GIAN FRANCESCO MALIPIERO
(Venezia 1882 - Treviso 1973)

Scheda tratta dal
REPERTORIO DI MUSICA SINFONICA
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(Gli autori, le composizioni dal Seicento a oggi )
ISBN: 8809022556
Prezzo di copertina: ¤ 24,79


Esauriente per il profano, preziosa per l’intenditore, una ricchissima opera di consultazione che fornisce in forma agile e accurata tutte le informazione necessarie all’ascolto e alla programmazione musicali: una puntuale documentazione storica e critica su più di 200 compositori e la descrizione di oltre 1000 opere sinfoniche e sinfonico-vocali da concerto (completata dall’indicazione dell’organico e della durata) dalla fine del Cinquecento a oggi.


Si è spesso notato come la musica di Malipiero, anche nelle composizioni meramente strumentali, abbia un carattere intimamente vocale. Ma è meglio parlare di carattere prosodico, ossia vocale nel senso che rimanda alla voce in quanto sede della parola, anche quando essa sia materialmente assente e se ne offra soltanto il ritmico fantasma, privo di significati espliciti. La vocalità della musica di Malipiero non consiste in una generica cantabilità, ma nella pronunzia, come se ci fosse parola e dunque voce. E anche quando egli usa la voce, il rifiuto dell'illustrazione naturalistica e psicologica denota come a lui essenzialmente interessi non l'apparire dei contenuti, ma quello della parola stessa. Tale è il carattere vocale conferito anche alla sua produzione orchestrale. Si capisce allora perché egli aborrisca da qualsiasi virtuosismo propriamente strumentale e perché, quando decide di affrontare la tipica forma esibizíonistica del concerto, la concepisca come un'orazione davanti a una multitudine: il solista, cioè, non fa mostra di bravura, né gioca con le mani, ma parla, è colui che ha qualcosa da dire.


SINFONIE

A parte alcune sinfonie giovanili quali la Sinfonia degli eroi (1905), la Sinfonia del mare (1906), le Sinfonie del silenzio e della morte (1909-10) che Malipiero finse di aver distrutto, la produzione sinfonica del musicista a partire dal 1910 muove dalla dichiarata opposizione al sinfonismo tedesco, intesa come rifiuto delle forme classiche basate sullo sviluppo tematico e del descrittivismo, rivendicando la piena libertà dell'invenzione musicale. Negli anni Trenta tuttavia, essa si orienta verso uno stile più lineare, meno rapsodico e frammentario, che emerge in particolare nel primo gruppo di Sinfonie (nn. 1-7, 1933-48). Superata in parte l'avversione per gli sviluppi tematici, Malipiero adotta in questo periodo una forma di sinfonia in quattro tempi che, lungi dal rifarsi al classicismo viennese, egli fa risalire alla struttura libera e capricciosa dell'antica sinfonia italiana. Pur nell'uniformítà di impianto, si notano in questi lavori caratteri peculiari: sono il tono evocativo della Sinfonia n. 1 «in quattro tempi come le quattro stagioni» e della Sinfonia n. 3 «delle campane», gli spunti concertanti dei due pianoforti nella Sinfonia n. 5 «concertante in eco» e del quartetto d'archi nella Sinfonia n. 6 «degli archi», o l'andamento svagatamente lirico della Sinfonia n. 2 «elegiaca» e della Sinfonia n. 7 «delle canzoni».

Per alcuni lavori successivi dello stesso genere Malipiero interrompe la numerazione (confesserà più tardi di averlo fatto per timore di oltrepassare il numero sette) e ritorna a titoli che ricordano quelli dei lavori giovanili: la Sinfonia in un tempo (1950), la Sinfonia dello Zodiaco (1951) (quattro partite: dalla primavera all'inverno), la Sinfonia per Antigenida (1962). Con l'ultimo gruppo di Sinfonie (nn. 8-11, 1964-69, allorché rprende a numerarle), e in particolare con la Sinfonia n. 10 «Atropo» (1967), segnate da un atonalismo teso, quasi espressionistico, il musicsta ormai ultraottantenne offre un'ulteriore testimonianza delle sue inquietudini espressive.


