I dizionari Baldini&Castoldi

L'Allegra brigata, di Gian Francesco Malipiero (1882-1973)
libretto proprio, da novelle di Franco Sacchetti, Masuccio Salernitano, Sabbadino degli Arienti, Matteo Bandello

Sei novelle in un dramma (tre atti)

Prima:
Milano, Teatro alla Scala, 4 maggio 1950

Personaggi:
Dioneo (T), Beltramo (Bar), Semplicio (Bar), Filenio (m), Tibaldo (m), Violante (S), Lauretta (S), Oretta (Ms), Saturnina (m), Pampinea (m), due garzoni e due fanti (allegra brigata); Panfilia (S), il giovane cavaliere (T), il padre, la madre, due ancelle (prima novella); il giovane pittore (T), la donna, monaci (seconda novella); messer Alfonso da Toledo (T), il cavaliere (Bar), Laura e la vecchia fante, compratori e famigli di messer Alfonso (terza novella); Ferrantino degli Argenti (Bar), Caterina (Ms), messer Francesco (Bar) (quarta novella); la gentildonna (S), il giovine innamorato (T), il pazzo, famigli (quinta novella); Eleonora (S), Pompeo (T), il marito (Bar), madonna Barbara (Ms), quattro cavalieri amici di Pompeo (sesta novella)



Composto nel 1943, il dramma adotta la struttura a pannelli già utilizzata nelle Sette canzoni (1918-19) e si avvale dell’impiego di testi italiani dei secoli XIV-XVI quali tessere dell’eterogeneo libretto. Lo spirito «quasi boccaccesco» esplicitamente invocato «per l’insieme della rappresentazione scenica» vi funziona da elemento unificatore. Come nel Decameron e nelle successive opere dei novellieri toscani del XV secolo, anche qui una cornice scandisce il racconto delle novelle: il resoconto di una giornata estiva trascorsa dai membri dell’allegra brigata in un luogo ameno cantando, suonando, porgendo indovinelli, danzando e giocando (naturalmente tra un racconto e l’altro), con un finale di sapore pirandelliano. La distribuzione asimmetrica delle sei novelle nei tre atti (una nel primo, tre nel secondo, due nel terzo) e la concezione scenografica di una duplice rappresentazione (quella dell’azione del dramma – in primo piano – e quella delle novelle in parte narrate e in parte rappresentate in un «secondo teatro», rialzato e posto fra gli alberi della scena principale) rivelano un progetto drammaturgico che valorizza proprio la cornice, anche se la sua durata – nell’intera opera – non oltrepassa quella di una novella e il suo svolgimento sembra quello ozioso di una successione di ‘intervalli’. Sono proprio le novelle raccontate da Violante (prima), Dioneo (terza) e Beltramo (sesta) a rinforzare il ruolo primario di questi tre personaggi. Esse, strategicamente collocate nello svolgersi dell’azione del dramma, con il loro insistere su situazioni ‘triangolari’, si pongono infatti come diversificate raffigurazioni dei sentimenti che legano il terzetto: l’amore fra due innamorati (Violante, Dioneo), la gelosia suscitata in un terzo (Beltramo).

Nella prima novella si narra la vicenda di Panfilia, innamorata di un cavaliere ma promessa sposa a un altro uomo, morta per consunzione d’amore. Il giovane cavaliere riesce a rivedere l’innamorata solo poco prima ch’essa muoia. Poi, per il dolore, raggiunge «l’anima di quella nei luoghi non conosciuti». La novella di Dioneo si apre con un tono più scanzonato. Un brillante giovane è costretto a vendere i suoi beni, nella piazza di una città visitata di passaggio, a causa di un incauto patto: mille fiorini per una notte d’amore, oltre tutto mancata. L’‘ordine’ è ristabilito dalla comparsa sulla scena del marito della donna in questione, che fa risarcire il cavaliere e punisce poi la moglie, «malvagia femmina». Con la sesta novella realtà e finzione si fondono completamente e in modo tragico: Beltramo, che già avvia il terzo atto con il monologo della gelosia, narra ora la storia di Pompeo, un intraprendente amante che riesce a dar sfogo alla sua passione per Eleonora solo con uno stratagemma, ma paga con la vita tale arditezza. Nello stesso modo, appena terminata la novella, è Dioneo a morire per mano di Beltramo. Il dramma si consuma rapidamente e in un clima di sconcertato stupore: «così doveva finire e così finisce l’allegra brigata».

Nelle sei novelle più parti possono essere sostenute da uno stesso cantante, contribuendo ulteriormente a impreziosire il ‘gioco delle parti’. L’arioso sostenuto vi predomina: riveste narrazioni e dialoghi e conferisce una grande unità di dizione – forse eccessiva. Non mancano comunque caratterizzazioni musicali più decise, sullo sfondo di una propensione alla modalità che sa aprirsi anche a inflessioni cromatiche o esatonali in diversi momenti. La prima novella e il monologo della gelosia di Beltramo furono in seguito riutilizzati da Malipiero in Gli eroi di Bonaventura (1968).

m.t.m.

Dizionario dell'Opera