Giacomo Manzoni

GIAN FRANCESCO MALIPIERO


RITRATTO E OPERE

Allievo inizialmente del Conservatorio di Vienna, poi del Liceo Musicale di Venezia e di M. E. Bossi a Bologna, si perfezionò nel 1908 alla Hochschule di Berlino*, passando nel 1913 a Parigi dove entrò in proficuo contatto col locale ambiente culturale, con Casella, Ravel e D'Annunzio. Dal 1921 al '24 insegnò al Conservatorio di Parma, ritirandosi poi ad Asolo, dedito esclusivamente alla composizione; nel 1932 riprese ad insegnare al Liceo Musicale di Venezia, che diresse dal 1939 al '52. Dal 1936 aveva insegnato storia della musica all'Università di Padova e diretto dal 1939 il locale Istituto Musicale Pollini. Dopo il 1952 si è nuovamente ritirato ad Asolo, dove si è dedicato intensamente all'attività di compositore.
Formatosi nella scia del tardo romanticismo tedesco, poi a contatto con l'impressionismo francese e con il movimento di idee che tendeva all'inizio del secolo a rivalutare la tradizione strumentale e vocale italiana, Malipiero individuò gradualmente un suo personalissimo linguaggio. Sull'esempio dei musicisti italiani del '600-700, egli rinnega ogni costrizione formale, e la sua musica si svolge in una libera ricerca, in un fantasioso svolgimento di idee inesauste, sempre nuove e svincolate da ogni remora formalistica. Introduce nella musica vocale il principio dì un recitativo liberamente alternato a canzoni di impronta quasi popolaresca, mentre l'esperienza espressionista non passa senza lasciate su di lui un'impronta duratura e benefica, notevole soprattutto in certa produzione teatrale degli anni '20. In un periodo posteriore la sua musica acquista un piú ampio respiro lìrico, mentre la negazione della forma si allenta senza peraltro vincolare in alcun modo la fantasia del musicista.
Il linguaggio armonico di Malipiero risente notevolmente dell'antica tradizione italiana, da cui trae un fondamentale diatonismo e una sciolta articolazione delle linee contrappuntistiche. Peraltro Malipiero si sa intelligentemente servire delle piú ardite conquiste del linguaggio armonico, al punto da sfiorare spesso l'atonalità e la politonalità, pur rimanendo fondamentalmente in un ambito caratteristico forse piú dell'antica modalità che della tonalità. La sua opera è vastissima e multiforme, e contiene anche molte pagine di secondaria o comunque minore importanza. Tuttavia, nelle sue opere migliori Malipiero rimane indubbiamente, della sua generazione, il musicista che piú di ogni altro seppe dare una fisionomia caratteristica alla musica italiana del sec. XX, attingendo fermenti di novità e di progresso dalla piú genuina tradizione (da Monteverdi a Vivaldi) e creando un linguaggio personale e inimitabile.
Della sua sterminata produzione teatrale ricordiamo L'Orfeide (1925), il Torneo notturno (1931) e I notturni di Bonaventura (1966); è inoltre autore di numerosa musica corale e vocale da camera e di molti pezzi di musica da camera per complessi diversi.
A Malipiero si deve la pubblicazione dell'opera omnia di Claudio Monteverdi e la valorizzazione dell'opera di Vivaldi, di cui egli dirige dal 1947 l'edizione dell'opera omnia strumentale. Ha altresì pubblicato libri sull'orchestra, su Stravinski e molti volumi di memorie e di divagazioni personali.

COMPOSIZIONI PER ORCHESTRA

IMPRESSIONI DAL VERO, I parte (1910) - «Queste Impressioni rappresentano una reazione contro la musica a programma e contro la musica artificiosamente tematica [...] E il titolo, nel caso in questione - che una falsa interpretazione potrebbe appunto legare a intendimenti extramusicali - non rappresenta che un omaggio fatto dal musicista a chi ha saputo evocargli un sentimento e un desiderio di estrinsecazione»: sono parole del musicista che spiegano bene cosa vogliono essere questi pezzi e il significato dei loro titoli («¡l capinero», «Il picchio» e «Il chiú»). Non dunque mero descrittivismo naturalistico, ma una fresca ispirazione puramente musicale che muove da fatti della natura, e nella fattispecie da questi tre diversi tipi di uccello. Sono queste tra le primissime composizioni di Malipiero, ma esse lo qualificano già in maniera inconfondibile: massima libertà inventiva, elirninazi ne di ogni pastoia formale, libero atteggiamento improvvisativo capace però di ricreare una superiore unità espressiva: e un vivo senso della natura si sprigiona irresistibile da queste pagine già assai personali.

