Marcello Sorce Keller

MUSICA E SOCIOLOGIA

Una breve storia





© 1996 by

CASA RICORDI
BMG RICORDI SpA - MILANO

Printed in Italy - Anno 1996
Copertina di Giorgio Fioravanti

ISBN 88-7592-476-7

In copertina: un particolare da
O. Rosai, Serenata (Concertino) 1919-1920
(collezione privata, Prato).
Si ringrazia per la gentile concessione.


DAL RISVOLTO DI COPERTINA

La sociologia della musica è un campo di studi dífficfle da definire e da afferrare nel suo insieme. La difficoltà risiede nel fatto che, sotto l'etichetta di "sociologia della musíca", si trovano catalogate cose davvero diverse ed eterogenee che vanno dall'indagine di tipo crudamente statistico-empirico (sulla ricorrenza di eventi particolari di vario genere) a grandi interpretazioni storico-filosofiche (che del fenomeno musica ambiscono a comprendere questioni addirittura essenziali).

C'è poi la complicazione che i sociologi della musica fanno in ambito occidentale molto di ciò che gli etnomusicologi fanno nelle culture extracuropee. Sociologia della musica ed etnomusicologia sono dunque canmpi di studio separati, ma imparentati.

È possibile comprendere perché le cose stiano così ritracciando la storia delle idee che si sono sviluppate in sociologia e in antropologia, a partire dall'Ottocento, e che successivamente si sono riversate nelle "filiazioni musicofile" dei due grandi campi di studio. Alla luce di questa storia, il lettore troverà una breve ricognizione dei principali filoni di ricerca sociomusicale e della letteratura che fa capo a essi.

Questo volume mira a mettere il lettore in grado di inquadrare i contributi più recenti nel contesto della tradizione a cui appartengono e, quindi, di valutare il contenuto di novità (o di non-novità) che essi rappresentano.


INDEX I - INDEX II

OUVERTURE


Nel lontano 1847 Frangois-Joseph Fétis pubblicò un libriccino intitolato: "La musique mise à la portée de tout le monde". Si trattò del primo esempio in epoca moderna, e per molto tempo probabilmente uno dei più riusciti, di buona divulgazione musicale. Alla tradizione fondata da Fétis (quella di prendere un argomento di monumentale portata con l'intenzione temeraria di darne in poche pagine una stringata visione d'insieme) ho pensato di ispirarmi nel concepire questo mio scritto. Esso è quindi pure - in un certo senso - un lavoro divulgativo, dato che affronta un tema nel quale le difficoltà di sintesi sono peculiarissime, e desidera fornire vie di accesso a una letteratura sterminata nella quale è ben facile smarrirsi. Questo libretto non ha infatti la pretesa di dir cose prepotentemente nuove agli specialisti ma, nato originariamente come dispensa per gli studenti del Corso di Musicologia del Conservatorio di Milano, spera di aprire qualche utile prospettiva a chi studia storia della musica nei conservatori e a coloro che seguono corsi di tipo musicologico e sociologico nelle università; e poi, naturalmente e soprattutto, alle persone colte interessate alla musica.
Perché l'autore di queste pagine spera di catturare l'interesse di così tanti lettori? La ragione è che oggigiorno moltissime persone, siano esse studenti dotati di "antenne", siano appassionati che di musica ne ascoltano molta e che amano leggere su quest'argomento, sono ben consapevoli del fatto che lo studio della storia musicale, corroborato dal punto di vista delle scienze sociali, sta diventando ormai un fatto acquisito. Questo perché la separazione che esisteva una volta tra "storia" e "scienze sociali" (la prima interessata primariamente allo svolgersi diacronico degli avvenimenti, le seconde soprattutto al loro interagire sincronico e funzionale) si sta rapidamente colmando. Da un lato, infatti, gli studiosi di sociologia e antropologia riconoscono progressivamente l'importanza della storia per il loro lavoro e, dall'altro, gli storici manifestano pure crescente interesse per l'impatto che le condizioni socioambientali esercitano sugli eventi che costituiscono l'oggetto delle loro riflessioni. [1] L'impatto che questa convergenza ha avuto sulla musicologia è assai facilmente visibile; basta prendere a esempio un caso illustre, quello di uno dei musicologi più attivi e stimati degli ultimi decenni: Carl Dahlhaus. Molti dei suoi lavori mostrano assai bene quanta attenzione alla dimensione sociale presti la musicologia contemporanea. Nonostante l'orizzonte degli studi musicali sia dunque tanto cambiato, una forma ufficializzata di avvicinamento alla sociologia della musica non è però ancora prevista istituzionalmente per gli studenti italiani: né nei conservatori, né nelle università. [2]
Non solo: in effetti, esistono tuttora nei conservatori italiani materie di studio che, oltre a non avere stabilito contatti con le scienze sociali, non sono state finora neanche contagiate dall'assai più sedimentato approccio storico (penso alla teoria, all'armonia e al contrappunto e poi, naturalmente, all'insegnamento strumentale). A livello di accademia e di curriculum non si avverte quindi ancora molta aria nuova. A livello di ricerca pare invece acquisito, se non altro, che per comprendere come la musica sia stata nel corso del tempo veicolo di cultura e parte stessa della cultura, alcuni settori importanti della musicologia debbano aprirsi ad altri campi di studio tra i quali le scienze sociali vengono in prima linea. [3] Tra queste ci sono: antropologia, sociologia, economia, linguistica, psicologia (quella cognitiva primariamente); poi ne vengono altre ancora, fino ad arrivare alla medicina e alla musicoterapia. [4] È proprio su di un siffatto terreno multidisciplinare che si è sviluppata una delle forme di musicologia che negli ultimi decenni ha avuto maggiore sviluppo (per la letteratura che ha prodotto e gli spazi accademici che si è conquistata): l'etnomusicologia. Si tratta, come dice il suo nome anfibio, di un approccio al fenomeno "musica" che si avvale di una prospettiva etnologica (o, come meglio si dice oggigiorno, antropologico-culturale). È quasi superfluo osservare quanto sia un campo di studi vasto, ricco di problematiche, addirittura difficile da definire e descrivere compiutamente. Eppure - cionondimeno - oggi anche i profani ne hanno spesso qualche nozione, seppur vaga e approssimata.


