DONATIEN ALPHONSE FRANÇOIS
DETTO IL

MARCHESE DE SADE


LA FILOSOFIA NEL BOUDOIR
LA PHILOSOPHIE DANS LE BOUDOIR

TESTO INTEGRALE ONLINE


TERZO DIALOGO

Madame de Saint-Ange, Eugénie, Dolmancé.

[La scena è in un grazioso boudoir].

EUGÉNIE (molto sorpresa di vedere nel salottino un uomo che non si aspettava assolutamente): Oh Dio! amica mia, tradimento!

SAINT-ANGE (ugualmente sorpresa): Come osate, signore? Mi par bene che dovevate venire fra quattro ore!

DOLMANCÉ: Era cosí grande il desiderio di conoscervi, signora! Ho incontrato vostro fratello, che ha ritenuto opportuna la mia presenza per le lezioni che voi darete alla signorina. Sapeva che il corso si sarebbe svolto in questo liceo e mi ha fatto entrare di nascosto, non immaginando certo che voi non sareste stata d’accordo. Lui arriverà più tardi dal momento che la pratica si svolgerà, come è logico, dopo la teoria.

SAINT-ANGE: Veramente, Dolmancé, è un tranello bello e buono!

EUGÉNIE: Di cui non voglio essere la vittima, mia buona amica; è tutto opera tua ... Almeno potevi prima consultarmi... È un'onta questa, che certamente ostacolerà tutti i nostri progetti.

SAINT-ANGE: E invece ti assicuro, Eugénie, che l'idea di questo tranello è tutta di mio fratello; ma non ti spaventare. So bene chi è Dolmancé; si tratta di una persona gentilissima, e oltretutto esperto di quella filosofia che ci serve per la tua istruzione: non può che essere utissimo per i nostri progetti. Per quel che riguarda la sua discrezione, rispondo di lui come di me. Mia cara, familiarizza dunque con l'uomo che è in grado più di ogni altro a questo mondo di educarti e condurti sulla strada del bene e dei piaceri che vogliamo percorrere insieme!

EUGÉNIE (arrossendo): Tuttavia sono in una confusione tale…

DOLMANCÉ: Su via, bella Eugénie, mettetevi a vostro agio!
Il pudore è una vecchia virtù che dovete scrollarvi di dosso, con altrettanto piacere, senza tante storie.

EUGÉNIE: Ma la decenza…

DOLMANCÉ: Altra abitudine barbara, a cui si fa poco caso oggigiorno. È cosí contro natura! (Dolmancé afferra Eugénie, la stringe tra le sue braccia e la bacia).

EUGÉNIE (divincolandosi): Smettetela, insomma, signore! In verità, mi state strapazzando troppo!

SAINT-ANGE: Eugénie, dai retta a me: smettiamo di fare le pudiche con quest'uomo meraviglioso. Non lo conosco più di quanto lo conosci tu; eppure, guarda come m'abbandono a lui! (Lo bacia avidamente sulla bocca.) Fallo anche tu.

EUGÉNIE: Oh, certamente! Da chi potrei avere esempio migliori? (Si abbandona a Dolmancé, che la bacia appassionatamente, con la lingua in bocca.)

DOLMANCÉ: Che amabile e deliziosa creatura!

SAINT-ANGE (baciandola anche lei): Bricconcella, credi che resto a bocca asciutta a guardarti? (A questo punto Dolmancé, tenendo ambedue fra le braccia, bacia con la lingua in bocca l'una e l'altra per un quarto d'ora, ed esse fanno lo stesso tra di loro e con lui.)

DOLMANCÉ: Ah, come mi eccitano certi preliminari… Date retta a me, signore! Fa troppo caldo: mettiamoci in libertà, così converseremo molto meglio.

SAINT-ANGE: Sono d'accordo; mettiamo indosso queste vestaglie d'organza: serviranno a coprire solo quelle parti che occorre celare al desiderio.

EUGÉNIE: In verità, mia buona amica, mi fate fare certe cose!

SAINT-ANGE (aiutandola a spogliarsi): Proprio ridicole, vero?

EUGÉNIE: Come minimo molto indecenti, veramente ... E come mi baci!

SAINT-ANGE: Che petto prezioso!... una rosa appena sbocciata.

DOLMANCÉ (guardando le mammelle d'Eugénie, senza toccarle): E che promette altre formosità... infinitamente pi(i pregevoli.

SAINT-ANGE: Più pregevoli?

DOLMANCÉ: Oh, sí, sul mio onore! (Così dicendo, Dolmancé accenna a far girare Eugénie per esaminarla dietro.)

EUGÉNIE: Oh, no! vi scongiuro!

SAINT-ANGE: No, Dolmancé... non voglio ancora che voi guardiate... una cosa il cui potere è troppo grande su di voi perché, una volta che l'avete in mente, possiate poi ragionare lucidamente. Abbiamo bisogno delle vostre lezioni; datecele, e con i mirti che volete cogliere si formerà più tardi per voi una corona.

DOLMANCÉ: E sia! Ma, come dimostrazione, per dare a questa bella fanciulla le prime lezioni di libertinaggio, almeno voi, signora, abbiate la compiacenza di mettervi a disposizione.

SAINT-ANGE: Ah, finalmente!... Eccomi tutta nuda: dissertate su di me quanto volete!

DOLMANCÉ: Che bel corpo!... Ma è Venere in persona, abbellita dalle sue Grazie!

EUGÉNIE: Oh, che splendore, cara amica mia! Lasciami ricoprirti di baci a mio piacere! (Lo fa.)

DOLMANCÉ: Eccellente! Eccellente! Meno passione, però, bella Eugénie! Per il momento richiedo solo la vostra attenzione.

EUGÉNIE: Avanti, ascolto, ascolto... È che lei è cosi bella, così formosa, cosí fresca!... Ah com'è bella la mia buona amica, vero signore?

DOLMANCÉ: Certamente, è bella... proprio bella; ma sono convinto che voi non le siate da meno... Su, ascoltatemi, deliziosa allieva, e non dubitate; se non vi assoggetterete tanto facilmente farò capo a quei diritti che mi concede ampiamente il titolo di vostro istitutore.

SAINT-ANGE: Oh, sì, sí, Dolmancé, ve l'affido; bisognerà rimproverarla adeguatamente, se non si dimostrerà saggia.

DOLMANCÉ: Potrei non trattenermi dal fare delle rimostranze.

EUGÉNIE: Oh, cielo! voi m'impaurite... e che mi fareste dunque, signore?

DOLMANCÉ (balbettando e baciando Eugénie sulla bocca): Castighi... punizioni, e questo bel culetto potrebbe farmi impazzire! (Glielo palpeggia attraverso la vestaglia d'organza da cui ora Eugénie è coperta.)

SAINT-ANGE: Approvo le intenzioni, ma non il resto. Cominciamo la nostra lezione, o quel poco di tempo in cui potremo godere di Eugénie volerà così nei preliminari, e l'istruzione non avverrà affatto.

DOLMANCÉ (toccando di volta in volta, su Madame de Saint-Ange, tutte le parti del corpo di cui viene parlando): Incomincio. Non parlerò di questi globi di carne; sapete bene come me, Eugénie, che si chiamano indifferentemente petto, seni, mammelle; il loro uso è molto importante nel piacere.
Un amante mentre gode li ha sotto gli occhi; li accarezza, li tasta: alcuni ne fanno proprio la sede del piacere. Infatti collocano la loro verga tra questi due monti di Venere, che la donna stringe e comprime su di esso, e dopo un po' di scosse ecco che viene fuori un liquido delizioso, il cui flusso rende felici i libertini... Ma non sarebbe bene a questo punto signora, fare subito una dissertazione alla nostra allieva su quel membro, di cui poi parleremo all'infinito?

SAINT-ANGE: Lo credo anch'io.

DOLMANCII: Allora, signora, mi stenderò su questo canapé; voi vi metterete vicino a me, prenderete in mano l'oggetto in questione e ne spiegherete voi stessa le proprietà alla nostra giovane allieva.

(Dolmancé si sdraia e Madame de Saint-Ange spiega).

SAINT-ANGE: Questo scettro di Venere che vedi sotto i tuoi occhi, Eugénie, è l'elemento fondamentale dei piaceri in amore: lo si chiama membro per eccellenza, e non c'è parte del corpo umano nella quale lui non possa andare a ficcarsi. Sempre ubbidiente alle passioni di chi lo mette in moto, va subito a ficcarsi là dentro (e tocca la vulva d'Eugénie): è la strada ordinaria... la più usata, ma non la più piacevole; alla ricerca di un tempio più misterioso, è spesso qui (lei apre le sue chiappe e mostra il buco del culo) che il libertino finisce per godere; ritorneremo poi su questo piacere, che è il più delizioso di tutti. La bocca, il petto, le ascelle spesso gli presentano altre are dove bruciare il suo incenso; e qualunque sia infine il posto prescelto, dopo essersi agitato qualche istante, lo si vede schizzare un liquido biancastro e vischioso il cui flusso immerge l'uomo in un delirio tanto vivo da procurargli i più dolci piaceri che egli possa sperare dalla vita.

EUGÉNIE: Oh, come vorrei veder colare quel liquido!

SAINT-ANGE: Questo è possibile con la semplice vibrazione della mia mano; vedi come si eccita man mano che lo scuoto! Queste fuoriuscite di liquido si chiamano polluzione e, in termine di libertinaggio, questa azione si chiama masturbare.

EUGÉNIE: Oh, mia cara amica, lasciami masturbare quel bel membro!

DOLMANCÉ: Non ci tengo! Ma lasciamola fare, signora; la sua ingenuità me lo fa innalzare terribilmente.

SAINT-ANGE: Mi oppongo a certe eccitazioni. E voi, Dolmancé, siate saggio; il flusso di quel seme, diminuendo l'attività dei vostri spiriti animali, raffredderebbe il calore dei vostri discorsi teorici.

EUGÉNIE (smaneggiando i testicoli di Dolmancé): Sono proprio inquieta, mia buona amica, per la tua opposizione ai miei desideri!... E queste palle, a che servono? E come si chiamano?

SAINT-ANGE: Il termine tecnico è coglioni... testicoli quello medico. Queste palle contengono la riserva di quel seme prolifico di cui ti stavo parlando e la cui eiaculazione nell'utero della donna produce la specie umana; ma non insisteremo su questi dettagli, Eugénie, poiché riguardano più la medicina che il libertinaggio. Una bella ragazza deve pensare solo a fottere e mai a generare. Sorvoleremo su tutto quel che riguarda il noioso meccanismo della riproduzione, per soffermarci principalmente e unicamente sui piaceri libertini il cui spirito non è assolutamente riproduttivo.

EUGÉNIE: Ma, mia cara amica, quando questa enorme verga, che riesco appena a tenere nella mia mano, penetra, come tu mi assicuri che si può fare, in un buco così piccolo come quello del sedere, provocherà certamente un grandissimo dolore alla donna.

SAINT-ANGE: Una donna non ancora abituata soffre sempre, sia introducendolo davanti che dietro. È piaciuto alla natura di farci arrivare a godere attraverso il tormento; ma superati i primi tempi, ti assicuro che nulla al mondo può offrirti i piaceri di cui si gode, e quel che si prova ficcando quella verga nei nostri culi è indiscutibilmente preferibile a tutti quelli che può procurare il ficcarlo davanti. In questo modo, d'altronde, quanti pericoli evita una donna! Meno rischi per la sua salute e più nessuno per la gravidanza! Non mi soffermo oltre, per adesso, su questo piacere; il nostro maestro ben presto lo dimostrerà a tutte e due, Eugénie, e così, unendo la pratica alla teoria, ti convincerà, come spero, mio sommo bene, che questo è l'unico di tutti i piaceri che tu devi preferire.

DOLMANCÉ: Sbrigatevi con le vostre dimostrazioni, signora! vi scongiuro, non ce la faccio più! Finirò per sgorgare e questo temibile membro, ridotto a niente, non potrà píú esservi utile per le lezioni.

EUGÉNIE: Come? Una volta venuto fuori il seme di cui tu parli, mia buona amica, quello si accorcia?... Oh! lasciamelo far uscire, così vedo come diventa... E poi, mi farebbe piacere vederlo colare!

SAINT-ANGE: No, no, Dolmancé, alzatevi! Pensate che si tratta del premio del vostro lavoro, e io non posso darvelo se non quando ve lo sarete meritato.

DOLMANCÉ: E sia! Ma per convincere meglio Eugénie su tutto quello che le stiamo dicendo riguardo al piacere, che ci sarebbe di male, per esempio, se voi la masturbaste davanti a me?

SAINT-ANGE: Niente di male, senza dubbio! E mi accingo a farlo con gioia, tanto più che questo episodio lascivo non potrà che aiutare le nostre lezioni. Sdraiati sul canapé, mio sommo bene.

EUGÉNIE: Oh Dio, che ambiente delizioso! Ma perché tutti questi specchi?

SAINT-ANGE: Perché, ripetendo le posizioni in mille immagini diverse, esse moltiplicano gli stessi piaceri agli occhi di coloro che ne godono su questo divano. In tal modo nessuna parte dei due corpi può restare nascosta: tutto dev'essere ben in vista. Sono altrettanti gruppi intorno a coloro che l'amore incatena, altrettanti imitatori dei loro piaceri, altrettanti quadri deliziosi, di cui la lussuria s'inebria e che servono a completarla rapidamente.

EUGÉNIE: Che deliziosa invenzione!

SAINT-ANGE: Dolmancé, spogliate voi stesso la vittima.

