RASSEGNA STAMPA

12 MAGGIO 2002
DOUGLAS HOFSTADTER
Le dita di Lucrezio sulla tastiera

L'atomismo del "De rerum natura", un'intuizione che ha fatto molta strada

Miserere amantis, Primordia rerum e Victor tristis sono i titoli delle tre serate promosse dal Centro Studi "La permanenza del Classico" dell'Università di Bologna in collaborazione con l'Arena del Sole-Nuova Scena-Teatro Stabile di Bologna.  Monica Guerritore ha letto Medea e Fedra di Seneca (8 maggio); Roberto Herlitzka leggerà De rerum natura di Lucrezio (15 maggio) e Carlo Cecchi l'Eneide di Virgilio (22 maggio); in parallelo Ivano Dionigi ha parlato del problema del male, Douglas R. Hofstadter parlerà di atomi e cosmo, e Massimo Cacciari del destino della storia e della politica. I testi delle tre serate sono raccolti nel volume Trilogia latina.  Il male, la natura', il destino (ed. fuori Thema, http://www.classics.unibo.it/permanenza; e-mail: permanenza@classics.unibo.it; tel. 0512098539).

Anticipiamo qui parte dell'intervento che Douglas Hofstadter terrà in occasione della lettura di Lucrezio.  Il testo è stato scritto su richiesta della redazione n Sole 24 Ore-Domenica e termina all'improvviso perché Hofstadter ha voluto scherzare sulla nostra severità in fatto di rispetto delle lunghezze.  In realtà il suo ballo lucreziano sulla tastiera, da lui stilato direttamente in italiano, è di 6356 battute, 356 in più di quelle richieste.  Facciamo uno strappo alla regola e lo pubblichiamo così come ce lo ha mandato.

Eccomi che ballo.  Sì, sto ballando, proprio adesso.  Sì. Non so ballare tanto bene coi piedi, ma con le dita non ballo tanto male.  Allora uso le dita.  Un ballo digitale faccio.  Non qualsiasi ballo digitale, ma questo ballo.  Questo e solo questo.  E se parlassi in un altro modo non pensereste questi pensieri ma degli altri.  Sì, è vero!  Per esempio, con un altro ballo mio, stareste pensando, ve lo giuro, alla collisione tra una cometa e il pianeta Giove, che si svolse circa otto anni fa.  Bum!  Che rumore!  Ma a quel rumore non ci state pensando, perché non faccio quel ballo digitale lì.

No, invece faccio un ballo digitale che ha a che vedere con il gran poema De Rerum Natura di Tito Lucrezio Caro.  Ma com'è possibile ballare con le dita su un argomento dato?  Lo sapete bene, anche se Lucrezio non ne sapeva niente: sto digiballando su un pavimento speciale che si chiama una "tastiera", e ogni "passo" che faccio corrisponde a una lettera o uno spazio eccetera.  In funzione del mio ballo, emerge una sequenza di piccole forme nere su uno sfondo bianco, e in funzione di questa sequenza di forme nere nasce nelle vostre teste una serie di immagini e di idee.  Sì, io godo del potere di controllare i vostri pensieri con il ballo delle mie dita!

Questa arte del digiballo è interessante perché i passi possibili sono strettamente limitati; ci sono all'incirca 100 passi diversi, e basta.  Eppure combinando questi passi in sequenze diverse, posso suscitare in voi pensieri su ogni tipo di cosa o evento immaginabile. Per esempio, se volessi, sarei

in grado di indurvi a immaginare la collisione tra una cometa e il pianeta Giove avvenuta circa otto anni fa.  Ma non voglio suscitare quel pensiero.  Per niente.

Lo stesso Luerezio disse (o scrisse, o se volete, ballò): "Quin etiam refert nostris in versibus ipsis / cum quibus et quali sint ordine quaeque locata; / namque eadem caelum mare terras flumina solem / significant, eadem fruges arbusta animantis; / si non omnia sunt, at multo maxima pars est / consimilis; verum positura discrepitant res. / Sic ipsis in rebus item iam materiai / concursus motus ordo positura figurae / cum permutantur, mutari res quoque debent" (2, 1013-1022).

