FABIO FANO

VITA E MISSIONE ARTISTICA

2. IL PERIODO BOLOGNESE (1886-1902)


Nel 1886 il Martucci fu chiamato a succedere a Luigi Mancinelli come Direttore del Liceo musicale di Bologna: accettò dopo qualche perplessità, rincrescendogli -naturalmente di lasciare la città che era stata la vera culla (Iella sua anima di artista, e pose come condizione di potersi recare ogni anno a Napoli a dirigervi due concerti.

È poi da ricordare che - dato finora non noto o quanto meno non divulgato -' poche settimane dopo aver avuto la carica suddetta, fu altresi nominato Maestro di cappella della Chiesa bolognese di S. Petronio. Ciò ci è stato rivelato da una sua lettera al marchese Luigi Filiasi e confermato da documenti dell'archivio della Chiesa stessa; da entrambe le fonti - ehe riportiamonelle appendici - risulta inoltre che, prima ancora di iniziare l'effettiva attività di direttore del Liceo musicale, si occupò delle esecuzioni musicali alla cappella suddetta, dirigendovi tra l'altro una Messa di Cherubini che possiamo tener per certo sia stata la cosiddetta Messe du sacre (composta nel 1830 per l'incoronazione del re di Francia Carlo X); che notò le condizioni poco soddisfacenti del coro della cappella, e in generale delle masse corali di tutta Italia; sottopose alle autorità un progetto di riforma delle stesse, che fu preso in considerazione ma non pare abbia potuto attuarsi, per cui egli fini qualche anno dopo per lasciare quel posto; e che progettò anche la costituzione di una società corale in Bologna: tutte cose attestanti il suo interessamento anche a un problema che stava tanto a cuore a Verdi e che ancor oggi è ben lungi dall'essere risolto.

A Bologna il Martucci trovò un ambiente già un po' meglio preparato ad accogliere la sua opera: sia per le tradizioni, più severe della scuola bolognese -- sebbene anch'esse ormai lungi dal grado dei bei tempi - sia perché, passando gli anni, i semi di rinascita di cultura musicale sparsi qua e là per l'Italia cominciavano a germogliare. Proprio al Comunale di Bologna c'erano state, com'è noto, le prime rappresentazioni italiane di opere di Wagner (Lohengrin nel 1871 e Tannhäzzser nel 1872, poi 11 Vascello fanlasma nel 1877) e il Mancinelli aveva dato notevole impulso alla Società del
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Quartetto, inaugurata nel 1879, ed eseguito concerti sinfonici di un gusto

già elevato (basti dire che nel 1884 aveva diretto la IX Sinfonia di Beethoven) che per la foga che egli vi imprimeva mandavano in visibilio il pubblico bolognese. Ma anche qui, era riservato al Martucci di portare l'iniziato movimento a pieno sviluppo. Egli, richiamando a nuova vita le tradizioni aristocratiche fonte un secolo prima per opera del Padre Martini, vi infondeva altresI la sua sensibilità meridionale, temperata però e nello stesso tempo arricchita da una cultura che rendeva il suo affiatamento col nuovo ambiente più naturale di quanto non sarebbe stato ad altri musicisti di diversa preparazione, sia pur grandissimi come, in altri tempi, un Bellini.

In effetti il periodo bolognese fu per l'apostolato musicale del Martucci il più importante e fecondo: giacché qui, accanto alle sue attività di esecutore e di compositore, fiori anche quella di maestro nel più alto senso della parola. I nomi dei suoi discepoli sono ormai noti. Essi ricevettero naturalmente un'educazione improntata all'austerità che il maestro dava a ogni sua manifestazione artistica; e se anche non tutti ne continuarono veramente l'opera nel senso genuino, i più fedeli di loro la proseguirono con la stessa fede e tenacia, si che il fervore spirituale da lui impresso si diffuse rapidamente e durevolmente.