I tre tempi sono: 'Lento, ritmo indefinito', 'Presto' (un brano di grande animazione ritmica) e 'Lento, ma non troppo'.

IMPRESSIONI DAL VERO, II parte (1915) - «Pure la seconda parte delle Impressioni dal vero non si deve confondere né con la musica a programma né con quella impressionistica. Il Colloquio di campane è uno scampanio che s'è impossessato del musicista... La Baldoria campestre è una vera orgia di suoni, nella quale predomina l'elemento popolaresco e rusticale. Nel Cipressi e il vento, il titolo deve servire soltanto a distinguere il secondo tempo dagli altri due »: anche qui il compositore ci dà un'indicazione esatta del clima in cui nacquero questi pezzi, anche se ammette piú avanti che egli preferì sempre a questi la prima parte delle Impressioni. L'arte dell'orchestrazione risulta piú raffinata, ma forse proprio per questo c'è a volte il pericolo di un calligrafismo che il musicista aveva saputo evitare magistralmente nella prima parte delle Impressioni, cosí fresca e spontanea.
I tre tempi sono: 'Moderato, ma non lento (come uno scampanio festoso e lontano) -Gaio ma non troppo mosso' - 'Lento, ma non troppo (con grande elasticità di tempo)' e 'Presto'.
IMPRESSIONI DAL VERO, III parte (1922) - Si conclude la serie di queste brevi ed efficaci annotazioni malipieriane, che in quest'ultima parte acquistano un sapore quasi piú descrittivo e di fresca intonazione popolare, come nel brano finale. Dal punto di vista espressivo esse «rappresentano lo sforzo sostenuto per vincere gli spettri e gli incubi postumi di una tragedia vissuta» (quella della grande guerra 1915-18): e sono sforzi, dobbiamo dirlo, coronati da un successo completo. La terza parte delle Impressioni trabocca di gioia ritmica e di una irrefrenabile volontà di canto nel primo e nell'ultimo tempo, mentre quello centrale richiama alla memoria quegli spettri e quegli incubi.
I tre tempi della composizione sono: …Festa in Val d'Inferno» ('Andante'), «I galli» ('Lento') e «La tarantella a Capri» ('Gaio, abbastanza presto, ma ben ritmato'
PAUSE DEL SILENZIO, sette espressioni sinfoniche, I parte (1917) -Nacquero durante la prima guerra mondiale, in un periodo cioè estremamente importante per l'evoluzione di Malipiero, e in esse l'autore porta alle estreme conseguenze il suo ripudio di ogni forma costituita e soprattutto del principio dell'evoluzione tematica. I temi e le melodie germinano spontaneamente, in piena libertà, e l'unità dello stile e del discorso risulta da un clima espressivo comune ai singoli brani e a tutta la composizione nel suo insieme: l'unico «legame» tematico è costituito dallo squillo iniziale che torna per sette volte.
Le Pause del silenzio «vennero concepite durante la guerra, quando era piú difficile trovare il silenzio e quando, se si trovava, molto si temeva d'interromperlo sia pure musicalmente. Appunto per la loro origine tumultuosa, in esse non si riscontrano né sviluppi tematici, né altri artifici...» Questa partitura resta tra le piú tipiche e ispirate del musicista veneziano: essa definisce ulteriormente il suo stile e ne delinea definitivamente la personalità, tutta nutrita di amore la tradizione italiana e pure tutta moderna e proiettata nel furturo. Si è voluto far coincidere le sette espressioni con sette diverse «atmosfere»: morbidezza («Solenne-Lento ma non troppo») rudezza («Agitato assai»), melanconìa («Non troppo lento») gaiezza («Vivace assai»), mistero («Lento, funebre»), guerra («Allegro assai») e selvatichezza («Allegro vivace e marcato»). La composizione è per grande orchestra sinfonica. (Durata 16 minuti.)
CONCERTI (1931) - È una serie di nove brevi pezzi dove (ad eccezione che nel primo e nell'ultimo) vengono messe in evidenza le diverse peculiarità degli strumenti orchestrali: ma «stabiliamo - avverte l'autore - che la personalità dei vari istrumenti qui è stata messa in rilievo non dal virtuosismo di cui sono capaci, ma dalle loro possibilità d'espressione». La composizione acquista nella sua struttura generale un sapore cameristico, dove il principio dell'antico concetto è impiegato con estrema libertà e fantasia.
I nove pezzi sono: «Esordio» ('Piuttosto lento') - «Concerto di flauti» (Allegro moderato-Piuttosto, lento') - «Concerto di oboi» ('Lento') «Concerto di clarinetti» ('Allegro'), «Concerto di fagotti» ('Più lento un poco-Allegretto') - «Concerto di trombe» ('Piuttosto maestoso ma non troppo ritenuto' - «Concerto di tamburi» ('Allegro, ritmo marcato' - «Concerto di contrabbassi'» {'Ruttosto lento') e «Commiato» (tutta l'orchestra, 'Un poco piú mosso').
