FERRUCCIO BUSONI

SULLA QUESTIONE
DELL'ORIGINALITÀ MUSICALE

Zur Frage musikalischer Eigenart.
B.218, H.79. In «Ailgenzeine Musik-Zeitung», Berlino, XLII, 5 novembre 1915, in risposta ad un articolo di Alfred Schattmann (che controrispose in calce allo scritto di Busoni).



Zurigo, ottobre 1915

Stimatissima redazione,

nel numero 41 della Sua stimata rivista uno dei Suoi collaboratori approfitta del problema dell'originalità musicale per tirare - inaspettatamente, alla fine dell'articolo - una benevola botta contro la mia persona (che ritiene si trovi in America). Egli scrive:

Rifiutare, condannare in nome dell'arte vera e della cultura non sono che gli sforzi di coloro che, senza esserne dotati dalla natura, tentano di conquistare artificialmente qualcosa che somigli a un'originalità, di cucinarsela sperimentalmente o in base a ricette consapevoli. Ora questi tentativi, sebbene possano produrre artifici tecnici utilizzabili, con una vocazione autentica non hanno nulla a che vedere. Se ad esempio un compositore, in sé dotatissimo e di grande capacità (Busoni: Autocritica in «Pan» 1912), crede di aver trovato per la prima volta un suo tono personale in una composizione (Berceuse élégiaque) scritta nel suo quinto decennio di vita, si tratta evidentemente invece, per quanto il pezzo sia interessante e pieno di atmosfera, del prodotto di una razionale sperimentazione. La vera originalità invece esiste di per sé oppure si porta in germe, è una forza creatrice simile a quella divina avuta in dono dal destino, e non cosa che si sia cercata di proposito. Trovarla non si può.

Devo ribattere, in primo luogo, che l'artista si distingue dal dilettante proprio per il suo modo di procedere in base a un disegno. Si legga la lettera di Mozart al padre, in cui il maestro ventenne [] espone al più anziano il disegno, meditato in tutti i suoi particolari e accortamente disposto, dell'aria di Osmin. Si veda come la disposizione formale, la scelta della tonalità, siano stabilite in precedenza con la più chiara consapevolezza. Si legga Goethe sul suo Faust. Tutto vi è effettuato in quel modo che il Suo collaboratore chiama «razionale»: infatti, che sarebbe il talento senza la ragione!
In secondo luogo, all'accenno sul quinto decennio di vita risponderò che un R. Wagner scomparso prima di entrare nel suo quinto decennio non brillerebbe sicuramente nella storia della musica come il Wagner che conosciamo. - Non ha forse trovato Wagner il tono suo personale soltanto nel Tristano?
Quanto alle frasi del Suo collaboratore dirette alla mia persona mi astengo dal difendermene.
Con i sensi della migliore considerazione e i più cordiali saluti, devotamente Suo

Ferruccio Busoni