RASSEGNA STAMPA

23 NOVEMBRE 2000
ALESSANDRA IADICICCO
Nietzsche & Wagner
Amici per la mente
Nevrosi e "decadentismo" di due spiriti fra i più elevati dell'Ottocento posti sotto la lente dei loro maggiori studiosi
Il rapporto di amore-odio tra il filosofo e il musicista al centro di un convegno a Venezia
"L'iroso dispetto, l'odio, la maledizione, e d'altra parte la smodata ammirazione, il fanatismo che hanno accompagnato, prima e dopo la loro morte questi due uomini, testimoniano la violenza della loro personalità, che non ha avuto eguali nella storia dell'arte e del pensiero. Dopo di essi non si è più presentata un'energia creativa la cui impronta restasse così segnata, che afferrasse o respingesse con tanta prepotenza".
Le parole sono di Giorgio Colli e le due personalità "violente", i due spiriti "creativi" dotati di un'energia tale da chiamare a sé "tutto l'uomo","non si accontentavano di una breve attenzione, estetica o cerebrale, dello spettatore e del lettore") sono quelle di Friedrich Nietzsche e Richard Wagner. Con la stessa forza prepotente furono attratti l'uno verso l'altro; altrettanto dura e violenta sarebbe stata la rottura che li avrebbe separati. La relazione tra il compositore e il filosofo, "amici e nemici con pari intensità", ben al di là del rapporto meramente intellettuale arriva a coinvolgere la vicenda biografica dei due uomini, conduce "nella loro più profonda intimità".
I due si conobbero e si frequentarono: si incontrano a Basilea sul finire degli anni Sessanta dell'Ottocento. Nietzsche era stato chiamato a ricoprire la cattedra di filologia classica, Wagner viveva con la moglie Cosima von Bülow a Triebschen, sul lago dei Quattro Cantoni. Insieme collaborarono alla realizzazione del teatro di Bayreuth. Il filosofo, poco più che venticinquenne, lavorando sui testi dell'antichità greca, iniziava a mettere in crisi la sintassi della metafisica: già si appellava al fenomeno artistico contro il monolito della verità, al "filosofo-artista", pensatore sovrumano, contro i cultori dell'ideale.
In Wagner credette di vedere il prototipo dell'artista tragico e a lui dedicò La nascita della tragedia (1872). Con le seguenti parole: "Io considero l'arte come il compito supremo e l'attività metafisica propria della nostra vita, secondo il pensiero dell'uomo al quale intendo dedicare quest'opera come al mio insigne precursore sul campo di lotta".
Il giovane Nietzsche, dunque, manifestò per l'autore del Parsifal un entusiasmo pari solo alla veemenza con cui successivamente lo respinse. La svolta arriva con Umano, troppo umano (1878), in cui il filosofo denuncia la progressiva intellettualizzazione dell'arte, un processo che giunge all'acme negativa proprio con Wagner: "Il brutto, il misterioso, il terribile del mondo", scrive Nietzsche, "vengono progressivamente addomesticati dalle arti e dalla musica in particolare... ciò corrisponde a un ottundimento della nostra capacità sensoriale".
Con Il caso Wagner (1884), poi, l'attacco al compositore si fa aperto. Ecco le accuse: profondo misconoscimento del ruolo dell'opera, sfiducia nella sua autonomia, trasformazione dell'arte nel "portavoce della metafisica", nel "ventriloquo d'Iddio". Ma, più che una imputazione di colpa, quella di Nietzsche è l'analisi dei sintomi di una malattia di cui l'artista sarebbe affetto, e che ammorba anche la musica: "Wagner est une névrose". O "un décadent". Nietzsche pronuncia in francese (il termine è di Paul Bourget) la diagnosi della crisi che affligge l'arte di Wagner e la modernità tout cout. Décadence è quell'impoverimento di vita che intacca lo stile di un libro (e lo sfalda, lo decompone, privilegiando il particolare sull'unità, la frase sulla pagina, la parola sulla frase). E quel che accade alla storiografia (malattia storica che rende incapaci di stringere la sintesi di una grande storia).
Ed è quel che accade nella musica dove, a discapito della perfezione e della semplicità del "grande stile", acquistano rilievo la retorica, la scenografia, l'istrionismo, i virtuosismi, l'eccedenza espressiva che (è il trucco dì Wagner, "il commediante") vuole compiacere il gusto delle masse.
Le ragioni di un attacco così veemente (che pur porta Nietzsche a con intelligenza geniale i punti di forza e le capacità di seduzione del fenomeno Wagner) sono del tutto personali. Lui stesso, sa bene (lo scrive in Ecce homo) di essere tanto quanto Wagner, un décadent: un figlio del proprio tempo, che ebbe in maniera pericolosa "a concrescere con il wagnerismo" e fu pertanto costretto a difendersi dal contagio della stessa malattia.
Una ricostruzione dell'appassionata relazione fra i due ineguagliati creativi sarà presto compiuta a Venezia. Nell'ambito della sesta edizione delle giornate wagneriane (apertesi il 18 novembre e che si chiuderanno il 10 dicembre) si terrà domani e domenica un congresso internazionale di studi organizzati dall'Associazione Richard Wagner dalla fondazione Ugo e Olga Levi. Per parlare di Nietzsche, interverranno tra i massimi studiosi della sua opera nel nostro Paese: Sossio Giametta (suo traduttore), Massimo Cacciari, Emanuele Severino e Franco Volpi.
A rendere giustizia all'arte di Richard Wagner, prenderà la parola Quirino Principe, musicologo filosoficamente avvertito. E gli stranieri Udo Bermbach, Werner Breig, Oswald Georg Bauer e Sven Friedrich.
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