1. BOCCIONI A BUSONI

Illustre Maestro
Ferruccio Busoni
Hotel Esplanade
Hamburg

Berlino 12 Aprile 1912

Illustre Maestro,
Appena giunto per la Nostra Esposizione futurista, mi sono recato a casa Sua per avere l’onore e il piacere di fare la Sua conoscenza e ringraziarla della compera da Lei fatta del mio quadro «La ville qui monte» -
Ho avuto il dispiacere di saperla ad Amburgo fino al 18 corrente.
Non so se io sarò qui per quel giorno, perché desidero tornare a Milano per lavorare. Con grande rincrescimento, Illustre Maestro, sono costretto a inviarle tutta la mia affettuosa riconoscenza per la spinta che Lei ha generosamente data al mio avvenire!
Nella speranza che la mia opera avvenire possa fare onore alla nostra cara Italia, a Lei che così gloriosamente la rappresenta invio il mio fervido e riverente saluto!
Umberto Boccioni

P.S. Qualunque cosa Lei volesse sapere circa il quadro, collocamento od altro, Lei può farmi l’onore di scrivermi qui: Hotel Esplanade -
Dev.mo
U.B.
_____________________________________________________________________________________________________

Mus. ep. U. Boccioni 1, Busoni-Nachlaß. La lettera di Boccioni è scritta su carta intestata dell’«Hotel Esplanade, Berlin und Hamburg». Il caso volle che Busoni e Boccioni si trovassero proprio in questi due alberghi, l’uno ad Amburgo e l’altro a Berlino (cfr. infra l’indirizzo di Boccioni). Allegato a questa lettera, un volantino intitolato La pittura futurista trionfa a Parigi e a Londra (Beil. Mus. Ep. U. Boccioni, Busoni-Nachlaß) in cui l’anonimo estensore (forse Marinetti), dopo aver evidenziato i successi della mostra nelle due città, invita gli Italiani a riconoscere «la forza invincibile e l’importanza assoluta del movimento futurista, il quale instancabilmente glorifica, con inesauribile genialità, il nome d’Italia all’estero.» Dato che fu inviato ai direttori di giornale (cfr. AGNESE, p. 257, no. 3), questo foglio può essere considerato una vera e propria velina.
Boccioni era già a Berlino già la mattina del 12, giorno in cui la mostra fu inaugurata. Scrisse infatti a Carrà: «S’è inaugurata questa mattina l’esposizione con la città tutta bianca di neve. Le entrate sono state pochissime paragonate a quello che ho visto a Parigi e a Londra. [...] In tutto siamo tredici o quattordici nomi, e la gioventù di tutti i paesi del mondo deve guardare ai nostri nomi col fremito di curiosità che noi ben conosciamo... » (BOCCIONI, Scritti..., pp. 352-354). Ma il giorno dopo scrive a Barbantini: «A Berlino vi è una polemica vivacissima perché la ‘Secession’ di questa città ha fatto pubblicare che noi esponevamo presso di Lei con gli impressionisti, post impressionisti, espressionisti, cubisti, ecc. Non può credere che fervore di interessamento vi sia per le nuove tendenze in queste tre città che ho visitato. Quando dico loro che in Italia ci si copre di insulti non vi credono» (ibi, p. 351-352). Anche Busoni era in contatto con i pittori della Secessione «verso cui si sentiva attratto da un’istintiva affinità» (SABLICH, p. 44).
La mostra «Futuristen» (12 aprile-31 maggio) fu allestita negli spazi espositivi della rivista «Der Sturm», in una villa a due piani sulla Tiergartenstrasse. Direttore della rivista era Herwarth Walden. Del gruppo futurista, solo Boccioni era presente all’inaugurazione. L’amico poeta sarebbe arrivato qualche giorno dopo: «Marinetti dovrebbe essere qui, - scrisse Boccioni a Carrà - sarebbe necessario. Io non sono né giornalista né letterato, né ho il suo nome, la pratica di stampa... [...] A Marinetti ho telegrafato pochi minuti fa, speriamo che arrivi, ma senza lingua c’è poco da fare» (lettera del 12 aprile 1912, in BOCCIONI, Scritti..., p. 353). Sebbene non parlasse il tedesco, Marinetti, insieme a Boccioni e a Walden che fungeva da traduttore, divulgava il verbo futurista in circoli, caffè, abitazioni private, redazioni dei giornali. Distribuiva, lanciandoli da un’automobile, volantini che invitavano i berlinesi a visitare la mostra. Questa martellante propaganda determinò un sensibile incremento dei visitatori. Sulla mostra a Berlino, cfr. AGNESE, pp. 267 sgg. e LORENZONI, in Boccioni 1912..., p. 266.
Busoni viveva in una grande appartamento in Victoria-Luisen-Platz, n. 11.
«Boccioni ha venduto il suo quadro La ville monte per 4000 franchi netti, al celebre pianista Busoni, arricchitosi in Inghilterra e in Germania, il quale volle avere quel capolavoro per la sua villa [cfr. no. precedente] di Berlino» (lettera di Marinetti a Balilla Pratella, 12 aprile 1912 in DRUDI GAMBILLO-FIORI, pp. 237-238). Il quadro venne poi esposto a Berlino e a Bruxelles e solo nel luglio del 1912 Busoni potè entrarne in possesso.
Boccioni non ricevette questa informazione da Gerda Busoni, che aveva raggiunto il marito ad Amburgo una settimana prima. Nella lettera del 14 aprile, in risposta alla citata lettera di Boccioni del 12, Carrà scrisse erroneamente che Busoni in quel periodo si trovava a Trieste.

