IN MEMORIAM GIUSEPPE SINOPOLI
con biografia, documenti video e audio, foto, interviste,
discografia, bibliografia e altro,
a cura di Laureto Rodoni

PROGRAMMA DI SALA DI LOU SALOMÉ
CON LIBRETTO IN TRADUZIONE ITALIANA



Laureto Rodoni

UN UMANISTA D'ANTICO STAMPO
Giornale del Popolo - 22.4.2001

Giuseppe Sinopoli non fu soltanto direttore d'orchestra, ma anche compositore, scrittore, operatore culturale, finissimo collezionista di reperti delle civiltà antiche, mecenate. Era pure laureato in psichiatria e laureando in archeologia: oggi avrebbe dovuto sostenere la tesi di laurea sulla città di Ninive all'Università “La Sapienza” di Roma.
Ebbi il privilegio e la gioia di conoscerlo una decina di anni fa, nel suo camerino, proprio alla Deutsche Oper di Berlino dove è morto, poco prima che dirigesse «Macbeth» di Verdi. Gli avevo portato in dono, piccolo segno della mia riconoscenza per le emozioni che le sue interpretazioni, soprattutto verdiane e mahleriane, mi avevano suscitato, una bacchetta costruita artigianalmente. Con un gesto squisito nei miei confronti, decise di servirsene subito dopo per dirigere l'opera. Il suo modo nel contempo viscerale e dottissimo di accostarsi alla musica di Verdi, le sue parole intrise di entusiamo e stupore dinanzi alle folgorazioni musicali e drammaturgiche presenti in questa partitura mi colpirono profondamente.
Ebbi altre occasioni di incontrarlo e di parlare con lui e sempre percepivo nelle sue parole l'entusiasmo per la continua ricerca, non solo in ambito musicale, ma anche storico, filosofico e letterario: attività che riteneva imprescindibili per sciogliere la rigidità dei segni musicali e rimetterli in movimento, per approdare a un'interpretazione che non fosse mera e sciatta esecuzione.
Sinopoli era una persona generosissima, disponibile, calorosa, semplice e schietta; eticamente rigorosissimo prima di tutto verso se stesso, inesorabile nei confronti delle meschinità e delle bassezze che non di rado avvelenano i rapporti nell'ambito artistico-musicale.
Ripensando alla sua figura e alla sua opera (intesa in senso lato, quindi anche come interpretazione), mi viene in mente la confessione di un altro musicista che, per vastità di cultura umanistica e musicale, può essere paragonato a lui: «Per me l'opera d'arte è lo scopo supremo di ogni aspirazione umana». Non so se Sinopoli conoscesse questo testo di Ferruccio Busoni; so per certo che ne avrebbe condiviso il contenuto.
Mi è spesso capitato di riflettere su questi due Kulturmenschen, entrambi inesorabilmente attratti dal mondo mitteleuropeo e germanico e nel contempo autenticamente latini. «Figura inconsueta di umanista dall'antico sapore rinascimentale», fu scritto ieri sul Corriere della Sera a proposito di Sinopoli; anche Busoni fu definito figura rinascimentale, quando l'Università di Zurigo gli conferì nel 1919 il dottorato h. c. in filosofia.
Pure Sinopoli si illudeva «di poter alla fine deporre i frutti del suo lavoro ai piedi del suo paese»: questo desiderio sembrava si potesse realizzare, qualche anno fa, all'Opera di Roma o al Maggio Musicale Fiorentino. Ma cocente fu la sua disillusione. Un analogo scacco busoniano fece scrivere ad Alfredo Casella: «Troppa era la distanza che divideva la sua mentalità così evoluta da quella dell'Italia di quei tempi». Al lettore stabilire se questa motivazione potesse valere anche per Sinopoli, nonostante siano passati 85 anni.
Sinopoli era tra i pochi grandi direttori che stimava Busoni come compositore. L'ultima volta che ho parlato con lui al telefono stava studiando, con trepidazione e soggezione, la monumentale partitura del Doktor Faust: una musica che lo entusiasmava e nel contempo lo rendeva inquieto: «L'uso sconcertante, scardinante dell'armonia in Busoni» - mi diceva - «è dirompente almeno quanto l'atonalità, forse di più...». Avrebbe voluto dirigere quest'opera al Maggio Musicale Fiorentino...
Destino volle che l'opera di Sinopoli rimanesse incompiuta. Ma, come scrisse Busoni in una delle sue ultime lettere, riferendosi all'artista a cui non è consentito di portare a termine ciò che ha iniziato, «anche un corpo senza vita può gettare luce verso l'alto».