RASSEGNA STAMPA

23 AGOSTO 2000
MARINO FRESCHI
Nietzsche, la parabola di un Superuomo
Cento anni fa moriva il grande filosofo tedesco, tra i più discussi e incompresi nel '900
Pensatore libero, demolì i cardini della concezione del mondo occidentale. A cominciare dalla religione. Ma, per paradosso, piacerebbe anche ai pellegrini di Tor Vergata
Quand'è morto veramente Nietzsche? Secondo lo stato civile il 25 agosto del 1900 il filosofo si spense a Weimar, nella casetta in stile liberty, in cui abitava insieme con la sorella Elisabeth, ma per la cultura europea, per la filosofia, per i suoi discepoli, sempre più numerosi, e per i suoi avversari, da sempre agguerriti e cospicui, era morto dodici anni prima, quando, tra il 1888 e il 1889, a Torino (città che prediligeva) aveva spedito, in una crisi di follia, dei telegrammi dementi, tra cui uno al Re d'Italia: "Arrivo martedì a Roma e voglio vederti insieme a Sua Santità il Papa. (firmato) Il Crocefisso". Per strada si era accasciato abbracciando un cavallo, crollato sotto le frustate del padrone. Fu riportato in patria, internato dapprima in una casa di cura per malattie mentali, venne affidato poi alla madre e in seguito alla sorella, che pubblicò i suoi testi, manipolandoli in chiave antisemita e razzista.
Ormai era ridotto a un'esistenza puramente vegetativa. Si dice che la paralisi progressiva fosse la conseguenza di un'infezione luetica, contratta in gioventù, quando a Colonia un facchino, invece di condurlo a un ristorante, come il giovane gli aveva chiesto, lo portò in un bordello. L'episodio è stato utilizzato da Thomas Mann per il suo romanzo nietzschiano, Doctor Faustus. La sua vita come la sua opera sono percorse entrambe dal paradosso e dalla provocazione: nel secolo del progresso, Nietzsche diventa il principale esponente dell'irrazionalismo, scoprendo i limiti della concezione positivista. Nei decenni della fondazione dell'impero tedesco, con Bismarck, Nietzsche si scaglia contro lo spirito prussiano, per lui "fatalmente ostile alla cultura", ed esalta la libertà del singolo contro lo Stato e l'autoritarismo delle strutture scolastiche, militari ed economiche del tempo. Divenne rapidamente un mito per gli anarchici. In un'epoca moralista, vittoriana, repressa e ipocrita, Nietzsche inneggia al corpo, all'istinto, alla bellezza della vita, al piacere fisico e alla salute, proprio lui che per tutta la vita soffrì di feroci emicranie e dolorosi reumatismi. Con tagliente e definitiva ironia condanna, inoltre, tutte le falsità del perbenismo borghese. Freud, con la psicoanalisi, ma anche il movimento di emancipazione sessuale, sono impensabili senza il suo contributo. La sua "filosofia a colpi di martello" non risparmia il cardine della concezione del mondo occidentale: il fondamento religioso e metafisico della vita. Per lui la religione, come pure tutte le costruzioni filosofiche, sono le maschere della civiltà.
Angosciato dal pensiero di dover morire, l'uomo si è creato la grande illusione. Il platonismo, il cristianesimo e infine il mito illuminista del progresso e del socialismo sono tutte le forme della finzione, dell'esorcismo umano, per superare la paura della morte. Si può non condividere il suo pensiero, ma rimane centrale la constatazione che Nietzsche non teme il grandioso confronto con i massimi problemi dell'uomo. Quando proclama che Dio è morto, espone una delle più radicali tesi della modernità.
Nietzsche non annuncia che Dio non esiste, bensì afferma che Dio è morto, ovvero che l'uomo religioso non c'è più. Per lui la verità, religiosa, metafisica, scientifica, è irraggiungibile dal pensiero teorico, che si serve di un atto linguistico, che è - proprio in quanto lingua - delimitato, condizionato, relativo, come dimostra la pluralità delle tante lingue con la loro evoluzione storica. Ma proprio qui si innesca un ripensamento di questa paradossale filosofia. I due milioni di giovani, che hanno preso pacificamente d'assalto Roma per dare una conferma della loro fede e della vitalità del messaggio religioso nel nuovo millennio, fanno pensare che sia piuttosto Nietzsche a essere morto.
Questo filosofo, catturato dai nazisti e dai fascisti quale loro precursore, era in realtà un pensatore libero, asistematico, un radicale, che sfuggiva ogni coerenza formalistica. Era un militante antiplatonico che non accettava l'imposizione di nuovi credi, come mostrano le sue numerose opere, dalla Nascita della tragedia alle Considerazioni inattuali, da Umano troppo umano fino a Così parlò Zarathustra, considerato il suo capolavoro. Quello che sempre avvince della sua opera, è la lingua, forte, dirompente, stupenda, come quella di un poeta, di un possente predicatore, di un ispirato visionario. Tutto il suo linguaggio, tutta la sua cultura affondano le radici nelle Sacre Scritture. Accanto a ciò, Nietzsche aveva una spiccata sensibilità per la lingua e per la letteratura greca. Credette di vedere in Richard Wagner il genio che avrebbe realizzato la sua intuizione dell'uomo nuovo. Quando, però, il maestro cominciò ad accettare il compromesso con i circoli prussiani, con l'ideologia antisemita e con la concezione cristiana, Nietzsche gli divenne ostile, attaccandolo in scintillanti e feroci scritti polemici. Che cosa resta oggi di Nietzsche? La Germania si mostra assai sobria e distaccata. Agisce ancora nella Repubblica di Berlino del socialdemocratico Schroeder e del verde Fischer, il fatto che per decenni solamente i nazisti ne hanno reclamato l'eredità. Ora le cose sono cambiate, ma i tempi della politica sono diversi da quelli della filologia. Due italiani, Giorgio Colli e Mazzino Montinari, hanno dimostrato le falsità dell'immagine antisemita, filoprussiana e razzista di Nietzsche. Montinari ha lavorato per decenni a Weimar, nell'ex Ddr, presso l'archivio Nietzsche. Le autorità comuniste gli concessero il permesso solo perché, oltre a essere un eccezionale filologo, era un affidabile compagno vicino al Pci. E proprio la Sinistra italiana, con Cacciari, Marramao, Vattimo e tanti altri, ha ripensato criticamente il marxismo gramsciano, leggendo Nietzsche. La sua fortuna italiana è anche un merito culturale della casa editrice Adelphi, che ne intraprese la pubblicazione nel 1967, quando parlare di lui era ancora un atto di trasgressione intellettuale. Il paradosso odierno potrebbe essere indicato da questa strana contraddizione: dei due contendenti, Dio e Nietzsche, non è morto nessuno. Continuano a vivere e ad essere assai più vicini di quanto ciò possa sembrare ai loro interpreti. I giovani, che esprimevano la loro gioia cantando, ballando e pregando, sono probabilmente più in sintonia con il filosofo di quanto lo possano essere i normali fedeli che assistono alle funzioni perché lo si deve fare. Non dimentichiamoci che questo pensatore che proclama la morte di Dio e della filosofia, amava Sorrento, Roma (dove conobbe Lou Salomé) e la Riviera, si appassionava a leggere i romanzi francesi e russi e scriveva le sue opere usando, per primo nella storia della filosofia, la diabolica macchina da scrivere. Contro il progresso, ma con intelligenza: anche in ciò si manifesta il Superuomo.
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