William Ashbrook

GENESI DELL'OPERA

 

Mentre procedevano le prove di «Imelda de'Lambertazzi», Donizetti firmò un contratto con il Teatro Carcano di Milano. In questo teatro un gruppo di aristocratici melomani, irritati dalla maniera di gestire la Scala, avevano deciso di organizzare una stagione di grande risonanza per infliggere una lezione alla direzione scaligera. Pur avendo giurato di non scrivere piú nemmeno un'appoggiatura per Milano, dopo l'accoglienza meschina riservatagli dai milanesi, Donizetti si rese subito conto che questa era l'occasione propizia per suscitare un'eco che non avrebbe potuto rimanere inascoltata.
Il contratto prevedeva una serie di clausole invitanti: gli offrivano per la nuova opera la serata inaugurale della stagione di Carnevale, cioè il 26 dicembre giorno di Santo Stefano, e quindi una posizione d'onore, piú una compagnia di canto con alla testa Giuditta Pasta e Rubini e un libretto scritto da Felice Romani, il cui testo avrebbe dovuto essere ultimato entro la fine di settembre, e inoltre un compenso di 650 scudi.
All'inizio di settembre Gaetano e Virginia partirono per Roma e, trascorse alcune settimane, il musicista lasciò la moglie in famiglia e proseguì per la via di terra alla volta di Milano. Da Bologna scrisse al padre il 5 ottobre:
Domenica [10] sarò a Bergamo, e vi prego di non muovervi a venire a Milano, che non ci avessimo a sbagliare per la strada. Domani parto da quì cercherò in Milano, dov'è il mio alloggio, depongo la robba, poi col veloce verrò velocemente, non so a che ora si arriverà, ma credo presto. Non vi mettete in pena se mai ritardassi, perché chissà delle volte in Mlilano potrei trattencrmi pel poeta, ma spero che nò. Sono solo e non potrete vedere la metà che sta a Roma, se nò il guadagno ci avrebbe sofferto.
La domenica 10 ottobre 1830, dopo un'ininterrotta assenza di nove anni, Donizetti rivide Bergamo. La sua visita fu certamente di breve durata, poiché lo attendeva la composizione della nuova partitura, ma ebbe nondimeno il tempo di stare insieme ai genitori e parenti e ritrovare Mayr e Dolci e i vecchi amici.
Simone Mayr
Il 10 novembre Donizetti ebbe il libretto di «Anna Bolena», che Romani aveva terminato di scrivere. Per comporre la sua opera si trasferì a Blevio, sul lago di Como, nella villa di Giuditta Pasta. Qui Donizetti poteva certamellte avvantaggiarsi dell'arte interpretativa e dell'esperienza internazionale della cantante. È anzi indubitabile che la Pasta, il cui compenso era di gran lunga superiore a quello del musicista, non avrebbe mancato di indicare a Donizetti ciò che nella parte di Anna non le fosse andato a genio o le fosse parso inadatto alla sua voce. Il 10 dicembre Donizetti era già di ritorno a Milano con la partitura quasi finita tanto da poter dare inizio alle prove.
Da Roma Virginia scrisse al suocero a Bergamo, pregandolo di farle avere un resoconto veritiero dell'esito della prima di Anna Bolena: «[...] mi rivolgo a Lei, e così si accerti mi leverà da pene, giacché puòle immaginare in che aggitazlone [sic] vivo, tanto più che conosco la sensibilltà del suo carattere; perciò a Lei mi raccomando, acciò nei giorni che deve andare in scena, gli vada a fare compagnia». Virginia non aveva dimenticato l'attacco di convulsioni di Gaetano dopo gli incidenti alla prima rappresentazione del «DiluvioUniversale». Le notizie sull'esito della prima di «Anna Bolena», Virginia doveva invece averle, anziché dal suocero, dall'esultante marito.
