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Pierre Boulez

«Lulu», la seconda opera

Liquidiamo subito la superflua discussione in merito al terzo atto: si tratta di render giustizia a un'opera sino ad oggi mutilata. Non ci si deve perciò attendere sensazionali rivelazioni a proposito di questo terzo atto: collocandosi cronologicamente tra opere ben note, esso non arreca alcuno sconvolgimento al paesaggio berghiano, così come lo conosciamo; ma dà finalmente compiutezza a un'opera che ha sofferto per oltre quarant'anni di una presentazione incompleta. Poiché è nota la cura ossessiva che Berg dedicava all'elaborazione formale delle sue composizioni, v'è ragione per pensare che «Lulu» fosse assai più snaturata da una presentazione mutilata che dalla strumentazione della musica esistente.
Sulla scorta dei documenti postumi, è possibile affermare che l'opera è stata da Berg ultimata, che alcuni dettagli secondari potevano essere restituiti senza tema d'errore, e che le numerose relazioni e corrispondenze tematiche che collegano il terzo atto agli altri due permettono la formazione di un'idea precisa in ordine a un'eventuale strumentazione da parte dell'autore. Friedrich Cerha ha svolto con cura, competenza e autorevolezza il suo lavoro, il cui compimento Adorno aveva perorato con ardore e perspicacia. Adorno era certamente l'uomo meglio collocato - e meglio provveduto - per esprimere un simile giudizio. Il terzo atto esiste ormai non più come mito, ma come realtà; è in questa versione completa che si dovrà, d'ora in poi, accostarsi all'interpretazione di «Lulu».
È importante osservare con quanta determinazione Berg scelga i testi delle sue due opere, con quanto stupore coloro che gli sono accanto lo vedano occuparsi prima di «Wozzeck», poi di «Lulu». La meraviglia di Schönberg di fronte alla scelta di «Wozzeck» è riflessa in uno scritto del 1949: «Debbo dire che fui profondamente sorpreso quando quest'adolescente timido e di cuore tenero si avventurò in un'impresa che sembrava condannata al fallimento: la messa in cantiere di «Wozzeck», dramma la cui azione è talmente tragica da escludere in apparenza la possibilità di una sua versione in musica. Obiezione più grave: l'azione conteneva scene di vita quotidiana, in contraddizione con i canoni dell'opera, che ancora poggiavano sull'impiego di costumi teatrali e di personaggi convenzionali ».
Questo giudizio sul progetto di «Wozzeck» può essere altrettanto bene applicato a «Lulu»; e non senza qualche apprensione taluni familiari di Berg lo avevano visto impegnarsi in un'impresa, ai loro occhi, piuttosto rischiosa! Ciò che era moneta corrente a Berlino, non lo era ancora a Vienna, e se Brecht e Weill avevano dato il la con l'«Opera da tre soldi» e con Mabagonny, il gruppo che si raccoglieva attorno a Schönberg - checché ne dica Karl Kraus - non scorgeva alcuna diretta relazione tra la nobiltà dell'opera e la descrizione del ceto equivoco o dei bassifondi, con la necessaria crudezza descrittiva delle situazioni e il linguaggio impiegato nei dialoghi. Schönberg stesso aveva utilizzato il teatro soprattutto come espressione «nobile» tanto in «Erwartung» quanto nella «Glückliche Hand», e si sarebbe ben presto dedicato a «Moises und Aaron»: ecco quanto il teatro di Wedekind era lontano dalle preoccupazioni artistiche del compositore, al punto da rischiare addirittura l'urto con le sue convinzioni profonde (è l'indignazione di Beethoven di fronte a Don Giovanni).
Quanto a Webern, il suo universo mistico e panteista era lontano dalla fauna perversa alla quale Berg avrebbe dato torbido fascino. Berg stesso avrebbe rivelato questi insoliti versanti del suo carattere solo nelle due opere teatrali che figurano nella sua produzione. La sua musica da camera, la scelta dei testi per i lieder, lo rivelano in misura ben maggiore come artista della «sublimazione». Ora, la «Suite lirica», lavoro di sublimazione quant'altri mai, precede immediatamente l'immersione dell'autore in un mondo la cui brutalità e il cui realismo apparivano del tutto a lui estranci, così come il «Concerto per violino», requiem verginale, fu scritto immediatamcnte dopo la composizione di «Lulu».
