L'INCHIESTA DI AUGUSTEA


BALILLA PRATELLA

Perché io potessi giudicare in merito alla accoglienza fatta recentemente dal pubblico del Teatro Reale dell'Opera di Roma a le Sette Canzoni del maestro Malipiero, bisognerebbe che io mi fossi trovato presente all'avvenimento. Stando a quanto ne dicono i giornali, pare che tale accoglienza sia stata della stessa specie di quella che il pubblico dell'allora Teatro Costanzi di Roma fece, qualche anno prima della guerra, al mio Inno alla Vita, Musica futurista per orchestra: ed in quel tempo, pubblico, critica, musicisti e colleghi si trovarono d'accordo nel riconoscerla e dichiararla giusta.
Quello che allora accadde a me, accade ora ad altri: il quale fatto dimostra, che se anche il lupo ha perduto il pelo, non per questo ha perduto il vizio.
Fatti simili dureranno a succedere in Italia, finchè:
a) La tutela della creazione musicale nazionale non sarà passata dalle mani dei mecenati dilettanti e rammolliti, degl'impresari che hanno il loro denaro in pericolo, delle società nazionali ed internazionali di mutuo soccorso fra compositori, direttori e concertisti, in quelle dello Stato;
b) Finchè la creazione musicale nazionale, divenuta patrimonio e produzione di Stato, di proprietà e di utilità pubblica nei suoi valori morali - per il decoro e per il buon nome della Patria e di dentro e di fuori - non sarà stata imposta per legge al rispetto di tutti indistintamente;
c) Finchè lo Stato non avrà dato disposizioni lassative alla critica italiana, a fine di uniformare i criteri generali in modo: che l'azione della critica valga a creare nei pubblici la fede nella gente viva - il che significa aver fede in sè stessi - l'ammirazione pei vincitori ed il rispetto per i vinti; così che l'opera, anche se riconosciuta inferiore nella sua realtà, non per questo debba apportare beffe, disprezzo e mortificazíone a chi l'ha concepita con tormento in omaggio ad un ideale nobilissimo;
d) Finchè lo Stato non avrà fatto cessare l'esibizionismo, il dilettantismo pagante e non avrà mandato al confino tutti i ciarlatani, i mezzani ed i sedicenti protettori mercanti dell'arte: elevando l'arte al valore di sommo fattore politico, nel senso più vasto della parola, manifestazione del genio e della potenza creatrice di una Nazione.
Dovrei dire, poi, una parola in un orecchio ai musicisti, ma costoro mi hanno già capito.