Cara Signora mia rispettabile e moltissimo amata,
Godo ncll'annunziarle 6 che la nuova opera del suo innamorato e celebre marito ha avuto un incontro quale non sarebbe stato possibile sperare migliore. Successo, trionfo, delirio, pareva che il pubblico fosse impazzito, tutti dicono che non ricordano di aver assistito mai ad un trionfo siffatto. Io ero così felice che mi veniva da piangere, pensa! ed il mio cuore veniva verso di te e pensavo alla tua gioia se tu fossi stata presente, ma sai che io non voglio esporti ad emozioni così forti, perché s'ha un bel dire, ma sono emozioni che par di morire, quando ancora non si è sicuri dell'esito.
Pur avendo fiducia in un esito favorevole perché tutti parlavano bene dell'opera, artisti e orchestra e perfino gli impresari, nel primo quarto d'ora sono stato sospeso tra paradiso e inferno...
Adesso sono in paradiso e non ti dico il mio contento; mi manca solo un bacio della mia Virginia, che verrò a cogliere al più presto: ti prego dunque, deh te 'n priego, come direbbe il Romani, di prepararmi l'accoglienza che si merita un gran maestro che pien d'estro appena a casa per prima cosa vorrà abbracciare la propria sposa.
Il memorabile battesimo di «Anna Bolena» ebbe luogo al Carcano il 26 dicembre 1830. Oltre alla Pasta (Anna) e Rubini (Percy), I'imponente compagnia di canto annoverava Filippo Galli ed Elisa Orlandi, rispettivamente nei ruoli di Enrico VIII e di Giovanna Seymour. Nel recensire questa prima sulla «Gazzetta di Milano», Francesco Pezzi non condivise l'euforia dell'autore, anche se nel suo articolo non vi è quasi piú traccia dell'acredine con cui aveva in precedenza giudicato la musica di Donizetti.
La cabaletta d'un'aria cantata da Rubini, una di quelle frasi di gran sentimento che forse spirerebbero inosservate su qualche altro labbro che non fosse quel della Pasta, e animati concetti nel finale, ccco l'essenza di ciò che piacque veramente nella musica dcll'atto primo. Gli altri plausi che udironsi non eran dovuti che ai cantanti.
Ma all'atto secondo la cosa mutò d'aspetto e l'ingegno del maestro si manifestò con un raro rinforzo. Un duetto, un terzetto, e tre arie sono di bella e grandiosa composizione. In quanto all'esecuzione bisogna aver udito la Pasta e Rubini nelle due arie di genere e di fattura diversi per farsi un'idea sin dove può giungere la potenza del canto declamato e l'incantesimo dei suoni perfetti. Nel terzetto la Pasta, Rubini e Galli mostraronsi non solo uguali a sé stessi ma veramente maestri nella perfezione dell'accordo fra essi. Ciò è tanto piú mirabile in quanto che è giusto il dire che in questo pezzo singolarmente, complicatissimo di belle armonie, Donizetti si mostrò degno e prediletto allievo di Mayr.
Se Pezzi riesce a mantenersi in un certo qual modo imparziale, il suo collega dell'«Eco», altro giornale milanese, non ha di queste preoccupazioni. Il 3 gennaio questi riferisce che il pubblico «rimase alquanto freddo, salvo gli applausi fatti ai cantanti». Il 4 febbraio «L'eco» rivolge di nuovo l'attenzione ad Anna Bolena: «[...] quest'opera fu corretta in qualche parte dal Maestro Donizetti. Nelle prime recite (dopo un'interruzione) ne sentiremo le variazioni, le quali speriamo frutteranno maggior gloria all'autore».
Con quel «corretta» il giornalista tradisce la sua faziosità, come se Donizetti non conoscesse a sufficienza la propria arte: un critico non prevenuto avrebbe parlato di revisione anziché di correzione. La sensazione generale, avvertita da Donizetti, che il primo atto di «Anna Bolena» non raggiungesse l'alto livello di ispirazione del secondo, lo indusse ad apportare una serie di modifiche alla partitura 12, fra le quali, anzitutto, quella dell'episodio di apertura e inoltre la sostituzione del duetto originario Anna-Percy con uno ben piú tradizionale in tre sezioni 13 (di cui la terza tratta praticamente tale e quale da «Imelda de' Lambertazzi»), e il rifacimento del terzetto del secondo atto.
