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Karen Monson

LA RELAZIONE

CON HANNA FUCHS-ROBETTIN

E LA «LYRISCHE SUITE»

 

L'infatuazione doveva essere cominciata nel maggio del 1925, quando Berg andò da solo (come al solito) a Praga, dove sotto la direzione di Alexander Zemlinsky dovevano essere eseguiti i «Drei Bruchstucke aus Wozzeck» al Terzo Festival della Società internazionale di musica contemporanea. Probabilmente fu Alma Mahler-Werfel che indirizzò il compositore alla casa della cognata Hanna e di suo marito, l'industriale Herbert Fuchs-Robettin, dove Berg fu accolto come ospite. Alban era rimasto impressionato dalla vita musicale di Praga prima, dai suoi ospiti poi. Il 15 maggio scrisse a Helene che se ne stava comodamente al sicuro nella villa dei Fuchs, mentre «la vita musicale del mondo si agita come un mare intorno a me, tanto che il mio cervello è in fiamme». C'era anche Kleiber, venuto a parlare di «Wozzeck»; lo «Streichquartett» op. 3 doveva essere eseguito anche a Mosca, e Berg si sentiva «considerevolmente ossequiato e riverito», specialmente da quando il settimanale di musica «Auftakt» aveva pubblicato il suo ritratto.
E, musica a parte, gli era stata messa a disposizione un'automobile, i Fuchs gli usavano molte cortesie, aveva una «camera con acqua corrente calda, una vista stupenda, sapone di Roger & Gallet, persiane alla veneziana»; oltre alla colazione, servita in camera con panini freschi e croccanti ogni mattina alle sette. Per la sua prima mattina a Praga, i bambini Fuchs (una bimba di tre anni e mezzo ed un maschietto di sette) ebbero il permesso di bussare alla sua porta alle otto per visitare il «celebre compositore»; Berg li trovò molto carini» e «piacevoli». Poi andò a vedere il teatro; più tardi fu ricevuto dalla signora Werfel, madre di Hanna e di Franz, prima d'essere invitato a fare un giro in automobile alla villa suburbana per il pranzo e il riposo.
Berg chiamava tutto questo «vita semplice», ma non lo era affatto, e Helene avrebbe potuto leggere fra le righe della lettera un senso di colpevolezza. Pensò di raggiungerlo a Praga, ma il 18 maggio Alban le scrisse ch'era ormai troppo tardi per fare il viaggio, dovendo poi subito tornare a casa, ma che naturalmente se avesse deciso di raggiungerlo sarebbe stata ospite gradita sia per la famiglia Fuchs che per la signora Werfel. Un modo per dirle che non desiderava ch'ella andasse a Praga. Le aveva ricordato d'aver lasciato il suo passaporto a casa, proprio nell'eventualità che lei decidesse di fare il viaggio. Ma Helene avrebbe dovuto farlo vidimare ed acquistare lei stessa il biglietto ferroviario, e naturalmente pagare il biglietto intero, perché non aveva programmato il viaggio.
Helene rimase a Vienna, e Berg fu libero di godersi il Festival ed i Fuchs. Herbert Fuchs conservava nella sua cantina i più celebri vini del continente (Berg era convinto che quello dei Fuchs fosse «il miglior vino del mondo»), e l'ospite fu sempre più gentile con i bambini. Gli dispiaceva lasciare la Cecoslovacchia ed era molto desideroso di tornarvi.
Sei mesi dopo Berg ritornava a Praga dopo una sosta a Berlino per le prove di «Wozzeck». Questa volta la lettera a Helene dell'11 novembre 1925 ha un tono leggermente diverso, e Hanna Fuchs-Robettin è già familiarmente chiamata «Mopinka»:
«La mia corsa in taxi alla stazione si riassume nell'aver sbattuto la porta della miserabile vettura ben diciassette volte per chiuderla, e alla fine ho dovuto tenerla chiusa con la mano per il resto della corsa. Alla stazione giunsi appena in tempo. Sono tanto triste per non averti potuto lasciare che pochi cioccolatini... Prometti che sarai davvero una brava figliola, e che mangerai abbastanza in mia assenza! Prometto anch'io di essere un bravo figliolo!
