Guido Guerrini
DIE BRAUTWAHL

(IL SORTEGGIO DELLA SPOSA o
LA SPOSA SORTEGGIATA)


INTRODUZIONE

La prima menzione di quest'opera la troviamo in una lettera a Gerda, da Trieste, del giugno 1906. A quell'epoca il Maestro aveva già finito il II atto del libretto, che veniva stendendo egli stesso in versi, e in lingua tedesca. Il libretto, infatti, è datato: «giugno 1906».
La «Nuova estetica» è del 1905 e da essa s'inizia quel periodo dell'arte busoniana che possiamo chiamare «letterario». Die Brautwahl, quindi, rientra in questa nuova maniera. Non più influenze mozartiane (o almeno assai attenuate), come nella «Suite di Commedia», ma, semmai, un'evidente influenza dal «Falstaff» verdiano. (E ci piace sottolineare questo fatto, in quanto ci mostra come il Busoni avesse saputo intravvedere e comprendere nell'ultima opera del bussetano, quelle miracolose invenzioni che dovevano dare all'opera comica una svolta decisiva e per ora insuperata; e ciò in un tempo in cui nessuno, nemmeno i musicisti, l'aveva pienamente compresa).
Al tempo della «Nuova estetica», Busoni era infatuato di tutte le letterature fantastiche: dal Cervantes al Poe, dal De Quincey all'Ariosto. Dall'Hoffmann era addirittura ossessionato. Gli attribuiva perfino certi episodi della sua vita, pensando di essere perseguitato dallo spirito di lui.
In una cosi sensibile fantasia, Hoffmann non poteva non fare breccia. Questo scrittore (1776-1822), musicista di facile vena, nella sua randagia ed eccentrica esistenza aveva fatto un po' di tutto: il direttore d'orchestra e lo scenografo, il caricaturista e l'avvocato, il critico musicale e il romanziere. Si può dunque asserire che la sua vita fu poco meno fantasiosa dei suoi racconti. E questo attraeva irresistibilmente Busoni, specialmente per quel misto di umoristico e di misterioso, di occultistico e di grottesco che non era estraneo alla base psichica dell'empolese.
Un'altra attrattiva esercitava poi Hoffmann su Busoni: il grande amore per Mozart. Così grande nello scrittore, che si fece mutare il nome - in onore del salisburghese - da Guglielmo in Amedeo.
«La sposa sorteggiata» come abbiamo accennato in altra parte del libro, fu scritta contemporaneamente ad altri lavori, e occupò più che sei anni di lavoro; lavoro faticoso e pesante che qualche volta si fa sentire nella stessa musica.
L'opera fu completamente terminata nel 1911, ma già prima corsero varie trattative per la rappresentazione. Avrebbe dovuto farne la traduzione italiana Arrigo Boito; ma le trattative caddero in seguito alla rinuncia di Ricordi ad accettare l'opera. Interpellato il direttore d'orchestra Richter a Londra, questi rispose: «Non si rappresentano opere di questo genere!».
Nel 1910 fùrono allacciate trattative con Amburgo, ma il Maestro essendo in America, anche quelle naufragarono. A New York s'interessò della cosa lo stesso Toscanini, ma l'opera era ancora incompiuta.
La prima esecuzione ebbe luogo al Teatro d'Amburgo, l'8 aprile [in realtà il 13 aprile, n.d.c] 1912. Direttore d'orchestra Gustav Brecher (a cui l'opera è dedicata); Willi Birrenkowen, nella parte di Thusman; Von Scheidt (Leonardo); Lohfing (Manasse); Lichtenstein (Bench); Wiedermann (Voswinkel); Frau Puritz (Albertina); Marak (Edmondo). Scene e costumi di Jelenko.
Successo di stima (anzi, la cronaca registra anche parecchi fischi); tre rappresentazioni. L'opera fu ridata a Mannheim nel 1913 e poi nel 1928 a Berlino. Esecuzioni assai migliori della prima. Esito non molto più lusinghiero.
Crediamo di scorgere il maggior difetto del lavoro nella poca teatralità del libretto che, come il lettore potrà constatare, è eminentemente statico. Troppe parole e troppe idee filosofiche lo infarciscono e lo appesantiscono. L'azione procede per cose «dette» anziché per «fatti» e questa è pur sempre una fatale deficienza scenica. Si aggiunga che, seguendo la moda di allora, l'opera fu impostata sopra una grande orchestra, e perciò la vicenda ne esce spesso sopraffatta dalla magniloquenza orchestrale.
Musicalmente, però, l'opera ha cose di grandissimo pregio e sopratutto un'abbondanza di trovate armoniche, di ricerche timbriche, di novità ritmiche, di bellezze strumentali, che ancora oggi, alla distanza di più che trent'anni, sorprendono e affascinano. La maestria del compositore appare già ricchissima e assolutamente fuor del comune. La condotta delle parti, l'uso delle voci (ed in esse si sente, in molti passi, l'influenza falstaffiana), l'originalità dell'uso orchestrale e dei procedimenti armonici, fanno di questa partitura forse una delle cose più interessanti del Maestro.
Oggi però si comprende benissimo come al tempo della prima rappresentazione quest'opera debba avere, se non scandalizzato, disorientato. Oggi, chi scrive n'è convinto, «La sposa sorteggiata» potrebbe avere anche in Italia una felice ripresa, poiché essa è animata, in gran parte, proprio da quello spirito cinico, beffardo, umoristico e satirico che ispirò in seguito le più vivaci pagine di «Arlecchino» e di «Turandot», le opere più amate - fra tutta la produzione busoniana - dal pubblico italiano.
Ci sembrano sopratutto riusciti i caratteri di Thusman (il vacuo e tronfio funzionario di Stato che tanto Busoni detestava anche nella vita); e l'ebreo Manasse, ch'è tratteggiato bravamente, con tutti gli attributi giudaici, sul tipo di Shylock. Anche Leonardo ha un suo carattere potente e vivo, che troveremo poi, sviluppato, nel Faust. (E non è- escluso che il Busoni rafffigurasse se stesso in questo bonario negromante).
Da tutta l'opera traspare un assoluto disprezzo per il pubblico. Esaminandola abbiamo pensato spesso al paradosso busoniano: «L'artista esiste solo per gli artisti; il pubblico, i critici, le scuole, i teatri non sono altro che stupidi e dannosi parassiti ». L'opera è pubblicata dagli editori Breitkopf e Härtel, di Lipsia.
GUERRINI, pp. 268 ss.