Tre settimane dopo, la rimaneggiata «Anna Bolena» attirò ancora una volta l'attenzione del solito giornalista dell'«Eco» (il 25 febbraio): «[...] un mese e piú ascoltata freddamente ed a teatro non dirò vuoto, ma pieno del tutto non certo». La freddezza con cui il giornale tratta Donizetti è in stridente contrasto con l'ardore belliniano dello stesso critico, come attesta la recensione della prima della «Sonnambula», apparsa sul numero del 7 marzo: «[...] noi pure, che facciamo professione dl non lasciarci facilmente sedurre, non abbiamo potuto fare a meno di prender parte all'entusiasmo generale» . Non è difficile indovinare in quale campo militasse quella testata.
L'opera che Bellini avrebbe originariamente voluto scrivere per il Carcano era «Ernani», su libretto di Romani; ma quest'ultimo aveva abbandonato il progetto, una volta subodorato che i censori austriaci avrebbero imposto drastici cambiamenti al soggetto di Victor Hugo. L'indole conservatrice di Romani e la sua inclinazione ad appoggiare l'autorità costituita - egli doveva assumere nel 1834 la direzione della «Gazzetta ufficiale piemontese», mantenendola fino al momento in cui, colpito dalla cecità, fu costretto a ritirarsi - spiegano la sua arrendevolezza nell'abbandonare questo argomento eccessivamente scottante.
Se in apertura della stagione del Carnevale milanese «Anna Bolena» produsse una piú forte impressione dei «Capuleti e i Montecchi» di Bellini, nuova per Milano, data in concorrenza la stessa sera alla Scala, Bellini si prese una storica rivincita al Carcano, la sera del 6 marzo 1831, con «La sonnambula», interpretata da Giuditta Pasta, Rubini e Luciano Mariani (Rodolfo). Difficile individuare un altro esempio di un teatro che in una sola stagione, nello spazio di tre mesi, presenti due capolavori di statura paragonabile a quella di «Anna Bolena» e della «Sonnambula».
A partire da questa stagione, i nomi di Donizetti e Bellini, fino alla morte di quest'ultimo, sarebbero rimasti associati come quelli dei due massimi compositori italiani (Rossini nel frattempo si era ritirato dall'agone). Donizetti e Bellini si erano già trovati di fronte a Genova nel 1828, in occasione dell'inaugurazione del Teatro Carlo Felice, e adesso si facevano la concorrenza al Carcano in questa stagione 1830-31. Il confronto si sarebbe ripetuto, sempre a Milano, alla Scala nella stagione 1831-32 e successivamente a Parigi, al Théatre-Italien nel 1835. Con tutta l'eccitazione che tali avvenimenti provocarono a suo tempo, questo genere di competizioni non può oggi che apparire sostanzialmente irrilevante. Ciascun musicista possiede le sue qualità peculiari, e mentre si possono osservare interessanti analogie di lessico e sintassi musicale, sono ben piú rivelatrici le differenze fra i soggetti scelti e fra i rispettivi ideali drammaturgici.
«Anna Bolena» segna, almeno esternamente, la svolta cruciale dell'itinerario compositivo di Donizetti. Intrinsecamente essa rappresenta il coronamento di tendenze progressive, che possono rintracciarsi nelle opere del decennio precedente, e il numero cospicuo di brani attinti a queste lo conferma. Ma è significativo in proposito che tali brani in «Anna Bolena» vengano rielaborati, acquistando spesso una maggiore incisività e una piú forte carica espressiva. Questo differente trattamento può essere illustrato dal confronto fra il motivo relativamente breve, che accompagna l'entrata di Neala nel primo atto dei «Paria» e la piú matura elaborazione, drammaticamente piú consistente, dello stesso materiale nell'agitato che contrassegna la concitata apparizione in scena di Anna prima dell'incontro con Percy (Atto I, 4).
