chiude le imposte. Per qualche attimo la scena resta vuota.]
[L'Abbate e il dottore entrano conversando.]

ABBATE
Debbo ancora ringraziarvi...

DOTTORE
Ma vi pare, di che?

ABBATE
Che per vostra maestria
m'inviate tanta gente
anzi tempo al Creatore.

DOTTORE
Che intendete con ciò?

ABBATE
Sol che usate troppa fretta,
non date il tempo
per prepararsi al viaggio!

DOTTORE [maligno]
Già, già.
Se del vostro mestiere
esperto foste
quant'io lo sono del mio,
ora sareste cardinale a Roma.
Invece la porpora
vi brilla soltanto in faccia:
tendenza a congestione.
ABBATE
Male assai
sono i beni partiti quaggiù.
Conobbi cardinali
degni invero d'esser curati da Voi.

DOTTORE
Vi trovo un po' sanguigno,
per giunta un po' collerico:
gravate assai lo stomaco!

ABBATE
Non vi ho chiesto un consulto.
Le vostre tinture,
le fiale, le goccie,
buon dottore,
certamente non valgono
un solo fiasco di Chianti
gustato sotto il cielo di Toscana.
Toscana!
Qual virtù, qual vigore infoncle
quel vino portentoso.
Ride la terra,
canta un inno
la natura.
Mi par di rinascer più degno, più felice.
Credete a me:
in questo vino io sento
la presenza del Signore!
DOTTORE
Vo insegnate
che clovunque è Iddio.

ABBATE
No, lo dicono i irati e le clonnette
che Dio s'asconde anche in ogni rospo.
Che ci sarebbe in voi di divino?

DOTTORE

Frati e donne
son la vostra più nobile clientela.

ABBATE [sottovoce]

Obliate i dottori...
Le donne poi...

DOTTORE [brontolando]:
Le donne, le donne...

ABBATE
Le donne abbelliscono la vita.
DOTTORE
Chi dice donna
dice danno e malanno.

ABBATE
Son esse la nostra consolazione.

DOTTORE
Oibò!

ABBATE [con serena bonarietà]:
Proprio qui sta la bella
moglie di Ser Matteo.
Un giovin virgulto
cresciuto all'ombra,
ma che stende desioso
le sue rame al sol di primavera.

DOTTORE
Già, già!

ABBATE [con voce mutata]
Guardate!
DOTTORE
Che cosa c'è?

ABBATE
Son chiuse tutte le imposte.
Qui c'e un mistero.
[chiama]
Ehi, Ser Matteo!

ABBATE e DOTTORE
Sèr Matteo!
[Silenzio].
Siete morto?
Non è ancor notte.
Ser Matteo, olà,
in nome di Dio!

MATTEO [apre cautamente mezza finestra]
Chi è? Monsignore?

ABBATE
Sì.
MATTEO
E voi, dottore?

DOTTORE

MATTEO
Imprudenti, girate per la strada?

ABBATE
E che ci trovate di strano?

DOTTORE
Vorrei saperlo anch'io.

MATTEO
Non sapete che...

 
3. TERZETTO

ANALISI DI SERGIO SABLICH

ABBATE e DOTTORE
Che cosa?

MATTEO
I barbari... i barbari
circondan la città!

ABBATE e DOTTORE
I barbari?

MATTEO
Fra poche ore
come valanga
piomberanno qua.

ABBATE e DOTTORE
Possibile? I barbari?

MATTEO (a tre)
Sì, si, i barbari! I barbari, i barbari!
MATTEO
Han sul capo corna torte,
hanno il ghigno della morte
e si trovano alle porte.

ABBATE e DOTTORE
Alle porte?

MATTEO
La lor voce mette pena,
è il lamento d'una iena,
il lor sangue una cancrena.
Portan lutto e pestilenza,
sgozzano, squartano,
alle donne fan violenza.
ABBATE [prorompendo
Oh Rosina, Lucinda, Mariettina,
Agnese, Beatrice, Concettina,
Francesca, Vittorina,
povere figlie mie, c
he mai di voi sarà!

DOTTORE
Convien pensarci!

MATTEO [a tre]
Convien pensarci! Si, pensiamo.

[Sprofondano in medifazione. L'Albbate si scuote per primo e fa sobbalzare i compagni].

ABBATE
Dio misericorde,
Tu saprai proteggere
le mie figliole care!
È dover dell'uomo per il ben degli altri
risparmiarsi!

MATTEO
Già!
ABBATE e DOTTORE
E mentre voi, Ser Matteo,
stendete il testamento...

MATTEO
Il testamento...?

ABBATE e DOTTORE
noi due ci recheremo
dal colendissimo borgomastro.

MATTEO
Vi recate dal borgomastro?

ABBATE e DOTTORE
Con nuove più certe ritorniamo qua,
poi si vedrà!

MATTEO
Va bene. Ritornate presto.
A casa me ne sto.

ABBATE
Coraggio, Ser Matteo!
DOTTORE
Dovreste prender un calmante.
Un buon salasso gioverà.

MATTEO
Uh! Perchè mia moglie
ancor più si lamenti del mio debile sangue!

[chiude la finestra]

DOTTORE [ volgendosi, ridendo]
ah, ah, ah, ah,

ABBATE [accennando la porta dell'osteria]
Che dite? Entriamo Solo un istante!

DOTTORE
V'accompagllo.

ABBATE
Benone.
Diamo un esempio fecondo
di concordia perfetta alle discorde genti.
 

SECONDO TEMPO