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Alfano era anche lui [come Giordano] di natura esuberante; a vederlo appariva sanguigno e pletorico sicché veniva fatto di stabilire un rapporto diretto tra la sua natura e la sua musica che tendeva di tanto in tanto a sonorità robuste, a sviluppi macchinosi, ad eloqui solenni e grandiosi. Era un musicista coltissimo e, come tale, diede un forte impulso allo studio serio e profondo della composizione: i suoi allievi (tra essi Antonio Veretti [1900-1978]) entrarono nella musica ferrati e provvisti, le sue opere, come ho già detto, furono un contributo al trasferimento della musica italiana dal piano melodrammatico a quello strumentale, anche se il teatro fu, in definitiva, la sua più viva passione. |
Al Maggio Musicale fiorentino feci rappresentare Don Giovanni di Manara, rifacimento di una sua opera giovanile L'ombra di Don Giovanni; alla Scala facemmo eseguire Resurrezione. Alfano amava le sue opere: ogni volta che le eseguivano era presente e se le godeva; vero è che, per quanto riguarda le esecuzioni da me curate, egli ebbe ottimi direttori ed artisti celebri, ma è un fatto che faceva piacere a vederlo, sprofondato in una poltrona con lo sguardo beato rivivere le ore ansiose del lavoro; mi disse infatti un giorno che riascoltare era per lui rivivere le circostanze che avevano dato luogo all'opera, tornare nei luoghi dove essa era stata scritta, annullare il tempo e fare del passato il presente. |
Alfano seguiva immediatamente la generazione di Puccini, Mascagni, Giordano: fu diversissimo da loro ma con loro ebbe comune l'ottimismo e la fiducia in sé stesso: lo vedo perciò a far da ponte tra il terzetto dell'opera verista e i musicisti italiani che di Alfano sono quasi coetanei: infatti la sua musica entrava nelle riunioni dedicate alla contemporaneità; non che esse ne costituissero la caratteristica più viva, ma ne rappresentavano l'ala destra, l'anello che la congiungeva all'ultimo respiro del romanticismo tedesco giubilato nell'accadernia della scuola post-brahmsiana.
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Un musicista si era fatto avanti negli ultimi venti anni: sale da concerti e teatri gli si aprivano reverenti, allievi ed amici lo accompagnavano fedeli dovunque apparisse un suo lavoro ed oramai, direttore del Conservatorio di Milano, riconosciuto dalla critica tra i nostri compositori migliori, può trarre dalla vita le soddisfazioni che merita. Ma Giorgio Federico Ghedini non è salito in cattedra: degli allievi è amico, degli ammiratori è compagno spensierato, ed è più interessato dalle barzellette che non dai discorsi lunghi e accademici. Ce ne facciamo tante di risate allorché la storiella del giorno arriva rimbalzando fino a lui: ma a un certo momento la sua testa piega leggermente sulla spalla destra e il suo sguardo fissa qualcosa che egli nemmeno sa: noi che lo conosciamo facciamo finta di niente e ci distraiamo discretamente, perché è chiaro che in quei momenti egli si allontana in punta di piedi dagli amici per un rapido appuntamento con se stesso. Pochi secondi ed è di nuovo tra noi con la puntata frizzante e l'osservazione pungente; perché Ghedini non è facile ed è piuttosto duro con quanti, secondo lui, la danno ad intendere. |
Difende la sua arte e difende la libertà dell'arte; anche per questo gli sono amico: di contatti artistici ne ho avuti moltissimi con lui, alla Scala quando furono eseguite Le Baccanti (che è per me tra le sue opere migliori), alla Radio quando prendevamo accordi per le esecuzioni dei suoi lavori. Sono i più bei momenti dell'organizzatore cotesti che lo mettono a contatto dell'autore, ed ho degli incontri con Ghedini il ricordo che alimenta il desiderio di nuovi incontri e di nuove collaborazioni. È allora che il suo giudizio acuto e la sua sensibilità si esprimono nei termini più chiari; ma appena sente che il discorso minaccia di farsi troppo lungo e troppo serio si interrompe e dice: «Sai la storiella di quello che... ?». Fa una grande risata prima di raccontartela, ride raccontandotela ed alla fine non si tiene più dalle risate; poi d'un tratto si ferma, la testa chinata sulla spalla, lo sguardo lontano e assente. Si è allontanato in punta di piedi, ha un appuntamento urgente con se stesso.
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