MASSIMO BONTEMPELLI
LA SCUOLA DI MALIPIERO
[1938]

M. BONTEMPELLI
G. F. MALIPIERO
BOMPIANI MILANO 1942
pp. 167-170
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Fu lui a invitarmi. Forse egli mi aveva invitato per una volta (come ha fatto talora anche con persone molto più personaggi di me), ma io ho continuato per parecchio tempo a salire il pomeriggio di ogni giovedì le nobili scale di Palazzo Pisani dietro Campo Santo Stefano: su al secondo piano, in quel salone serio del quale non ho mai afferrato i particolari. Ma fino dal primo giorno (che era giorno di pioggia) esso si è dipinto nella mia memoria come un qualcosa tra il fondo d'uno stagno di gran marca e la sala d'aspetto d'una ricca stazione ferroviaria antichissima, anteriore all'invenzione della strada ferrata. Questa impressione certamente è arbitraria: sono certo che il giorno che mi ricorderò di esaminare la sala, non vi troverò neppure un elemento di quella bislacca immagine. Quel primo giorno, oltre che la pioggia sui vetri, c'era una ragnatela a un angolo del remoto soffitto: è quanto basta, se non ci si pone rimedio, a farvi calunniare una sala per tutta la sua vita.
Quel rimedio, cioè quell'esame coscienzioso, non l'ho mai fatto, perchè entrando ci si precipitava sùbito tutti, aggruppati intorno a maestro Francesco, verso il pianoforte. Ora che lo nomino, penso che potrebbe anche essere stato lui - più che la pioggia o la ragnatela - potrebbe anche essere stato lui quel pianoforte (un verticale fabbricato non so in che secolo a Venezia, molto nostalgico d'aspetto e di voce) a impormi subdolamente la calunniosa immagine, che da ben due periodr sto cercando di farmi perdonare.
Eravamo in generale una mezza dozzina di alunni (già diplomati in composizione) e un paio di uditori.
La lezione si svolge come esame critico minutissimo d'una composizione presentata da uno degli alunni. Lui l'autore sta al pianoforte (se è troppo difficile da sonare anche per lui autore, si ricorre a Gorini che è il grande pianista della compagnia). Ma poichè di solito si tratta di musica strumentale, alla destra e alla sinistra dell'autore varie mani si aggiungono a leggere le parti più acute o le più basse. Finito il pezzo, si fa in generale per un momento un silenzio di tomba, una specie di «minuto di raccoglimento», rotto sùbito dalla voce canzonatoria di Malipiero che invita:
- Nisun galo niente da dir? (non giuro sulla esattezza del dialetto veneziano, che è regolare e prammatico in queste lezioni, come era per le ambascerie della Repubblica Veneta in tutto il mondo).
Dopo un altro silenzio, lui insiste. E allora è necessario che uno si faccia coraggio, perchè fin che noi non abbiamo detto la nostra, e qualche volta discusso con l'autore che difende le sue armonie e i suoi sviluppi, il maestro non si pronuncia. Siamo, insomma, in piena pedagogia socratica.
Così, sempre dialogando in puro veneziano di Rialto, il pezzo dell'alunno è esaminato, riesaminato, scarnificato; nella sua fantasia, nella sua armonizzazione, nel suo svolgimento. Tra due pareri opposti in generale Malipiero finisce col suggerire una terza soluzione, che è la più semplice, è quella, mio Dio, che tutti avevano in mente, a cominciare dall'autore, ma nessuno s'era accorto di averla.
Non sempre un pezzo si esaurisce in una lezione: in questo caso il giovedì appresso l'alunno riporta il pezzo riveduto secondo tutte le osservazioni subìte, e allora si passa all'esame dello strumentale.
Qualche volta questo esame arriva alla prova esecutiva; cioè, una orchestra del Liceo eseguisce il pezzo come lo aveva scritto l'alunno, poi come lo ha corretto il maestro, e tutti ci rendiamo esatto conto del perchè il maestro aveva sconsigliato quel raddoppio, perchè aveva passato alle viole un contrappunto che l'autore aveva affidato al clarino, ecc. La detta orchestra è diretta da Nino Sanzogno. Il quale anche come direttore è venuto fuori di qui, dalla scuola di Palazzo Pisani. Malipiero vuole che ognuno degli alunni si faccia, oltre il comporre che per tre quarti è opera di Dio, una specialità tecnica: così ha spinto al pianoforte Gorini, all'orchestra Sanzogno, L'uno e l'altro sono oramai stati consacrati anche dal pubblico: il pianista con i concerti di Vienna, di Baden-Baden e dell'Augusteo, ecc; il direttore, oltre che in prove anteriori, soprattutto quest'inverno alla Fenice con una memorabile esecuzione dell'Elettra di Strauss.
Per dare un'idea della fecondità della scuola, ecco le principali composizioni nuove esaminate e perfezionate qui, in una sola sessione di lezioni.
Un concerto per pianoforte e una sinfonia in quattro tempi di Gino Gorini. in questo giovane è personale soprattutto un fortissimo senso del ritmo. Malipiero è riuscito a umanizzarlo nei tempi lenti, nei quali Gorini da principio si sentiva impacciato.
Un concerto per violoncello di Sanzogno, che tra gli allievi di composizione è forse il più portato alla musica molto complessa.
Cinque danze moderne di Raffaele Cumar (mi pare siano state eseguite anche alla Radio); sono scritte per orchestra, sotto un deciso influsso della musica per giazz [sic!], ma sentita e assorbita in modo personalissimo. Anche lui, come già Gorini, è molto più attratto ai tempi veloci che ai lenti.
Musiche corali di Sante Zanon, temperamento mistico, portato soprattutto allo stile contrappuntistico -corale. Quest'anno a scuola abbiamo largamente esaminato il suo mistero «Santa Caterina»; lavoro che Malipiero considera di grande importanza per il continuo senso di poesia che lo pervade, e per la vigile sensibilità armonica che assorbe la contrappuntistica.
La scuola di Malipiero non si accontenta di esaminare criticamente e didatticamente la libera produzione degli allievi. Nelle conversazioni che prolungano l'ora dell'orario fino a triplicarla e quadruplicarla (la lezione è alle tre, ma spesso chi doveva prendere il treno delle sei lo perdeva) si passa in rivista tutto quanto accade nel mondo musicale, con letture e commenti e talvolta dispute alquanto vivaci.
Ma la lezione diventa riunione religiosa, quando arriva alla ribalta Monteverdi. Malipiero ha incaricato Cumar di studiare e trascrivere le fotografie dei manoscritti originali rnonteverdiani di Bologna, Francoforte. ecc. E lì attorno non si disputa. Siamo tutti compresi di una sacra reverenza, la luce dello stagno è diventata colore di perla.
Qualche volta Malipiero, solo sottolineando col ripeterlo, con l'accentuarlo, un passaggio di modo, ci riempie di un terrore sacro e ci rivela dietro quei caratteri monotoni i più impreveduti prestigi della invenzione musicale.