Banche Dati On-Line ?

Data: 01-03-1998
IL SOLE 24 ORE
Giorno: Domenica

Inserto: DOMENICA
MUSICA
BOLOGNA 
Un Campiello italiota

Autore:
Carmelo Di Gennaro

di Carmelo
Di Gennaro
Ermanno Wolf-Ferrari, musicista veneziano (1876-1948) non e' certo
compositore tra i piu' eseguiti nei teatri della Penisola. Ascoltando
una delle sue opere, ci si riferisce al Campiello andato in scena il
26 febbraio al Teatro Comunale di Bologna, si capisce anche il
perche'. Al di la', infatti, dell'indubbio interesse documentario, il
Campiello - commedia lirica in tre atti, su libretto di Mario
Ghisalberti (da Carlo Goldoni), composta nel 1936 - e' frutto non
solo di un musicista totalmente inattuale (rispetto al suo tempo,
naturalmente), ma pure di un compositore le cui anguste vedute
culturali non sono state mendate dai pur frequenti soggiorni di
studio all'estero. La biografia di Wolf-Ferrari informa a tal
proposito di corsi di composizione a Monaco di Baviera con insigni
maestri e di cimenti in lavori strumentali in stile filogermanico. Ma
Il campiello e' tutto italiano, anzi italiota, nella realizzazione
musicale. Il modello, inarrivabile e irraggiungibile, di Wolf-Ferrari
e' senza dubbio il Falstaff verdiano.
Il genio di Busseto, pero', aveva saputo ispirare la riflessione
amara dietro la farsa, tingere di tragedia una colossale burla,
mentre Wolf-Ferrari si limita a creare il dramma laddove non c'e' che
un alterco, tragedia laddove non si tratta che di una disputa tra
beghine. Esemplare, a tal proposito, e' la colossale zuffa del terzo
atto, quanto l'orchestra fa risuonare ottoni minacciosi accompagnati
dai timpani: e pensare che Anzoleto e Zorzeto litigano solo perche'
al primo hanno riferito che il secondo lo ha appellato 'carogna'! Del
resto, lo stesso compositore amava definirsi <goldoniano per
disperazione>, dicendola lunga sulla sua sostanziale estraneita' alla
commedia di carattere intrisa di realismo (che infatti fece sdegnare
Carlo Gozzi). L'estetica piccolo-borghese di Wolf-Ferrari imbalsama
Goldoni alla stregua di un 'classico', senza cavarne la linfa vitale
che sta proprio nella descrizione degli ambienti sociali: cosi' la
sua partitura e' intrisa di melodismo deteriore, facile alla lacrima,
mentre la strumentazione suggerisce un bozzettismo di maniera che,
per fortuna, la regia di Nanni Garella evita accuratamente.
Infatti, paradossalmente, questa mediocre opera ha goduto di una
eccellente realizzazione; Garella ha ambientato la vicenda alla fine
degli anni Quaranta, facendo del Campiello il vero protagonista della
storia: il regista evita la farsa facendo agire dei personaggi e non
delle caricature. Le belle scene e costumi (in bianco e nero, quasi
fosse un documentario d'epoca) di Antonio Fiorentino lo aiutano in
tal senso. Su tutta la compagnia svetta la Gasparina di Daniela
Mazzuccato, impeccabile sia vocalmente, sia scenicamente,
interpretando la parte di una giovane - non piu' giovanissima -
consapevole del rischio, se non coglie l'ultima occasione, di rimaner
zitella. Alida Ferrarini (Gnese) ben evidenzia il lato lirico del suo
bizzoso personaggio, mentre divertono senza stuccare Max Rene'
Cosotti (Cate) e Mario Bolognesi (Pasqua) nei due ruoli en travesti.
Piu' che dignitosamente se la cavano Patrizia Orciani (Lucieta),
Cinzia De Mola (Orsola), Luca Canonici (Zorzeto) e Giuseppe Scorsin
(Fabrizio). Molto autorevoli Lorenzo Regazzo (Anzoleto) e Roberto
Accurso (Cavalier Astolfi). Bruno Bartoletti, concertatore e
direttore d'orchestra, sceglie un approccio esangue alla partitura,
slentando dunque non poco i tempi (soprattutto nel I atto)
enfatizzando cosi' il lato elegiaco - ma in fondo piu' debole -
dell'opera; che avrebbe invece tutto da guadagnare da una lettura
piu' leggera e sbarazzina. Il pubblico non solo ha apprezzato, ma si
e' pure parecchio divertito.