Purtroppo le sottigliezze fantastiche dei balli latini riti sfuggono spesso, e magari anche a voi, allora "traduco" questo ballo (se mi permettete di estendere metaforicamente il significato di "tradurre" all'atto di ballare) in un altro ballo più facile: "E' importante nei miei versi l'ordine degli elementi primordiali, riordinati.  Per esempio, questa tastiera sulla quale sto digiballando,  e la cometa che colpi il pianeta Giove circa otto anni fa, esse sono fatte della stessa roba, solo disposta in ordini diversi!

Su quest'immagine del substrato del cosmo Lucrezio costruì un'intera filosofia della vita, una filosofia che totalmente negava l'influenza degli dei, una filosofia che rifiutava la paura della morte, una filosofia che si beffava dell'amore di coppia e che invece sosteneva l'utilità della prostituzione, una filosofia che riteneva che nell'universo c'è un numero infinito di mondi diversi, una filosofia che spiegava il libero arbitrio per mezzo del concetto di "clinamen", cioè, di deviazioni microscopiche dalle linee rette quando gli atomi guizzano per il vuoto...

Ma come Lucrezio fece a sapere queste cose?  A dire il vero, non era Lucrezio a inventare le nozioni che nel suo poema descrive, ma il filosofo greco Epicuro, che visse 200 anni prima.  Lucrezio svolse invece il ruolo di traduttore, effettuò un eroico trasporto delle idee di Epicuro dal greco in latino, oppure un'enorme "metafora", dato che "metafora" non vuol dire altro che "trasporto".  In più, Lucrezio trasformò tutte queste idee in versi esametrici, per renderle più orecchiabili, più potenti, più durevoli.  Lucrezio creò un ballo sonoro che incorporò le teorie epicuree dell'universo e della vita, e vediamo oggi i risultati: le idee sopravvissero, eccome!

Ci possiamo chiedere, allora: Come fece a sapere (o addirittura a congetturare) Epicuro che esistono gli atomi?  Non sapremo mai di sicuro, ma ciò che ci dice Lucrezio può fornirci un accenno.  Egli fa un'analogia tra le particelle di polvere che si vedono in una stanza pervasa da raggi di sole: "Vedrai molti corpi minuscoli vorticare in molteplici modi nel vuoto nella luce stessa dei raggi, e come in un'eterna contesa muovere contrasti e battaglie scontrandosi a torme, senza mai trovar pace, continuamente agitati da rapidi congiungimenti o effrazioni; così che puoi arguire da ciò quale sia l'eterno agitarsi degli elementi primordiali delle cose nell'immenso vuoto; per quanto un piccolo fenomeno può offrire l'immagine di grandi eventi e una traccia per la loro conoscenza" (2, 116-124).  In breve, l'osservazione attenta di fenomeni visibili può fornire un'immagine di eventi invisibili molto Più piccoli o più remoti.

Sì, possiamo ingrandire la scala nonché ridurla.  Partendo, per esempio, dall'osservazione banale di una palla di neve. Tirata contro una rupe, possiamo estrapolare e immaginare versioni incredibilmente ingrandite del fenomeno. E forse sarebbe questo il momento giusto per introdurre un'immagine che finora ho trattenuto intenzionalmente: quella di una cometa che s'imbatte in un pianeta enorme come Giove.  Se non vi era concepibile prima, ora lo è, mediante l'analogia con la palla di neve e la rupe.

Ebbene, in un bel ballo sonoro di circa 7.400 versi esametrici, Tito Lucrezio Caro espose la magnifica filosofia del suo maestro Epicuro, e adesso io, cari lettori, devo finire il mio ballo digitale di sole 6.000 battute (compresi gli spazi), perché se no, i redattori con la loro tipica brutalità mi ...
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