Il successo di «Anna Bolena» fu di importanza capitale per l'avvenire di Donizetti, che si trovò dischiuse le porte dei grandi teatri, dapprima nell'Italia settentrionale e quindi all'estero. Per queste altre città, che se proprio non respiravano un'atmosfera liberale erano certo meno conservatrici di Napoli, Donizetti poté scrivere opere che concedevano piú ampio spazio e sviluppo al suo gusto per il melodramma tragico romantico. Una parte della stampa settentrionale, fra cui «L'eco», adottò una politica ostile a Donizetti, mentre alcuni giornali napoletani, come l'«Omnibus», tutto fecero fuorché sostenerlo.
Bellini e i suoi seguaci, come pure in piú di un'occasione quelli di Mercadante e di Pacini, vedevano in Donizetti un rivale, sentendosi minacciati dalla sua solida preparazione musicale, dalla sua facilità e fecondità compositiva, nonché dal sincero affetto che nutriva per lui il pubblico napoletano. Fintanto che si poteva mantenere in piedi l'opinione (per esempio a Milano) che alla base della popolarità «napoletana» di Donizetti non ci fosse altro che la deplorevole predilezione di un pubblico capriccioso e volubile [...], gli altri non avevano troppo da temere, ma «Anna Bolena» veniva a cambiare le carte in tavola.
Con «Anna Bolena», Donizetti aveva per la prima volta avuto a disposizione un libretto di eccellente fattura e un soggetto culminante in una vera catarsi romantica: gli amanti che si preparano a morire, il loro anelare all'al di là e alla liberazione dalle loro sofferenze. Gli era infine concesso di musicare una vicenda che presentava il rilievo drammatico a lungo ricercato e che faceva prorompere in lui quella vena di romantico pathos, che diventerà il suo carattere distintivo.
«Anna Bolena» fu la prima opera di Donizetti ad essere eseguita a Londra (8 luglio 1831) e a Parigi (1° settembre 1831). Chorley ne descrive l'accoglienza imziale ricevuta a Londra:
Anna Bolena, portata sulle nostre scene sotto il patronato delle regali vesti di Madame Pasta, fu piú tollerata che accettata, benché si possa discernere in quest opera ispirata alla storia inglese qualcosa di peculiare a Donizetti, e benché tre dei personaggi - la regina (Pasta), Percy (Rubini) e Enrico VIII (Lablache) - siano stati cantati e interpretati alla perfezione. Donizetti non era però completamente ignoto al nostro pubblico. Un suo duetto, ascoltato in un «pasticcio» di Bochsa, «I messicani», una o due stagioni or sono, aveva destato interesse. Ma coloro che in quel momento dominavano la pubblica opinione non diedero molto credito alla sua individualità. Merita peraltro ricordare che la seconda opera di Bellini qui presentata anche questa grazie a Madame Pasta), «La somnambula [sic], fu inizialmente trattata con disprezzo... Forse a quell'epoca i frequentatori del teatro italiano di questa città non apprezzavano gran che la verità riprodotta sulla scena. L'era di Donizetri e Bellini, benché appartenesse al presente, per loro non era ancora spuntata.
«Anna Bolena», dapprima con la Pasta e Rubini quindi con i loro successori Giulia Grisi e Mario, mantenne una posizione di primo piano nel repertorio per piú di un quarto di secolo a Londra e Parigi. La prima rappresentazione negli Stati Uniti ebbe luogo a New Orleans nel 1839 (in versione francese ma venne anche data in italiano). (Alla fine dell'Ottocento la popolarità di «Anna Bolena» era tramontata. L'opera riapparve per la prima volta nel nostro secolo a Bergamo nel 1956. Grazie alla storica ripresa alla Scala dell'anno seguente - con la regia di Luchino Visconti, le scene e i costumi di Nicola Benois, la direzione di Gianandrea Gavazzeni e Maria Callas nel ruolo della protagonista - l'opera è stata rimessa in circolazione ed è stata eseguita un po' dovunque, confermandosi come uno dei piú validi risultati della renaissance donizettiana).
William Ashbrook, Donizetti. La vita, Torino, EDT/MUSICA, 1987, pp.55-60. Testo pubblicato senza note.