Dobbiamo credere a una morbida forza di seduzione? O piuttosto si deve ricorrere a una critica di carattere sociale? Berg presenta di volta in volta le vittime, «Wozzeck» e «Lulu», sottolineando soprattutto la miseria del loro destino, la progressiva degradazione dei loro rapporti con la società, il loro graduale asservimento a forze contro le quali essi sono troppo deboli per lottare.
«Lulu» è certamente una «morale», una sorta di «Rake's Progress»: ascesa sociale sino all'assassinio del ricco protettore, il Dottor Schön, poi degradazione progressiva della condizione della protagonista sino allo stato miserabile di prostituta a Londra. Berg ha volontariamente accentuato questa simmetria, affidando i tre ruoli dei « clienti » di «Lulu» nelle strade di Londra alle tre persone che muoiono per causa sua. Il Medico, il Pittore, il Dottor Schön nei due primi atti, corrispondono rispettivamente al Professore, al Negro, a Jack lo Squartatore nel terzo. Il Dottor Schön, ucciso per mano di «Lulu», diventerà Jack, l'assassino di «Lulu». Che non si creda a una semplice economia teatrale in un dramma tanto ricco di personaggi! Berg ha inventato questo parallelismo, non presente in Wedekind, e lo ha sottolineato con mezzo musicali tanto evidenti da non poter trarre in inganno sul loro significato.
Inoltre, egli ha modellato e rifatto Wedekind in modo da accentuare l'arco costituito dell'ascesa sociale e dalla successiva degradazione. Berg ha sempre dimostrato la sua propensione verso le forme simmetriche: quanto più egli è avanzato nella sua opera creatrice, tanto più questa semplice preoccupazione è divenuta un'ossessione essenziale. Tutte le sue ultime composizioni sono fondate su schemi che obbediscono a una simmetria più o meno rigorosa. È il caso della «Suite Lirica», dove tre tempi sempre più rapidi si intrecciano con tre tempi sempre più lenti, e dove il tempo veloce centrale - allegro misterioso - è anch'esso simmetrico. È il caso del «Kammerkonzert», in cui la simmetria dei due primi tempi si inscrive nel terzo, combinazione dei due primi; è il caso di «Der Wein», dove il tempo centrale simmetrico serve da perno ai due tempi laterali, che si rispecchiano l'uno nell'altro, come nel Concerto per violino.
Ciò vale, evidentemente, anche per «Lulu», in cui l'episodio cerniera, l'imprigionamento di «Lulu», quello che non viene visto sulla scena - e per il quale il compositore aveva pensato a una realizzazione filmata - serve da perno centrale all'intera forma dell'opera. È interessante osservare come dai due drammi di Wedekind, il cui taglio è differentemente bilanciato, Berg tragga tre atti in cui simmetria sposta l'accento drammatico dalla morte di Schön verso l'assenza momentanea di Lulu a causa della carcerazione, punto di non-ritorno dell'opera.
È stata spesso sottolineata la probabile identificazione di Berg con Alwa. Certamente, da autore teatrale, egli fa di lui un compositore di opere; ma, fatto ancor più significativo, Berg affida ad Alwa tutta la musica «pura» - nei due sensi del termine -; l'espressione elegiaca è l'ambito di Alwa, talora non senza ironia; questa mescolanza così peculiare in Berg (soprattutto negli «Altenberg Lieder») di sentimentalismo e di ironia, si trova a caratterizzare un personaggio che si sente quanto egli avesse a cuore.
Se per Alwa egli ricorre a un'ironia sentimentale, per gli altri personaggi, compreso quello di «Lulu», la derisione è più corrosiva. Egli ne fa uso in modo assai diverso, a seconda della fisionomia dei personaggi. Per l'Atleta, l'irrisione è brutale, diretta, costruita sui mezzi più manifestamente grossolani; colpi di pugno e di avambraccio sul pianoforte, tasti neri, tasti bianchi, glissando; così è delineato un personaggio la cui prima virtù è la villanìa. Ma esistono mezzi di derisione più sottili: il ricorso, ad esempio, a forme del passato, a ritmi datati, a movenze melodiche troppo dolciastre per essere accettate senza riserve. È così che l'aspetto « neoclassico» di quest'opera, il ricorso a Canzonette, Gavotte, Duettini, Ariette, l'esplicito riferimento a queste denominazioni scritte riprese soprattutto dall'opera italiana dell'inizio dell'Ottocento, la parodia stilistica e la ricercatezza : ottenuta con mezzi desueti possono essere comprese solo in quanto descrizione beffarda dei caratteri presentati, e non come «ritorno» alle forme del passato.