Che dire invece della "sociologia della musica"? Se ne parla pure con considerevole frequenza, specie nell'ambito della musicologia storica (si pensi al rilievo che ha oggi la cosiddetta "Rezeptionsgeschichte": lo studio di come le opere musicali vivano nel gusto dei pubblici che si succedono nel corso della storia). Ma che cos'è allora, veramente, questa sociologia musicale? È forse una semplice "ancilla historiae" (Mersmann 1953), o al contrario un campo di studi autonomo? Da molta letteratura sull'argomento si può trarre forse l'impressione che la sociologia della musica sia un modo di studiare il contesto in cui si colloca il fenomeno musicale, circumnavigandolo, senza mai toccarlo e occuparsi di esso in quanto "compagine sonora". È davvero proprio necessario che sia così? O invece è possibile fare sociologia indagando non solo gli aspetti contestuali della musica ma, anche, l'elemento "sound" in quanto tale? E, in ogni caso, dove risiede la reale differenza tra sociologia musicale ed etnomusicologia (entrambe scienze sociali che si occupano di musica in quanto cultura e in quanto comportamento); risiede solo, magari, nel limitarsi della prima all'ambito della cultura occidentale? È la sociologia musicale, allora, forse solo un settore provinciale dell'etnomusicologia che, invece, pare quasi afflitta da una sindrome napoleonica, dalla megalomania di volersi occupare delle musiche dell'intero pianeta?
Queste sono domande a cui il presente volumetto vorrebbe tentare di rispondere. Per farlo, io credo, è necessario operare una ricognizione dell'intero territorio percorso da quegli studi che si autodefiniscono sociologico-musicali, per quanto diversi tra loro essi siano. Così facendo, è possibile mostrare non solo in quale misura la sociologia musicale si sia rivelata un utile strumento conoscitivo ma anche, e soprattutto, quale posizione e quale tradizione di pensiero essa rappresenti nella storia delle idee. È alla luce di questa sua "Kulturgeschichte" che sarà possibile dare agli studenti indicazioni di cosa possano trovare nella sociologia musicale quando, seguendo piste particolari, capiti loro di cercare in biblioteca contributi classificati appunto sotto tale categorizzazione. Alla luce di un simile quadro di riferimento, dovrebbe essere loro anche possibile, qualora la fortunata occasione si presentasse, riconoscere il carattere di un contributo veramente innovativo o, al contrario, inscrivibile nell'alveo di un filone già storicamente acquisito e consolidato o, nel caso peggiore, isterilito.
È giusto ora, prima di entrare nel vivo del discorso, ricordare che in lingua italiana esistono numerosi studi monografici di sociologia musicale, ma poco che la riguardi nel suo complesso; due sole pubblicazioni di rilievo, in effetti: un'antologia curata da Antonio Serravezza (1980), preceduta da un corposo saggio orientativo del curatore, e un libro di Luigi Del Grosso Destreri (1988). La prima offre un ampio ventaglio di contributi su argomenti assai vari (storia sociale, sociologia dei sistemi tonali, estetica ecc.); il secondo un'interpretazione di come nella letteratura sociologica la musica abbia cessato a poco a poco di fare parte di sistemi generali e onnicomprensivi per diventare, progressivamente, oggetto di studi specialistici. Entrambe le pubblicazioni sono altamente consigliabili al lettore italiano. Le vedrei come un utile anello di congiunzione tra questa mia introduzione e il "mare magnum" dei contributi generali, teorici ed empirici, che sono reperibili sia in italiano sia nelle principali lingue europee. [...]


