G. F. MALIPIERO


MEMORIE UTILI

Come nasce nei musicisti
il desiderio di scrivere per il teatro
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L'ARMONIOSO LABIRINTO

pp. 529-533

1907 Ho trovato il librettista ideale, cioè il libretto che mi permetterà di realizzare tutte le mie aspirazioni teatrali. Solo il titolo mi preoccupa: Elen e Duncano. Quel Duncano (tenore) può creare qualche malinteso per una pericolosa assonanza. Si può cambiare in Elen e Fuldano.
1910 Lo stesso poeta ha scritto per me un altro libretto che mi soddisfa pienamente: Canossa. Un atto. Suggestivo l'ambiente.
1913 L'opera Canossa è stata scelta per la rappresentazione al teatro Costanzi di Roma.
1914 (24 Gennaio). Prima e ultima rappresentazione al Costanzi di Canossa. Grande scandalo. Polemiche. Si canta il mio elogio funebre.
1923 Ritrovo le due partiture (Elen e Fuldano, Canossa), e le condanno al rogo insieme a quelle di un balletto e di un'opera in un atto dei quali non voglio che si ricordi nemmeno il titolo. Il mio entusiasmo per Maeterlinck mi ha fatto scoprire (1907) nel libretto di Elen e Fuldano quello che non c'era. Il fuoco ha purificato anche le mie illusioni.
1913 La vita sulla riviera del Brenta, le rievocazioni della Malcontenta, le acqueforti del Canaletto, ecc. ecc., mi hanno sedotto: devo musicare il Sogno di un tramonto d'autunno di Gabriele d'Annunzio. Non sono riuscito ad avere il permesso del poeta, ma la musica è nata in tre mesi e la partitura è finita.
1915 Gabriele d'Annunzio ha sentito la mia musica per il suo Sogno di un tramonto d'autunno, ma la mia partitura è condannata a diventare «opera postuma», perchè un ricco dilettante ha già musicato questo dramma dannunziano.
1915 Un ignoto scrittore mi presenta un libretto in quattro atti. L'affinità (forma ed atmosfera) col teatro di Maeterlinck (la stessa che mi trasse in inganno con l'opera Elen e Duncano), ha eccitato la mia fantasia: senza fatica è nata la mia quarta opera drammatica.
1916 Ho distrutto la partitura di quest'opera perchè ritengo impossibile che la musica possa accoppiarsi alla poesia di un mostro.
1917 Dopo due anni di tregua, il melodramma riprende il sopravvento, ma voglio abolire il cantante, forse perchè, dopo precedenti esperienze, la parola mi fa paura. La trama di Pantea (ideata nel tormento della guerra) richiede soltanto una donna che sappia esprimere la sua tragedia danzando. Molte danzatrici hanno studiato Pantea, ma le esecuzioni di questo dramma sinfonico sono state rare. Forse vi si sente troppo l'incubo della guerra.
1918 L'Orfeide. Sette canzoni. Impossibile resistere alla tentazione. Credo che, anzichè rendere inverosimile il vero, si possa nel vero trovare la fonte di molta musica vera. E poi, perchè ostinarsi ad alternare le arie col recitativo? Le arie sono musica, il recitativo no. Sopprimiamolo ed eliminiamo la difficoltà di comprendere il soggetto, anche se non è complicato.
Sette episodi vissuti: un cieco abbandonato, una madre sconsolata, una madre folle, un ubriaco che disturba la quiete notturna, la serenata durante la veglia funebre, il campanaro indifferente e l'alba delle ceneri, triste visione dell'eterno carnevale. Per ogni episodio, una canzone che forma il nucleo centrale dell'azione. I sette soggetti, indipendenti l'uno dall'altro, si devono comprendere da quello che si vede. Il testo delle canzoni è tratto dall'antica poesia italiana, che spesso ha conservato l'accento della nostra antica e perduta musica popolare.
1920 Parigi. Prima rappresentazione delle Sette canzoni. Diatribe, convulsioni, quantunque non ci sia stata reazione di pubblico. Polemiche giornalistiche.
1925 Parigi. Ripresa delle Sette canzoni. Successo anche di critica.
1920 L'avventura delle Sette canzoni mi ha suggerito Orfeo, ovvero l'Ottava canzone, dove si rappresentano tre pubblici: uno ingenuo, uno parruccone, uno indifferente; ma il canto di Orfeo addormenta l'uditorio.