DOLMANCÉ: Non sarà difficile; si tratta solo di togliere questa organza per mettere a nudo le più eccitanti bellezze. (La spoglia, e subito concentra il suo sguardo sul sedere.) Finalmente lo vedo questo culo divino e prezioso che desidero con tanto ardore!... Accidenti! Che rotondità e che freschezza; che schianto e che dolcezza!... Non ne ho mai visto uno più bello!

SAINT-ANGE: Ah, birbante! fin dai primi omaggi fai capire quali sono i tuoi gusti in fatto di piacere!

DOLMANCÉ: Ma dico, al mondo cosa vale quanto questo?
Dove l'amore potrebbe trovare un più divino altare?... Eugénie... sublime Eugénie, fammi colmare delle più dolci carezze questo culo! (Lo tasta e lo bacia con passione.)

SAINT-ANGE: Fermatevi, libertino!... Vi dimenticate che Eugénie, unico premio peraltro delle lezioni che lei attende da voi, appartiene a me sola; ma sarà la vostra ricompensa solo dopo che le avrà ricevute. Placate i vostri ardori, o mi innervosisco.

DOLMANCÉ: Ah, briccona! siete gelosa, eh? E allora datemi il vostro culo: gli renderò grande omaggio. (Solleva la vestaglia di Madame de Saint-Ange e le carezza il sedere.) Ah, com'è bello, angelo mio!... e com'è delizioso! Fatemeli mettere vicini... voglio ammirarli l'uno vicino all'altro: ecco, Ganimede e Venere! (Li copre ambedue di baci.) Signora, non allontanate dai miei occhi lo spettacolo incantevole di simili bellezze!... Ecco, potreste offrire in continuazione al mio sguardo questi meravigliosi culi che adoro, avvinghiandovi l'una con l'altra!

SAINT-ANGE: Benissimo! Ecco, siete soddisfatto! (Si avvinghiano tra loro in modo che i loro due sederi stiano in faccia a Dolmancé.)

DOLMANCÉ: Ah, non potrebbe andar meglio! Proprio come volevo. Ora agitate questi bei culi con tutto il fuoco della lussuria; fate che si abbassino e si sollevino in cadenza, secondo l'impulso dato dal piacere... Ecco, ecco!... È meraviglioso!

EUGÉNIE: Ah, mia cara, quanto piacere mi dai!... Come si chiama ciò che stiamo facendo?

SAINT-ANGE: Masturbarsi, amica mia... procurarsi del piacere; ma, senti cambiamo posizione: guarda la mia vulva... è così che si chiama il tempio di Venere. Guarda bene questa fessura coperta dalla mano: ora l'apro. Questo rialzo che, come vedi, le fa da corona si chiama monte di Venere: si ricopre di peli in genere a quattordici o quindici anni, quando una ragazza comincia ad avere le mestruazioni. Questa linguetta che sta subito sotto si chiama clitoride. Là risiede tutta la sensibilità delle donne; è la fonte di tutta la mia passione; se qualcuno mi stuzzica quella parte, me ne vengo di piacere... Prova Ah, bricconcella! come ci dai dentro! ... Si direbbe che non hai fatto altro tutta la vita!... Fermati!... fermati!... No! Ho detto che non voglio aver subito l’orgasmo! ... Ah, trattenetemi, Dolmancé!... Sotto le dita incantatrici di questa bella fanciulla, facilmente perdo la testa!

DOLMANCÉ: Be', per rinfrescare, se è possibile, le vostre idee con una variante, masturbatela voi; trattenetevi, e fate che lei sola provi il sublime piacere... Là, sì... in quella posizione; cosí il suo bel culo sta proprio tra le mie mani... ecco... io l'apro piano piano e ficco un dito dentro... Venite, Eugénie! Abbandonate tutti i vostri sensi al piacere! Sia lui il solo dio della vostra esistenza! A lui solo una ragazza deve sacrificare tutto, e nulla ai suoi occhi deve apparire altrettanto sacro quanto il piacere.

EUGÉNIE: Ah! nulla comunque è così delizioso! Lo sento Sono fuori di me ... non so più quel che dico o faccio ... Quale ebbrezza s'impadronisce dei mi sensi!

DOLMANCÉ: Come gode la bricconcella!... Il suo ano come tiene stretto il mio dito!... quasi lo spezza! ... Ah, sarebbe delizioso incularla adesso! (Si alza e avvicina il suo membro al buco del culo della fanciulla.)

SAINT-ANGE: Ancora un momento di pazienza. Ci deve interessare soltanto l'educazione di questa cara figliola, per ora!... È cosí dolce istruirla!

DOLMANCÉ: D'accordo! Come vedi, Eugénie, dopo una polluzione più o meno lunga, le ghiandole seminali si gonfiano e finiscono per secernere un liquido il cui flusso fa cadere la donna nell'estasi più deliziosa. Questo si chiama sborrare. Quando la tua amica vorrà, ti farò vedere in quale maniera più energica e più imperiosa questa stessa operazione si verifica negli uomini.

SAINT-ANGE: Aspetta, Eugénie, ora voglio insegnarti un metodo diverso per procurare alla donna il piacere più completo. Apri bene le cosce... Piazzandola in questo modo, il suo culo, Dolmancé, vi sta proprio davanti, no? Be', leccateglielo mentre io le lecco la vulva, e facciamole provare l’orgasmo tre o quattro volte di seguito, se è possibile. Il tuo monte di Venere è meraviglioso, Eugénie! Che tenerezza baciare questo ciuffetto di peli!... Il tuo clitoride, ora che lo guardo meglio, è ancora poco sviluppato, ma com'è sensibile!... Come ti ecciti!
Lasciami aprirti un po'... Ah, sei certamente vergine! Ora dimmi cosa provi quando le nostre lingue s'introducono contemporaneamente nelle due aperture. (Lo fanno.)

EUGÉNIE: Mia cara, è delizioso! È una sensazione difficile a descriversi. Non saprei proprio dire quale delle due lingue mi dà maggior piacere.

DOLMANCÉ: Nella posizione in cui mi trovo, signora, la mia verga è vicinissima alle vostre mani; vi prego, masturbatemi mentre succhio questo culo divino. Ficcate ancor più dentro la lingua, signora; non smettete di succhiarle il clitoride! Fate penetrare quella lingua voluttuosa fin dentro l'utero! È il modo migliore per provocare l'eiaculazione del suo sperma?

EUGÉNIE (tutta tesa): Ah, non ne posso più! Mi sento morire! Non m'abbandonate, amici miei, sto per venire!... (Se ne viene tra i due precettori.)

SAINT-ANGE: Bene, amica mia! Come ti senti con tutto il piacere che ti abbiamo fatto provare?

EUGÉNIE: Sono morta, sono distrutta ... non ce la faccio più!... Ma, vi prego, spiegatemi il significato di due parole che avete pronunciato e non comprendo; prima di tutto che vuoi dire utero?

SAINT-ANGE: È una specie di vaso, a forma di bottiglia, il cui collo abbraccia il membro dell'uomo e riceve lo sperma prodotto nella donna dalla secrezione delle ghiandole, e nell'uomo dall'eiaculazione che poi ti faremo vedere; dall'unione di questi liquidi nasce il germe, che produce di volta in volta bambini o bambine.

EUGÉNIE: Ora capisco; la definizione mi spiega nello stesso tempo il termine sperma che prima non mi era ben chiaro. E l'unione dei semi è proprio necessaria per la formazione del feto?

SAINT-ANGE: Indiscutibilmente, sebbene sia provato nondimeno che il feto deve la sua esistenza esclusivamente allo sperma dell'uomo; espulso così, senza unirsi a quello della donna, certamente non ce la farebbe mai, ma il nostro serve soltanto ad elaborarloo: non crea affatto, aiuta alla creazione senza esserne la causa. Molti scienziati moderni lo ritengono addirittura inutile; e per questo i moralisti, sempre guidati dalle scoperte di quelli, con molta verosimiglianza hanno concluso che un bambino, essendo creato dal sangue del padre, debba il suo affetto esclusivamente a lui. È un'affermazione abbastanza logica e, nonostante io sia una donna, non mi azzarderei troppo a contestarla.

EUGÉNIE: Io d'altronde sento nel mio cuore la prova di quel che tu dici, mia cara, perché amo mio padre alla follia e, al contrario, detesto mia madre.

D0LMANCE: Una preferenza che non ha nulla di straordinario: anch'io la penso allo stesso modo. Non mi ero ancora ripreso dalla morte di mio padre, quando persi mia madre e feci salti di gioia... La detestavo con tutto il cuore. Adottate senza timore questi sentimenti; sono una cosa naturale. Creati esclusivamente dal sangue dei nostri padri, non dobbiamo assolutamente nulla alle nostre madri; esse non hanno fatto altro, d'altronde, che offrirsi per quell'atto, quando il padre l'ha ritenuto opportuno; dunque è stato il padre a volere la nostra nascita, e la madre non ha fatto che acconsentire. Che diversità di sentimenti!

SAINT-ANGE: Mille ragioni in più sono in tuo favore, Eugénie. Se c'è una madre al mondo che deve essere detestata, è certamente la tua! Bisbetica, superstiziosa, beghina, brontolona... e di un puritanismo ripugnante! Scommetto che una simile puritana non ha mai commesso un passo falso in vita sua... Ah, cara mia, come detesto le donne virtuose! Ritorneremo sull'argomento.

DOLMANCÉ: Non sarebbe ora giunto il momento di far apprendere a Eugénie, guidata da me, a restituire quel che poco fa le avete fatto voi, e vi masturbasse sotto i miei occhi?

SAINT-ANGE: Sono d’accordo e oltretutto lo ritengo utile; e durante l'esecuzione vorrete naturalmente vedere il mio culo, voi Dolmancé?

DOLMANCÉ: Potete dubitare, signora, del piacere col quale gli renderei omaggio?

SAINT-ANGE: (presentandogli il sedere): Va bene così?

DOLMANCÉ: A meraviglia! In tal modo posso rendervi meglio quello stesso servizio con cui Eugénie si è trovata benissimo.
Voi intanto, bellezza mia, mettetevi con la testa tra le gambe della vostra amica, e restituitele, con la vostra lingua, quei brividi di piacere che man mano proverete. Quali? Ma evidententente io avrò sottomano i vostri due culi e, mentre succhierò quello della signora, tasterò anche il vostro. Ecco... così siamo uniti l'un l'altro.

SAINT-ANGE: (andando in estasi): Mi sento morire, sacriddio!... Dolmancé, come mi piace toccare la tua bella verga, mentre sborro!... Vorrei che mi inondasse di sperma!... Mastebatemi!... succhiatemi! Cazzo perdio!... Ah, con mi piace fare la puttana, quando il mio sperma se ne viene così!... È finita, non ne posso più... Mi avete proprio distrutta tutti e due... Credo di non aver goduto tanto in vita mia.

EUGÉNIE: E mi fa piacere esserne la causa! Ma senti, amica cara, proprio adesso hai usato un'altra parola di cui non capisco il significato. Che vuoi dire puttana? Mi scuserai, ma cone sai bene sono qui per istruirmi.

SAINT-ANGE: Bellezza mia, si chiamano così le vittime pubbliche del vizio degli uomini, sempre pronte a darsi per passione o per interesse; buone e rispettabili creature, che la società disprezza ma la voluttà esalta; assai più necessarie alla società delle puritane, hanno il coraggio di sacrificare, al suo servizio, la considerazione che questa società osa togliere loro ingiustamente. Viva le donne onorate da questo titolo! Quelle sì che sono donne veramente amabili, le uniche veramente filosofe. Quanto a me, mia cara, sono dodici anni che mi do da fare per meritare quel titolo, e ti assicuro che son ben lontana dal formalizzarmi, anzi mi diverto. C'è di più: mi piace che mi chino così quando mi fottono; è un'ingiuria che mi eccita.

EUGÉNIE: Lo capisco, mia cara! E non mi dispiacerebbe che chiamassero così anche me, anche se non merito ancora questo titolo. Ma la virtù non si oppone a questa cattiva condotta? Non l'offendiamo comportandoci in questo modo?

DOLMANCÉ: Ah, bando alle viri, Eugénie! Esiste forse un solo sacrificio che si possa fare per certe false divinità, che valga un solo istante dei piaceri di cui godiamo recando loro oltraggio? Via! La virtù non è che una chimera, il cui culto consiste esclusivamente in sacrifici perpetui, in rivolte innumerevoli contro l'istinto della natura. Possono essere quindi spontanei certi sentimenti? È forse la natura a istigare un ostruzionismo? Non essere vittima di quelle donne che tu chiami virtuose, Eugénie! Non saranno magari le stesse nostre passioni di cui esse sono schiave, ma ne hanno altre, e spesso molto più disprezzabili... Hanno ambizione, orgoglio, interessi meschini, e a volte addirittura un carattere così freddo che non desiderano assolutamente nulla. Vorrei proprio sapere cosa possiamo aspettarci da tipi simili! Non hanno forse seguito esclusivamente i sentimenti di un amore egoistico? Dunque è meglio, cioè più saggio, più opportuno, sacrificarsi in nome dell'egoismo o della passione? Per me, credo che l'uno valga l'altra; e chi ascolta soltanto quest'ultima voce ha certamente più ragione, perché si tratta dello strumento della natura, mentre l'altro non nasce che dalla meschinità e dal pregiudizio. Una sola goccia di sperma che sgorga da questo membro, Eugénie, mi è più preziosa delle azioni più sublimi d'una virtù che disprezzo.
(Tra gli interlocutori si è ristabilita la calma; le donne, rivestite delle loro vestaglie, si abbandonano sul canapé e Dolmancé accanto a loro su una gran poltrona).

EUGÉNIE: Ma esistono varie specie di virtù; che ne pensate, per esempio, della pietà?