SINFONIA N. 1 («IN QUATTRO TEMPI COME LE QUATTRO STAGIONI») (1933) - Per Malipiero il termine «sinfonia» non ha il significato che le hanno dato i maestri del classicismo tedesco, ma esso per lui «si riallaccia a quella che è stata in Italia la musica istrumentale fra il 1680 e il 1780 circa». Come dire che questa Sinfonia si svolge in una libera forma e in diverse parti, dove il discorso musicale non è vincolato da leggi formali ma obbedisce soltanto all'interiore spinta espressiva. D'altra parte la ripugnanza aglì sviluppi qui non è piú assoluta, così che è possibile individuare alcuni temi ricorrenti che fanno un po' da impalcatura alla costruzione musicale. L'allusione alle stagioni «vale a chiarire un po' il carattere dei quattro tempi»; il primo (primavera) è un 'Quasi andante, sereno' di intonazione prettamente pastorale, senz'ombra di drammatici contrasti; il secondo (estate) è un 'Allegro' pieno di vigore, duro e acceso come una calda giornata estiva; il terzo è un 'Lento, ma non troppo' dalla tenera mestizia autunnale, mentre l'ultimo (inverno) è un 'Allegro, quasi allegretto' che non ha nulla di triste, ed esprime un'atmosfera da inverno mediterraneo, allietato dal carnevale.
SINFONIA N. 2 («ELEGIACA») (1936) - È senza dubbio una delle migliori sinfonie malipieriane: più sciolta e scorrevole della Prima, essa adotta liberamente i principi costrattivi dell'antica sinfonia italiana calandoli in una sensibilità priva di ogni esasperazione, in un linguaggio eminentemente diatonico che dà luogo a un discorso sereno e pure sempre traboccante di idee, di moti instancabili della fantasia. L'aggettivo «elegiaca», scrive l'autore, «spiega come questa musica, che scrissi nei mesi ansiosi e tragici del 1936, un anno pieno di tristezza, resti estranea agli eventi e abbia carattere elegiaco... Tengo a far presente che nel termine elegiaca non vi è alcuna intenzione di musica a programma». I quattro tempi della composizione sono: 'Allegro non troppo', 'Lento non troppo' - 'Mosso' e 'Lento-Allegro'.
SINFONIA N. 3 («DELLE CAMPANE») (1945) - È una delle sinfonie meno note, e forse a torto, dei musicista. Essa nacque negli ultimi due anni terribili della guerra contro i nazisti in Italia: esprime cosí i sentimenti piú diversi, dall'angoscia, al terrore, alla speranza di pace e di serenità, ed è in tal senso una composizione sconcertante, piena di episodi assai diversi tra loro eppure convergenti in una superiore unità espressiva.
SINFONIA N. 4 («IN MEMORIAM») (1946) - «Non è un epitaffio, però vi si sente la presenza di qualcosa che è scomparso»: la Sinfonia è dedicata alla memoria di Natalia Kussevitzki, la moglie del celebre direttore d'orchestra, e va considerata tra le pagine migliori di Malipiero. Strutturalmente la composizione costituisce una sorta di compromesso tra le esigenze del evoluzione tematica e quelle della libera invenzione musicale: resta comunque una musica di sapore tipicamente italiano, dove le intuizioni melodiche raggiungono mirabili vette espressive.
I tempi della Sinfonia sono: 'Allegro moderato' - 'Lento, funebre' - 'Allegro' (un vero e proprio Scherzo dalle sonorità tese e a tratti sardoniche) - 'Lento' (passa il corteo di un funerale al suono di una campana lontana) con sei brevi variazioni.
SINFONIA N. 5 («CONCERTANTE IN ECO») (1947) Ha carattere concertante, con i due Pianoforti che «dominano come spina dorsale dell'organismo strumentale, ma non come elemento solista.» Qui dunque Malipiero si rifà con la massima evidenza al principio concertante del barocco italiano, caricandolo però di un senso tutto attuale non immune in taluni punti da qualche tinta espressionistica. Il termine «in eco» deriva dal fatto che i due pianoforti si rincorrono continuamente (spesso in canone) senza raggiungersi mai.
I tempi sono: 'Allegro, agitato, ma moderatamente', 'Lento', 'Allegro vivace ma ritmato' e 'Lento, ma non troppo-Mosso'.
SINFONIA N. 6 («DEGLI ARCHI») (1947) - Composta per soli archi, questa Sinfonia risente dello stile «madrigalesco» di certi quartetti di Malipiero, solo che il respiro costruttivo vi è piú disteso e «sinfonico», con evidenti imprestiti alla tecnica del concerto grosso. Come dice il sottotitolo il pezzo è per soli archi (organico da camera) e comprende: 'Allegro' - 'Piuttosto lento' - 'Allegro vivo' e 'Lento, ma non troppo-Allegro.
SINFONIA N. 7 («DELLE CANZONI») (1948) - «Porta il sottotitolo 'delle canzoni' perché è essenzialmente lineare. C'è poi, qua e là, un certo 'cantare' che si impone come la voce di un antico rapsodo che canti seduto in cima al sacro Monte Grappa ed abbia dinanzi a sé lontana, sempre piú lontana: Venezia.» Il carattere di questo pezzo è estremamente lirico e sereno disteso in un piacere di far musica, quasi di improvvisare, degno del migliore Malipiero.
