EDGAR ALLAN POE IL CORVO TRADUZIONE DI ANTONIO BRUNO © ANTONIO BRUNO TESTO ORIGINALE IN INGLESE THE RAVEN TUTTI I RACCONTI La complessa vicenda umana e letteraria di un autore troppo spesso confinato, malgrado l’universale ammirazione suscitata dalla sua opera, nella schiera dei casi patologici della letteratura moderna. Districando il 'caso Poe' dalla mitologia che lo avvolge, lo scrittore argentino Julio Cortázar ci mostra il vero Poe dalla nascita alla morte tra amori, perdite, grandezze ed errori, e, in filigrana, rappresenta se stesso: nella figura di un autore di storie indimenticabili che ha dedicato la sua vita a un solo scopo: “pensare poesia, pensare letteratura”...
Una volta in una fosca mezzanotte, mentre io meditavo, debole e stanco, sopra alcuni bizzarri e strani volumi d'una scienza dimenticata; mentre io chinavo la testa, quasi sonnecchiando - d'un tratto, sentii un colpo leggero, come di qualcuno che leggermente picchiasse - pichiasse alla porta della mia camera. II. Ah! distintamente ricordo; era nel fosco Dicembre, e ciascun tizzo moribondo proiettava il suo fantasma sul pavimento. III. E il serico triste fruscio di ciascuna cortina purpurea, facendomi trasalire - mi riempiva di tenori fantastici, mai provati prima, sicchè, in quell'istante, per calmare i battiti del mio cuore, io andava ripetendo: «È qualche visitatore, che chiede supplicando d'entrare, alla porta della mia stanza. Qualche tardivo visitatore, che supplica d'entrare alla porta della mia stanza; è questo soltanto, e nulla più». IV. Subitamente la mia anima divenne forte; e non esitando più a lungo: V. Scrutando in quella profonda oscurità, rimasi a lungo, stupito impaurito sospettoso, sognando sogni, che nessun mortale mai ha osato sognare; ma il silenzio rimase intatto, e l'oscurità non diede nessun segno di vita; VI. Ritornando nella camera, con tutta la mia anima in fiamme; ben presto udii di nuovo battere, un poco più forte di prima. VII. Quindi io spalancai l'imposta; e con molta civetteria, agitando le ali, si avanzò un maestoso corvo dei santi giorni d'altri tempi; egli non fece la menoma riverenza; non esitò, nè ristette un istante ma con aria di Lord o di Lady, si appollaiò sulla porta della mia camera, s'appollaiò, e s'installò - e nulla più. VIII. Allora, quest'uccello d'ebano, inducendo la mia triste fantasia a sorridere, con la grave e severa dignità del suo aspetto: (1) In inglese è «no more» che ha molto del gracchiare del corvo. IX. Mi meravigliai molto udendo parlare sì chiaramente questo sgraziato uccello, sebbene la sua risposta fosse poco sensata - fosse poco a proposito; poichè non possiamo fare a meno d'ammettere, che nessuna vivente creatura umana, mai, finora, fu beata dalla visione d'un uccello sulla porta della sua camera, con un nome siffatto: «Mai più». X. Ma il corvo, appollaiato solitario sul placido busto, profferì solamente quest'unica parola, come se la sua anima in quest'unica parola avesse effusa. XI. Trasalendo, perchè il silenzio veniva rotto da una risposta sì giusta: XII. Ma il corvo inducendo ancora tutta la mia triste anima al sorriso, subito volsi una sedia con ricchi cuscini di fronte all'uccello, al busto e alla porta; quindi, affondandomi nel velluto, mi misi a concatenare fantasia a fantasia, pensando che cosa questo sinistro uccello d'altri tempi, che cosa questo torvo sgraziato orrido scarno e sinistro uccello d'altri tempi XIII. Così sedevo, immerso a congetturare, senza rivolgere una sillaba all'uccello, i cui occhi infuocati ardevano ora nell'intimo del mio petto; io sedeva pronosticando su ciò e su altro ancora, con la testa reclinata adagio sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada guardava fissamente; ma la cui fodera di velluto viola, che la lampada guarda fissamente Ella non premerà, ah! - mai più! XIV. Allora mi parve che l'aria si facesse più densa, profumata da un incensiere invisibile, agiato da Serafini, i cui morbidi passi tintinnavano sul soffice pavimento, XV. - «Profeta - io dissi - creatura del male! - certamente profeta, sii tu uccello o demonio! - XVI. - «Profeta! - io dissi - creatura del male! - Certamente profeta, sii tu uccello o demonio! XVII. - «Sia questa parola il nostro segno d'addio, uccello o demonio!» - io urlai, balzando in piedi. «Ritorna nella tempesta e sulla riva avernale della notte! Non lasciare nessuna piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha profferita! Lascia inviolata la mia solitudine! Sgombra il busto sopra la mia porta! XVIII. E il corvo, non svolazzando mai, ancora si posa, ancora è posato sul pallido busto di Pallade, sovra la porta della mia stanza, e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna; e la luce della lampada, raggiando su di lui, proietta la sua ombra sul pavimento, e la mia, fuori di quest'ombra, che giace ondeggiando sul pavimento non si solleverà mai più! |