William Ashbrook

ANALISI DI «ANNA BOLENA»
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Le prime battute autografe di «Anna Bolena»

Con questa opera seria in due atti Donizetti emerse finalmente come uno dei più eminenti compositori d'opere del suo tempo. L'opinione tradizionale che considera «Anna Bolena» come un balzo improvviso ad un livello altissimo, come il punto in cui, tutto d'un colpo, Donizetti abbandonò il suo vecchio stile imitativo, è estremamente fuorviante. E piuttosto il culmine logico di tutta la sua precedente esperienza. La ragguardevole quantità di musica derivata da opere composte anteriormente, come «Otto mesi in due ore», «Il paria», «Imelda de' Lambertazzi» nonché «Enrico di Borgogna», e riadattata per «Anna Bolena» parla a favore di un consistente e costante sviluppo anziché di un avvio totalmente nuovo.
Il successo di «Anna Bolena» è ampiamente meritato e parte di esso va attribuito al complesso eccezionalmente favorevole di circostanze nelle quali fu composta. Per la prima volta Donizetti aveva ottenuto da Felice Romani un libretto soddisfacente. I due precedenti testi di Romani messi da lui in musica, l'irrimediabile opera semiseria «Chiara e Serafina» e l'opera buffa «Alina», elegante ma stereotipata, non erano della stessa classe del libretto di Anna, la cui superiorità consiste nel fatto che l'eroina è il vero fulcro della tragedia e che esistono le premesse di situazioni patetiche e di ben motivate interazioni.
Donizetti ebbe il grande vantaggio di poter contare, durante la composizione di «Anna Bolena», sull'amichevole collaborazione della Pasta, che ne sarebbe stata la prima protagonista. Non è escluso che sia stata lei a suggerirgli di trasformare la cabaletta di Enrico di Borgogna nella cavatina finale di Anna: normalmente, quando Donizetti riutilizzava la musica di sue opere precedenti, ne manteneva la funzione originaria, pur modificandola in modo vistoso, ma in questo caso non rispettò la regola. Il vantaggio principale, e forse più difficile da valutare, era la capacità di Donizetti stesso di calcolare il grado in cui il suo futuro dipendeva dal favore dei milanesi, che in precedenza si erano mostrati verso di lui ostili o al massimo indifferenti.