Comprende: 'Allegro' - 'Lento, quasi andante' - 'Allegro impetuoso' e 'Lento'. Come in tutte le altre sinfonie malipieriane, anche qui non vale ricercare un'unità tematica di tipo germanico-classico: lo spirito è sempre quella dell'antica, liberissima sinfonia strumentale italiana.
SINFONIA IN UN TEMPO (1950) - Per Malipiero il sette è un numero fatidico, ed egli non avrebbe voluto superarlo nella serie delle sinfonie; invece «questa ottava sinfonia è nata quasi per conto suo, timida come un'intrusa». Essa consta di quattro parti, ma nell'esecuzione queste devono inserirsi l'una nell'altra in modo che il mutamento di tempo sia quasi inavvertibile.
Composta con lo stile liberamente madrigalesco proprio di Malipiero, comprende: 'Andante' - 'Lento' - 'Allegro spigliato' (con carattere quasi di Scherzo) e 'Andante'.
SINFONIA DELLO ZODIACO («QUATTRO PARTITE: DALLA PRIMAVERA ALL'INVERNO») (1951) - Dice il musicista: « Non posso dir nulla su questa sinfonia... Devo conservare il segreto delle sue origini e ringraziare Iddio d'avermi accordato la gioia di assistere alla sua nascita. Certamente dovrò scontare questa gioia; certi privilegi non si perdonano.» È uno dei brani in cui con maggior evidenza viene alla luce quel libero piacere di far musica tipico del migliore Malipiero. È una composizione piena di idee che si succedono con grande fluidità, dando luogo a episodi diversissimi, ora sereni e diatonici, ora duramente cromatici, ora cupi e violenti nella sonorità aggressiva degli ottoni. il tono generale è però piuttosto pacato, mentre dal punto di vista costruttivo non siamo tanto di fronte a una sinfonia quanto a una suite, formata da dodici brani rispondenti alle parti dello zodiaco. Eccoli nell'ordine: 'Andante' - 'Mosso' - 'Andante-Allegro' - 'Allegro' - 'Piuttosto lento' - 'Allegro moltomarcato' - 'Piuttosto lento' - 'Allegro grazioso' - 'Lento' - 'Leggermente mosso-Allegro molto moderato' - 'Andante (pastorale)' e 'Allegro (agitato)'.
VIVALDIANA (1952) - Malipiero ha curato in edizione moderna gran parte dei concerti di Vivaldi: piú che logico dunque che si sentisse tentato di dare un'interpretazione personale dello stile del 'Prete Rosso'. Vivaldiana rìpropone di fatto alcuni temi e alcuni modi stilistici del maestro veneto nella forma di un piacevole divertimento, assai fedele allo spirito dell'antico concerto grosso e al linguaggio armonico dell'epoca.
Il brano comprende: Adagio-Allegro, Andante (quasi Adagio), Allegro e Allegro molto.
PASSACAGLIE (1952) - Malipiero contravviene per una volta alla sua ripugnanza per il tematismo, e costruisce qui due passacaglie dove il rispetto di un determinato tema è implicito alla stessa forma prescelta: il che non toglie che anche in questa partitura il musicista profonda una grande varietà di idee melodiche e di atmosfere espressive. Mentre la prima passacaglia presenta un solo tema, la seconda è caratterizzata dal fatto che a ogni gruppo di strumenti è affidato un tema diverso, che non viene mai scambiato con altri gruppi.
FANTASIE DI OGNI GIORNO (1953) - 'Di ogni giorno' perché nacquero in forma di annotazione quotidiana e quasi casuale, come pagine di un diario musicale che finirono poi col prendere consistenza in un unitario organismo sinfonico: «... questa mia opera sinfonica rappresenta il viaggio quotidiano nel regno della fantasia», avverte l'autore. Qui piú che mai troviamo dunque i tratti piú tipici dello stile di Malipiero: massima libertà formale, uno sgorgare continuo di idee e di melodie, un succedersi di episodi ora lirici ora caratterizzati da incisivi elementi ritmici. La composizione è in un sol tempo, articolato in una agogica estremamente elastica, ed è per normale orchestra sinfonica.
FANTASIE CONCERTANTI (1954) - «Per concertante s'intende quell'istrumento che alza la voce sugli altri, ma accordandosi con la massa dell'orchestra, evitando d'imporsi con la prepotenza del virtuoso: ecco perché questo libero vagare della fantasia l'ho intitolato Fantasie concertanti, di concerto con quello che mio malgrado volevo esprimere, per istinto, non per ragionamento.» «Libero vagare della fantasia»: ecco una frase che, detta dallo stesso musicista, risulta addirittura paradigmatica per tutta la sua produzione, e in particolare per queste 'Fantasie', dove il discorso melodico e ritmico si rinnova continuamente, mai sazio di nuove conquiste e di nuove sensazioni. Questa partitura presenta un andamento amante delle dissonanze, spesso tendente a effetti di forte drammaticità ma altre volte neutralizzato dal diatonismo piú sereno.
Le Fantasie concertanti sono quattro: per archi (Allegro, non troppo), per violino e orchestra (Piuttosto lento-Allegro), per violoncello e orchestra (Lento, ma non troppo-Allegro) e per pianoforte e orchestra (Un poco lento-Quasi allegro)
ALTRE COMPOSIZIONI PER ORCHESTRA

