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ELVIO GIUDICI

ERICH WOLFGANG KORNGOLD
(1897 - 1957)

L'OPERA IN CD E VIDEO
sub voce KORNGOLD
pp. 549 ss
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Figura singolarissima, Korngold: una delle più rappresentative - per ragioni di statura artistica, di età e di ambiente nel quale visse - dello straordinario momento che fu il passaggio dall'Otto al Novecento.
È precisamente qui che compare Korngold.
Moravo, ma dall'età di due anni cresciuto a Vienna, era figlio di Julius: il potentissimo critico musicale della Neue Freie Presse, erede diHanslick in fatto di gusti e d'inflessibilità nel sostenerli, ma dalla molto maggiore cattiveria - non disgiunta da spregiudicata disponibilità all'intrigo - nell'avversare la nuova musica. Bambino prodigio, a nove anni compose una cantata di tale livello da spingere il padre a mandarlo a studiare da Robert Fuchs al Conservatorio e in seguito - su consiglio di Mahler che lo definì senza perifrasi «un genio» - da Zemlinsky che già aveva insegnato a Schönberg. Dopo appena due anni, Korngold aveva composto due sonate per pianoforte (la seconda delle quali molto apprezzata e spesso eseguita da Schnabel), un trio per pianoforte che ebbe la sua prima esecuzione con Bruno Walter, Arnold Rose e Friedrich Baxbaum, e un balletto, L'uomo di neve, che Zemlinsky aveva orchestrato e Felix Weingartner diretto all'Opera. Aveva diciannove anni quando andarono in scena a Monaco, dirette da Walter, le sue opere in un atto L'anello di Polykrates e Violanta, cui quattro anni dopo seguì La città morta. In mezzo a tutto questo, il potente Julius Korngold non era certo stato in un angolo a guardare: al contrario, diventando sempre più il baluardo della conservazione, attaccava con livore e accanimento ogni forma di novità (spinse lo stesso Strauss a lasciare l'Opera interamente nelle mani di Schalk, suo grande protegé), costringendo il figlio su posizioni abastanza simili: laddove molte cose, nella sua musica, inducono a ritenere che, lasciato libero, avrebbe seguito strade probabilmente diverse.
Situazione difficile, dunque, uno dei maggiori esempi conosciuti di prevaricazione familiare, che toccò il vertice in occasione del matrimonio celebrato in strenua opposizione col padre, e della prima del Miracolo di Heliane, per sostenere la quale Julius e Schalk misero in atto una vera e propria campagna di stampa denigratoria nei confronti di Krenek e del suo Jonny spielt auf. opera, questa, che nel suo contrapporsi all'altra perfettamente riassumeva la contraddizione culturale europea di quegli anni.
È logico che ogni corrente artistica, contemporaneamente a se stessa o subito dopo, ne crei un'altra all'apparenza contraria (nella realtà, poi, quasi sempre finiscono con l'avere diversi punti in comune), di forza e originalità direttamente proporzionale al successo della prima. E dunque, accanto al neoromanticismo, al simbolismo e all'espressionismo, negli stessi anni fiorisce in area tedesca una forma di realismo concreto che programmaticamente esclude da sé ogni scoria filosoficheggiante: un complesso movimento genericamente noto come Neue Sachhchkeit, nuova oggettività, riassunta in modo emblematico dall'affermarsi dell'architettura 'funzionale'" di Walter Gropius e della Bauhaus. È ad esempio, il momento delle biografie romanzate di Emil Ludwig, di Franz Werfel, di Stefan Zweig, di Klaus Mann. Quello dei romanzi ambientati in epoca bellica, primi tra tutti il Grischa di Arnold Zweig e Niente di nuovo sul fronte occidentale di Remarque. Quello dei racconti giornalistici di Egon Kisch. Quello, in un ambiente letterario dove grandissima fortuna arrideva a Sinclair e a Lewis, dei grandi romanzi in cui il neorealismo s'impregna del fatalismo disperato che oppone l'uomo alla grande città, come Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin, E adesso, piccolo uomo? di Fallada, o anche dell'Ebreo Süss di Lion Feuchtwanger: portato, quest'ultimo, sullo schermo da Veit Harlan otto anni dopo, nel '33, a svolgere un ruolo capitale nella propaganda nazista.