Giuditta Pasta*

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Il merito di «Anna Bolena» non risiede in una radicale rottura con gli schemi strutturali seguiti in precedenza da Donizetti, ma piuttosto nel livello, generalmente elevato, di espressione raggiunto dalla sua fantasia sotto lo stimolo dei ben modellati personaggi che doveva vivificare con la sua musica. Circa un mese dopo la prima al Carcano, Anna fu provvisoriamente ritirata per permettere a Donizetti di sostituire tre numeri: la cabaletta di Percy del primo atto, entrambe le parti del duetto Anna-Percy nella scena finale sempre del primo atto e la cabaletta del terzetto del secondo.
Il suo desiderio di migliorare l'opera non si limitò alla sostituzione di un pezzo con un altro. La partitura autografa mostra che interi brani orchestrali vennero soppressi ma, dato che ciò non implicò modifiche del testo, è ora impossibile accertare se furono eliminati durante il lavoro di composizione o nel corso delle prove o durante la revisione del gennaio 1831.
A differenza delle sostituzioni tutte queste soppressioni accelerano l'avanzata verso il culmine dell'opera. Fra i brani tagliati figurano otto battute della cavatina di Anna («Come innocente giovane»), subito prima della coda, e una esposizione orchestrale della melodia di Giovanna («Per questa fiamma indomita»), la cui esposizione vocale resta cosí preceduta da una sola battuta di arpeggi degli archi.L'effetto totale dei ritocchi, che vanno dall'eliminazione di una sola battuta, in alcuni punti, alla soppressione del secondo e terzo periodo del coro d'apertura in modo da unirne direttamente il periodo iniziale all'ampia coda, è di aver sfrondato le risoluzioni scontate e certe formule strutturali, facendo in modo che esse non impedissero la progressione drammatica. Ciò non significa che molte forme usate in questa partitura non siano perfettamente regolari, ma, come mostra l'autografo, la preoccupazione dominante di Donizetti fu di mantenere il dramma vivo ed emozionante.
In «Anna Bolena», per la prima volta - ed è questa una delle principali conquiste dell'opera - Donizetti creò una scena finale sufficientemente ampia da poter sostenere tutto il peso di ciò che è il culmine musicale ed emotivo del dramma. Sul piano espressivo il suo effetto è infinitamente superiore rispetto a quello raggiunto da Donizetti nelle opere conformi alla tradizione del lieto fine, il quale presenta l'inconveniente, quasi inevitabile, di rendere banale l'azione precedente. E suscita una commozione più profonda rispetto all'implicita tragedia del quartetto del «Paria» o all'elaborata, struggente scena di morte tratteggiata in «Imelda de' Lambertazzi».
L'ambito dell'aria finale si è allargato sino ad abbracciare quasi una scena intera; combinando gli aspetti della scena di follia e della scena di morte, essa presenta, con tocchi vividi, le fasi della fuga di Anna da una realtà insostenibile, il suo vagheggiare la libertà e il suo trionfo quando, recuperata la ragione, ritrova la forza spirituale per perdonare, anziché maledire, coloro che l'hanno portata al patibolo. In questo splendido episodio, Donizetti affida ai soprani un testo classico per metterne aíla prova le qualità vocali e drammatiche.
La scena di Anna è preceduta da un preludio di venticinque battute che serve a introdurre brevemente la melodia del successivo coro in Fa minore e, nello stesso tempo e in maniera più estesa (mediante un seducente «a solo» d'oboe), a suscitare un'atmosfera tragica. Il coro che accompagna Anna («Chi può vederla») ha una sezione centrale lunga il doppio del periodo iniziale (sedici battute), ma quest'ultimo è ripetuto prima dell'ancor più breve coda, la quale raggiunge il corrispondente maggiore soltanto nella cadenza finale.
Una nobile melodia degli archi accompagna l'entrata di Anna, ricordando che essa è tuttora una regina anche se ha la mente offuscata e gli abiti in disordine. Ognuno dei suoi sentimenti sconnessi è caratterizzato da una breve idea melodica, fra cui il secondo tema dell'ouverture (non altrimenti sfruttato nella partitura) quando pensa di farsi bella per il suo matrimonio con Percy.
Un «a solo» del corno inglese introduce le prime sussurranti frasi del discorso di Anna («Al dolce guidami», Larghetto, 2/4, Fa maggiore, a a1 b b1) e in molti punti funziona da obbligato sottolineando spesso l'intervallo di seconda discendente, maggiore e minore, quando essa si rifugia in una struggente fantasticheria di adolescente. Quest'aria non termina in realtà con la nota finale di Anna, anche se nelle esecuzioni l'interprete è abitualmente applaudita a questo punto, in quanto sbocca in quattro brevi frasi del coro nella tonalità di Fa minore con riposo sulla dominante, a mo' di transizione prima dell'episodio successivo.
La materia di mezzo è insolitamente estesa, comprendendo più di 220 battute. Essa consiste in: una marcia (Maestoso, La bemolle maggiore) in corrispondenza dell'ingresso degli altri prigionieri, Smeton, Percy e Rochefort; un recitativo che si sviluppa in Arioso (Sol minore); il cantabile di Anna «Cielo a' miei lunghi spasimi» (Lento, 2/4, Sol maggiore), in effetti un'aria supplementare (24 battute) su una variante del motivo popolare «Home, sweeet home», l'ultima parte della quale con tre voci d'armonizzazione; una sezione per banda fuori scena (Allegro, 2/4, Mi bemolle maggiore), punteggiata da colpi di cannone e rintocchi di campane e illustrante il prematuro corteo nuziale di Enrico e Seymour, e un recitativo che introduce la cabaletta.