Sinfonia del mare (1906): è la prima composizione che Malipiero non abbia ripudiato (ebbero questa sorte numerosi suoi pezzi giovanili).

Sinfonie del silenzio e della morte (1908).

Danze e canzoni (1912)- (ispirate da poesie di D'Annunzio). (Durata 20 minuti.)

Per una favola cavalleresca, illustrazioni sinfoniche (1915). (Durata 20 minuti.)

Grottesco (1919), scritto per un balletto rappresentato al

Teatro dei Piccoli di Roma. (Durata 18 minuti.)

La Cimarosiana, cinque frammenti sinfonici da pezzi per pianoforte di Cimarosa (1921).

Pause del silenzio, cinque espressioni sinfoniche, II parte (1926): continuano la prima serie, di cui però non hanno raggiunta la notorietà né la pienezza espressiva.

Inni (1932): « Avrebbero dovuto significare una reazione contro la volgarità di certa musica alla quale si attribuisce un significato patriottico. » (Durata 9 minuti.)

Sette invenzioni (1933), adattate poi al film Acciaio di L. Pirandello. (Durata 19 minuti.)

Quattro invenzioni (1933); dovevano come le precedenti fungere come musica per film, ma furono successivamente scartate.

Stradivario, fantasia di istrumenti che ballano (1948), è nato come musica di balletto ma è stato poi eseguito solo in sede concertistica.

Elegia-Capriccio (1953).

I Dialogo con Manuel de Falla ('in memoriam') (1956).

Cinque studi (1960).