DOLMANCÉ: Cosa può significare questa virtù per uno che non crede nella religione? E chi può credere alla religione? Sentite, Eugénie, ragioniamo con calma: non chiamate religione il patto che lega l'uomo al suo Creatore e che l'obbliga a testimoniargli, con il culto, la riconoscenza che ha dell'esistenza ricevuta da quel sublime artefice?

EUGÉNIE: Non si potrebbe definirla meglio.

D0LMANCE: E allora! Se è dimostrato che l'uomo non deve la sua esistenza che agli irresistibili meccanismi della natura; se è provato che, abitante di questa terra, antico quanto la terra stessa, egli è, come il cane o il leone o i minerali che si trovano nelle viscere della terra, soltanto un prodotto determinato dall'esistenza stessa della terra, che peraltro non deve la sua a nessun altro essere; se è dimostrato che questo Dio, considerato dagli sciocchi come ideatore e realizzatore unico di tutto quel che vediamo, non è che il nec plus ultra della ragione umana, il fantasma creato a quel punto in cui questa ragione non riesce phi a rendersi conto di nulla, proprio per sbrogliare i suoi ragionamenti; se è provato che l'esistenza di questo Dio è impossibile e che è proprio la natura, sempre in azione, sempre in movimento, a possedere quelle qualità che agli sciocchi piace invece attribuire a lui arbitrariamente; se è certo che, ammesso per assurdo che questo essere inerte esista, sarebbe l'essere più ridicolo di tutti, dal momento che si sarebbe dato da fare soltanto un giorno e da milioni di secoli starebbe in una spregevole inazione; che, sempre ammesso per assurdo che esista come le religioni ce lo rappresentano, sarebbe sicuramente l'essere più detestabile, visto che permette che ci sia il male sulla terra, mentre la sua superpotenza potrebbe impedirlo; se insomma tutto questo fosse provato, come lo è incontestabilmente, credete allora, Eugénie, che la pietà che renderebbe l'uomo schiavo di questo Creatore imbecille, insufficiente, feroce e spregevole, sarebbe una virtù proprio necessaria?

EUGÉNIE (rivolta a Madame di Saint-Ange): E allora! Ma veramente, mia cara amica, l'esistenza di Dio sarebbe una pura chimera?

SAINT-ANGE: E senza dubbio la più spregevole!

DOLMANC: Bisogna essere stupidi per crederci! Questo abominevole fantasma, frutto del terrore di alcuni e della debolezza di altri, è inutile al sistema del mondo, Eugénie; risulterebbe senza alcun dubbio dannoso, perché le sue volontà, che dovrebbero essere giuste, non potrebbero mai andar d'accordo con le ingiustizie insite nelle leggi della vita. Lui dovrebbe costantemente desiderare il bene, mentre la natura deve desiderarlo solo come compenso del male che serve alle sue leggi; inoltre dovrebbe essere sempre in attività, e quindi la natura, che ha tra le sue leggi proprio quella del moto perpetuo, si troverebbe in concorrenza ed opposizione perenne con lui. Ma qualcuno potrebbe obiettare che Dio e natura sono la stessa cosa. Non sarebbe un assurdo? La cosa creata non può essere uguale all'essere creante! Possibile che l'orologio sia l'orologiaio? Ebbene qualcun altro potrebbe aggiungere che la natura è nulla, mentre Dio è tutto. Altra stupidaggine! Nell'universo ci sono necessariamente due cose: l'agente creatore e l'individuo creato. Ora, chi è l'agente creatore? Ecco l'unico punto oscuro da chiarire, l'unica domanda a cui occorre rispondere.
Se la materia agisce, si muove, attraverso combinazioni a noi ignote, se il movimento è consustanziale alla materia stessa, se lei da sola insomma, grazie alla sua energia, riesce a creare, produrre, conservare, mantenere, bilanciare, nell'immensa distesa dello spazio, tutti i pianeti la cui vistà ci sorprende e il cui ruotare uniforme, invariabile, ci riempie di rispetto e d'ammirazione, che bisogno c'è allora di cercare un agente estraneo a tutto ciò, dal momento che questa facoltà attiva si trova essenzialmente già nella natura stessa, che altro non è se non la materia in attività? Quella vostra chimera divina potrà chiarire la cosa? Vi sfido a provarmelo! Supposto che mi sbagli sulle facoltà intime della materia, mi si presenta una sola difficoltà. Cosa fate offrendomi il vostro Dio? Me ne aggiungete un'altra. Come volete che ammetta, per spiegarmi qualcosa che non capisco, una cosa che capisco ancor meno? Mi baserò sui dogmi della religione cristiana per farmi un'idea... per raffigurarmi il vostro Dio orribile? Be', vediamo un po' come mi si presenta…
Cosa posso vedere nel Dio di questo culto infame, se non un essere incoerente e barbaro, che oggi crea un mondo, e domani si pente di averlo creato? Cosa posso vedere in lui se non un essere banale che non può mai far prendere all'uomo la piega che vorrebbe? Questa creatura, anche se emanata da lui, lo domina; può offenderlo e meritare per questo supplizi eterni! Che razza di Dio è! Come! Ha creato tutto quel che vediamo e non ce l'ha fatta a formare un uomo a suo piacimento! Ma, risponderete voi, se l'avesse creato così, l'uomo non l'avrebbe meritato. Scempiaggini! E che necessità c'è che l'uomo meriti il suo Dio? Formandolo completamente buono, non avrebbe mai potuto fare il male, e solo in questo caso l'opera sarebbe stata degna d'un Dio. Lasciare la scelta all'uomo significa indurlo in tentazione! E Dio, grazie alla sua preveggenza infinita, ben sapeva cosa ne sarebbe venuto fuori! E allora gli fa piacere perdere la creatura da lui formata! Che Dio orribile quel Dio! Che mostro! Che scellerato, più degno del nostro odio e della nostra implacabile vendetta! E poi, poco contento d'un operato così sublime, soffoca l'uomo per convertirlo; lo consuma, lo maledice. Ma non ce la fa proprio a cambiarlo. Un essere più potente di quel Dio schifoso, il Diavolo, mantenendo sempre il suo dominio, in una eterna sfida al suo artefice, grazie alle sue seduzioni, riesce inevitabilmente a traviare il gregge umano che si era riservato l'Eterno. Nulla riesce ad abbattere il potere che questo demonio ha su di noi. E che vi inventate allora di quell'orribile Dio che andate predicando? Vi inventate che ha un figlio, un figlio unico, con il quale non so in che cavolo di rapporto si trovi; perché, come fotte l'uomo, così si è voluto che fottesse anche il suo Dio; egli stacca dal cielo questa rispettabile porzione di se stesso. Ci si immagina che questa sublime creatura venga al mondo, in una scia di raggi celesti, in una schiera di angeli, visibile a tutti... E come no! Il Dio che viene a salvare la terra sbuca fuori dai ventre di una puttana ebrea, in una stalla per porci! Bella origine gli hanno affibbiato! Ma poi, la sua onorevole missione ci porterà qualche vantaggio? Seguiamo un istante il personaggio. Che dice? che fa? Che sublime missione riceviamo da lui? Che misteri viene a rivelarci? Che dogmi viene a prescriverci? In quali azioni, infine, la sua grandezza si rivela?
Io vedo da principio un'infanzia oscura, qualche servizio, piuttosto scanzonato senza dubbio, reso da questo monello ai sacerdoti del tempio di Gerusalemme; poi un vuoto di quindici anni, durante il quale il birbante si rimpinza di tutte le fantasticherie della dottrina egiziana che diffonderà nella Giudea. Fa appena a tempo a ritornarci che la sua follia comincia a dare i primi segni facendogli dire che è figlio di Dio, uguale a suo padre; e aggrega a questa parentela un altro fantoccio che chiama Spirito Santo, e queste tre persone, come lui ci assicura, non devono considerarsi che un'unica persona! Più questo ridicolo mistero fa stupire la ragione, più il cialtrone assicura che è conveniente crederci... e pericoloso ritenere che non sia vero. Per salvare tutti, assicura quell'imbecille, che lui si è incarnato, nonostante sia un dio, in un essere umano; e i miracoli eccezionali che gli vedremo fare, ben presto convinceranno tutti! Infatti, a quanto pare, in un banchetto di ubriaconi, quel furfante cambia l'acqua in vino; nel deserto, nutre quattro scellerati con le provviste già preparate dai suoi seguaci e tenute nascoste; un suo compagno fa il morto, e il nostro impostore lo risuscita; se ne va su una montagna e là, solo davanti a due o tre amici, fa qualche gioco di prestigio di cui si vergognerebbe il più sprovveduto giocoliere dei nostri tempi.
D'altronde, maledicendo tutti quelli che non credono in lui, quel furbacchione promette i cieli a tutti gli sciocchi che l'ascolteranno. Non scrive nulla, infatti è un ignorante; parla molto poco, infatti è un deficiente; agisce ancor meno, infatti è debole; rompe le scatole ai magistrati; succede che questi si spazientiscono per i suoi discorsi sediziosi, in verità piuttosto rari, e il ciarlatano si fa crocifiggere, dopo aver assicurato quei mascalzoni dei suoi seguaci che, ogni volta che l'invocheranno, scenderà tra di loro per farsi mangiare. Lo suppliziano, e lui non reagisce. Il suo caro papà, quel Dio sublime, dal quale egli osa dire che deriva, non gli offre il minimo aiuto, e così quel furfante viene trattato come l'ultimo degli scellerati, di cui era degno d'essere il capo.
I suoi seguaci si riuniscono: “Eccoci perduti”, dicono, “e tutte le nostre speranze sono svanite! a meno che non ci salviamo con un colpo da maestri. Ubriachiamo quelli che fanno la guardia a Gesù; rubiamo il suo cadavere e diciamo in giro che è risorto: è una scappatoia infallibile. Se riusciamo a far credere questa bricconata, la nostra nuova religione prende corpo, si propaga, e vedrete che affascinerà il mondo intero… Diamoci da fare!” Il colpo viene attuato, e riesce. La sfacciataggne premia sempre i furfanti! Il corpo viene portato via; gli sciocchi, le donne, i bambini gridano al miracolo, per, quanto possono, e intanto in quella città dove stanno per accadere cose straordinarie, in quella città bagnata dal sangue d'un Dio, nessuno vuol credere a quei Dio: non si verifica nessun conversione. Dirò di più: il fatto è cosi poco degno d'essere riferito, che nessuno storico ne Parla. I soli discepoli di questo impostore pensano di trarre vantaggio dalla frode, ma non subito.
Notevolissima questa loro presa di posizione, di lasciar passare diversi anni prima di sfruttare tutta quella messa in scena; su di essa infine erigono l'edificio vacillante della loro disgustosa dottrina. Agli uomini piace ogni tanto fare qualche cambiamento! E poi, stanchi del dispotismo degli imperatori, avevano bisogno di una rivoluzione. Quei furbacchioni, vengono ascoltati; assai rapidamente aumentano di numero: nasce la storia di tante falsità. Gli altari di Venere e Marte cedono il posto a quelli di Gesù e di Maria; viene pubblicata la vita dell'impostore. Il banale romanzo trova chi ci crede; gli si fanno dire cento cose alle quali lui non ha mai pensato; alcuni suoi assurdi propositi divengono subito la base della sua morale, e siccome questa novità era predicata ai poveri, la carità ne diventa la virtù principale. Vengono istituiti strani riti sotto il nome di sacramenti, dei quali il più indegno e abominevole è quello per il quale il prete, anche se è un assassino, grazie ad alcune parole magiche, ha il potere di far penetrare Dio in un pezzo di pane.
È indubitato che questa indegna religione sarebbe stata inesorabilmente soffocata fin dai suo nascere se solo si fosse usata contro di essa quell'arma del disprezzo che meritava; e invece fu perseguitata: così si diffuse; conseguenza inevitabile! Oggigiorno però, vediamo di ridicolizzarla, e finirà per scomparire! Lo scaltro Voltaire non impiegava mai altra arma, e tra tutti gli scrittori è quello che può vantarsi di avere il maggior numero di seguaci. Insomma, Eugénie, questa è la storia di Dio e della religione; giudicate voi stessa quale valore potete dare a certe favole, e tiratene le condusioni.

EUGÉNIE: Non sono imbarazzata nella scelta; disprezzo tutte queste disgustanti fantasticherie, e quello stesso Dio, che finora temevo per debolezza o ignoranza, per me non è altro che oggetto d'orrore.

SAINT-ANGE: Giurami dunque di non pensarci più, di non interessartene mai, di non invocarlo in alcun istante della tua vita e di non ritornare sul tuo passato.

EUGÉNIE: (rifugiandosi in seno a Madame de Saint-Ange): Lo giuro tra le tue braccia! Lo capisco che esigi tutto questo per il mio bene e non vuoi che certi ricordi turbino la mia tranquillità!

SAINT-ANGE: E quale altro motivò potrei avere?

EUGÉNIE: Ma, Dolmancé, mi pare che sia stata l'analisi delle virtù a portare il discorso sulla religione! E allora torniamo su quelle! In questa religione, nonostante sia ridicola, non esiste alcuna virtù tra quelle da essa prescritte che possa contribuire alla nostra felicità?

DOLMANÉ: Esaminiamole pure! Forse la castità, Eugénie, virtù che non si legge certo nei vostri occhi, nonostante l'insieme del vostro comportamento possa rispecchiarla? Vi impegnerete a combattere tutti gli impulsi della natura? Li sacriflcherete tutti al vano e ridicolo onore di non avere mai una debolezza? Siate sincera nel rispondermi, bellezza! In questa assurda e pericolosa purezza dell'anima credete di trovare tutti i piaceri del vizio contrario?