La cabaletta («coppia iniqua»), che è regolare (Moderato, Mi bemolle maggiore), è vigorosa e sfrutta le estremità del registro vocale dando libero e irresistibile corso all'ultima espressione della passione di Anna. E con essa l'intera tragica catarsi è compiuta. Gli abbellimenti vocali sparsi in questa notevole scena, perlomeno quelli di pugno di Donizetti, son tutt'altro che vuote decorazioni, anzi servono ad amplificare le più intime emozioni. Anche se la melodia levigata e lievemente sinuosa di «Al dolce guidami» lascia trapelare, secondo vari commentatori, l'influsso del melos belliniano, le differenze fra le arie finali del «Pirata» (1827) e della «Straniera» (1829) di Bellini e la scena finale di «Anna Bolena» sono cospicue.
In «Anna» l'intero complesso di strutture di cui è costituita l'aria finale è portato a una espansione tale da assicurare in massima parte l'unità scenica. «Al dolce guidami» è in forma binaria, mentre le sezioni corrispondenti di Bellini seguono il più consueto schema ternario. Il contrasto fra le parti principali di ciascuna delle doppie arie di Bellini è individuale e drastico, mentre la scena di Donizetti comporta una evoluzione graduale, attraverso momenti contrastanti di ottenebramento e di razionalità, verso la combattuta vittoria spirituale di Anna; e pur avendo sfruttato appieno il pathos della scena, Donizetti non ne ha ignorato gli aspetti di drammatica ironia.
Se è indubbio che la scena finale comprende le pagine migliori di «Anna Bolena», esse non sono certo le uniche di indiscutibile valore dell'opera. Pregevole il duetto fra Anna e Seymour nel secondo atto. Degno di attenzione è, per altri aspetti, il duetto fra Seymour ed Enrico alla fine della prima scena. Anche se, nella struttura generale, presenta scarsi elementi di novità, in ogni caso in misura inferiore rispetto al duetto Anna-Seymour, esso contiene alcuni particolari interessanti.
Il contrasto fra Seymour, tormentata dai rimorsi, e il re, affascinante combinazione di innamorato e di tiranno che non tollera opposizioni, è mantenuto nel corso della sezione introduttiva e del Larghetto, in cui le rispettive linee melodiche conservano una sorprendente indipendenza persino laddove, nell'ultimo terzo del movimento, si sovrappongono. Donizetti impiega l'inconsueto espediente di ripetere una delle melodie di Seymour del Larghetto («Di un ripudio avrò la pena»), un tono più alto, nel Moderato, sulle parole di lei «Ah più rimorsi, più rimorsi, per pietà». Le due esposizioni del Moderato hanno pari lunghezza in quanto la soppressione della frase iniziale di Seymour («Ah qual sia») la seconda volta è stata compensata dall'aggiunta, alla fine, di un corrispondente numero di battute di cadenze vocali.
Un aspetto peculiare della partitura di «Anna Bolena» è l'alta qualità dei concertati, specialmente per quanto riguarda le sezioni lente. Il quintetto della seconda scena del primo atto («Io sentii sulla mia mano»), preso a prestito con modifiche da «Otto mesi in due ore», comincia con un'entrata a canone di tre delle cinque voci, notevole sia per fattura sia per espressività; ma la sua stretta conclusiva, la seconda frase della quale è esposta dal tenore e dal soprano, di nuovo con un accenno di procedimento imitativo, è di livello inferiore. Il sestetto «In quegli sguardi impresso», che costituisce la sezione lenta del concertato finale della terza scena del primo atto, può produrre un buon effetto.
Il finale comincia con l'implorazione di Anna affinché sia riconosciuta la sua innocenza e continua con le furiose minacce di Enrico nel corrispondente minore; i passaggi solistici sono seguiti dal sestetto con le voci in imitazione e la caratteristica ambiguità tonale di Donizetti è mantenuta quasi sino alla cadenza conclusiva. Il terzetto della seconda scena del secondo atto …Fin dall'età più tenera» (Larghetto, 2/4, Sol minore-Sol maggiore), che inizia come se fosse un'aria di Percy, contiene nella seconda parte in Do maggiore una rossiniana profusione di fioriture; nella superba e vigorosa cabaletta «Salirà d'Inghilterra sul trono» (Presto, 2/4, Do maggiore), la prima esposizione è ripartita fra Enrico (solo) e Anna e Percy (all'unisono), ma nella seconda esposizione la prima metà del brano per Anna e Percy è omessa e le tre voci cantano insieme, continuando nella lunga coda. In questa cabaletta Donizetti impiega l'amata formula ritmica che qui riesce a generare e sostenere un'intensità di passione addirittura ossessiva.
Queste osservazioni su «Anna Bolena» si basano sulla convinzione che essa sia, come è stato detto nelle righe precedenti, il culmine delle esperienze anteriori di Donizetti, più che un nuovo punto di partenza. L'alto grado di perfezione, evidente in molte parti di questa partitura, è il combattuto risultato dei suoi sforzi per trovare, in buona parte nel quadro della sintassi tradizionale, un vocabolario largamente espressivo adatto ad un libretto soddisfacente.
«Anna Bolena» è veramente un'opera bifronte, in quanto apre la strada maestra in direzione delle notevolissime opere che Donizetti scriverà in seguito. Il suo successo rafforzò in lui la fiducia in se stesso in modo molto positivo, convincendolo che la voga della tragedia romantica era ormai cominciata. Inoltre, più di tutto, indusse importanti teatri a contendersi le sue opere. E, anche se Napoli rimarrà per quasi un decennio il centro della sua attività, gran parte della sua vita futura si svolgerà nell'atmosfera, relativamente meno conservatrice, del nord.
*Born in Saronno in 1798 and died in Blevio in 1865. Italian soprano among the greatest of opera singers. She studied in Milan and her appearances in Brescia in 1815 and London in 1817, were both failures. Further studies with Scappa was followed by a successful debut in 1819 in Venice. She caused a sensation in Paris in 182 - 22, where the immense range of her voice and her dramatic gifts were matched by poignancy of expression. She sung regularly in London, Paris, and St. Petersburg between 1824 and 1837. She created the roles of Amina in Bellini's La Sunnambula in Milan 1831, and Norma Milan 1832 and Donizetti's Anna Bolena, Milan 1830.


William Ashbrook, Donizetti. Le opere, Torino, EDT/Musica, 1987, pp. 95-98.