GIUSEPPE MARTUCCI WEBSITE


FRANCESCO CARAMIELLO

LA MUSICA PER PIANOFORTE VOL. I



La vastità e l'interesse della produzione pianistica di Giuseppe Martucci (Capua 1856-Napoli 1909) ne fanno il più importante compositore del secondo Ottocento, in Italia di musica per pianoforte. Ricevuti i primi insegnamenti musicali dal padre, Martucci proseguì lo studio della composizione e del pianoforte sotto la guida rispettiva-mente si Paolo Serrao e di Beniamino Cesi (e in particolare quest' ultimo, unico allievo di Sigismund Thalberg ed eminente interprete del grande romanticismo europeo, lo indirizzò verso il genere pianistico e cameristico). Martucci iniziò giovanissimo l'attività di concertista ottenendo consensi da prestigiosi musicisti tra cui Liszt e Anton Rubinstein. In seguito si dedicò soprattutto alla composizione, all'attività didattica ed alla direzione d'orchestra (divenendo il più grande interprete beethoveniano dell'epoca e contribuendo a diffondere la musica sinfonica francese e tedesca coeva sino a Debussy e R. Strauss).
Il catalogo delle sue opere, composto in gran parte da lavori pianistici, si apre con la "Fantasia da concerto sull'opera "La Forza del Destino" di G. Verdi" op. l del 1874, ma già una decina di brani pianistici a tutt'oggi inediti erano stati composti. La sua copiosa produzione giovanile comprende sia brevi pezzi di carattere intimista, destinati per lo più al salotto (romanze, notturni, barcarole) che brani di più estroverso virtuosismo destinati alle esibizioni concertistiche dell'Autore (polacche, capricci, studi, ecc.). Notati dall'editore Ricordi, questi pezzi ebbero l'onore di una immediata pubblicazione e anche se anni dopo Martucci si batté per una loro eliminazione dal catalogo, essi furono ripubblicati con successo. Tra queste prime opere sono presenti anche brani nelle forme classiche (Sonata op. 34, Fughe op. 14 e 28). Ma solo in seguito alla composizione dei primi lavori cameristici e sinfonici (Quintetto per pianoforte e archi in do magg. op. 45, Concerto per pianoforte e orchestra in re min. op. 40), Martucci mostrerà un maggior impegno formale culminante nella composizione della Fantasia e del Tema con variazioni rispettivamente op. 51 e 58. Dopo la composizione del Concerto per pianoforte e orchestra in si bemolle min. op. 66 del 1884-85, dalla notevole densità della scrittura pianistica e orchestrale, Martucci tornerà ad impegnarsi nelle grandi forme unicamente nel genere sinfonico, con le due Sinfonie. Come per altri compositori dell'epoca come Brahms o Grieg, fino a Sibelius, nel catalogo del compositore napoletano la musica pianistica ritroverà un suo spazio nei cicli di piccoli pezzi.
Nell'opera per pianoforte di Martucci si avverte l'influenza esercitata dalla frequentazione di Mendellsohn e Thalberg, ma è soprattutto dallo studio della tradizione clavicembalistica italiana e in particolare napoletana del Settecento che i suoi pezzi si arricchiscono di nuovi mezzi timbrici.
Le "Tre Romanze" op.49, composte nel 1878, sono siglate da titoli (“Desio”, “Quante memorie!”, “Ansia”) secondo una consuetudine tipica delle pagine da salotto dell'epoca. Ed è proprio l'unità del sentimento ispiratore a fare dei tre pezzi un piccolo ciclo che prefigura con quasi dieci anni di anticipo il poemetto per soprano ed orchestra “La Canzone dei Ricordi”, nato dalla stessa attitudine ai sentimenti di nostalgia di cose lontane ed al rifugio nel sogno. La terza romanza, in fa maggiore, grazie all'influenza della musica pianistica di Brahms,si distingue per il maggior sviluppo contrappuntistico e per l'affettuosa espansività della melodia.
I "Tre Scherzi" op. 53 furono composti nel 1880. Scritti nella classica forma scherzo-trio-scherzo da capo, sono caratterizzati dalla limpida giocosità saltellante contrapposta alla malinconica cantabilità del trio. Il primo, in la maggiore, è piuttosto uno scherzo-valzer, col suo carattere di danza. Il secondo, in mi maggiore, si basa sul meccanismo delle mani alternate, uno degli aspetti peculiari del pianismo di Martucci. Il terzo in re bemolle maggiore, è il più incisivo e complesso; nel trio vi è un esempio della vaghezza armonica di alcune pagine dell'Autore: pur essendo scritto nella tonalità d'impianto del pezzo, si muove su di una fluida catena di accordi a due o tre suoni con la sensibile abbassata, dando così un 'idea di modalità.