EUGÉNIE: Sul mio onore, no! Non mi sento minimamente inclinata ad essere casta; anzi, direi che sono tutta portata per il vizio ad essa opposto! Ma, Dolmancé, la carità e la beneficenza non potrebbero rappresentare la felicità per alcune anime sensibili?

DOLMANCÉ: Bah, virtù da persone ingrate! Lungi da noi, Eugénie! Ma non farti ingannare d'altronde, mia bella amica: la beneficenza è un vizio dell'orgoglio più che una vera e propria virtù dell'animo. È per ostentazione che uno da una mano ai propri simili, e mai con il solo scopo di fare una buona azione; ci si sentirebbe veramente contrariati se l'elemosina fatta non avesse tutta la pubblicità possibile. Non credere neanche, Eugénie, che quella azione possa avere i buoni getti che uno s'immagina; per quel che penso io, è proprio un imbroglio. È una cosa che abitua il povero ad aiuti che deteriorano la sua energia; non lavora più perché conta sulla vostra carità, e quando questa comincia a mancargli diventa un ladro o un assassino. Sento che tutti si domandano cqme poter eliminre l'accattonaggio, e nel frattempo seguitano a fare tutte quelle cose che non possono che moltiplicarlo.
Ma domando e dico: non volete aver più mosche nella vostra stanza? Non lasciate più in giro lo zucchero che le attira! Non volete più poveri in Francia? Non distribuite più elemosine e soprattutto, eliminate le case di carità! L'individuo nato nell'indigenza, vedendosi privato di queste pericolose risorse, impiegherà tutte le sue forze e i mezzi ricevuti dalla natura per tirarsi fuori dallo stato in cui è nato, e non vi importunerà più. Senza pietà distruggete dalle fondamenta queste detestabili case dove avete la sfrontatezza di accogliere i frutti del libertinaggio del povero, cloache spaventose che vomitano ogni giorno nella società uno sciame disgustante di nuovi individui che possono sperare solo nel vostro portafoglio. A che serve, domando io, mantenere certi individui con tante attenzioni? Hanno paura che la Francia si spopoli? Non abbiano mai questo timore!
Una delle principali colpe dell'attuale governo consiste proprio nel fatto di avere una popolazione fin troppo numerosa, e quegli individui superflui non direi proprio che costituiscano una ricchezza per lo Stato. Certi individui in sovrannumero sono come rami parassiti che, vivendo completamente a carico del tronco, finiscono sempre per estenuarlo. Ricordatevi che, sotto qualsiasi governo, quando la popolazione è superiore ai mezzi di sussistenza, quel governo se la passa male. Esaminate attentamente la situazione della Francia e vedrete se non è vero. E le conseguenze sono evidenti! I Cinesi, più saggi di noi, si guardano bene dal lasciarsi soffocare da una sovrappopolazione. Nessun ricovero per i vergognosi frutti del vizio; si abbandonano certi rifiuti come i postumi d'una digestione. Nessuna casa per poveri: in Cina non le conoscono nemmeno. Là tutti lavorano e sono felici; nulla àltera l'energia del povero, e ciascuno può dire come Nerone: Quid est pauper?

EUGÉNIE (a Madame de Saint-Ange): Cara amica, mio padre la pensa esattamente come lui: non ha fatto mai un'opera buona in vita sua, e non smette di rimproverare mia madre per le somme che spende in certe usanze. Era iscritta alla Società materna, poi alla Società filantropica, e a non so quali altre associazioni; e lui l'ha costretta a abbandonarle, deciso ad assegnarle una rendita minima se ricadrà in quelle stupidaggini.

SAINT-ANGE: Eugénie, nulla è più ridicolo e nello stesso tempo più pericoloso di queste associazioni: sono proprio loro, le scuole gratuite e le case di carità, la causa dello sconvolgimento nel quale ci troviamo in questi tempi. Non fare mai un'elemosina, mia cara, te ne supplico.

EUGÉNIE: Non temere; è da tanto tempo che mio padre pretende la stessa cosa, e la beneficenza mi tenta troppo poco per infrangere cosi i suoi ordini... i sentimenti del mio cuore e i tuoi desideri.

DOLMANCÉ: Non sperperiamo questa sensibilità che abbiamo ricevuto dalla natura; meglio annullarla che darle ascolto. Cosa m'interessano i malanni altrui? Non ne ho già abbastanza io, che devo affliggermi per quelli che mi sono estranei! Il fuoco di questa sensibilità deve ffluminre sempre e solo i nostri piaceri! Dobbiamo essere sensibili a tutto quello che li lusinga, e assolutamente insensibili a tutto il resto. Da questo stato d'animo deriva una specie di crudeltà, che a volte è anche piacevole. Non si può sempre far del male. Privati del piacere che esso dona, equilibriamo almeno questa sensazione con la piccola piccante cattiveria di non fare mai del bene.

EUGÉNIE: Dio, come m'inlmmano le vostre lezioni! Credo che a questo punto mi farei uccidere piuttosto che ridurmi a compiere una buona azione!

SAINT-ANGE: E se invece se ne presentasse una cattiva, saresti pronta a commetterla?

EUGÉNIE: Taci, seduttrice; su questo punto ti risponderò solo quando avrai finito d'istruirmi. Da tutto quel che m'avete detto, Dolmancé, mi pare proprio indifferente a questo mondo commettere del bene o del male; si tratta solo di restare in linea con i nostri gusti e il nostro temperamento?

DOLMANCÉ: Non c'è dubbio, Eugénie, che le parole vizio e virtù sono puramente teoriche. Nessuna azione, per quanto singolare possiate supporla, è veramente criminale; e nessuna può realmente chiamarsi virtuosa. Tutto è in rapporto ai nostri costumi e all'ambiente in cui abitiamo; quello che appare un crimine qui, spesso è considerato una virtù a cento chilometri di distanza, e le virtù d'un altro emisfero potrebbero al contrario essere virtù considerate da noi crimini. Non esiste orrore che non sia stato divinizzato, né virtù che non sia stata corrotta. Da certe differenze puramente geografiche deriva la scarsa considerazione in cui dobbiamo tenere la stima o il disprezzo degli uomini, sentimenti ridicoli o frivoli da superare, ai punto anche di preferire senza timore il loro disprezzo se le azioni che ce lo fanno meritare ci procurano qualche voluttà.

EUGÉNIE: Mi sembra comunque che esistono in verità azioni pericolosissime, ed estremamente malvage, tanto da esser state in genere considerate criminose e, come tali, punite in qualsiasi punto dell'universo!

SAINT-ANGE: Nessuna, amore mio, nessuna! Nemmeno il furto o l'incesto, l'omicidio o il parricidio!

EUGÉNIE: Come! Possibile che certi orrori siano stati giustificati da qualche parte!

DOLMANCÉ Addirittura onorati, lodati, considerati come eccellenti azioni, mentre l'umanità, l'innocenza, la beneficenza, la castità, tutte le nostre viri, insomma, altrove erano considerate come mostruosità.

EUGÉNIE: Vi scongiuro, spiegatemi tutto! esigo una breve analisi di ciascuno di questi crimini, pregandovi di cominciare ad indicarmi prima di tutto la vostra opinione sul libertinaggio delle ragazze, e poi sull'adulterio delle mogli.

SAINT-ANGE Ascoltami dunque, Eugénie. È assurdo affermare che appena una figlia esce dal ventre di sua madre deve, da quel momento, diventare vittima della volontà dei suoi genitori, per vivere così fino all'ultimo respiro. Non è certo in un secolo come l'attuale, con la personalità e i diritti dell'uomo approfonditi da poco con tanta cura, che le ragazze debbano continuare a credersi schiave delle loro famiglie, quando è risaputo che i poteri di queste famiglie su di loro sono assolutamente chimerici. Ascoltiamo la natura su una questione cosi interessante, e ci siano un momento d'esempio le leggi degli animali, assai più vicine di noi a quella. Presso di loro i doveri paterni vanno forse al di là dei bisogni fisici dell'infanzia? I frutti del piacere del maschio e della femmina non possiedono tutta la loro libertà e tutti i loro diritti? Appena possono camminare e nutrirsi da soli, forse da quel momento gli artefici della loro esistenza seguitano ad andargli appresso? E loro stessi pensano forse di dovere qualcosa a coloro che gli hanno fatto dono della vita? No, senza dubbio. E perché mai i figli degli esseri umani dovrebbero attenersi ad altri doveri? E chi li determina, certi doveri, se non l'avidità e l'ambizione dei padri? Ora io mi domando se è giusto che una ragazza che comincia a capire e ragionare si sottometta a tali imposizioni. Non è insomma soltanto un pregiudizio che rinnova queste catene? Esiste nulla di più ridicolo del vedere una ragazza di quindici o sedici anni, bruciata dai desideri che è obbligata a dominare, tra tormenti peggiori di quelli dell'inferno, attendere che i suoi genitori, dopo aver reso la sua giovinezza disgraziata, si compiacciano di sacrificare anche la sua età matura, immolandola alla loro perfida cupidità e dandola sposa, suo malgrado, a uno che o non ha nulla per meritarsi il suo amore o ha tutto per meritarsi il suo odio?
E no, no Eugénie! certe catene saranno presto spezzate!
Una volta raggiunta l'età della ragione, una ragazza deve esser libera di andar via di casa, dove avrà ricevuto una edicatone nazionale, ed essere padrona, a quindici anni, di divenire quello che vuole! Si darà al vizio? E che importa? I servizi resi da una ragazza che acconsenta a fare la felicità di tutti quelli che si rivolgano a lei, non sono infinitamente più importanti di quelli che offre ai suo sposo stando segregata? Il destino d'una donna è essere come una cagna o una lupa; deve appartenere a tutti quelli che la vogliono. Unirla ad un solo uomo con l'assurda schiavitù d'un matrimonio significa andare chiaramente contro il destino che la natura le impone.
Speriamo che si aprano bene gli occhi e che, assicurando la libertà a tutti gli individui, non venga dimenticata quella delle infelici ragazze; ma se saranno tanto sfortunate da essere dimenticate, si mettano esse stesse al di sopra di ogni usanza e pregiudizio e spezzino coraggiosamente le ignominiose catene con cui si pretende di tenerle schiave! Allora sì che trionferanno sui costumi e le opinioni! L'uomo divenuto più saggio, perché più libero, capirà che è una ingiustizia disprezzare quelle che agiranno così e che l'istinto di cedere agli impulsi di natura, considerato un crimine presso un popolo schiavo, non può esserlo invece presso un popolo libero.
In base alla legittimità di questi principi, Eugénie, spezza le tue catene a qualsiasi prezzo! Disprezza le vane rimostranze di una madre imbecille, alla quale appunto tu non devi altro che odio e disprezzo. Se poi tuo padre, che è un libertino, ti desidera, e sia!, goda pure di te, ma senza renderti schiava. Rompi il giogo se vuole negarti la libertà! Più di una figlia si è comportata così con suo padre. Fotti, insomma, fotti pure! Tu sei nata per questo! Nessun freno abbiano i tuoi piaceri se non è imposto dalle tue forze e dalle tue volontà; e non ci sia eccezione di luogo, tempo o persona: tutte le ore, tutti i luoghi e tutti gli uomini devono servire alle tue voluttà! La continenza è una virtù impossibile, per la quale la natura, violata nei suoi diritti, ci punisce subito con mille sventure. Evidentemente, dal momento che le leggi attuali son quelle che sono, usiamo qualche accorgimento: ci tiene a freno l'opinione pubblica, d'accordo; ma di nascosto sfoghiamoci nei confronti di quella castità crudele che siamo obbligati a mantenere in pubblico.
Una fanciulla cerchi di procurarsi una buona amica che, libera e di mondo, possa farle godere di nascosto il piacere; in mancanza di questa, si sforzi a sedurre quei sapientoni da cui è circondata. Li supplichi di prostituirla, promettendo loro tutto il denaro che potranno ricavare dal suo mercato, altrimenti quei sapientoni da soli, o con l'aiuto delle donne rimediate proprio per questo scopo, le cosiddette ruffiane, prima o poi appagheranno ugualmente i suoi desideri. Getti pure polvere negli occhi di quanti la circondano, siano essi fratelli, cugini, amici o genitori; si dia a tutti, se è necessario per nascondere la sua condotta. Se poi occorre, sacrifichi pure tutti i suoi svaghi ed affetti; una relazione noiosa, nella quale lei si sarà messa soltanto per politica, la porterà ben presto ad una situazione più piacevole e allora sì che potrà considerarsi lanciata. Ma non ritorni mai sui pregiudizi dell'infanzia; minacce, esortazioni, doveri, virtù, religione, consigli: calpesti tutto ciò! Rifiuti e disprezzi ostinatamente quanto tende solo a renderla nuovamente schiava, quanto insomma non serve affatto a tuffarla nell'impudicizia!
È una fissazione dei nostri genitori che la strada del libertinaggio sia tutta una sventura; dappertutto del resto ci sono le spine, lungo la strada del vizio, ma sotto quelle sbocciano le rose: solo sui sentieri fangosi della virtù la natura mom le fa mai nascere! L'unico pericolo da temere imboccando quella strada è l'opinione pubblica; ma quale ragazza in gamba, po' riflessiva, non si sentirà superiore a certa ridicola opinione? I piaceri che può arrecare la stima degli altri, Eugénie non sono che di ordine morale, e vanno bene solo per le persone che la pensano in un certo modo; quelli che procura il fottere piacciono a tutti, e certe attrattive di seduzione ricompensano ben presto di quell'illusorio disprezzo al quale è difficile sottrarsi sfidando l'opinione pubblica, ma di cui diverse donne intelligenti si sono disinteressate al punto di ricavarne un piacere più vivo. Fotti, Eugénie, fotti dunque, angelo mio caro! Il tuo corpo appartiene a te, a te soltanto; tu sola al mondo hai diritto di goderne e farne godere chi ti pare e piace!
Sfrutta il periodo più felice; della tua vita! Questi anni spensierati di piacere sono purtroppo troppo brevi! Se ne godiamo serenamente, ricordi deliziosi allieteranno dolcemente la nostra vecchiaia. Non ne approfittiamo? ...E allora amari rimpianti e terribili rimorsi ci angustieranno tra i tormenti dell'età avanzata, fino a circondare di lacrime e difficoltà il funesto approssimarsi della tomba…
Sogni l'immortalità? Be', cara mia, solo fottendo resterai nel ricordo degli uomini. Donne come Lucrezia son ben presto dimenticate, mentre ci si ricorda sempre con piacere nella vita di una Teodora o di una Messalina. Dunque Eugénie, come non preferire un comportamento che, riempiendoci di gloria in vita, ci lasci anche la speranza di esser ricordate dopo morte? Come non preferirlo, dico io, a quell'altro che, facendoci vegetare come imbecilli sulla terra, non ci promette dopo la nostra esistenza altro che disprezzo e oblio?