Già si è detto dei rapporti di questo movimento di cultura musicale con la spiritualità del Risorgimento in generale; ora si deve aggiungere che esso si inserisce altrettanto bene nel quadro complessivo. della vita intellettuale della dotta ma anche sensibile Bologna; per cui il nome del MarLucci si pone degnamente accanto a quello dell'altro grande artista e animatore di cultura italiana quasi contemporaneo: Giosue Carducci, che anch'egli, non bolognese, trovò tuttavia in Bologna il centro ideale della sua attività. E come in ogni anima artistica -abbiamo detto sopra - un'opera resta in certo modo associata alle condizioni in cui le apparve la prima volta, cosi, inversamente, ogni luogo in cui uno spirito superiore abbia svolto importante attività e lasciato profonda impronta resta come pervaso dall'aura ideale infusavi da esso, che vi rimane perciò in certo modo presente e aleggiante, naturalmente solo per chi della sua attività serbi il ricordo. Infatti - non crediamo fare della retorica sentimentale dicendo questo - i portici bolognesi fra il Liceo musicale e il Teatro Comunale sembrano ancora frequentati dall'immagine del Maestro capuano -- vicina a quella del Padre Martini al quale per l'opera d'arte e di cultura svolta in (plell'ambiente il Nostro si ricollega, attraverso il secolo che li separa, assai più che al Rossini per il quale Bologna, dopo gli anni di studio, non fu che una dimora transitoria, una parentesi poco gradita -' del Maestro che ogni giorno li ripercorreva, dal Liceo alla sua abitazione di -via Zamboni.

Pochi concerti sinfonici faceva il Martucci a Bologna, ma ogni concerto era un rito; non diversamente dalle manifestazioni artistiche dell'antica
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Grecia particolarmente di Atene - ove le rappresentazioni tragiche erano ogni anno un avvenimento eccezionale al quale, come ad una festa dello. spirito, conveniva con religioso entusiasmo ogni classe del popolo greco; l'intervento del pubblico bolognese non poteva certo esser cosj universale,, nia la devozione era la stessa, ed uno dei singolari meriti del Martucci fu di aver diffuso questo carattere religioso dell'avvenimento estetico, che prima di lui il Wagner, e dopo il Busoni, auspicavano come condizione ideale delle esecuzioni musicali; carattere che pure nelle età auree del melodramma italano non era certamente assente -giacché particolarmente nell'ottocento sia il carattere dell'opera nei momenti più puri che il culto del « bel canto »

nel senso eletto esprimevano molto dello spirito religioso del Risorgimen-to -' ma bensi spesso contaminato da elementi extra-artistici, e non chiaramente presente alla coscienza estetica, se financo i più grandi musicisti di quel secolo facevano un canone estetico del falso principio, ancor oggi imperante, della cosiddetta « teatralità

Non intendiamo qui alludere al problema specifico del rapporto tra arte e religione, né ciò che diciamo si riferisce ad una caratteristica dell'arte del Martucci compositore - la quale anzi in massima parte appartiene al genere che malamente suol dirsi profano, ossia è di contenuto non specificamente sacro, benché sacra sia sempre la vera arte nella sua idealità .-; ma parliamo solo del senso che egli ebbe dell'arte, per lui limitato praticamente alla musica, ma in sé valevole per l'arte in universale; quel senso onde egli mirò sempre ad elevare gli altri alla purezza dell'ideale, mai ad adattare questo, sia pur minimamente, alle esigenze del gusto corrente, mai, insomma, al gradimento e al consenso del pubblico di per sé stesso. Già il fatto che egli abbia abbandonato cosj presto la carriera vera e propria di concertista solista ne è una prova. A Bologna egli diede un solo concerto tutto di pianoforte nel 1889 e uno misto di pianoforte e musica da camera nel 1893; in pochi altri suonò con orchestra.

Nei programmi il Martucci, pur sempre basandosi sui pilastri dell'arte sinfonica, quindi soprattutto sui tedeschi, mostrò una mirabile larghezza di vedute; e se alcune forme dell'arte a lui contemporanea gli furono poco. note e non si adattarono al suo temperamento, verso altre, in compenso, il suo spirito fu aperto e generosamente accogliente, senza pregiudizi di nazione o di scuola.

Si è già detto che una delle sue manifestazioni preferite erano le esecuzioni wagneriane; a Bologna dava anzi annualmente concerti tutti wa

gneriani, organizzati dall'« Associazione universale Riccardo Wagner »' e molti ne fece anche altrove, talvolta con intervento di cantanti. Ma, conscio certamente dell'inadeguatezza di quelle selezioni, i indusse ,a fare uno strappo alla sua astensione dal teatro, dovuta con probabilità, oltre che alla particolare natura del suo temperamento non inclinato al genere dell'opera
a una comprensibile riluttanza verso quell'ambiente dov'è cosl difficile, per non dire impossibile, mantenersi artisticamente puri; e diresse nella primavera del 1888 al Comunale di Bologna la prima esecuzione italiana del Tristano, evento memorabile nella storia delle rappresentazioni wagneriane in Italia.

