GIUSEPPE MARTUCCI WEBSITE


FRANCESCO CARAMIELLO

LA MUSICA PER PIANOFORTE VOL. II



La musica di Giuseppe Martucci (Capua 1856 - Napoli 1909), vittima dell’indifferenza di decenni nei riguardi della produzione strumentale italiana dell’Ottocento, sta tornando lentamente ad avere un suo spazio nel panorama della cultura musicale. Figura di primissimo piano in Italia, Martucci svolse, in un periodo storicamente proteso solo al melodramma, attraverso una poliedrica attività di compositore, pianista e direttore d’orchestra, una importante opera di diffusione della musica strumentale in Italia iniziata già qualche anno prima da Giovanni Sgambati (Roma 1841-1914). Sgambati, tra i principali allievi di Liszt e molto stimato da Wagner, si rivelò già dalle prime opere musicista di statura internazionale. Martucci invece, allievo di musicisti napoletani, tentò di assimilare la cultura tedesca attraverso lo studio della letteratura musicale, da lui conosciuta e vissuta solo da lontano. Martucci studiò composizione sotto la guida di Paolo Serrao (1830-1907), autore oltre che di opere liriche, di pregevoli pagine pianistiche e sinfoniche, e pianoforte con Beniamino Cesi (1845-1907), allievo prediletto di Sigismund Thalberg ed autorevole interprete del grande romanticismo europeo oltre che autore di un famoso e voluminoso Metodo per lo studio del pianoforte, e di un’opera lirica, Vittor Pisani. La composizione di almeno un’opera era una prova obbligatoria di tutti i musicisti italiani, anche dei pianisti, compresi Thalberg con le sue Florinda e Cristina di Svezia e Rendano, l’altro allievo italiano di Liszt oltre a Sgambati, con la sua Consuelo. Gli unici a sottrarsi a quest’obbligo e in fondo a questo tentativo di avere un pieno successo da parte del pubblico furono proprio i due più originali musicisti del periodo: Sgambati e Martucci. Dopo qualche anno dedicato alla carriera di concertista Martucci si dedicò alla direzione d’orchestra diventando uno dei più grandi interpreti beethoveniani dell'epoca e contribuendo a diffondere la musica sinfonica coeva in Italia. Come sinfonista assunse una statura europea pur continuando sempre ad arricchire il suo catalogo di pagine per pianoforte.
Se la sua iniziale sin troppo abbondante produzione pianistica risente del genere da salotto molto in auge intorno alla metà dell’Ottocento è evidente nei brani formalmente più complessi il riferimento alle opere dei classici tedeschi come nella Fantasia op. 51 presente in questa registrazione, nel Tema con variazioni op. 58 (ASV DCA 897), nel Primo Concerto per pianoforte e orchestra op. 40 (ASV DCA 690) e nel Secondo Concerto per pianoforte e orchestra op. 66 (ASV DCA 691) che rappresentano più compiutamente il superamento di un lungo lavoro di appropriazione culturale. A questo periodo appartengono anche le brevi raccolte come Preludio, Toccata e Giga, op.61 nelle quali Martucci perviene ad una originalissima scrittura pianistica attraverso l’imitazione delle forme e dello stile dei clavicembalisti napoletani. La peculiare scrittura virtuosistica e nervosa che contraddistingue il suo stile pianistico deriva inoltre dalla sua brillante tecnica per la quale era particolarmente ammirato. Nel periodo della maturità approda invece ad uno stile che può essere associato all’ art noveau. Forse è anche per questo che oggi viene riconosciuto il peso della produzione di Martucci sia sinfonista che autore di raffinate e originali pagine pianistiche, in quanto gli orientamenti artistici fin de siècle e dello stile liberty vengono finalmente considerati indirizzi estetici autonomi. Se si pensa alla Seconda Sinfonia op. 81 o alle pagine pianistiche della maturità (tra le quali i “Due notturni” op. 70 e il “Capriccio e Toccata” op. 77) non si può non percepire l’espressione di un’epoca di passaggio di un secolo all’altro nella quale confluiscono l’ultima manifestazione del romanticismo e le inquietitudini del nuovo secolo.