EUGÉNIE (a Madame de Saint-Ange): Ah, caro amore, come m'infiammano la mente e trascinano l'animo certi discorsi seduttori! Sono in uno stato difficile a spiegarsi... Ma dimmi, potrai farmi conoscere qualcuna di quelle donne ... (con turbamento) che mi prostituiranno, se glielo chiederò?

SAINT-ANGE: Che tu faccia esperienza, Eugénie, è una cosa che riguarda me soltanto; affidati a me per quest'incarico, con tutte le precauzioni che prenderò per ricoprire il tuo traviamento: mio fratello e questo amico sicuro che t'istruisce saranno i primi ai quali voglio che tu ti conceda; poi ne troveremo altri. Non preoccuparti, amica mia; ti farò passare da un piacere a un altro, t'immergerò in un mare di delizie, ti riempirò di queste finché ne sarai sazia!

EUGÉNIE (buttandosi tra le braccia di Madame de Saint-Ange): Mia cara, t'adoro; stai tranquilla che non avrai mai un'allieva più sottomessa di me! Piuttosto, mi sembra di averti sentito dire, in una delle nostre precedenti conversazioni, che era difficile per una ragazza darsi al libertinaggio, senza che il suo futuro sposo poi non se ne accorgesse.

SAINT-ANGE: È vero, mia cara, ma ci sono degli accorgimenti che rimettono a posto ogni cosa. Ti prometto di farteli conoscere: tu potrai essere pure fottuta quanto Maria Antonietta, e io ti assicuro che ti farò diventare nuovamente vergine come quando sei venuta al mondo.

EUGÉNIE: Ma sei deliziosa! Allora su, continua ad istruirmi.
A questo proposito vedi di chiarirmi come si deve comportare una donna durante il matrimonio.

SAINT-ANGE: In qualsiasi stato si trovi una donna, mia cara, quello di figlia, di moglie, o di vedova, non deve mai avere altro scopo, altra occupazione, altro desiderio che farsi fottere dalla mattina alla sera: è per questo unico scopo che la natura l'ha creata. Ma, a questo proposito, se io esigo che questa donna soffochi ogni pregiudizio della sua infanzia, se le prescrivo la disobbedienza più categorica agli ordini della sua famiglia e il disprezzo phi fermo di tutti i consigli dei suoi genitori, capirai bene, Eugénie, che tra tutti gli ostacoli da eliminare, quello di cui le consiglierò l'abbattimento in senso assoluto sarà, senza discussione, quello del matrimonio. In effetti, Eugénie, considera una fanciulla appena uscita dalla casa paterna o dal collegio, all'oscuro di tutto, senza alcuna esperienza, obbligata a passare subito tra le braccia di un uomo che non ha mai visto, obbligata a giurare a quest'uomo, ai piedi d'un altare, una obbedienza e una fedeltà tanto più ingiusta in quanto lei nel fondo del proprio cuore spesso non ha che il phi gran desiderio di mancargli di parola. Dimmi tu, Eugénie, se esiste un destino più terrificante di questo! Eppure eccola incastrata, che il marito le piaccia o meno, che questi abbia o no per lei tenerezza o comportamento villano; una volta che ha giurato, ne va del suo onore! È infamante infrangere i giuramenti! In conclusione: o è la diffamazione o è la schiavitù, per quanto ne possa morire di dolore! Eh, no Eugénie, mica siamo nate per fare questa fine! Certe leggi assurde le hanno inventate gli uomini, ma noi non dobbiamo subirle. Il divorzio stesso può forse essere una via d'uscita? No, senza dubbio. Chi ci assicura che troveremo più sicuramente in seconde nozze quella felicità inesistente nele prime? Prendiamoci di nascosto la rivincita per la costrizione di vincoli così assurdi e stiamo pur certe che disordini di tal fatta, a qualsiasi eccesso possano portare, sono ben lontani dal recare un oltraggio alla natura, ma piuttosto un omaggio sincero nei suoi confronti: cedere ai desideri che lei sola ci ha inculcato, significa obbedire alle sue leggi; e invece, resistendole, l'oltraggeremmo. L'adulterio, che gli uomini considerano un crimine e che essi hanno osato punire rovinandoci l'esistenza, l'adulterio, Eugénie mia, non è che l'acquisto di un diritto di natura, al quale le fantasie di certi tiranni non saprebbero mai sottrarci. Ma non è orribile, dicono i nostri sposi, esporci al pericolo di amare i frutti dei vostri stravizi come nostri figli e tenerli in famiglia come tali? È quello che obietta Rousseau; ed è la sola obiezione, ne convengo, con cui si possa contestare l'adulterio. Ma non è più semplice allora darsi alla vita libertina ed evitare di restare incinte? E non è ancor più facile interrompere una gravidanza, nel caso si venga verificare? Ma siccome ritorneremo su questo argomento, per adesso trattiamo il fondo della questione; vedremo che l'obiezione, per quanto possa sembrare pertinente, risulta in effetti utopistica.
Prima di tutto: mettiamo che io vada a letto con mio marito; be', in attesa che il suo sperma finisca in fondo al mio utero, io potrei andare a letto contemporaneamente con altri dieci uomini, e nulla potrà provare che il figlio che nascerà non sia suo. Può esser suo come no, e nell'incertezza lui non può e non deve mai (dal momento che ha cooperato all'esistenzadi questa creatura) farsi alcuno scrupolo nel riconoscerlo. Dato che può esser suo, è suo e basta, e ogni uomo che si angustierà in sospetti per una cosa del genere evidentemente non sarà tranquillo nemmeno se avrà per moglie una vestale. Con nessuna moglie si può essere sicuri: una che è stata virtuosa per dieci anni, può smettere di esserlo anche un giorno solo. Dunque, se questo è sospettoso, lo sarà in ogni caso; non sarà mai certo che il bambino che abbraccia sia veramente il suo. Ora, dal momento che sospettoso in ogni caso, non è affatto sconveniente legittimare a volte certi sospetti: non aumenterebbe né diminuirebbe il suo stato di felicità o infelicità; dunque tanto vale succeda veramente. E già lo vedo cadere nell'errore madornale e accarezzare il frutto del libertinaggio di sua moglie: che delitto c'è mai in tutto questo? I nostri beni non sono forse comuni? E allora che male c'è a portare in famiglia un bambino che ha diritto ad avere una parte di questi beni? Avrà qualcosa del mio; non ruberà nulla al mio tenero sposo, ma la parte di cui godrà gli verrà dalla mia dote; dunque, né io né il mio bambino prendiamo qualcosa a mio marito. A che titolo, se avessi avuto questo bambino da lui, avrebbe goduto di parte dei miei beni? Perché partorito da me? Ebbene godrà di quella parte anche lui proprio per una ragione d'intimità. Proprio perché questo bambino è mio, gli devo una parte delle mie ricchezze. Che potete rimproverarmi, se gliele lascio? “Ma ingannate vostro marito, ed è un inganno atroce.” No, si tratta di una restituzione; ecco tutto! Io sono la prima vittima dei legami a cui ivi mi ha costretto a sottostare, e adesso mi vendico: semplice, no? “Ma c'è di mezzo l'oltraggio vero e proprio fatto all'onore di vostro marito.” Pregiudizio! Il mio libertinaggio non lo riguarda affatto; le mie colpe appartengono a me sola. Questo preteso disonore è roba che andava bene un sccoio fa; chiacchiere! Mio marito è danneggiato dai miei stravizi né più né meno come io dai suoi. Potrei portarmi a letto il mondo intero, e non gli farei mai uno sgarbo! Questa pretesa del danno è tutta una favola, non esiste proprio! I casi sono due: o mio marito è un bruto, un geloso, oppure è un gentiluomo. Nella prima ipotesi, la cosa migliore che io possa fare è vendicarmi di come si comporta; nella seconda non gli recherei dispiacere per niente. Infatti se me la godo, lui, da quel brav'uomo che è, ne sarà contento: non esiste gentiluomo che non goda della felicità della donna che adora. “Ma se voi l'amaste, vorreste che lui facesse altrettanto?” Ah, guai a quella moglie a cui salti in testa d'essere gelosa del marito! Si accontenti di quello che le dà, se lo ama, e non cerchi di tenerlo legato! Prima di tutto non ce la farebbe, e poi finirebbe per farsi detestare. Se sono ragionevole dunque, non m'affliggerò mai per gli stravizi di mio marito. Lui faccia lo stesso con me, e in famiglia regnerà la pace.

Ricapitoliamo. Qualunque siano gli effetti dell'adulterio, in casa devono entrare egualmente i figli che non siano dello sposo; dal momento che sono della moglie, essi hanno diritto a una parte della dote di questa moglie. Lo sposo, se è a conoscenza di tutto, deve tenerli con sé come fossero bambini avuti dalla moglie in un precedente matrimonio; se è all'oscuro di tutto non potrà essere infelice, perché non può esserlo d'un male che ignora. Nel caso in cui l'adulterio non porti conseguenze e resti sconosciuto al marito, nessun avvocato potrà provare che si tratti di un crimine; e allora l'adulterio non sarà altro che un'azione perfettamente indifferente per il marito dal momento che l'ignora, e perfettamente indifferente per la moglie dal momento che ne prova piacere. Nel caso in cui il marito scopra l'adulterio, non è più l'adulterio che è un male, perché non lo era fino ad allora e non può aver cambiato improvvisamente natura; esiste soltanto il male nella scoperta che ne ha fatto il marito, ma è un torto che riguarda solo lui, e la moglie non c'entra assolutamente.
Quelli che un tempo hanno punito l'adulterio erano dunque despoti, tiranni, gelosi che, riferendo tutto a sé stessi, s'immaginavano ingiustamente che era sufficiente offenderli per essere delle. criminali, come se un'ingiuria personale dovesse essere considerata un crimine e come se potesse ingiustamente essere chiamata crimine un'azione che, lungi dall'oltraggiare la natura e la società, rende evidentemente omaggio all'una e all'altra. Comunque esistono casi in cui l'adulterio, facile a provarsi, diventa píú imbarazzante per la moglie, senza per questo essere più criminoso; per esempio quando lo sposo o è impotente o è soggetto a gusti contrari alla procreazione. Certo le sue dissolutezze diventano più apparenti dal momento che lei gode e il marito non gode mai; ma forse per questo si deve sentire imbarazzata? Assolutamente no! L'unica precauzione da prendere è quella di non fare figli oppure di abortire se non sono state sufficienti le precauzioni. Se è costretta a rifarsi della negligenza del marito per certi suoi gusti antifisici, veda innanzitutto di assecondarlo senza ripugnanza nei suoi desideri, di qualsiasi natura siano, e poi gli faccia capire che certe compiacenze meritano pure qualche ricompensa; per quello a cui lei si presta, gli chieda la più completa libertà. A questo punto il marito o rifiuta o acconsente; se acconsente, come ha fatto il mio, una può fare il proprio comodo, sia pur raddoppiando le attenzioni e accondiscendendo sempre più ai suoi capricci; se rifiuta, una infittisce ancor più quei veli, nascosta dietro i quali fotte tranquillamente. Se poi lui è impotente, ci si separa, e in ogni caso ci si dà alla bella vita; in ogni caso si fotte, amore mio, perché siamo nate per fottere e solo fottendo seguiamo le leggi di natura! Per cui ogni legge umana che si oppone ad essa deve essere disprezzata.
Ma è proprio una stupida quella donna che si senta legata ad obblighi così assurdi come quelli del matrimonio e non segua il suo istinto di natura, temendo di restare incinta o di offendere suo marito o di macchiare la sua reputazione, che è poi la cosa più assurda! Hai visto, Eugénie? Ti sei resa conto di quanto sia stupida una che sacrifica vilmente per i più ridicoli pregiudizi la sua felicità e tutti i piaceri della vita? Ma fotta invece, fotta impunemente! Forse un po' di vanagloria o qualche frivola speranza di ordine religioso potranno ricompensarla dei suoi sacrifici? No, no! quando una poi muore, virtù e vizio sono una cosa sola! Forse la gente, passato qualche anno, ne esalterà quella più di quanto non ne condannetà l'altro? Ma no, dico ancora; no, no! E una poveretta, vissuta senza aver goduto, muore ahimé! senza alcuna ricompensa.

