AGNESE, pp. 259 - 262
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Boccioni, che ormai ha eletto a suo domicilio extraitaliano il modesto atelier parigino di Severini, scende al Grand-Hotel Savoy di Londra assieme a Marinetti in occasione delle «Exhibition of Works by the Italian Futurist Painters», che è presentata al giudizio della stampa, delle autorità e di un centinaio d'altri invitati il 1° marzo 1912, una giornata gelida e piovosa. Carrà e Russolo sono rimasti stavolta a Milano, Severini è a Parigi e Giacomo Balla prosegue a Roma quelle sperimentazioni pittoriche - inedite, astratte, libere o geometriche - che s'è convenuto di non mettere in mostra all'insegna del Futurismo, per adesso. Sarebbe stato troppo dispendioso - dopo le spese sopportate già a Parigi - il soggiorno londinese di tutta la pattuglia. Ed ecco perché a Londra c'è solo Boccioni in compagnia del poeta, il quale non poteva, per onorare la sua fama di milionaire, che prendere alloggio in un albergo prestigioso ed esclusivo, come è quello dello Strand: appunto il Savoy.
La «Exhibition of Works by the Italian Futurist Painters» è allestita nella Sackville Gallery, tra le più in vista della capitale britannica. E i dipinti esposti son quelli che erano rimasti quasi tre settimane sulle pareti di Bernheim-Jeune, e che sono giunti sulle rive del Tamigi nel breve volgere di quattro giorni. Un quadro di Boccioni e uno di Severini, «La retata» e «Ricordi di viaggio», i soli venduti a Parigi sono arrivati con tutti gli altri. Questo era infatti il patto che Marinetti aveva stretto con l'organizzazione Mayer-See per salvare comunque le ragioni espositive. D'altra parte la vendita delle due opere era ancora da definire. Anzi non si era ben capito chi fosse il Comte de B., indicato da Marinetti come acquirente della «Retata»; né tutti erano convinti che Ricordi di viaggio sarebbe realmente divenuto proprietà di madame de Catulle-Mendès, antica amica e confidente del poeta. [...]
Il pubblico che affluisce alla Sackville Gallery è sorprendentemente variegato e le recensioni che la stampa dedica alla mostra sono contrastanti. Tra gli studenti della Scuola di belle arti, tra silenziosi anonimi gentlemen e loquacissime giovani signore, si soffermano dinanzi ai quadri personaggi del calibro di lord Arthur James Balfour, il leader del Partito conservatore, cultore di alti studi filosofici e soprattutto studioso dei nessi che vanno costituendosi tra le ultime conquiste scientifiche e tecnologiche e la dimensione dello spirito.
Quanto ai giornali, essi riservano sin dai primi giorni ampio spazio ai futuristi. Mr. Brooke, il critico d'arte del «Times», dedica alla mostra una nota abbastanza serena. Ma il redattore capo del «Morning Post» ordina di pubblicare nel suo giornale il seguente annuncio: «L'esposizione futurista della Sackville Gallery costituisce un'immoralità: perciò non ne scriviamo». «È una mostra da incubo», titola la «Pall Mall Gazette»; però il suo critico P. G. Konody riconosce in un articolo che «i pittori sono sinceri e dotati di prorompente immaginazione». Al contrario, il «Daily Express» non teme di esagerare e definisce il Futurismo come il «nuovo terrore».
Certo, sono ben più numerose le amicizie, le relazioni che Marinetti coltiva a Parigi. Tuttavia, anche a Londra i futuristi ottengono qualche prestigioso invito. Un comitato di letterati e di artisti, presieduto dallo scrittore awenirista Herbert George Wells, offre ai due italiani un banchetto nel salone clellà Società dei Poeti. Scriverà Marinetti molti anni dopo: «Wells pur esaltandomi nel suo brindisi dice con voce di uccellino: "I am a bird, but mister Marinetti is a lion". Ciò nasconde una lievissima ironia verso la denunciata violenza sistematica del Futurismo. E io rispondo con la declamazione dei miei versi liberi in onore dell'automobile da corsa e con il Bombardamento di Adrianopoli».
Ma la cordiale riunione conviviale non finisce qui. In omaggio a Wells, del quale ha letto «La guerra dei mondi», notissimo romanzo d'una invasione di marziani giunti sulla Terra a bordo di macchine portentose, Marinetti si esibisce in un'ulteriore recita di poesia estemporanea, che rievocherà così: «Acclamatissimo concludo in francese improvvisando delicatissime parole in libertà sulla metallicità a brusìo di strofinìi degli abitanti del pianeta Marte». Quindi l'epilogo: «Se ne entusiasma talmente una bella ventenne poetessa nipote di Lord la quale aleggiando la sua collana di perle che potrebbe valere un milione mi rapisce nella sua automobile fra neve raffiche gelate e venditori di giornali a piedi scalzi nel fango gelato»: e via, per le strade di Londra, fino alla casa della ragazza, una dimora calda di camino, di tappeti e di tendaggi, in cui un'antica pendola batte inquietante i tempi di un capriccio d'amore.