CONCERTI E ALTRE COMPOSIZIONI
CON STRUMENTO SOLISTA

Preparati da due lavori entrambi intitolati Concerto per organo e archi (1927) - elaborazioni di opere antiche - vedono la luce nel 1931 i Concerti per orchestra. Dedicati a diversi strumenti che va via si esibiscono (flauti, oboi, clarinetti, fagotti, trombe, tamburi, ccntrabbassi), i Concerti per orchestra privilegiano le loro peculiarità espressive su quelle virtuosistiche. Seguendo un medesimo orientamento estetico Malipiero (a prescindere dal V, VI e VII dei Dialoghi composti fra il '56 e il '57, che sono sostanzialmente dei concerti rispettivamenteper viola, per clavicembalo e per due pianoforti) scrisse successivamente altri concerti per strumento solista e orchestra (6 per pianofoite, 2 per violino, 1 per violoncello, 1 per violino, violoncello e pianoforte, 1 per flauto).

Tra quelli per pianoforte spiccano soprattutto il Quinto (1958), per il virtuosismo che nonostante tutto lo anima, e il Sesto (1964), detto «delle macchine», per il contrasto angoscioso tra un vitalismo attivistico e un inquieto smarrimento. Notevole anche il Secondo Concerto per violino (1963), per il suo sensibile orientamento atonale. Con trumento solista sono, pure, Variazioni senza tema per pianoforte e orchestra (1923), Serenissima, sette canzonette veneziane per orchestra e saxofono concertante (1961), Serenata per fagotto e 10 strumenti (1963).

ALTRE COMPOSIZIONI PER ORCHESTRA
O COMPLESSO STRUMENTALE

Dopo le prime due serie di - Impressioni dal vero (1910-15) il completo distacco dalla tecnica di sviluppo tematico si precisa nel Ditirambo tragico (1917) e si attua pienamente nelle due serie delle Pause del silenzio (1917, 1926). Parallela è l'azione di recupero della tradizione italiana sei- settecentesca, vista come modello di libertà compositiva, che ha una prima applicazione nei Ricercari (1925) e nei Ritrovari (1926). Dello stesso periodo sono anche alcune trascrizioni per orchestra d'archi (1930) di brani di Monteverdi, Frescobaldi, Stradella, Bassani, nonché i bizzarri Madrigali (1931), inteipretazioni sinfoniche di quattro madrigali monteverdiani. Di quegli anni sono anche gli Inni (1932-34) che avviano lo stile più lineare proprio delle sinfonie che seguiranno subito dopo.

Solo dopo vent'anni Malipiero riprenderà la rievocazione divertita di temi e stili del passato in Vivaldiana (1952), l'esperienza dello sviluppo monotematico combinato con una forma antica in Passacaglie (1952) e l'invenzione sfrenata in Elegia-Capriccio (1953), Fantasie di ogni giorno (1953), Fantasie concertanti (1954), Notturno di canti e di balli (1957). Sarà poi la volta dei Dialoghi, composizioni concertanti per vari organici scritte nel 1956-57, che si distinguono per il carattere colloquiale, intimo e raccolto. Per orchestra sono il Primo, dedicato alla memoria di Manuel de Falla, il Quinto, con viola concertante, il Sesto, «quasi concerto» per clavicembalo, il Settimo, vero e proprio concerto per due pianoforti. Infine, dopo Serenata mattutina (1959) e Endecatode (1966) - entrambi per 14 strumenti - tra gli ultimi lavori sinfonici del 1971 e accanto a pagine di circostanza, quali Gabrieliana e Sanzanipolo, si trova anche un Omaggio a Belmonte che vuole essere un personale segno di stima per Arnold Schönberg.