1921 Orfeo era una illusione; per meglio far capire la sua delusione, ho aggiunto alle Sette canzoni e all'ottava canzone un prologo: La morte delle maschere. Le maschere (Arlecchino, Brighella, Tartaglia, Pulcinella, Pantalone, il Capitan Spaventa, il Dottor Balanzon) cantano, danzano. Orfeo, disgustato dalle loro esibizioni, le rinchiude in un armadio e invita i personaggi delle Sette canzoni a cantare come cantano nella vita.
Così è nata l'Orfeide: I. La morte delle maschere, II. Sette canzoni, III. Orfeo ovvero l'Ottava canzone.
1925 Düsseldorf. Prima rappresentazione dell'Orfeide. (Le Sette canzoni si danno spesso sole). Ottimo successo.
1936 Sono nato a Venezia, ove han voluto dare l'Orfeide quasi in mio omaggio. La gazzarra ha principiato prima che si alzasse la tela!
1920 San Francesco d'Assisi. Un grande dolore mi ha avvicinato al Santo della povertà. I quattro episodi (Il gregge, la predica agli uccelli, la Cena di San Francesco e Santa Chiara, la morte di Santo Francesco) li ho ideati con quattro scene nello stile di Giotto; ma un mistero è più mistero se non vi è realizzazione scenica.
1921 Tre commedie goldoniane. Sono lontano da Venezia da sei anni. Ogni giorno leggo un po' di Goldoni. Nasce così il desiderio di esprimere scenicamente la mia nostalgia. Scelgo tre commedie di Carlo Goldoni: I. La bottega da caffè, che mi permette di rappresentare la vita della strada; II. Sior Todero brontolon, la vita dell'intimità familiare; III. Le baruffe chiozzotte, la vita delle lagune. Ho dovuto riabilitare un poco il recitativo. La bottega da caffè, ridotta in un atto, ha conservato intatto il suo spirito, il suo carattere. Nel Sior Todero brontolon e nelle Baruffe chiozzotte ho dovuto cambiare parecchie cose, e purtroppo ho dovuto rinunziare al dialetto veneziano onde evitare che si deformi.
1926 Prima rappresentazione a Darmstadt. Successo di pubblico, non di critica.
1925 Filomela e l'Infatuato. Vita di una donna melodiosa, che colla danza e la musica ha soggiogato anche un essere brutale e primitivo: l'Infatuato. L'azione (in tre quadri) rappresenta tre fasi della vita di Filomela. I. Filomela canta e danza nella sua casa, ancora allo stato selvaggio. II. Inseguendo una chimera, arriva alla gloria. III. Prigioniera si libera, e muore cantando l'amor divino, durante l'incendio della nave sulla quale l'Infatuato la teneva incatenata.
1928 Teatro di Praga. Ottima esecuzione e soddisfacenti risultati della medesima.
1937 Soltanto la radio di Berlino e di Londra hanno eseguito, dopo Praga, Filomela e l'Infatuato. Il teatro fa più paura della musica.
1927 Merlino, mastro d'organi. Merlino attira e uccide con la musica. Solo un viandante sordo ha potuto resistere all'incanto ed ha ucciso Merlino. Condannato a morire sul rogo, legato al cadavere di Merlino, il viandante, non appena le fiamme lo lambiscono, canta: l'anima musicale di Merlino entra in lui. Egli ode, canta e incanta.
1934 Esecuzione alla radio. Massacro. Anche il soggetto di Merlino, mastro d'organi respinge «Pimpresario», e si preferisce la musica al dramma rappresentato.
1925 Il finto Arlecchino. Le tenzoni poetico-musicali erano di moda a Venezia alla fine del XVIII secolo. Ho inventato il soggetto di questa opera comica, pensando alla fine della Repubblica Veneta. Nuovi eventi stavano per travolgere il più saggio dei governi, e gli ignari patrizi si dilettavano componendo versi e musica. Lo spirito non era in decadenza. Donna Rosaura offre la sua mano a colui che meglio canterà un madrigale ch'ella ha composto. La gara è un ottimo e divertente pretesto musicale.
1928 Prima rappresentazione a Magonza. Notevole successo.
1928 Il mistero di Venezia. I. Le aquile di Aquileia. Meno musicale lo spunto drammatico, ma non anti-musicale. Questo poema rappresenta Venezia dalle origini alla sua affermazione eroica. Tre episodi: I. I profughi di Aquileia fondano Venezia; II. Il ratto delle spose veneziane, immediatamente vendicato dai veneziani; III. La prima festa della Sensa (dell'Ascensione) e lo sposalizio di Venezia col mare. Danze, canti, inni a San Marco, scampanio. II. Il finto Arlecchino. Quest'opera comica rappresenta un episodio della morente Serenissima. III. I corvi di San Marco. Azione mimica. Una Venezia immaginaria, invasa da orde di speculatori che attentano alla sua eterna bellezza. Allegoria: ribellione dello spirito eroico.