CONCERTI PER STRUMENTO SOLISTA E ORCHESTRA

«Tutti i concerti... sono ''orazioni'. Una voce si alza e l'orchestra la segue come moltitudine che ascolta 'colui che ha qualcosa da dire' o, con piú moderazione parlando, che vorrebbe dire qualcosa»: questa indicazione del musicista è suffìciente a comprendere lo spirito in cui sono scritti i suoi concerti per solista e orchestra. Lo strumento solista non vi ha mai una preponderanza virtuosistica, ed è forse per questo che essi sono in genere trascurati dai concertisti, a cui in genere manca la modestia necessaria per subordinare la propria personalità alla superiore esigenza musicale ed espressiva. Fa eccezione forse il Quinto Concerto per pianoforte, in cui il lato strumentale in senso virtuosistico è piú accentuato che altrove.

Malipiero, ha composto sei concerti per pianoforte e orchestra:

Primo Concerto (1934)

Secondo Concerto (1937); Terzo Concerto (1948);
Quarto Concerto (1950); Quinto Concerto (1958); Sesto Concerto ('delle macchine') (1964). Parzialmente ricavato dalla musica composta nel 1933 per il film Acciaio, costituisce una delle pagine piú felici e ispirate dell'ultimo Malipiero.

Inoltre:

Concerto per violino e orchestra (1932). Concerto per violoncello e orchestra (1937)
Concerto a tre, per violino, violoncello, pianoforte e orchestra (1938).

Concerto n. 2 per violino e orchestra (1963).
DIALOGHI: V ('QUASI CONCERTO') per viola e orchestra (1956) - Anche per i 'dialoghi' di Malipiero per solista e orchestra vale quello che egli stesso ha detto per i suoi concerti: sono 'orazioni', nel senso che «una voce si alza e l'orchestra la segue come moltitudine che ascolta».
I Dialoghi per viola, che stanno al quinto posto nella serie di otto composti dal musicista tra il 1956 e il '57, sono tra ì suoi piú poetici brani per strumento solista e orchestra (in questo caso da camera). La viola vi assume un ruolo «musicante» in senso quasi medievalesco: il discorso è fantasioso e vago, non privo di momenti incisivi, ma caratterizzato soprattutto da un notevole empito lirico, che si esprime attraverso le piú diverse figurazioni del ritmo e della melodia. A tratti la viola entra in dialogo con uno solo o con pochissimi strumenti dell'orchestra, creando una sensazione di musica cameristica, a volte entra in rapporto con tutta l'orchestra, con la libertà di struttura formale che ben conosciamo in Malipiero: e nonostante essa non venga certo trattata in senso virtuosistico, offre però anche al solista il modo di mettere in luce le migliori qualità del suo suono e della sua tecnica. I Dialoghi in esame si suddividono chiaramente in tre tempi: 'Non mosso, ritenuto', 'Lento' e 'Allegro'.
DIALOGHI: VI ('QUASI CONCERTO') per clavicembalo e orchestra (1956) - Il richiamo al barocco strumentale appare qui assai evidente nella impostazione delle figure ritmiche del clavicembalo innanzi tutto e poi anche dell'orchestra. Vi è una istanza ritmica di netta evidenza, che convoglia nel suo flusso tutto il discorso musicale: e quest'ultimo acquista anche per il trattamento ornamentale del solista e degli altri strumenti un colorito squisitamente barocco (a tratti anche di un barocco alquanto tedesco). Ma sempre personalissima è l'armonia, inconfondibilì sono le movenze melodiche di Malipiero, che fanno anche di questi Dialoghi una delle opere piú riuscite del maestro veneziano.
I tempi della composizione sono: Allegro, Lento e Allegro; l'orchestra è da camera (con sei coli strumenti a fiato e gli archi).
DIALOGHI: VII ('CONCERTO') per due pianoforti e orchestra (1956) - Qui l'impegno costruttivo dà luogo a un vero e proprio concerto, sempre inteso nel senso della musica secentesca italiana. La ricchezza armonica del brano è straordinaria, ed esso e una delle pagine piú vivide e fantasiose dell'ultimo Malipiero. Interessantissimo seguire i rapporti tra i due strumenti, e tra di loro e l'orchestra, che determinano alcuni episodi di alto significato poetico e di notevole ricchezza timbrica. L'orchestra è quella sinfonica media, priva dei tromboni, i tempi del «concerto» sono: Allegro, Lento e Allegro.