D'altro canto, l'impiego delle forme musicali è uno dei più complessi e più interessanti fenomeni in «Lulu». Woyzeck di Büchner era un abbozzo postumo il cui linguaggio possedeva già una robusta esistenza, e la cui sola forma non era ancora
determinata. Fu così che Berg ebbe modo di dare nuova sistemazione alle scene di Büchner, senza costrizioni artificiose, in uno schema generale in cui la struttura musicale crea la struttura drammatica. Rispetto a Wedekind, il problema è di tutt'altro genere. Berg si trova di fronte a due testi compiuti: il linguaggio di Wedekind è discorsivo, mentre Büchner concerta un'intera situazione in un lapidario scambio di battute. Occorre dunque al compositore «ridurre», nel senso letterale del termine; e gli occorre al tempo stesso evitare la dispersione aneddotica. Per questo, egli focalizza l'azione sui personaggi principali: Lulu, Schön, Schigolch, Geschwitz, e riconduce gli altri
nell'anonimato del Liceale, dell'Atleta, del Banchiere...
Ogni suo sforzo è diretto alla «formalizzazione» dei rapporti tra testo e musica, formalizzazione ben più complessa che in «Wozzeck», dove, lungo l'intera opera, a una scena corrisponde un'idea formale più o meno stretta - sonata, forme preclassiche - un'idea tattica, un ogni caso - invenzione su un suono, su un accordo, ecc. Per una drammaturgia non suddivisa in scene brevi come quelle di «Wozzeck», ma che trova svolgimento nelle lunghe durate, con incroci e ritorni, una tale formalizzazione richiede maggiore flessibilità, e più ampio dispendio di mezzi. Si potrebbe affermare che Berg ricorra sia a forme rigorose, sia a forme tanto elastiche da diventare quasi non forme; forme, comunque, che, Melodramma, Recitativo, implicano obbedienza diretta al testo, mentre le altre, con un grado più o meno ampio di costrizione, forzano il testo a inserirsi in una dialettica musicale fondata su differenti criteri, legati al ritmo o agli schemi tradizionali. In questo senso si potrebbe parlare di forme accettate, come la Sonata, il Canone, accettate e riprese dalla storia, e di forme inventate, in cui una specifica gerarchia, come quella del ritmo, tende a dominare ogni altra dimensione del linguaggio.
In alcune scene di particolare complessità, in cui si rischia la dispersione a detrimento della continuità, si direbbe che Berg abbia provveduto a fornire un quadro d'azione sufficientemente rigido per essere efficace, e sufficientemente flessibile da tollerare gli accidenti del percorso drammatico. È il caso dclla scena in cui Schön riduce il pittore al suicidio: la conversazione è condotta su uno sfondo ritmico ostinato (la Monoritmica, sempre legata, nell'opera, all'idea della morte) mosso da una costante accelerazione; raggiunte ia massima rapidità e intensità nel momento stesso in cui si scopre il cadavere del pittore, questa ritmica perde gradualmente in rapidità e intensità sino al prevedibile arrivo della polizia. Nello stesso modo, la seconda scena del terzo atto, che si svolge a Londra, comincia con andatura veloce alla visita del primo cliente, il professore, e rallenta progressivamente sino alla morte di Lulu, che avviene in un'andatura da incubo, spaventosamente lenta. La manipolazione del tempo da parte di Bcrg, in questo come in molti altri casi, è uno dei più significativi tratti del suo modo di reagire all'aneddoto. Il rallentamento o la precipitazione servono a «formalizzare» il discorso realistico, a conferirgli, in tal modo, una risonanza amplificata al di là del suo senso letterale.
Berg raccomanda espressamente, a proposito delle due scene che impiegano il medesimo testo musicale, che una sia come il rallentamento dell'altra, un'estensione del tempo che «formalizza» dunque questa ripresa offrendole insieme una forza cl'espressione completamente estranea al testo originario.
Si potrebbe ancora dire che egli impiecga talune forme musicali come segni di precisi conflitti, di situazioni date. Se la Monoritmica è il segno della morte, la Sonata è il segno dell'opposizione tra due esseri, mentre il Canone è quello del loro parallelismo, e le Variazioni sono segno dell'ambiguità. Certo, sulla carta, si può attribuire una certa ingenuità a questo vocabolario di segni: ma ciò non impedisce che esso sortisca risultati di formidabile efficacia.