[1] Un primo, forte segnale di questo riavvicinamento si ebbe con la famosa conferenza di Edward Evans-Pritchard data a Manchester nel 1961, "Anthropology and History" (Evans-Pritchard 1961), con la quale egli chiedeva ai suoi colleghi antropologi di mettersi alla scuola degli storici, per approfittare, in particolare, della loro esperienza nel percepire e descrivere il mutamento sociale. Peter Burke, che successivamente ebbe un ruolo rilevante nel promuovere questa convergenza, discute dettagliatamente in "History and Social Theory" (Burke, P. 1992) i rapporti tra storia e scienze sociali nel corso del tempo. Egli si sofferma poi sulla rilevanza che hanno i metodi e le concettualizzazioni socioantropologiche per la ricerca storica, sulla rilevanza del metodo storico per la sociologia e, infine, sui più recenti sviluppi nell'area della "sociologia storica": la "new history", microstoria, storia della vita quotidiana ecc. [SU]

[2] Non esistono, nei conservatori e nelle università d'Italia, insegnamenti ufficiali di sociologia della musica. Nel Conservatorio di Milano, nel Corso di Musicologia, esiste un insegnamento biennale di Etnomusicologia. Il secondo anno del biennio è dedicato a una ricognizione della letteratura sociomusicale. [SU]

[3] L'espressione "music in culture and as culture" fu coniata dall'antropologo americano Alan P. Merriam (Merriam 1964) per indicare lo scopo dell'etnomusicologia. A molti sembra oggi appropriato utilizzarla per individuare lo scopo della musicologia tout court: una musicologia totalizzante, desiderosa di assorbire anche l'etnomusicologia come suo aspetto parziale. [SU]

[4] Dall'antichità ai nostri giorni, quando anche numerosi esponenti della professione medica credono nell'efficacia della musicoterapia, la musica è stata riconosciuta da numerose culture come strumento per ottenere effetti curativi, così come strumento capace di indurre l'estasi e la trance. Si tratta di una questione che, come tante altre, ha meritato e merita ancora l'interessamento sia delle scienze mediche che di quelle sociali. E fondamento razionale per usare la musica come trattamento medico risiede nel fatto che informazioni di tipo musicale possono essere processate dal cervello di pazienti in cui, per esempio, il centro cerebrale della parola sia danneggiato o distrutto. Ancora più importante è il fatto che la musica ha visibili effetti sul sistema nervoso autonomo: influenza l'attività cardiaca, il ritmo respiratorio, la pressione del sangue e le secrezioni endocrine. [SU]