EUGÉNIE: Angelo mio, come mi persuadi! come trionfi sui miei pregiudizi! Come distruggi tutti i falsi princìpi inculcatimi da mia madre! Ah, vorrei sposarmi domani stesso per mettere subito in pratica le tue massime! Come sono seducenti e vere, e come mi piacciono! Una sola cosa di quanto m'hai detto, amica mia, mi preoccupa, e siccome noia la capisco, ti prego di spiegarmela. Tu dici che tuo marito, nel vivo del piacere, fa in modo di non aver figli. Dummi, ti prego, cosa ti fa?

SAINT-ANGE: Quando ci siamo sposati, mio marito era già vecchio. Fin dalla prima notte m’informò dello sue fantasie, assicurandomi che peraltro lui non avrebbe mai intralciato le mie. Giurai di obbedirgli, e da allora siamo sempre vissuti entrambi nella più deliziosa libertà. A mio marito piace farselo succhiare, contemporaneamente ad un'altra cosa assai singolare; mentre gli pompo con ardore lo sperma dai coglioni, stando china su di lui, con le natiche sul suo viso, vuole pure che gli cachi in bocca... E inghiotte!...

EUGÉNIE: Ma è proprio una fantasia straordinaria!

DOLMANCÉ: Nessuna può esser qualificata in questo modo; sono tutte frutto di natura. Essa, quando ha creato gli uomini, si è divertita a differenziarne i gusti come i loro corpi e non dobbiamo meravigliarci: come siamo diversi nell'aspetto, così lo siamo nei sentimenti. La fantasia di cui vi ha parlato or ora la vostra amica non potrebbe essere più naturale; moltissimi uomini, e specialmente quelli di una certa età, ci dedicano con fervore; Eugénie, se qualcuno l'esigesse da voi, rifiutereste?

EUGÉNIE (arrossendo): Dopo le massime che mi sono state inculcate qui, potrei mai rifiutare qualcosa? Chiedo soltanto di scusare la mia sorpresa; è la prima volta che sento parlare di tutte queste lubricità: dovrò pure rendermi ben conto! Ma i miei istitutori stiano tranquilli: dalla risoluzione del problema all'esecuzione del procedimento non ci correrebbe altro che quel lasso di tempo da loro stessi preteso! In ogni caso, mia cara, tu hai ottenuto la tua libertà accondiscendendo a questo suo diletto?

SAINT-ANGE: Completamente, Eugénie. Per conto mio ho fatto tutto quello che ho voluto, senza che lui mi abbia mai ostacolata, ma non ho mai avuto amanti; mi attirava troppo il piacere per farlo. Guai alla donna che s'innamora! Anche un solo amante può rovinarla, mentre dieci avventure libertine, anche ripetute ogni giorno, se una vuole, svaniranno nel silenzio della notte non appena vissute. Io ero ricca; pagavo dei giovani che ml fottevano senza neanche conoscermi; mi circondavo di bellissimi domestici, sicuri di godere con me dei píú dolci piaceri se fossero stati discreti, certi peraltro di essere scacciati se, si fossero lasciati sfuggire una parola. Angelo mio, tu non hai idea del fiume di piaceri nel quale mi sono immersa in questo modo. E questa è la condotta che prescriverò sempre a tutte le donne che vorranno imitarmi. Sono sposata da dodici anni e sono andata a letto con più di dieci o dodicimila individui forse... eppure in società mi ritengono virtuosa! Un'altra avrebbe avuto degli amanti, e al secondo già sarebbe stata rovinata.

EUGÉNIE: Questa è la massima più sicura, e decisamente sarà anche la mia: come te, devo anch'io sposare un uomo ricco e soprattutto con certe fantasie... Ma, mia cara, tuo marito, legato com'è strettamente ai suoi gusti, non ha mai preteso altro da te?

SAINT-ANGE: Mai, da dodici anni non si è smentito un solo giorno, tranne quando ho le mestruazioni. In certi frangenti una graziosissima fanciulla che lui stesso ha voluto che prendessi con me, assume il mio posto e tutto fila per il meglio.

EUGÉNIE: Ma non si limiterà certo a questo; concorrono altri oggetti a variare i suoi piaceri?

DOLMANCÉ: Non dubitate, Eugénie; il marito della signora è uno dei più grandi libertini del secolo; spende più di centomila scudi l'anno per quei gusti osceni che la vostra amica vi ha illustrato poco fa.
SAINT-ANGE: A dire il vero, l'ho sempre sospettato; ma cosa mi importa dei suoi stravizi, dal momento che la loro molteplicità autorizza e cela i miei?

EUGÉNIE: Ti scongiuro, continua a spiegarmi i modi con cui una giovane donna, sposata o no, può premunirsi per evitare la gravidanza, perché ti assicuro che è un timore che mi terrorizza molto sia con il mio futuro sposo, sia nella strada del libertinaggio; me ne hai indicata una parlandomi dei gusti di tuo marito, ma questo modo di godere, forse assai gradevole per l'uomo, non mi sembra lo sia altrettanto per una donna, perciò desidero che tu m'intrattenga sui metodi da usare per godere e che siano esenti dai rischi di cui ho paura.

SAINT-ANGE: Una donna non corre mai il pericolo di rimanere incinta finché non se lo faccia mettere nella vulva. Eviti con cura questo modo di godere; in alternativa lei offra indistintamente la mano, la bocca, I seni o il buco del culo. Per quest'ultima via, lei avrà molto piacere e in modo migliore che altrove; negli altri modi lei farà in pratica godere gli altri.
Cominciamo dal primo metodo, cioè quello della mano, che poi hai visto fino ad ora, Eugénie; il membro del tuo amico va scosso come se lo si pompasse: dopo alcuni movimenti, schizza fuori lo sperma. Nel frattempo l'uomo ti viene baciando e bagna con quel liquido la parte del tuo corpo che gli piace di pìú. In mezzo al seno? In questo caso ci si distende sul letto, piazzando il membro tra le mammelle; tu lo comprimi, e dopo qualche scossa l'uomo sborra inondandoti il seno e a volte il viso. È il metodo meno piacevole di tutti, e conviene più che altro a quelle donne che, a forza di usare il petto per questo scopo, hanno mammelle piuttosto flessibili per serrare il membro dell'uomo standogli sopra. Il godimento con la bocca è certamente più piacevole, sia per l'uomo che per la donna. Il metodo migliore per godere è che la donna si distenda in senso contrario sul corpo del suo fottitore: lui ti mette la verga in bocca, e stando con la testa tra le tue cosce, ti restituisce il servizio introducendo la lingua nella vulva o sul clitoride. Quando si usa questa posizione, bisogna avvinghiarsi, impugnando le natiche, e leccarsi reciprocamente il buco del culo, particolare sempre necessario per raggiungere il piacere più completo. Gli amanti appassionati e pieni d'immaginazione inghiottono anche lo sperma che cola nelle loro bocche e così godono deliziosamente del piacere voluttuoso di far scambievolmente passare nei propri intestini questo liquido prezioso, subdolamente sottratto al suo normale scopo.

DOLMANCÉ: Eugénie, questo metodo è delizioso; ve ne raccomando l'applicazione. È veramente affascinante far perdere così i diritti di riproduzione e ostacolare in tal modo quelle che gli imbecilli chiamano leggi di natura. Anche le cosce e le ascelle possono essere utili a volte all'uomo offrendo al suo membro anfratti ove il seme possa perdersi senza il rischio di far restare incinta la donna.

SAINT-ANGE: Alcune donne introducono nell'interno della vagina delle spugne, che, assorbendo lo sperma, gli impediscono di spandersi nel vaso dove si riprodurrebbe. Altre obbligano i loro fottitori a servirsi di un piccolo sacchetto di pelle di Venezia, volgarmente chiamato preservativo (condom), nel quale il seme cola senza il rischio che raggiunga il traguardo. Ma tra tutti i metodi, quello del culo è senza dubbio il più delizioso. Dolmancé, parlatene voi. Chi meglio di voi può illustrare un piacere al quale vi concedereste tutti i giorni per difenderlo, se ce ne fosse bisogno?

SAINT-ANGE: Sentitela la puttana! Come si abituerà presto!

DOLMANCÉ: Conosco numerose fanciulle della sua età che per nulla al mondo vorrebbero godere in maniera diversa; è doloroso solo la prima volta, ma dopo... non c'è donna che, avendolo provato, voglia fare altro... Oh, cielo! sono sfinito; lasciatemi riprender lato qualche istante.

SAINT-ANGE: Ecco come sono gli uomini, mia cara; ci guardano appena, quando hanno appagato i loro desideri! Questa prostrazione li porta al disgusto, e il disgusto ben presto al disprezzo.

DOLMANCÉ (freddamente): Bellezza divina, che ingiuria! (Le abbraccia entrambe.) Siete fatte ambedue per essere corteggiate, qualunque sia lo stato in cui uno si trovi!

SAINT-ANGE: Del resto, consòlati, Eugénie; se essi acquistano il diritto di trascurarci, dal momento che sono soddisfatti, non abbiamo anche noi il diritto di disprezzarli, quando il loro modo d'agire ci costringe a farlo? Se Tiberio sacrificava a Capri gli oggetti che erano serviti alle sue passioni, allo stesso modo Zingua, regina africana, immolava i suoi amanti.'

DOLMANCÉ: Certi eccessi, veramente banali e conosciutissimi da parte mia, non devono comunque esser messi in, pratica tra di noi: “I lupi non si sbranano mai tra di loro”, dice il proverbio e, per quanto sia volgare, è giusto. Non tentiate mai nulla da me, amiche mie; forse io vi farò compiere del male, molto anche, ma non ne farò mai a voi!

EUGÉNIE: Oh, no, mia cara, oso risponderne io: Dolmancé non abuserà mai dei diritti che gli concediamo su di noi; gli riconosco la probità dei dissoluti; è la migliore. Ma riportiamo il nostro istitutore ai suoi principi e torniamo, vi supplico, al grande progetto che ci appassionava, prima della pausa calmante.

SAINT-ANGE: Ah, furfante! Ancora ci pensi? E io che credevo che tutta questa storia non fosse che un'eccitazione della tua mente!

EUGÉNIE: E quanto sente veramente il mio cuore, e io non sarò contenta se non dopo aver consumato questo crimine!

SAINT-ANGE: Bene, bene, ma risparmiala! Pensa che si tratta di tua madre!

EUGÉNIE: Bel titolo!

DOLMANCÉ: Ha ragione; quella madre ha forse pensato a Eugénie mettendola al mondo? La puttanella, si lasciava fottere perché le faceva piacere, ma era ben lontana dal pensare di avere una figlia. Agisca pure come vuole; lasciamole la piii completa libertà e contentiamoci di assicurarle che a qualsiasi eccesso arrivi in questo campo, non si renderà mai colpevole di alcuna malvagità.

EUGÉNIE: Mi fa schifo! La detesto! mille ragioni legittimano il mio odio! Devo toglierle la vita, a qualsiasi prezzo!

DOLMANCÉ: Ebbene, poiché le tue decisioni sono irreversibili, avrai soddisfazione, Eugénie, te lo giuro; ma permettimi alcuni consigli che, diventeranno di grande necessità per te prima che tu agisca. Non farti scappare mai con nessuno questo segreto, mia cara, e soprattutto agisci da sola: nulla di più pericoloso dei complici! Bisogna diffidare sempre, anche di quelli che riteniamo ci siano fedelissimi: “Bisogna” diceva Machiavelli “o non avere mai dei complici o disfarsene non appena ce ne siamo serviti”. E non è tutto: la finzione è indispensabile, Eugénie, per i progetti che hai in mente. Stai vicina più che mai alla tua vittima prima di eliminarla; fai finta di compatirla o di consolarla; coccolala, dividi le sue pene, giurale che l'adori; ancor più, convincila di questo: la falsità in alcuni casi potrebbe non essere sufficiente. Nerone accarezzava Agrippina sulla stessa barca che doveva farla naufragare; tieni presente questo esempio, imitalo, usa tutta la furberia che potrà suggerirti il tuo spirito. Se la menzogna è sempre necessaria alle donne, diventa più indispensabile soprattutto quando vogliono ingannare qualcuno.

EUGÉNIE: Ricorderò queste lezioni e le metterò in pratica senz'altro; ma approfondiamo il discorso, vi prego, su questa falsità che voi consigliate alle donne di praticare. Credete dunque che sia un modo di comportarsi assolutamente essenziale su questa terra?

DOLMANCÉ: Non ne conosco uno altrettanto essenziale per vivere; una realtà ve ne proverà l'indispensabilità: tutto il mondo la usa. E allora, vi domando, come farà un individuo sincero a non finire male in mezzo ad una società di falsi? Se è vero, come lo è indiscutibilmente, che le virtù - sono di qualche utilità nella vita civile, come volete che chi non ha volontà, potere o dono di una qualche virtù (caratteristica comune di moltissime persone), come volete che un tipo simile non sia essenzialmente obbligato a fingere per ottenere a sua volta un po' della porzione di felicità che dei concorrenti gli rapiscono? E allora è proprio la virtü in sé o il suo aspetto esteriore, che diventa realmente importante per l'uomo in mezzo alla società? Non c'è dubbio che gli è sufficiente il suo aspetto esteriore; possedendo questo, ha tutto quanto occorre. Dal momento che a questo mondo ci si limita alla superficialità, non è sufficiente mostrare l'aspetto esteriore? Convinciamoci del resto che la pratica delle virtù non è utile che a colui che la possiede; gli altri ne traggono così scarsi vantaggi che, per quanto chi deve vivere con noi appaia virtuoso, è perfettamente lo stesso che poi in realtà lo sia o no. La falsità d'altronde è sempre un mezzo sicuro per riuscire; chi la possiede acquista necessariamente una specie di priorità su colui che è in relazione o in corrispondenza con lui: incantandolo con tutta una messa in scena, lo convince e ogni cosa gli va bene. Se mi accorgo che sono stato ingannato da qualcuno, devo prendermela con me stesso, e quell'infingardo ha ancor più la meglio specialmente perché io per orgoglio non reagisco; il suo ascendente su di me sarà sempre evidente. Lui avrà ragione ed io torto, lui si metterà in mostra mentre io starò in disparte, lui si arricchirà mentre io finirò in rovina, e standomi sempre sopra si accattiverà ben presto l'opinione pubblica; e a quel punto, per quanto io l'accusi, nessuno mi ascolterà. Diamoci dunque con coraggio e senza sosta alla più insigne falsità; guardiamo ad essa come alla chiave di ogni grazia, favore, reputazione e ricchezza, e ripaghiamo con il piccante piacere di comportarci da smaliziati quel piccolo disappunto di esserne stati delle vittime!