I “Sei pezzi” op. 44 furono composti fra il 1879 e il 1881. Del terzo, “Colore Orientale” in re maggiore, e del sesto, “Tarantella” in sol minore, esistono anche delle notevoli versioni orchestrali: ma mentre il terzo è stato pensato come un brano per grande orchestra in quanto la versione orchestrale risale allo stesso anno, il sesto, è un brano decisamente pianistico ed è stato strumentato molto dopo, nel 1908. La versione orchestrale è tra l’altro in parte una reinvenzione dell’originale pianistico. Il Capriccio in re minore, è posto all’inizio quale preludio della raccolta e può essere considerato una sorta di esercitazione nello stile classico. Il secondo, Pezzo Fantastico in re maggiore, è uno di quei brani nello stile brillante che risentono del virtuosismo di Thalberg ma anche di Mendelssohn e di Schumann, i cui Phantasiestücke hanno fornito il modello per tutti i pezzi fantastici a venire, ed era eseguito dal giovane Martucci nei suoi concerti per dimostrare le sue notevoli capacità pianistiche. Al brioso virtuosismo della prima parte succede un corale che viene sovrapposto a figurazioni brillanti , e il cui tema viene riproposto nel finale in stile di recitativo. Il quarto ed il quinto brano della raccolta, “Barcarola” in mi maggiore e “Notturno” in re bemolle maggiore, sono semplicemente gradevoli pezzi da salotto mentre la “Tarantella” è un brano di grande originalità per l’invenzione melodica che richiama movenze della musica popolare pur contenendo melodie originali.
Composta nel 1881, la Fantasia op. 51 è il primo lavoro pianistico di Martucci di maggiore impegno formale se si esclude la precedente e forse meno riuscita prova, la Novella, op.50. In questi due brani, come nelle successive opere di maggiore respiro, egli riprende le strutture consegnate dalla tradizione tedesca, e questo fatto ha provocato molta diffidenza da parte degli storici. Ma la ragione di ciò andrebbe addebitata alla mancanza di continuità della tradizione strumentale italiana. Inoltre, pur volendo fare le dovute distinzioni tra i valori musicali, non si capisce perché allora non ci siano mai stati interventi polemici sul fatto che Haydn e Mozart sino al primo Wagner abbiano plasmato le loro opere sulla robusta tradizione dell’opera italiana. Le opere di Martucci per di più posseggono una loro particolare originalità in quanto in queste forme mutuate dalla tradizione tedesca egli vi ha trapiantato una componente melodica di tipo italiano e uno stile pianistico brillante che trova il suo referente storico nelle Sonate di Domenico Scarlatti. Questo è lo stile della Fantasia: plasticità della scrittura pianistica, molto floreale, lunghe frasi melodiche dalla grazia sinuosa, giocosità dell’Allegro con i suoi passi brillanti. Per la presente registrazione è stata utilizzata la seconda edizione del lavoro, nella quale l’Autore ha apportato non poche modifiche anche se di scarsa rilevanza.
Un po’ tra Brahms e Scarlatti, tipico stile del Martucci del periodo di mezzo, anche il primo brano del dittico “Capriccio e Serenata” op. 57 composto nel 1886. Scarlatti c’è nello stile toccatistico della prima parte mentre l’influenza di Brahms si ritrova nella parte centrale nel tema ad accordi con il suo intenso lirismo. Molto originale anche la Serenata, piccolo pezzo dal carattere intimistico, con la sua piacevole linea melodica che si distende su un accompagnamento di sestine che imita un arpeggiare di chitarra. Di questo brano esiste una trascrizione dall’Autore per quartetto d’archi.
