FELICE ROMANI

 







Felice Romani (1788-1865)
Stampa dal busto di Pompeo Marchesi -
Museo Teatrale alla Scala, Milano

Felice Romani (Genova, 31 gennaio 1788 - Moneglia, 23 gennaio 1865). Librettista più famoso del suo tempo, Romani scrisse circa un centinaio d testi, alcuni dei quali furono musicati varie volte. La sua attività letteraria si estende dal 1813 al 1834, ma, benché le sue non comuni doti di poeta e di inventore di soggetti d'opera venissero presto riconosciute, il suo periodo di maggiore celebrità coincide con quello in cui collaborò con Bellini, a cominciare dal «Pirata» (1827). Per Donizetti Romani scrisse sette libretti: «Chiara e Serafina» (1822), «Alina, regina di Golconda» (1828), «Anna Bolena» (1830), «Ugo, conte di Parigi» (1832), «L'elisir d'amore» (1832), «Parisina» (1833) e «Lucrezia Borgia» (1833); Donizetti musicò inoltre due libretti di Romani già utilizzati da altri compositori: «Rosmonda d'Inghilterra» (1834) e «Adelia» (1841).
Tre dei testi apprestati da Romani per Donizetti non fanno certamente onore alla reputazione del librettista. Di questi «Chiara e Serafina» e «Adelia» risalgono alla prima fase della sua carriera. Quanto a Ugo, che a dire il vero fu maltrattato dalla censura, il difetto principale, al di là dei versi raramente ispirati, consiste nella incapacità di suscitare simpatia per i personaggi.
«Anna Bolena», «L'elisir d'amore», «Parisina» e «Lucrezia Borgia» possiedono testi di cui qualunque librettista potrebbe invece essere fiero. Benché famosa soprattutto per la sua magnifica scena finale, «Anna Bolena» contiene molti altri episodi drammatici che Romani ha trattato in maniera magistrale. L'incontro fra Seymour ed Enrico al termine della prima scena scatena il conflitto fra l'amante tormentata dal rimorso e la conturbante figura del re sensuale e crudele. Ancora superiore è l'incontro fra Anna e Seymour: ogni uscita di esse accresce la tensione e l'angoscia della scena e la situazione delle due donne è tale che il pubblico prova simpatia per entrambe.
La straordinaria capacità di caratterizzazione di Romani è ancora piú evidente nel libretto dell'«Elisir d'amore». Benché si trattasse di adattare «Le philtre» di Scribe, il lavoro di Romani risultò molto superiore all'originale. L'ingenuo Guillaume di Scribe è appena una pallida immagine di Nemorino (che significa «piccolo nessuno»), il quale associa una vena di tenera melanconia ad un ardente ottimismo, tratti praticamente inesistenti nel personaggio di Scribe. Romani sa equilibrare l'elemento farsesco e quello idillico con innato buon gusto, specialmente nel duetto fra Adina e Dulcamara, in cui il vecchio ciarlatano ammette la superiorità della grazia di Adina sul proprio elisir.
Per la sua potenza drammatica e intensità tragica «Parisina» è probabilmente il migliore libretto di Romani. La scena nella stanza da letto di Parisina, nel secondo atto, e la successiva aria finale sono indiscutibilmente di alto livello. Quanto al libretto di «Lucrezia Borgia», è un armonioso condensato del dramma di Hugo, cui resta nelle linee essenziali molto fedele. Straordinario è il modo in cui la sinistra atmosfera viene sostenuta e intensificata e particolarmente riusciti appaiono i bruschi trapassi e contrasti drammatici.
Romani scrisse una volta (in una lettera a Cavour nel 1839): «Io non sono né classico né romantico; amo il bello e l'ammiro ove c'è».Per quanto forti fossero le sue inclinazioni per la concezione classica, riuscì mirabilmente a esprimere lo spirito del primo melodramma romantico ed è questo il settore in cui ottenne i risultati migliori. Romani ripeteva sempre che il poeta merita altrettanta considerazione del compositore, sostenendo che si fa forse piú fatica a scrivere un libretto di ottima fattura che a musicarlo. Questo atteggiamento, unito al suo irriducibile orgoglio, ne fecero un collaboratore non certo facile, con il quale Donizetti dovette fare i conti. [DEUMM]