Fra i sinfonisti contemporanei suo prediletto era naturalmente Brahms, col quale ebbe anche rapporti personali. Il grande musicista tedesco fu di passaggio a Bologna nello stesso anno 1888 con l'amico Widmann, pubblicista, durante un viaggio attraverso l'Italia settentrionale e centrale. L'incontro col Martucci avvenne all'albergo dei « Quattro Pellegrini ». Il Nostro volle manifestare la propria venerazione all'illustre ospite ponendoglisi in ginocchio e baciandogli la mano: dopo di che, secondo quanto riferisce il Widmann, i due trovarono il migliore o l'unico mezzo di intendersi improvvisando un dialogo.., cantato (pensiamo si trattasse di brani melodici del grande patrimonio musicale noto a entrambi, forse di Brahms stesso). Caso volle che due critici delle rispettive nazioni, Edoardo Hanslick e Luigi Torchi, si trovassero presenti al colloquio, il ricordo del quale fu per il Martacci particolarmente caro.

Ma, come già si è detto, l'attenzione del Martucci fu rivolta anche a musicisti contemporanei di vari popoli e indirizzi, come attestano i programmi dei concerti che egli diede nel 1898 dedicati ciascuno a una nazione. Dei compositori francesi quelli che esegui di più furono Berlioz e SaintSaëns; anche Franck fu però degnamente posto in luce, e del D'Indy apparve la prima parte della trilogia Wallenstein, probabilmente mai phi sentita dopo d'allora in Italia. Alla fine si accostò anche al Debussy. Fra quelli inglesi fu suo amico personale Charles Villiers Stanford di cui diresse più volte la Sinfonia irlandese in fa minore (e il quale per parte sua diresse due volte la prima Sinfonia di Martucci al Royal College di Londra). Nel concerto dedicato a musiche inglesi il Martucci esegui inoltre composizioni di Sullivan, B.H.H. Parry, Mackenzie, Cowen (e fu tra i pochi casi in cui in Italia sino ad oggi si sia sentito qualche cosa di musicisti inglesi). Di italiani suoi contemporanei esegui, per quanto sappiamo sicuramente, pezzi sinTonici di Bazzini, Sgambati, Mancinelli e dell'ancor giovane Perosi.

Memorabili sue esecuzioni sinfonico-vocali a Bologna furono quelle della IX Sinfonia di Beethoven (la prima volta nel 1892), dell'Agape Sacra dal Parifal (id.), delle Scene del Faust di Schumann (1895: esecuzione crediamo rimasta finora unica in Italia) della cantata Jesu der du meine Seele di Bach (1899). Vanno ricordati poi: il concerto beethoveniano (1896); l'esecuzione del concerto a tre cembali e archi di Bach, pianisti i discepoli Bruno Mugellini, Guido Alberto Fano, Filippo Ivaldi (1900); la commemorazione verdiana (1901). E in generale, a ripassare i programmi dei suoi concerti sinfonici, si rimane ancora oggi stupiti di tanta varietà e ricchezza.
Sebbene nel periodo bolognese la sua vita in complesso sia stata inforinata a sereno raccoglimento (d'estate cercava ristoro nei primi anni a Castiglione de' Pepoli in Toscana, poi a Quisisana nel bolognese) non mancò tuttavia di quel movimento necessario a permettergli di continuare l'opera culturale nel resto d'Italia. Ancora manca una completa documentazione dei suoi concerti sinfonici; è tuttavia possibile elencare con compiutezza, se pur non sempre coi programmi, quelli d lui dati a Torino e a Roma.

Qui basti aggiungere alcune altre date significative: la commemorazione donizettiana del 1897 a Napoli (per il centenario della nascita) che, on quella verdiana del 1901 a Bologna, dimostra come il suo amore per la musica sinfonica e wagneriana non impedisse quello per il grande melodramma italiano (e in queste esecuzioni mise, come sempre, la più coscieniosa cura e l'affiato interpretativo che gli era proprio, come ricordano alcuni che vi assistettero): le esecuzioni della sua prima Sinfonia a Milano nel 1895 (prima esecuzione), a Torino nel 1896, a Napoli nel 1898,. a Londra pure nel 1898 (dove già gliel'aveva eseguita lo Stanford) ecc.