È infine ncccssario un cenno sul linguaggio musicale stesso. Tutti sanno che si tratta di un'opera fondata sulla tecnica della serie di dodici suoni. È un fatto così importante? Dal punto di vista della costrizione, certamente. Berg, fedele allievo di Schönberg, accetta il dogma dell'unità predicato dal suo maestro; in linea di principio, dunque, una sola serie è posta all'origine dell'invenzione tematica e di scrittura. In realtà, si tratta di una rispettosa finzione; la serie originale diventa ben presto un riferimento mitico, al quale Berg ricorre solo per precauzione. Che cosa fa di questa serie? Grazie a complicati artifici, impossibili da rilevare senza essere a conoscenza dei loro meccanismi, egli crea figure tematiche che si attagliano ai diversi caratteri: Lulu, Schön, Alwa, Schigolch, alle situazioni e ai molteplici sentimenti che attraversano l'azione e si intrecciano in modo multiplo. In tal senso, la serie unica dà origine a veri e propri lietmotiv wagneriani, assai fortemente caratterizzati, e persino intensificati da una fissazione strumentale che aiuta l'ascoltatore a percepirli come segnali: tra gli altri, il pianoforte per l'Atleta, il violino per il Marchese il sassofono per Alwa.
Colpisce l'atteggiamento di Berg nei confronti del dogma seriale promulgato da Schönberg: egli lo rispetta e al tempo stesso lo ignora, oppure lo manipola con tale libertà tale disinvoltura da trarre dalla serie ciò che desidera trovarvi. Talune figure musicali esisterebbero anche senza la serie: il cromatismo di Schigolch, la pentatonia dell'Atleta, le quinte di Geschwitz, tutto questo è estorto alla serie senza altra giustificazione che la volontà di collocare i simboli drammatici voluti all'interno del quadro dell'insegnamento schönberghiano: fatica suprema dell'obbedienza, che volge la legge ai propri fini.
Berg non è docile allievo che apparenza. Nella scelta del soggetto così come nell'osservanza tecnica, egli non fa riferimento che a se stesso, e trova il vocabolario che più adeguatamente conviene alla propria espressione. Semplifica il linguaggio mentre lo riempie di riferimenti al passato, mentre unisce ad esso elementi eterogenei. È l'esperienza di «Wozzeck»? Certamente dal semplice punto di vista della difficoltà, Lulu presenta un più accessibile accostamento rispetto all'opera che la precede. La complessità è però più profonda; occorre andare a trovarla nell'ordine formale, nei rapporti multipli che si stabiliscono nel corso dell'opera tra i differenti organismi costituiti dai temi, dagli schemi, dai ritmi; si tratta di una semplicità ingannevole, ma efficace. Quanto ai riferimenti alle musiche coeve - jazz, rag-time - se tolgono Wedekind dall'ambito del primo '900 per collocarlo risolutamente nel momento storico in cui avviene la composizione della musica, esse nondimeno seguono l'esempio di Stravinskij e di Weill, e testimoniano la permeabilità di Berg all'attualità.
È difficile dire oggi se tale attualità è vista in modo critico oppure se è adottata in ragione delle dirette necessità della causa drammatica. Il fatto che un simile atteggiamento lo si ritrovi in «Der Wein» non contribuisce molto a chiarire la questione di questi visibili imprestiti... Così «Lulu», sebbene presenti numerosi tratti in comune con «Wozzeck», si offre sotto una luce assai diversa, più cruda, più permeabile alle coeve correnti europee, soprattutto del contesto berlinese. I tratti sono più marcati, più provocanti. In modo ancor più determinato di prima. Berg ci descrive un mondo in cui la critica e la derisione accusano le ombre, che nè l'elegia nè la nostalgia salvano dal più volgare disastro. Tuttavia la qualità diretta, ossia aggressiva, del discorso fa incessante riferimento a una complessità e a una ricchezza di intenzioni che l'urto iniziale non esaurisce.
Non è più il barocco di «Wozzeck» e la nostalgia del passato che esso suscita; è l'irruzione nell'opera della modernità - l'ultimo momento in cui l'opera «moderna» rappresenta una ricerca valida in una forma direttamente ereditaria dalla tradizione. Quale sarebbe stata la terza opera di Berg?

(Traduzione di Luigi Ferrari)