COMPOSIZIONI SINFONICO-VOCALI

L'indole vocale della scrittura malipieriana, evidente anche nei lavori meramente strumentali, trova naturale espansione, oltre che nelle opere teatrali, nelle numerose composizioni vocali da concerto, siano queste per soli, coro e orchestra o per voci singole con orchestra o con complessi da camera. Sono per soli, coro e orchestra San Francesco d'Assisi (1921), La Principessa Ulalia (1924), La Cena (1927), La Passione (1935), la Missa pro mortuis (1938), Santa Eufrosina (1942), la sinfonia eroica Vergilii Aeneis (1944), Mondi celesti e infernali (1949), La festa de la Sensa (1950); per voci singole con orchestra o con complessi da camera sono Il commiato (1934), Quattro vecchie canzoni (1940), Le sette allegrezze d'amore (1945), Mondi celesti (1948), Cinque favole (1952), l'VIII Dialogo intitolato La morte di Socrate (1957), le quattro seguenti (fra il '57 e il '69) «rappresentazioni da concerto» (Magister Josephus, Preludio e morte di Macbeth, L'asino d'oro, Concerto di concerti ovvero dell'uom malcontento) e Abracadabra (1962). Solo corali e strumentali sono infine Universa universis (1942), Li sette peccati mortali (1946), La terra (1946), Ave Phoebe, dum queror (1964) e l'Aredodese (con voce recitante, 1968).


MUSICHE PER IL TEATRO,
IL CINEMA E IL BALLETTO

Per i teatrini d'avanguardia del primo dopoguerra Malipiero scrisse alcune musiche di scena: Grottesco (1918), destinato ai Balli plastici del futurista Depero, e Oriente immaginario (1920), per il Teatro del Colore di Ricciardi. All'epoca della Favola del figlio cambiato risale invece una collaborazione cinematografica con Pirandello per il film Acciaio, per il quale furono scritte le Sette invenzioni e le Quattro invenzioni per orchestra (1933). Fra i balletti, oltre all'espressionistico «dramma sinfonico» Pantea (1919) si devono ascrivere Cimarosiana (1921), Stradivario (1948), La lanterna magica (1951), divenuto in seguito un brano sinfonico autonomo.


Impressioni dal vero
per orchestra

Prima parte - Il capinero (Lento, ritmo indefinito) - Il picchio (Presto) - Il chiù (Lento, ma non troppo). - [...] Seconda parte - Colloquio di campane (Moderato, ma non lento; Gaio, ma non troppo mosso) - I cipressi e il vento (Lento, ma non troppo) - Baldoria campestre (Presto). [...] Terza parte - Festa in Vai d'Inferno (Andante) - I galli (Lento) - La tarantella a Capri (Gaio, abbastanza presto, ma ben ritmato). [...] Durata complessiva delle Impressioni dal vero: 39'.

La concezione estetica di Malipiero, contraria a qualsiasi forma di naturalismo, emerge anche nella prima delle tre parti di Impressioni dal vero, come una negazione che muove dall'interno di una materia fortemente atteggiata in senso naturalistico: il canto del capinero, il martellare del picchio, il lamento del chiù sono altrettante riproduzioni dal vero, ma lo stile di Malipiero suggerisce un'impressione nitida, bloccata però sul nascere in un'unica immagine, in un momento di ìntensa concentrazione che emerge dalla memoria. È questa la prima rilevante composizione di Malipiero, scritta nel 1910 ed eseguita per la prima volta il 15 maggio 1913 a Milano, Teatro alla Scala, sotto la direzione di Max Birnbaum.

Nella seconda parte, assai più estesa delle altre due, composta nel 1915 e eseguita per la prima volta all'Augusteo di Roma, l'11 marzo 1917, sotto la direzione di Antonio Guarnieri, affiorano le inquietudini degli anni di guerra, vissuti con angoscia da Malipiero.

Nella terza parte, terminata nel 1922 ed eseguita per la prima volta al Concertgebouw di Amsterdam, il 25 ottobre 1923 (direttore Alfredo Casella), Malipiero cerca di scuotersi dall'incubo del tragico, recente passato, recuperando, specie nella Tarantella a Capri, qualche notazione realistica, di sapore descrittivo e improntata al mondo popolare.