Quanto all'attività pianistica, non bisogna credere che essa fosse del tutto cessata dopo il brillante periodo giovanile di cui s'è già parlato: ché, se le sue esecuzioni in quel campo divennero più rare e limitate ad alcuni capisaldi, per dir cosi, della letteratura dello strumento, in compenso, e in parte proprio in conseguenza di ciò, le sue virtù pianìstìche si manifestarono più mature, anzi, quanto a precisione tecnica e stilistica, veramente formidabili. Ma in questo campo è ancora più difficile dare una documentazione, salvo per i concerti a Bologna fino ai 1896. Dobbiamo contentarci di ricordare alcune delle esecuzioni più importanti: a Bologna, l'esecuzione del Concerto in re minore di Bach nel 1889, della Fantasia cromatica e fuga dello stesso e della Sonata in sot minore di Schumann nel 1893, del Concerto in mi bemolle maggiore di Beethoven nel 1897: infine del Concerto dello stesso Martucci nel 1896 e nel 1898. A quest'ultima esecuzione assistette il D'Annunzio, il quale poi gli scrisse: « Il veemente soffio lirico che agita il vostro « Concerto » è degno di un alto poeta ». Esso fu poì eseguito ancora dall'autore a Milano nei 1899 sotto la direzione del Toscanini, a Torino, Roma ecc.

Non va poi passato sotto silenzio che il Martucci ebbe più volte a compagno d'arte Cesare Pollini, il pianista padovano dal tocco e dall'intensità espressiva insuperabili, profondo cultore dei classici della musica nonché di storiografia musicale, l'attività artistica del quale pelò, appunto per la peculiarità del suo temperamento, doveva svolgersi in una cerchia intima. Col Pollini il Martucci esegui a due pianoforti a Bologna e a Venezia il proprio Tema con variazioni op. 58, originariamente per pianoforte solo ma trascritto per clue dall'autore stesso, nella quale trascrizione se, a parer nostro, e per ragioni che diremo a suo luogo, perde alquanto in purezza
musicale, acquista d'altra parte in effetto e in pienezza di sonorità. Commovente è, riguardo all'esecuzione a Venezia, l'episodio riferito da un cornmemoratore del Pollini: alla fine di una prova del pezzo fatta a Padova, il Martucci, commosso dalla comprensione e penetrazione interpretativa (lei collega, si alzò e, senza dire parola, lo-bacio in fronte. Il Pollini, da parte sua, mostrò sempre per il Martucci la più profonda venerazione.

Anche come compositore il Martucci raggiunse a Bologna la piena maturità. Sono di questo periodo, oltre a molte importanti composizioni pianistiche (come i due Notturni op. 70) e da camera (pezzi per violino e pianoforte op. 67, per pianoforte e violoncello op. 69), due fra le sue di maggior mole e importanza: la Canzone dei ricordi, e la la Sinfonia, compiuta nel 1895, dopo sette anni di lavoro.

Alla morte di Antonio Bazzini (1897) Martucci fu invitato a succedergli come direttore del Conservatorio di Milano, ma non accettò. Quando invece nel 1902 Pietro Platania, direttore del Conservatorio di Napoli, andò a riposo, il Nostro non poté resistere alle sollecitazioni dei napoletani e al richiamo della terra di origine. Ma quanto gli sia stato amaro lasciare Bologna è dimostrato dalla lettera di commiato che egli scrisse ai professori del Liceo musicale, l'inizio della quale dice: « Egregi Professori, la mia emozione ed il mio dolore nel separarmi da voi sono tali che mi vie[ano di esprimere la mia profonda riconoscenza, per la cooperazione preiosa che, con tanta larghezza di cuore e di volontà, mi avete data nei buoni, sereni, benedetti anni di lavoro e di pace passati in questo caro Istituto, al quale devo le più nobili soddisfazioni del mio carattere di uomo e di artista! ». Parole belle e sincere, dove il calore dell'affetto è pari alla verità del contenuto, anzi nasce da essa.