Dei “Due Notturni” op. 70, composti durante l’estate del 1891, il primo in sol bemolle maggiore, è certamente il più famoso, soprattutto grazie alla successiva magistrale versione orchestrale datane dell’Autore nel 1900, resosi conto di come questo breve ma affascinante frammento poteva essere ampliamente valorizzato solo dalla varietà coloristica e timbrica dell’orchestra. Questa versione è stata inserita da grandi direttori - primo fra tutti Arturo Toscanini - nel loro repertorio. La splendida pagina pianistica resta comunque una delle più eseguite composizioni di Martucci, “col velluto del suo melos, avvolto in ovattate armonie, pieno di echi misteriosi e di riverberi crepuscolari. Qui nessun residuo di musiche studiate ed assimilate per esibizioni concertistiche, ma la rivelazione e l’affermazione d’una personalità inventiva dai contorni decisi, inconfondibili e non associabili a quelli che delineano la fisionomia di altri famosi protagonisti della musica per pianoforte” scriveva Vincenzo Vitale nel suo Il pianoforte a Napoli nell’Ottocento (Napoli, 1983). Il secondo notturno, in fa diesis minore, si distingue dal primo per la sua natura essenzialmente pianistica e per il suo incedere tormentato con le continue riproposte del tema dall’ inflessione drammatica e gli episodi interposti dal carattere più sereno. Il brano si conclude nella tonalità maggiore in un clima di rassegnata consolazione, una specie di voluptas dolendi dal sapore alquanto decadente.
Composto nel 1897 e cioè fra le due Sinfonie si colloca il dittico “Capriccio e Toccata” op. 77. Il Capriccio in re maggiore ha una struttura singolare basandosi su due temi il primo dei quali, dall’espressione solare, viene costantemente variato con figurazioni pianistiche arabescate, mentre il secondo ha invece un carattere tormentato. I due temi vengono a metà del pezzo collegati in un unico, brahmsiano lungo tema dalla giocosità saltellante. Nella conclusione vengono riproposti frammenti del secondo tema progressivamente lacerati dalle figurazioni ornamentali originate dal primo tema. Un’ultima, umoristica citazione del primo tema prepara l’entrata della Toccata in sol maggiore. E’ questo un brano di assoluta originalità, che può essere considerato uno dei suoi capolavori pianistici. Il carattere di questa toccata è burlesco: il tema è umoristico e un poco sbilenco, evocando un’immagine che potrebbe essere stata ispirata da un antico personaggio buffo della cultura popolare di Napoli. La scrittura pianistica, dalle figurazioni ritmiche e lineari, ha evidenti richiami clavicembalistici come in altre pagine di questo genere di Martucci, ma qui sono presenti episodi dalla scrittura più densamente pianistica che conducono ad armonie aspre e concludono l’esposizione con presagi drammatici. Nello sviluppo dal carattere tormentato, il tema riappare in un tono epico alla sottodominante, assumendo un’insospettata potenzialità espressiva con un crescendo dal respiro sinfonico. La conclusione è quanto mai originale: restano solo frammenti del tema che appaiono e scompaiono in improvvisi passaggi bruscamente modulanti. Il brano, nonostante l’originalissima scrittura pianistica ha un carattere orchestrale che prepara lo Scherzo della Seconda Sinfonia in fa maggiore op. 81 e ricorda altresì alcune pagine di Mahler, in particolare lo scherzo della Sinfonia “Resurrezione”. Come nel celebre brano mahleriano sono contrapposti episodi di profonda espressione al continuo e innocente fluire delle terzine e alle figurazioni scherzose con acciaccature, al chiocciare degli oboi e agli arabeschi ironici del clarinetto che pure si intravedono in nuce nella pagina pianistica di Martucci. L’esecuzione presente in questo cd si basa sul manoscritto conservato presso la Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella” di Napoli e sulla prima edizione dell’opera, che nel Capriccio si differenziano in alcuni particolari dall’ edizione successiva revisionata da Alessandro Longo.
Nelle più significative composizioni si mostra chiaramente l’essenza della musica di Martucci: non solo l’opera di un restauratore della musica strumentale in Italia ma soprattutto l’espressione individuale di un musicista libero da condizionamenti esterni. La prematura scomparsa gli ha purtroppo impedito di proseguire il suo percorso artistico nel momento in cui dopo un periodo di appropriazione di una tradizione lontana, nel quale ha comunque dato alla luce pagine pregevoli, perveniva ad una visione musicale europea in sintonia con i principali movimenti artistici dell’epoca.

© Francesco Caramiello, 1999