Pause dei silenzio
per
orchestra

Prima parte, sette espressioni sinfoniche. Solenne, Lento ma non troppo - Agitato assai - Non troppo lento - Vivace assai -Lento, funebre - Allegro assai - Allegro vivace e marcato. [...]
Seconda parte, cinque espressioni sinfoniche. Andante - Allegro ma non troppo mosso, Mosso ma in due, Tranquillo - Lento, Molto Tranquillo - Allegro ben ritmato, Molto lento - Maestoso non troppo lento, Allegro moderato, Mosso ma pesante. [...] Durata complessiva delle Pause del silenzio: 30'.

Le
sette espressioni sinfoniche intitolate Pause del silenzio furono portate a termine da Malipiero nel 1917, in un periodo di profondo turbamento spirituale causato dalla guerra, e rappresentano la prima radicale applicazione dei principi contrari allo sviluppo tematico. Ciascuna delle sette parti dell'opera possiede infatti temi propri che si ripetono, e le sezioni si succedono senza interruzione, come dei pannelli musicali accostati l'uno all'altro. L'unico legame tematico è costituito dallo squillo iniziale, che torna per sette volte tra un pannello e l'altro. La prima esecuzione del lavoro ebbe luogo a Rorna, all'Augusteo, il 27 gennaio 1918, diretta da Bernardino Molinari, cui la partitura è dedicata. La prima espressione può dirsi pastorale, la seconda si muove fra lo scherzo e la danza, la terza è una serenata, mentre la quarta è una ridda tumultuosa di suoni, la quinta ha il carattere di un'elegia funebre, la sesta è una fanfara squillante seguita dalla settima e ultima, che chiude le Pause del silenzio del 1917 in un fuoco di ritmi violenti.
Un carattere analogo hanno le assai meno fortunate
cinque espressioni sinfoniche scritte nel 1926, costituenti la seconda parte delle Pause del silenzio, pubblicate inizialmente con il titolo L'esilio dell'eroe, suggerito da D'Annunzio, e in seguito riportate al titolo attuale. Esse furono presentate a Filadelfia da Leopold Stokowski, che le diresse all'Academy of Music il 1º aprile 1927.


Ricercari per undici strumenti

Allegro, marcato il ritmo - Andante, alquanto mosso - Allegro, un poco rude -Lento - Allegro, molto vivo.
Eseguiti la prima volta al Festival della Library of Congress di Washington sotto la direzione di Ernest Bloch il 7 ottobre 1926, i Ricercari, composti l'anno precedente, osservano la medesima forma strofica di Rispetti e strambotti, il primo quartetto di Malipiero, composto cinque anni prima ispirandosi all'antica improvvisazione organistica. Qui le sezioni sono quattro, sostenute costruttivamente dal corpo delle viole che conferiscono alla composizione la sua particolare sonorità e il suo colore timbrico.


Ritrovari per undici strumenti

Allegro energico, non troppo mosso -Marziale, ma non esagerando - Allegro mosso - Lento e triste - Andante - Allegro vivace, ma non troppo mosso.
Gabriele D'Annunzio, dopo aver ascoltato i Ricercari al Vittoriale, volle che Malipiero scrivesse un'opera che avesse gli stessi strumenti, ma di carattere eroico, inviando uno schema al musicista, che lo seguì fedelmente componendo nel 1926 i Ritrovari: «Primo movimento guerresco, con l'apparizione del tema. Secondo movimento di violenza discorde, di lacerante odio, d'improvviso schianto. Pausa. Terzo movimento di marcia funebre, sul tema primitivo sviluppato con una solennità eroica e religiosa. Il quarto movimento comprende l'espressione della solitudine, della tristezza, della premeditazione chiusa, della intiera dedizione al compito necessario. Il quinto e ultimo s'illumini della immortale volontà di vendetta e di liberazione e di glorificazione, ed esalti possentemente la Promessa della Vittoria». E al Vittoriale di Gardone furono presentati i Ritrovari il 26 ottobre 1929, sotto la direzione di Hans Kindler.