SAINT-ANGE: Penso che su questo argomento abbiamo discusso abbastanza. Eugénie è convinta; ci vuole calma e coraggio: agirà quando vorrà. Ora ritengo sia necessario continuare invece a discutere sui differenti capricci degli uomini nel libertinaggio; è un campo piuttosto vasto, passiamolo in rassegna! Non mettiamo da parte la teoria, mentre iniziamo la nostra alunna ad alcuni misteri della pratica!

DOLMANCÉ:: I particolari libertini delle passioni dell'uomo, signora, non hanno poi tanto bisogno d'istruzione per una ragazza che, come Eugénie soprattutto, non è destinata a fare il mestiere della prostituta. Lei si sposerà e in tal caso c'è da scommettere dieci contro uno che suo marito non avrà per niente certi gusti; altrimenti il comportamento è facile: molta dolcezza e compiacenza, e parallelamente molta falsità e iicompensa di nascosto. Poche parole che dicono tutto.
Se comunque la vostra Eugénie desidera qualche analisi dei gusti dell'uomo nell'azione di libertinaggio, per esaminarli più sommariamente li ridurremo a tre: la sodomia, le fantasie sacrileghe e i gusti crudeli. La prima passione oggigiorno è di dominio pubblico; vediamo di aggiungere qualcosa a quanto già detto. divisa in due classi, attiva e passiva: l'uomo che incula, un ragazzo o una donna, commette sodomia attiva; è sodomita passivo chi si fa inculare. E stato spesso discusso quale di queste due pratiche di sodomia sia la più voluttuosa; sicuramente la passiva, perché nello stesso tempo si gode della sensazione del davanti e di quella del didietro; è così dolce cambiar sesso, così delizioso far la parte della puttana, darsi a un uomo che ci tratta come una donna, chiamare quest'uomo tuo amante e riconoscersi sua amante! Ah, amiche mie, che voluttà! Ma, Eugénie, limitiamoci ad alcuni consigli di dettaglio unicamente relativi alle donne che, facendo la parte dell'uomo, vogliano godere come noi di questo piacere delizioso. Siete entrata in familiarità con certe situazioni, Eugénie, e ho visto abbastanza per esser convinto che un giorno farete molti progressi su questa strada. Vi esorto a percorrerla come una delle più deliziose dell'isola di Citera, e sono proprio certo che metterete in pratica questo consiglio. Mi limiterò a due o tre avvisi essenziali per ogni persona decisa a non conoscere altro che questo genere di piaceri, o quelli di tipo analogo. Innanzitutto fate attenzione a farvi masturbare sempre il clitoride quando venite inculata: si tratta di due piaceri ben accoppiati tra loro; non esiste nulla di meglio! Evitate il bidè o lo sfregamento con pannolini, dopo essere stata fottuta in questo modo; è bene che la breccia resti sempre aperta; desideri e titillamenti sarebbero smorzati subito dalle pratiche igieniche; e non si ha idea fino a che punto durino le sensazioni! E poi, quando state per godere in questo modo, evitate gli acidi, Eugénie; fanno venire le emorroidi e rendono le introduzioni dolorose. Rifiutatevi a che più uomini di seguito vi sborrino nel culo: questo miscuglio di sperma, per quanto voluttuoso a pensarci, è spesso pericoloso per la salute; buttate fuori sempre queste diverse emissioni ogni volta che si verificano.

EUGÉNIE:: Ma se fossero state fatte davanti, non sarebbe un crimine?

SAINT-ANGE: Poverina, dunque non immagni neppure come l'uso di questo metodo costituisca un male minore rispetto a quello consistente nel deviare il seme dell'uomo dal lungo cammino! La riproduzione non è per niente il fine della natura; è solo una tolleranza da parte sua, e quando noi non ne approfittiamo le sue intenzioni sono rispettate meglio. Eugénie, tu devi essere la nemica giurata di questa fastidiosa riproduzione! Devia senza tregua, anche da sposata, questo liquido perfido la cui vegetazione non serve che a deformare il nostro fisico, a smorzare in noi le sensazioni di voluttà, ad infamarci, ad invecchiare e rovinare la nostra salute. Obbliga tuo marito ad abituarsi a certe perdite; offrigli tutte le strade che possano allontanare l'uomo dal tempio; digli che detesti i bambini, supplicalo di non farteli fare. Impegnati in questo, mia cara, perché, ti avviso, odio in modo tale la riproduzione che smetterei di esserti amica non appena tu restassi incinta. Se dovesse mai capitarti questa disgrazia, indipendentemente dalla tua volontà, avvisami nelle prime sette o otto settimane, e ti farò abortire con gran facilità. Non aver paura di un infanticidio; questo delitto non esiste. Noi siamo sempre padrone di quel che portiamo in seno, e distruggendo questa specie di materia non commettiamo un male maggiore di quando, avendone bisogno, purghiamo quell'altra con delle medicine.

EUGÉNIE: Ma se il bambino è a termine?

SAINT-ANGE: Fosse pure nato, noi saremmo sempre padrone di sopprimerlo. Non esiste sulla terra alcun diritto più scontato di quello delle madri sui loro figli. Non esiste popolo che non abbia riconosciuto questa verità; è fondata sulla ragione, su un principio.

DOLMANCÉ: Questo diritto è insito nella natura... è incontestabile. La stravaganza del sistema deifico fu la fonte di tutti questi errori grossolani. Gli imbecilli che credevano in Dio, convinti che noi ricevessimo l'esistenza proprio da lui e che, non appena un embrione fosse allo stato di maturità, un'animuccia emanata da Dio penetrasse subito in lui, questi sciocchi, dico io, ostinati nel considerare un delitto capitale la soppressione di quel piccolo essere perché, secondo loro, non apparteneva agli uomini. Era opera di Dio, quindi apparteneva a Dio; disporne non era forse un crimine? Ma da quando la fiaccola della filosofia ha dissipato tutte queste imposture, da quando la chimera divina è stata schiacciata, da quando meglio istruiti in leggi e segreti della fisica abbiamo chiarito il principio generativo e che questo meccanismo materiale non rivela nulla di più straordinario di quanto può offrire la vegetazione di un chicco di grano, abbiamo fatto appello alla natura contro l'ignoranza dell'umanità. Estendendo la portata dei nostri diritti, abbiamo infine riconosciuto che eravamo perfettamente liberi di riprendere quel che avevamo donato solo di controvoglia o per caso, e che era impossibile esigere da un individuo qualunque di diventare padre o madre contro la sua volontà. D'altronde che questa creatura restasse o meno in vita non era di grandissima importanza, e noi diventavamo insomma certamente i padroni di questo pezzo di carne, per quanto potesse anche avere un'anima, cosi come lo siamo delle unghie che tagliamo dalle nostre dita, delle escrescenze che estirpiamo dal nostro corpo o delle digestioni che eliminiamo dall'intestino, perché tutto ciò deriva da noi, ci appartiene e noi siamo gli unici padroni di quel che emana da noi. illustrandovi, Eugénie, la mediocre importanza che a questo mondo si deve dare all'omicidio, sullo stesso piano vi sarete resa conto quanto mediocre possa essere il significato dell'infanticidio, anche nel caso che la creatura abbia raggiunto l'età della ragione, quindi è inutile tornare sull'argomento; sono facilitato nel mio compito dalla vostra intelligenza. La lettura della storia dei costumi di tutti i popoli della terra, diniostrandovi l'universalità di questa usanza, finirà per convincervi che soltanto l'imbecillità può considerare un male questo modo d'agire che rientra nella normalità.

EUGÉNIE (dapprima a Dolmancé): Non vi dico come mi avete convinta! (E poi rivolta a Madame de Saint-Ange) Ma dimmi mia buona amica, ti sei mai servita del rimedio di cui mi hai detto per sopprimere il feto?

SAINT-ANGE: Due volte, e sempre col pii grande successo; ma devo confessarti che l'ho applicato nei primissimi giorni di gravidanza; conosco due donne che peraltro l'hanno usato a metà gravidanza e mi hanno assicurato che tutto è andato bene lo stesso. Dunque conta pure su di me se occorrerà, mia cara, ma ti esorto a non correre il rischio: è la cosa migliore. Ora seguitiamo con i dettagli lubrichi che abbiamo promesso a questa fanciulla. Proseguite, Dolmancé, siamo arrivati alle fantasie sacrileghe.