1932 Prima esecuzione del Mistero di Venezia al piccolo teatro di Coburgo. Accoglienze più che cordiali. E poi? Soltanto Il finto Arlecchino, speratamente, è stato eseguito in molti teatri; e si capisce il perchè.
1929 Torneo notturno. Dopo le «Sette canzoni» non ho mai inventato un soggetto più musicale di questo, e in questo c'è anche azione. Il «Disperato» assiste all'uccisione della donna amata. Non vede l'assassino, ma ha udito la sua voce, ha udito la canzone che ha sedotto la donna. Le sei scene rappresentano A viaggio del «Disperato» che cerca l'uomo che ha ucciso il suo amore: egli insegue una canzone, ma quando finalmente riesce a vendicarsi, la sua vita è finita.
1930 Monaco di Baviera. Magnifica esecuzione. Ottimo successo. Critica rispettosa, ma disorientata.
1929 I trionfi d'Amore. Tre commedie. Dapprima staccate, poi legate da un personaggio che ritorna in tutti e tre gli atti. È stato un errore il modificare il soggetto.
1937 I trionfi d'Amore hanno riposato otto anni. La I e la II commedia (La bella e il mostro, e il Festino) possono vivere indipendenti. La in riposerà per sempre: è antisportiva.
1933 La Favola del figlio cambiato. Coi Trionfi d'Amore credevo finito il mio Teatro, cioè la mia attività teatrale. Forse per questo, quando un mio amico mi annunziò che Luigi Pirandello aveva scritto un libretto per me, risposi molto freddamente all'invito di ascoltarne la lettura. Ma il primo atto, lettomi dall'autore, mi conquistò, e l'entusiasmo mi fece dimenticare tutte le mie fobìe teatrali. Assimilai anche il II e III, il III non senza difficoltà. Compresi il terzo atto, quando mi resi conto del suo significato: Inno alla luce del nostro Mediterraneo, Inno alla nostra Terra.
1934 Braunschweig. Magnifica rappresentazione della Favola del figlio cambiato, successo e molto importante per varie ragioni.
Darmstadt. Ottima anche questa rappresentazione. Piccolo incidente provocato dalla nudità della «sciantosa». Rimediato con tre metri di stoffa.
Roma. Teatro Reale dell'Opera. Epilogo e fine della Favola del figlio cambiato.
1937 Maggio Fiorentino: I giganti della montagna. Luigi Pirandello non è più, ma la voce della Radio mi porta a ondate il suo ultimo dramma. Massimo Bontempelli rievoca con voce commossa il nostro grande amico.
«E questa Favola del figlio cambiato (dice Cotrone), in mezzo alla gente,perchè d'un poeta, è stata la vostra rovina». È stata la vostra rovina! La nostra stessa sorte.
«Se volete ascoltare questa favola nuova?». E chi vorrà mai ascoltarla?
«Ne ridono tutti così». Ridono! È la favola di tutti i figli cambiati, ma
«davanti a questo mare, a questo cielo
vedo anche le case
sollevarsi a un respiro di sollievo!
e ogni casa, per umile che sia
diventa una reggia del sole!».
E un inno all'Italia, di un grande Italiano.
1934 Giulio Cesare. Shakespeare. Ho ceduto alla tentazione. Ho potuto seguire la tragedia shakespeariana, riassumendo le scene più drammatiche e non antimusicali. Solo l'ultima parte dell'ultimo atto è stata la più difficile a tradurre musicalmente; però con la musica, c'è un'unità di tempo e di luogo che forse manca nella tragedia. Il finale è veramente melodramma; gli eroi vittoriosi intonano il Carme Secolare di Orazio:
«Alme sol, curru nitido diem qui
Promis et celas aliusque et idem
Nasceris, possis nihp urbe Roma
Visere maius!».
«Davanti a questo mare, a questo cielo».
1936 Genova - successo. Buenos Aires - successo. A Rio de Janeiro, Shakespeare ha provocato qualche malinteso. Povero Shakespeare! E poi: La favola del successo cambiato!
1937 Antonio e Cleopatra. Ancora Shakespeare, ma tragedia di due soli esseri umani.
Miserere nobis.
Asolo, febbraio 1938-XVI.