La piccola suite "Preludio, Toccata e Giga" op. 61 composta nel 1882, rappresenta l'esempio più compiuto del neoclassicismo pianistico di Martucci. Il Preludio in fa minore, è una sorta di moto perpetuo che può ricordare alcuni preludi di J. S. Bach (del quale Martucci svolse un importante opera di divulgazione in Italia trascrivendo peraltro tre "Ouvert_ren" nel 1887), ma di un Bach ripensato attraverso Chopin. Ed è interessante notare che il Preludio op.23 n. 7 di Rachmaninoff, composto venti anni dopo, ha una simile scrittura pianistica. Anche alla base della composizione della Toccata in re bemolle maggiore vi è un ripensamento della tecnica clavicembalistica: di qui le sonorità asciutte e la brillantezza derivata da gioco delle mani alternate. La Giga in fa maggiore, dal carattere umoristico, è uno dei capolavori pianistici di Martucci in cui la sua bravura di esecutore rivive trasfusa nello stile brillante del pezzo. Qui l'invenzione pianistica fa capo a Domenico Scarlatti; come la Toccata, la Giga è in forma bipartita.
"Tre Pezzi" op. 64 furono composti nel 1883. Il "Momento musicale"in si bemolle maggiore, che apre la raccolta, è un piccolo brano intimistico in seguito trascritto per quartetto d'archi. Lo Scherzo in sol minore, la cui scrittura virtuosistica è di derivazione mendellsohniana, fa rivivere lo spirito fantasioso del primo romanticismo tedesco. La “Barcarola” in mi bemolle maggiore ha invece quel carattere elegiaco e sognantet ipico dei pezzi melodici dell'Autore La parte centrale, con le sue scale nel registro grave, ricorda la Ballata in si minore di Liszt; ma se in quest'ultima l'immagine di tempesta marina assume un respiro epico evocando, secondo la tradizione, il mito di Eroe Leandro, in questa Barcarola prevale un semplice gusto decorativo come potrebbe trovarsi in certi dipinti o in certe guaches napoletane del secolo scorso.
Il "Tema con variazioni" op. 58, composto nel 1882 e dedicato al pianista, compositore e direttore d'orchestra Giovanni Sgambati, fu eseguito per la prima volta dall'Autore alla Società del Quartetto di Milano nel 1884. Questo pezzo ha subito vari ripensamenti: ne esistono una versione successiva di quattro anni, una per due pianoforti del 1900 ed un'altra incompiuta per pianoforte e orchestra. Nella prima edizione Martucci scrive un finale alternativo, la scelta del quale determina l'omissione dell'VIII variazione (giacchè compresa in questo finale anche se con una diversa strumentazione pianistica) e la posposizione della sesta variazione dopo la settima. Nella seconda edizione Martucci ha definitivamente optato per la versione con il finale alternativo, ha riscritto la quarta variazione ed ha modificato tra l'altro anche negli andamenti le altre variazioni.
In questa registrazione ci è sembrato opportuno avvalerci del testo di questa definitiva stesura, con l'aggiunta del finale della prima versione, una doppia fuga in stile libero. Il Tema, un corale in mi bemolle maggiore dal tono delicato e intimistico, è caratterizzato dalla ripetizione delle sue otto battute in modo minore. Le variazioni che seguono hanno un tipo di ornamentazione che si distacca dallo stile accademico prefigura il liberty basandosi sulla contrapposizione di diversi motivi ornamentali come nelle decorazioni degli arabeschi. L'VIII variazione, ”Alla Chopin”, è un notturno la cui invenzione melodica è dettata da quella suggestione che il compositore polacco operò sul pianista-compositore dell'Ottocento come già avvenne in Schumann col “Carnaval”; il tema è qui esposto nelle note fondamentali negli arpeggi della sinistra A conclusione del virtuosistico finale, il tema riappare maestoso in una massiccia scrittura orchestrale simile a quella dell'ultimo episodio dei "Quadri" di Mussorgskij ( opera che però Martucci non poteva conoscere perché, anche se era già stata composta, non era stata ancora pubblicata nè eseguita). Nella scelta di porre nella prima stesura una fuga a conclusione delle variazioni, è evidente l'influenza delle "Variazioni e Fuga su un tema di Haendel" op. 24 di Brahms. Entro questa forma mutuata dai modelli della tradizione germanica, Martucci introduce l'elemento melodico italiano di tipo operistico, curiosamente misto a passaggi derivati dalla tradizione clavicembalistica. Questo aspetto del pianismo di Martucci conferma così Domenico Scarlatti quale suo referente storico conferendogli l'originalità dell'invenzione pianistica. L'atmosfera di questa fuga è quindi solare e mediterranea ed è un caso insolito perché nelle composizioni di vasto respiro, Martucci nel suo rifarsi al romanticismo tedesco, spesso ne desume anche l'atmosfera nordica con le sue tinte fosche.

© Francesco Caramiello, 1993