È il fertile humus di cui si nutrono le prime riviste di sinistra nonché il teatro rivoluzionario di Piscator, che impiega spesso - come elementi scenografici - le feroci litografie di George Grosz e che si contrappone a quello borghese di Reinhardt. Questo, mentre compaiono i primi lavori di Brecht (L'opera da tre soldi è del '28) e a Berlino furoreggia il cabaret politico di Erich Kästner. Il cui romanzo aforistico Fabian, la storia di un moralista nella sua glaciale alienazione intrisa di desolazione e d'erotismo sintetizza l'identico clima che al cinema compare con Berlino, sinfonia di una grande città di Walter Ruttmann (architetto e pittore, che aveva collaborato con Piscator, poi con Lang per i Nibelunghi del '23, e che l'anno dopo era passato alla regia con quel gioiello che è Ballata di notte, visualizzazione d'una sonata per pianoforte di Schumann): il quale, in questo grande affresco documentaristico - classico tra i maggiori del montaggio ritmico - rivela quante scorie espressionistiche, ancora di potentissima forza di suggestione, siano state inglobate dalla 'Nuova oggettività'.
Un qualcosa che non meno palesemente emerge nei lavori musicali nati in opposizione ai turgori decadenti del neoromanticismo ma ancora nell'ambito della tonalità: una fertile corrente d'opere liriche (all'interno delle quali assai labile era il confine tra operetta, cabaret e balletto) che, per essere per lo più ambientate in epoca contemporanea coi relativi 'rumori' come squilli di clacson e di telefoni, altoparlanti, treni macchine e biciclette, venivano chiamate Zeitopern, opere del nostro tempo. E nelle quali gli autori 'di rottura', come si direbbe adesso (ma la Zeitoper migliore di tutte, non sorprendentemente, doveva scriverla il sessantenne Strauss col suo Intermezzo), accoglievano i più disparati influssi: non ultimi quelli della musica jazz che proprio allora veniva diffusa attraverso la neonata radio (le prime trasmissioni si ebbero nel '21) di conserva alle numerose tournées di compagnie americane che avevano seguito l'esempio della celeberrima orchestra di Paul Whiteman.
Con Krenek e Korngold si radicalizzò insomma, con evidenza che non si saprebbe davvero immaginare maggiore, la contrapposizione tra due stili musicali antitetici. Sicché nel '27, anno di battesimo sia di Jonny che di Heliane, i fautori del nuovo e quelli della tradizione si trovarono entrambi schierati in un'esasperazione degli animi che non mancò neppure d'un risvolto comico: quando il Monopolio dei tabacchi lanciò sul mercato la costosa sigaretta d'élite 'Heliane', lunga, in carta mauve e col bocchino a forma di petalo di rosa, in contrapposizione alla robustamente popolare ed economica 'Jonny'. Non è noto quale delle due sigarette riscosse più successo di vendite, ma nessun dubbio sussiste invece su quale delle due opere stravinse il confronto: Jonny ebbe qualcosa come 450 rappresentazioni nei due anni successivi alla prima, fu tradotta in diciotto lingue e divenne un autentico caso.
Il relativo insuccesso del Miracolo di Heliane scosse nel profondo il già duramente provato Korngold: il cui distacco dal padre si accentuò ma a prezzo d'una crescente insicurezza, riverberantesi su di una produzione che si mantenne sempre su un livello d'eccellenza, ma si diradò considerevolmente. Nel '34, decise pertanto d'accettare l'offerta di Max Reinhardt di lavorare alla colonna sonora della sua riduzione cinematografica del Midsummer Nights Dream che, in collaborazione con Dieterle, stava realizzando per la Warner Brothers: decisione che gli consentiva un cambiamento totale.
La musica per il film di Reinhardt, che non era originale ma l'adattamento di quella omonima di Mendelssohn, fu giustamente molto apprezzata: e condusse all'invito di comporre - stavolta ex novo - la musica per il Capitan Blood di Curtiz.