DOLMANCÉ: Suppongo ch'Eugénie si sia così ricreduta in fatto di religione da essere intimamente convinta che tutto quanto ridicolizza gli oggetti della pietà degli stolti non possa avere alcuna importanza. Queste fantasie ne hanno tanto poca da entusiasmare in effetti soltanto i giovani, per i quali qualsiasi per i quali qualsiasi profanazione diventa un godimento; è una specie di piccola vendetta che eccita l'immaginazione e che può senza dubbio essere anche divertente. Ma sono piaceri che mi pare diventino chiaramente insipidi e freddi quando col tempo ci si istruisce e ci si convince della nullità degli oggetti dei quali gli idoli che ridicolizziamo non sono che la meschina rappresentazione. Profanare reliquie, immagini di santi, l'ostia, il crocifisso, per un filosofo sta sullo stesso piano della degradazione di una statua pagana. Una volta disprezzati certi esecrabili gingilli, bisogna lasciarli perdere e non occuparsene più; è bene solo mantenere l'uso della bestemmia. Non che risponda a qualcosa di reale, perché dal momento che Dio non esiste non servirebbe a nulla insultare il suo nome; ma è che risulta essenziale pronunciare parole forti o laide nell'ebbrezza del piacere e quelle della bestemmia sono di grande aiuto all'immaginazione. Non bisogna risparmiarsi: si devono abbellire le parole con le espressioni più appariscenti perché scandalizzino il più possibile. È bellissimo scandalizzare la gente! È tutto un piccolo trionfo per l'orgoglio che non va assolutamente disprezzato. Ve lo confesso, signore, è una mia segreta voluttà; pochi piaceri morali hanno maggior influenza di questo sulla mia immaginione. Provate anche voi, Eugénie, e ne vedrete il risultato. Mostra soprattutto grande empietà quando vi troverete tra le vostre coetanee che vegetano ancora nelle tenebre della superstizione: ostentate dissolutezza e libertinaggio; atteggiatevi a prostituta, e mettete in mostra il petto. Se andate con loro in luoghi nascosti, tiratevi su le gonne con indecenza, fate veder loro con ostentazione le parti più intime del vostro corpo, ed esigete da loro la stessa cosa: seducetele, convincetele mettendo in risalto il ridicolo dei loro pregiudizi; portatele, come suoi dirsi, sulla cattiva strada. Bestemmiate davanti a loro come un uomo. Se sono più giovani di voi, prendetele con la forza, divertitevici e corrompetele, con esempi, consigli e tutto quanto, insomma, crederete più adatto alla loro perversione. Inoltre siate estremamente libera con gli uomini; ostentate con loro irreligione e impudenza; lungi dallo spaventarvi delle libertà che si prenderanno, accordategli misteriosamente tutto quel che possa far loro piacere senza compromettervi. Fatevi tastare, masturbateli, fatevi masturbare; arrivate anche a dare il culo; ma poiché il chimerico onore delle donne tiene alle primizie del davanti, mostratevi più difficoltosa sulla concessione di queste. Una volta sposata, prendete dei lacchè e non degli amanti, o pagate qualche giovane sicuro; da quel momento tutto è ricoperto: non c'è nessun rischio per la vostra reputazione e, senza che vi si sia mai potuta sospettare, avrete scoperto l'arte di fare tutto quel che vi è piaciuto.
E proseguiamo con i piaceri della crudeltà, i terzi che ci siamo proposti di analizzare. Questi piaceri oggigiorno sono comunissimi tra gli uomini ed ecco su quali basi essi ne giustificano l'uso. Dicono: “Noi vogliamo essere violentemente scossi, perché questo è il fine di ogni uomo che si abbandoni alla voluttà, e noi vogliamo esserlo con i mezzi più efficaci. Partendo da questo principio, si tratta non di sapere se i nostri procedimenti piaceranno o meno all'oggetto che è al nostro servizio, ma soltanto di scuotere la massa dei nostri nervi con la scossa più violenta possibile; ora, non c'è dubbio che, lasciando il dolore un segno più vivo del piacere, le scosse risultanti in noi da questa sensazione prodotta sugli altri saranno essenzialmente di più vigorosa vibrazione, si ripercuoteranno più energicamente in noi, metteranno in una più violenta circolazione gli istinti animali che, localizzandosi sulle basse regioni per quel movimento di regressione loro essenziale, abbracceranno ben presto gli organi della voluttà disponendoli al piacere. Gli effetti del piacere nelle donne sono sempre deludenti; d'altronde è difficilissimo che un uomo laido o vecchio riesca a produrli. Se ci riescono, risultano deboli e le scosse molto meno nervose. Bisogna dunque preferire il dolore, i cui effetti non possono ingannare e le cui vibrazioni sono più attive”. Ma si potrebbe obbiettare a certi patiti di questa mania, che questo dolore affligge il prossimo; è forse caritatevole far del male agli altri per far piacere a sé stessi? E quei tipi vi rispondono che, abituati nell'azione del piacere a considerare unicamente sé stessi e per niente gli altri, sono convinti che è semplicissimo, secondo gli impulsi della natura, preferire quel che sentono e quel che non sentono affatto. Che c'interessano, osano dire, i dolori provocati al prossimo? Ne risentiamo noi forse? No; al contrario, abbiamo dimostrato che dal loro verificarsi deriva una sensazione deliziosa per noi. A che titolo dunque dovremmo aver cura di un individuo di cui non c'interessa nulla? A che titolo dovremmo evitargli un dolore che non ci costerà mai una lacrima, mentre è certo che da questo dolore nascerà per noi un grande piacere? Abbiamo mai provato un solo impulso della natura che ci consigli di preferire gli altri a noi? e ciascuno a questo mondo non vive per se stesso? Ci parlate di una voce chimerica di questa natura, che dice di non fare agli altri quel che non vorremmo fosse fatto a noi; ma questo assurdo consiglio non è venuto altro che da parte di uomini, e per giunta uomini deboli. L'uomo forte non penserà mai di usare un simile linguaggio. Furono i primi cristiani, quotidianamente perseguitati per il loro sistema imbecille, che gridarono a chi voleva ascoltarli: “Non ci bruciate, non ci scorticate! La natura dice che non bisogna fare agli altri quel che non vorremmo fosse fatto a noi”. Imbecilli! Ma la natura, che ci consiglia sempre di procurarci del piacere non imprimendoci nell'animo altro che i medesimi sentimenti e impulsi, come potrebbe mai tutt'ad un tratto, con un'incoerenza senza pari, assicurarci che non bisogna però pensare a procurarci del piacere se questo può provocare del male ad altri? Ah, crediamoci, Eugénie, crediamoci! La natura, nostra madre universale, non ci parla che di noi; nulla è egoista come la sua voce e quel che noi riconosciamo in lei è immutabile e santo consiglio che lei ci dà di procurarci del piacere, e a danno di chiunque. Si può obbiettare che gli altri potrebbero pure vendicarsi... E sia! Avrà ragione solo il più forte! Questo e lo stato primitivo di guerra e di distruzione perpetuo per il quale la mano della natura ci creò e nel quale è conveniente che unicamente si viva.
Ecco, mia cara Eugénie, come ragionano certe persone, ed io, con la mia esperienza e gli studi compiuti, aggiungo che la crudeltà, ben lungi dall'essere un vizio, è il primo sentimento che la natura imprime in noi. Il bimbo rompe il suo balocco, morde la mammella della sua nutrice e strozza il suo uccellino, molto tempo prima dell'età della ragione. La crudeltà è connaturata agli animali, nei quali, come mi sembra di aver già detto, le leggi della natura si riscontrano in maniera più decisa che in noi; essa è ben più accostabile alla natura tra i selvaggi che non tra gli uomini civili, e sarebbe dunque assurdo definirla una conseguenza della depravazione. Ripeto: il sistema è sbagliato. La crudeltà è nella natura, e noi nasciamo tutti con una dose di crudeltà che solo l'educazione modifica; ma l'educazione non è nella natura, e nuoce agli effetti sacri della natura tanto quanto la coltura nuoce agli alberi. Raffrontate nei vostri frutteti l'albero abbandonato alle cure della natura con quello di cui la vostra arte s'interessa ma in maniera costrittiva, e vedrete qual è il più bello, riscontrerete quale vi darà i frutti migliori. La crudeltà non è altro che l'energia dell'uomo non ancora corrotta dalla civiltà; dunque è una virtù e non un vizio. Eliminate le vostre leggi, punizioni, usanze, e la crudeltà non avrà più effetti pericolosi poiché non agirà mai senza poter essere subito respinta per le stesse vie. È nello stato della civiltà che è pericolosa, perché l'essere offeso è privo quasi sempre o di forza o di mezzi per respingere l'ingiuria; invece nello stato d'inciviltà, se agisce contro il forte sarà respinta da lui, se agisce contro il debole, facendo del male ad un essere che cede a chi è forte per legge di natura, non è minimamente inconveniente.
Non analizzeremo la crudeltà nei piaceri lubrichi degli uomini; vi rendete conto da sola, Eugénie, a quali straordinari eccessi essi debbano portare, e la vostra ardente immaginazione vi farà chiaramente capire che in un'anima tranquilla e stoica non avranno alcun freno. Nerone, Tiberio, Eliogabalo immolavano fanciulli per eccitarsi; il maresciallo de Retz e Charolais, zio del Condé, commisero omicidi nelle loro orge. Il primo sotto interrogatorio confessò che non conosceva voluttà più potente di quella ricavata dal supplizio inflitto dal suo cappellano e da lui su fanciulli dei due sessi: furono ritrovate sette od ottocento vittime in uno dei suoi castelli della Bretagna." Tutto ciò è concepibile, e ve l'ho dimostrato. La nostra costituzione, i nostri organi, il circolare delle linfe, l'energia degli spiriti animali, sono le cause fisiche che generano, nello tesso tempo, dei Tito o dei Nerone, delle Messalina o delle Chantal; se non c'è da inorgoglirsi della virtù, neppure è il caso di pentirsi del vizio; come non accusiamo la natura di averci fatto nascere buoni, così non dobbiamo accusarla di averci creato scellerati. Lei ha agito secondo le sue mire, i suoi piani e i suoi bisogni; sottomettiamoci a lei. Dunque io qui esaminerò soltanto la crudeltà delle donne, sempre molto più attiva tra di loro che tra gli uomini, e questo in ragione evidentemente dell'eccessiva sensibilità dei loro organi.
In generale distinguiamo due tipi di crudeltà: uno nasce dalla stupidità che, completamente fuori di ragione e di un metodo, mette l'individuo sullo stesso piano della bestia feroce; si tratta di una crudeltà che non dona alcun piacere, perché chi vi è incline non è suscettibile di alcuna ricercatezza. Le brutalità di un simile individuo sono raramente pericolose: è sempre facile mettersi al riparo da esse. L'altro tipo di crudeltà, frutto dell'estrema sensibilità degli organi, non è conosciuto se non da individui estremamente delicati e gli eccessi a cui esso porta non sono che raffinatezze della loro delicatezza; questa delicatezza, troppo rapidamente smussata a causa della sua eccessiva finezza, per ridestarsi adopera tutte le risorse della crudeltà. Quante poche persone concepiscono queste differenze!... Come del resto ce ne sono anche poche che le provino! Comunque esistono, indiscutibilmente. Ora, è proprio da questo secondo tipo di crudeltà che le donne piú spesso sono influenzate. Esaminatele bene: vedrete se non è l'eccesso della loro sensibilità che le ha condotte a ciò; vedrete se non è l'estrema attività della loro immaginazione, la forza del loro spirito che le rende scellerate e feroci. Ma proprio in questo stato sono affascinanti, e non ce n'è una di loro che non faccia girar la testa quando sono eccitate. Sfortunatamente la rigidezza o piuttosto l'assurdità dei nostri costumi lascia loro poche occasioni per dimostrano; esse sono obbligate a nascondersi, a dissimulare, a coprire la loro inclinazione ostentando atti di beneficenza che in realtà detestano dal profondo del cuore; soltanto dietro i veli più fitti, con le più grandi precauzioni, e aiutate da qualche amica, riescono a sfogare le loro inclinazioni; ma siccome ne esistono tante, di conseguenza molte sono infelici. Volete conoscerle? annunciate loro uno spettacolo crudele, con un duello, un incendio, una battaglia o un combattimento di gladiatori, e vedrete come accorreranno! Ma certe occasioni non sono così numerose da poter alimentare il loro furore, per cui esse si moderano e soffrono.
Diamo un rapido sguardo alle donne di questo tipo. Zingua, regina dell'Angola, la più crudele delle donne, immolava i suoi amanti dopo che avevano goduto di lei; spesso voleva vedere dei combattimenti tra guerrieri e lei essere il premio del vincitore; per eccitare la sua anima feroce, si divertiva a far pestare in una macina tutte le donne rimaste incinte prima dei trent'anni Zoe, moglie di un imperatore cinese, non provava piacere più grande del veder giustiziare dei criminali davanti a lei; se non ce n'erano, faceva immolare degli schiavi mentre fotteva con suo marito, e rapportava l'intensità del suo sborrare alla crudeltà delle pene che faceva sopportare a quei poveretti. E fu lei, rendendo più raffinato il tipo di supplizio a cui dovevano esser sottoposte le sue vittime, che inventò quella famosa colonna di bronzo vuota che veniva fatta arroventare dopo avervi chiuso dentro la persona immolata. Teodora, moglie di Giustiniano, si divertiva a vedere gli eunuchi fare l'amore; e Messalina si masturbava mentre davanti a lei degli uomini si masturbavano anch'essi finché non erano sfiniti. Le donne della Florida facevano ingrossare il membro dei loro mariti e mettevano sul glande piccoli insetti che li facevano soffrire orribilmente; ne usavano diversi per un uomo solo al fine di raggiungere più sicuramente io scopo. Quando videro gli Spagnoli, loro stesse tennero fermi i loro sposi mentre quei barbari Europei li assassinavano. La Voisin e la Brinvilliers avvelenavano per il solo piacere di commettere un crimine. La storia insomma ci fornisce a migliaia episodi sulla crudeltà delle donne e proprio in ragione delle naturali inclinazioni che sentono per questi impulsi io vorrei che si abituassero a sottoporsi alla flagellazione, mezzo con cui gli uomini crudeli placano la loro ferocia. Alcune ne fanno uso, lo so, ma non si tratta ancora di un'abitudine diffusa tra loro così ampiamente come io desidererei. Da questo sfogo concesso alla barbarie femminile, la società trarrebbe vantaggi, perché esse, non potendo essere malvage per questa abitudine, lo sarebbero per un'altra e diffondendo cosi il loro livore nel mondo, sarebbero la disperazione dei loro mariti e della loro famiglia. Il rifiuto di fare una buona azione, quando se ne presenti l'occasione, o quello di soccorrere uno sventurato, sono certamente mezzi stimolanti, se si vuole, per quella ferocia verso cui certe donne si sentono naturalmente trascinate, ma è cosa da poco e a volte ancora ben lungi dal bisogno che esse hanno di agire peggio. Ci sarebbero certamente altri mezzi con cui una donna, sensibile e insieme feroce, potrebbe calmare le sue travolgenti passioni, ma sono pericolosi, Eugénie, e non oserei mai consigliarteli... Oh, cielo! che avete, angelo caro?... Signora, guardate in che stato è la vostra allieva!

EUGÉNIE (masturbandosi): Ah, sacriddio! mi fate girar la testa... Ecco l'effetto dei vostri discorsi, lussuriosi!

DOLMANCÉ: Aiutiamola, signora, aiutiamola!... Lasceremo sborrare cosi questa bella fanciulla senza darle una mano?

SAING-ANGE: Oh, sarebbe un'ingiustizia! (Prendendola tra le braccia.) Adorabile creatura, non ho mai visto una sensibilità come la tua, una mente cosf deliziosa!

DOLMANCÉ: Occupatevi del davanti; io intanto sfiorerò con la mia lingua il grazioso buchetto del suo culo, dandole leggere pacche sulle natiche; sborrerà almeno set od otto volte tra le nostre mani in questo modo.

EUGÉNIE (tutta stravolta): Sì, cazzo! Sarà semplicissimo!

DOLMANCÉ: Dalla posizione in cui vi trovate, signore, mi pare che potreste succhiarmi la verga a turno; eccitato in questo modo, procurerei con più energia i piaceri alla nostra affascinante allieva.

EUGÉNIE: Mia cara, ti contendo l'onore di succhiare questa bella verga. (La prende.)

DOLMANCÉ: Ah, che delizia che calore voluttuoso! Ma, Eugénie, vi comporterete bene nel culmine del piacere?

SAINT-ANGE: Inghiottirà... inghiottirà... garantisco io; e d'altronde se, ingenuamente... non so per quale motivo poi venisse meno ai doveri che le impone la lubricità

DOLMANCÉ (molto eccitato): Non gliela perdonerei, signora, non gliela perdonerei!... Una punizione esemplare... vi giuro che la frusterei... e a sangue!... Sacriddio! sborro... il mio sperma cola!... Inghiotti!... inghiotti, Eugénie! Che non ne vada perduta una goccia! ... E voi signora, occupatevi del mio culo: è vostro... Non vedete come boccheggia quel mio culo fottuto?... Non vedete come invoca le vostre dita?... Cazzo, perdio! la mia estasi è completa... me l'avete ficcate fino al polso!... Ah, ora calmiamoci! Non ne posso più... questa meravigliosa fanciulla m'ha succhiato come un angelo!

EUGÉNIE: Mio caro e adorabile istitutore, non ne ho perduta una goccia. Baciami, amore caro, il tuo sperma ora è in fondo al mio intestino.

DOLMANCÉ: Deliziosa!... e come ha sborrato questa puttanella!

SAINT-ANGE: È inondata!... Oh cielo, Ho sentito bussare! Chi può osare disturbarci?... Mio fratello... Sfacciato!

EUGÉNIE: Ma, mia cara, questo è un tradimento!

DOLMANCÉ: Senza pari! Ma non temete, Eugénie, noi badiamo soltanto ai vostri piaceri.

SAINT-ANGE: E la convinceremo di questo! Avvicinati, fratello; è divertente! Questa fanciulla si nasconde per non esser vista da te!