UNA PICCOLA GRANDE DONNA: MISIA

La Repubblica - 10 aprile 1986



Misia ritratta da Toulouse-Lautrec


GINEVRA - Non avremmo mai immaginato che dalla mitica figura di una donna della Belle poque, Misia Sert, vissuta ai margini di una grande stagione per la Danza (quella dei Balletti Russi di Diaghilev) si sarebbe, un giorno o l'altro, tratta ispirazione per farne un'opera scenica, addirittura un balletto. Un balletto su Diaghilev non è stato ancora tentato, e quanto a Proust sono apparsi frammenti dalla sua Recherche, come sapete, a cura di Roland Petit. Ma proprio in Oscar Araiz, coreografo argentino, imbevuto di cultura sudamericana, specialista del tango, dal 1980 alla testa della compagine coreutica del Grand Thètre di Ginevra, non avremmo sospettato propensioni verso il mondo della Parigi dei Ballets Russes. E troviamo abbastanza anomala da parte sua l'idea di costruire una carrellata coreografica intorno ad un personaggio affascinante sì, del bel mondo e dell'ambiente teatrale inizi del secolo, ma che è stato testimone di avvenimenti artistici più che collaboratrice degli stessi. Polacca, nata a Godebska nel 1872 (lo stesso anno di Diaghilev) andò sposa tre volte nella sua vita: a Thadèe Natanson, un intellettuale israelita (fondatore della celebre "Revue blanche"), a Alfred Edwards, magnate della finanza, e infine al pittore Josè Maria Sert. Si dice che da bambina avesse conosciuto Liszt. Allieva di Gabriel Faurè, amica di Mallarmè, Cocteau, Claudel, Coco Chanel, Misia riuscì ad entrare persino nel mondo letterario del Marcel Proust. I grandi pittori del suo tempo: Renoir, Toulouse-Lautrec, Bonnard, Vallotton la ritrassero. Conobbe naturalmente Nijinsky e fu accanto a Stravinsky. Incoraggiò Massine e assistette all'"audizione" di Balanchine con Diaghilev. Proprio Misia Sert e Coco Chanel furono le "patronnes" di Serge Lifar, il bel ballerino tenebroso, ultimo arrivato nella compagnia e ultimo superstite, oggi, di una stagione di favola. Misia preferì a una promettente carriera di pianista la vita mondana, passò da un amore all'altro con foga bruciante, volle soprattutto essere una donna libera. Più affascinante che realmente bella, con una forte carica di seduzione, Misia, inseguì sempre le novità, volle essere "à la page", conoscere e frequentare tutti quelli che riteneva essere persone dotate di talento per aiutarle, sostenerle, lanciarle. Fu l'"alter ego" in gonnella di Diaghilev. Grazie a lei, i Balletti Russi, sempre sul punto di naufragare nel mare del crollo finanzario, riuscirono a sopravvivere sino alla morte del loro creatore. E, nel momento supremo, Misia fu vicino a Diaghilev, lo vegliò e lo pianse... Scomparso il grande impresario, anche la stella di Misia andò offuscandosi lentamente. Dedita alla morfina, cieca, si spense nel 1950. Postuma uscì una sua autobiografia (apparsa anche da noi, edita da Adelphi, qualche anno fa). E a lei dedicarono un libro voluminoso, ricco di notizie, di aneddoti i due celebri pianisti Arthur Gold e Robert Fizdale (uscito in lingua italiana, edito da Mondadori, nel 1981). Che cosa ha fatto Araiz di tutto questo materiale? Certamente ha letto i due libri, avrà scartabellato tra fotografie e documenti. E che spettacolo ne è derivato? Ci siamo trovati dinnanzi non ad un balletto su Misia Sert ma ad un omaggio, un ricordo di una ispiratrice di artisti della danza. Dei tre balletti della serata solo Le cri de Vaslav è pertinente ai Balletti Russi. Riteniamo che si tratti di un "work in progress" per il coreografo Araiz. Può darsi che in seguito la completi con altri quadri, altre immagini di quel mondo. Per ora lo spettacolo si fa vedere proprio per l'idea finale di utilizzare l'intero balletto Petrouchka di Stravinsky sostituendo, ai personaggi del "Burlesque" in quattro quadri immaginato da Benois, le persone reali di chi contribuì alla creazione del balletto o ne fu in qualche modo partecipe: Diaghilev (Ciarlatano-Moro) Nijinsky (Petrouchka) Romola Nijinsky (la Ballerina). Nelle persone del bel mondo ravvisiamo subito Misia che sarà poi la sola ad assistere al dramma di Diaghilev, amante respinto da Nijinsky-Petrouchka. In questi sdoppiamenti sta l'originalità e la felicità inventiva di Araiz. C'è, per esempio, quel roteare di personaggi, di quelle Isadore, Romole, Tamare che è efficace e crea il clima adatto all'azione. Il ruolo del celebre impresario calza perfettamente a Bill Lark proprio perchè non si è studiato di imitarlo nei particolari, così come Yvan Michaud è un Vaslav tenero, sperduto, succube indifeso; e altrettanto aderente al personaggio della moglie è Manon Hotte. A questo, Araiz ha voluto aggiungere due balletti avulsi dal contesto diaghileviano. Ha dato il titolo L'Hirondelle (che fu il soprannome di Misia) al "Lever du rideau" della serata sui Valses nobles et sentimentales di Ravel, un musicista di quel periodo e di quella sensibilità (Ravel dedicò La Valse proprio a Misia) con un suggestivo sfondo scenico di Nuno Crte-Real (suoi anche i costumi) tra impressionismo e divisionismo in perfetto stile con i tempi, ma la coreografia giocherella troppo in leziosità e mossette contrastanti con la cristallina trasparenza di Ravel. Ha poi offerto un suo lavoro non nuovissimo (del 1983) Mathis der Maler di Paul Hindemith, grondante simboli, misticismo ed espressionismo, una corrente che Diaghilev non sfiorò neppure (espressionismo che però rifluì nelle sfere interiori delle necessità espressive e che i suoi coreografi Fokine, Nijinsky, Nijinska, Massine sentirono e applicarono in qualche modo al loro teatro). Ottimo il complesso di ballo ginevrino e sorprendentemente netta, precisa l'esecuzione musicale dell'Orchestre de la Suisse Romande diretta da Jean-Marie Auberson. Il bellissimo pubblico del Grand Thètre ha fatto accoglienze molto vive a tutti i ballerini e ai collaboratori. - di ALBERTO TESTA