L'apporto di Korngold all'ancor giovane arte cinematografica doveva rivelarsi determinante. Fino ad allora, la musica era stata riconosciuta come elemento essenziale per accompagnare lo svolgimento delle immagini onde enfatizzarne il contenuto emotivo: all'epoca del muto, orchestre di notevoli dimensioni erano ingaggiate dalle grandi sale (in provincia ci si limitava a un pianoforte) e suonavano spesso partiture scritte appositamente da musicisti molto noti, come Saint-Saëns per L'assassinio del duca di Guisa, Prokofiev per i film di Eisenstein, Pizzetti per Cabiria. Col sonoro, però, i problemi aumentarono di molto. All'inizio vennero risolti adattando musiche preesistenti oppure accompagnando con accordi e semplici effetti amplificanti: ma non tardò a farsi strada l'esigenza d'una stretta collaborazione tra regista e compositore non meno che tra regista e sceneggiatore, al fine di integrare fin dall'inizio l'intero complesso di recitazione, fotografia, ripresa, dialogo e musica in un tutto espressivamente unitario. L'approccio di Korngold, intimamente melodrammatico com'era, impresse una svolta non meno determinante di quella di Max Steiner (altro viennese, altro bambino prodigio, altro protegé di Mahler!) a far sì che la musica creasse le pulsazioni emotive della narrazione, fino a diventare essa stessa - in misura direttamente rapportabile al melodramma - nucleo drammatico.
Basti pensare all'atmosfera onirica creata in Tra i due mondi, storia d'una nave con un carico di morti in viaggio verso l'al di là. Agli sgargianti colori con cui la musica, in Avorio nero, avvolge una narrazione che spazia tra Europa, Cuba e Africa. Al vero e proprio concerto per violoncello che nel Prezzo dell'inganno il protagonista - appunto un cellista - deve suonare: dodici minuti di musica straordinaria, su cui il regista Irving Rapper fa aderire le immagini con grande abilità. Ancora, alla struggente, delicatissima, stupenda melodia per archi- Nora - che permea l'atmosfera melodrammatica di Schiavo d'amore (peccato solo che si tratti del rifacimento di Goulding con Eleanor Parker, tanto meno bello dell'originale di Cromwell con Bette Davis). Senza contare, naturalmente, quanto il turgore melodico inventato da Korngold contribuisca all'atmosfera fluida e fantasiosa di filmoni d'avventura tra i massimi capolavori del genere, come Le avventure di Robin Hood, come Lo sparviero del mare o come la prima versione di Il principe e il povero, tutti con Erroll Flynn.
Sradicato dal suo mondo come tanti altri artisti per l'avvento del nazismo che recise di colpo i mille rami protesi in direzioni tanto diverse - bollando un intero, rigogliosissimo universo artistico col nome di 'Arte degenerata' - Korngold, naturalizzato americano, a differenza di quasi tutti gli altri si guadagnò fama e prosperità, sia pure in un campo ben poco frequentato: cui però (più audace e originale di Steiner, non meno abile del celebre Herrmann nel creare atmosfere sfuggenti e ambigue, melodista non meno trascinante di Tiomkin) diede il contributo d'una fenomenale capacità musicale al servizio d'una grandissima fantasia artistica. Provò a interrompere la sua nuova vita americana tornando a Vienna appena finita la guerra: tutto inutile. I fili erano ormai recisi, i fuggiaschi che tornavano erano visti con indifferenza se non con astio, a nessuno interessava riascoltare le musiche nate attorno agli anni Venti, e ancora meno interessava, al tempo delle avanguardie di Darmstadt e del terrorismo culturale praticato dalla critica che la sosteneva, ascoltare la musica scritta allora da un compositore 'del passato': Strauss, del resto - che pure era Strauss - restò un compositore frequentatissimo, ma solo per quanto riguardava la musica scritta prima di quel periodo, mentre la successiva, diversa ma i qualità certo non inferiore, dovrà aspettare parecchio. Korngold tornò dunque negli Stati Uniti, per non allontanarsene mai più: compose poco perché mori nel '57, ma tra quel poco c'è una bella Serenata sinfonica e una stupenda Sinfonia (op. 40) che resta tra le pagine più alte della musica di questo secolo.
In pratica scomparso dal repertorio teatrale e concertistico degli anni Cinquanta- Settanta se si esclude qualche sporadica riproposta della Città morta, Korngold sta adesso conoscendo, al pari di molti altri musicisti d'inizio secolo, un autentico revival che per una volta il disco è stato pronto a recepire, consentendo tra l'altro, con l'incisione del Miracolo di Heliane nella benemerita serie che la Decca ha dedicato all'Entartete Musik (Musica degenerata, secondo l'etichetta coniata dal nazismo) la conoscenza d'una delle partiture più complesse e rappresentative della civiltà musicale mitteleuropea prima che il nazismo la interrompesse brutalmente e per sempre.