Nel 1912 Boccioni abitava ancora nell’appartamento di via Adige 23, insieme alla madre Cecilia.
«[...] un quadro di simili dimensioni, animato da un’intenzione così pura, quale è quella di innalzare alla vita moderna un nuovo altare vibrante di dinamica, altrettanto puro ed esaltatore di quelli che furono innalzati dalla contemplazione religiosa al mistero divino, un quadro dico che tenta questo è infinitamente superiore a qualsiasi riproduzione più o meno soggettiva della vita reale» (lettera a N. Barbantini dell’11 maggio 1910, in BOCCIONI, Scritti..., p. 345). Cfr. inoltre i commenti di Paolo Buzzi e di Francesco Depero: «Sullo sfondo mattone cupo, una città s’innalza. Nel centro del quadro, un cavallo che sembra una ruota d’elica, azzurro come l’acciaio che vortichi nell’onda o nell’aria: e vi sono, intorno, degli inqualificabili conati umani, espressi col colore in pure linee di forze che convergono verso la mostruosa forma animalesca e sembrano imprimerla di un odio sostanziato d’amore» (cit. in M. CALVESI - E. COEN, Boccioni. L’opera completa, Milano, Electa, 1983, p. 374). «È la metropoli in burrasca. Pugni armati di martelli e di ferraglie, vivificati da aloni solidi di volontà e di spazio. La luce è impugnata a fasci. Le aspirazioni eruttano dai crani come capigliature solari ed eruzioni colorate salienti. È un macchinismo magico delle aspirazioni, è la gloria plastica del salire» (U. Boccioni, in Boccioni 1912..., p. 252).
Boccioni era talmente esigente in fatto di collocazione dei quadri, che a Berlino si diede da fare per meglio sistemare la mostra: «Questa mattina ho trasformato da solo l'esposizione» - scrisse a Carrà il 12 aprile. - «Abbiamo quattro enormi sale, le migliori, con luce, ma mal distribuita per mancanza di tende. Vicino a noi c'è una sala di Delaunay [...], Derain [...],Vlaminck [...], Kandinsky [...]. Al piano superiore: Braque, Herbin, Dufy, Kokoshka, ecc. Ho dovuto trasformare tutto ciò perché i quadri erano disposti senza alcun criterio. Erano alti più dell'altezza di un uomo. Ho battuto chiodi e sono stanco» (BOCCIONI, Scritti... p. 352).
«Sono solo, triste e nel più elegante e ricco hotel di Berlino, dove l'imperatore viene ai pranzi degli ufficiali... Questo mi rende meno brutta la solitudine. Sale, tappeti, giornali, servitori e una camera meravigliosa e poltrone fatte apposta per fumare e sognare» (lettera a Carrà, 12 aprile 1912, ibi, p. 352).