«Mi spiace veramente doverti rassicurare sul conto mio e di Mopinka. Forse posso dire che la fedeltà è una tra le mie qualità migliori (son sicuro che in una precedente vita ero un cane, e probabilmente lo sarò nella prossima... ma possa morire di cimurro se ho mai peccato contro la fedeltà!); fedeltà verso di te e verso me stesso, verso la musica, verso Schönberg (anche se egli la rende veramente difficile), e anche verso Trahutten... Con una natura tanto conservatrice, come potrei, mia adorata, non esserti fedele, e per sempre? Credimi, come io credo a te!»
Herbert Fuchs-Robettin aveva incontrato Berg alla stazione di Praga e lo aveva invitato immediatamente ad essere suo ospite quando sarebbe tornato a Vienna passando da Berlino. Alla villa si riposarono, poi s'incontrarono ancora per il caffè. Berg scrisse alla moglie: «Anche Mopinka è venuta con i bambini. Il maschietto cresce bene, la bambina è fragile ed ha un aspetto sofferente... Ma è tanto cara che ti piacerebbe certamente. Se un giorno incontrerai queste persone, vedrai che ti piaceranno come piacciono a me. E veramente un'amicizia molto cordiale e senza secondi fini. Questa è la ragione per cui mi sono così affezionato a loro. Vedrai che per te sarà la stessa cosa. Tu capisci, mia adorata, perché insista tanto su questo. Non perché qui mi trovi a meraviglia (i miei pensieri sono già a Berlino), ma per tranquillizzarti sulle grazie di Mopinka!»
Il pranzo con i Fuchs consisteva in uova d'aragosta, gallo cedrone, patate, marmellata di mele, formaggio, frutta e vino, infine brandy. Berg si ritirava poi in camera, deliziandosi della pace e della bellezza che lo circondavano.
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Helene si fermò a Praga una notte, quando finalmente andò a raggiungere il marito a Berlino appunto per la prima di «Wozzeck». Mentre era ospite dei Fuchs, Alhan le scrisse e raccomandò a tutti di trovarsi tempestivamente a Berlino per la prova generale. Infatti si ritrovarono tutti in tempo per gli ultimi preparativi, per la rappresentazione ed i festeggiamenti che seguirono: Berg e Helene, Alma e Franz Werfel, Hanna e Herbert Fuchs-Robettin, un gruppo molto chiuso di devoti di Berg e della sua musica. Almschi, non contenta d'essere la dedicataria di «Wozzeck», aveva assunto anche il ruolo di confidente di Helene.
Berg aveva visto Mopinka qualche giorno nel maggio del 1925, poi ancora in novembre e dicembre a Praga e Berlino. Possono essersi incontrati anche in altre occasioni: forse quando Wozzeck venne rappresentato a Praga nel novembre del 1926 (e fu proibito dopo la terza rappresentazione), o in occasione di altre prime o festival ed anche quando Berg si recava a Berlino. Praga era vicina a Vienna, sicché era naturale che Berg vi si recasse ogniqualvolta veniva eseguito un lavoro suo o di qualche suo collega; ma era anche una comoda fermata tra Vienna e Berlino. Nessuno poteva sospettare che vi fossero altre ragioni, oltre a quelle musicali, per i soggiorni di Berg a Praga. E naturalmente, quand'era nella capitale boema, era logico ch'egli desiderasse far visita ai parenti dei suoi amici intimi, i Werfel.
Alban Berg e Hanna Fuchs-Robettin rimasero in stretto contatto sino alla morte di lui nel 1935. Le lettere di lei a lui venivano inviate tramite l'allievo di Berg, Fritz Klein. Si dice che queste lettere siano state bruciate. Ma le lettere di Berg a Hanna sono state conservate, almeno in parte, ed una di esse, dell'ottobre 1931, può essere interpretata come una confessione:
«Non passa giorno, non un pomeriggio, non una notte ch'io non pensi a te; non una settimana che non sia improvvisamente inondato dal desiderio ardente che sommerge tutti i miei pensieri, sentimenti e desideri, in un ardore che non è assolutamente meno forte di quello del maggio 1925 - solamente offuscato da una pena che fin da allora mi soverchia, e che per lungo tempo ha fatto di me... un commediante. E necessario che tu lo sappia: tutto ciò che sentirai o forse leggerai sul mio conto appartiene - quando non è completamente falso (come, per esempio, ciò che leggo per caso in un programma di Zurigo: «un caldo amore domestico, di cui sua moglie lo circonda, gli permette di creare senza turbamenti») - appartiene a ciò che è solo marginale. Appartiene soltanto a una persona che è un prolungamento assolutamente esteriore di me, ad una parte di me che in anni recenti si è separata (oh!, quanto penosamente!) dalla mia esistenza reale, e ha formato un essere staccato, quell'essere quale io appaio al mio ambiente e al mondo...
«Ma credimi, Hanna (ed ora, finalmente, posso rivolgermi a te con le parole giuste: unico e solo eterno amore), tutto questo appartiene solamente a quella persona esteriore quale io sono stato costretto a presentare me stesso ai miei simili e che tu, grazie a Dio, non hai mai conosciuto, e che (solamente per caratterizzarlo in qualche modo) può divertirsi un poco andando in moto, ma non è capace di comporre Lulu... Quando lavoro e impugno la tua penna, in quel momento sono qui e anche con te, come sono me stesso quando sono con te col pensiero.»
La storia d'amore di Alban Berg e di Hanna Werfel Fuchs-Robettin era cominciata nel maggio del 1925, quand'egli era ormai quarantenne e lei all'inizio della trentina. E continuò sino alla morte di lui, dieci anni e sette mesi dopo. Non esiste alcun documento che possa far pensare seriamente ch'essi intendessero troncare con le loro famiglie e abbandonare i rispettivi coniugi per essere l'uno dell'altra. L'amore di Berg per Hanna non lo allontanò da Helene, e probabilmente, non ebbe alcuna conseguenza importante sulla loro vita matrimoniale.
La cosa doveva rimanere segreta. Reich, che incontrò Berg solamente nel novembre del 1928, ma lo osservò con l'attenzione d'un futuro biografo, è certo di essere nel vero allorché afferma che il ruolo di Helene era quello di consigliera del marito, oltre a quello di provvedere ad una tranquilla e confortevole convivenza perché egli potesse lavorare proficuamente. La verità, però, è che Helene non accompagnava sempre il marito nei suoi viaggi. Non era la critica consigliera dell'attivo compositore; raramente egli discusse la propria musica con lei (come dimostrano le lettere), e v'erano composizioni di lui ch'ella non amava. Se è vero che l'organizzazione e la cura della casa assicurate da Helene davano all'artista «la pace ed il benessere di una vita domestica tranquilla», perché Berg si preoccupava tanto per la salute e per i nervi della moglie? E perché ella si recava così spesso alle cure termali? E sorprendente che abbiano potuto mantenere per tanto tempo l'apparenza d'un matrimonio felice, e non si sia mai sospettato di relazioni di Berg con altre donne.
Certamente nella cerchia di Berg si sapeva della sua relazione con Hanna Fuchs; Alma Mahler-Werfel doveva saperlo, come doveva saperlo il latore delle lettere Klein, e fors'anche qualcun altro degli allievi, divenuti poi suoi amici. E però possibile che questi non conoscessero la vera natura della relazione, né quanto essa fosse importante per Berg, né i suoi particolari. Berg espresse il suo amore nella forma più appassionata e durevole da lui conosciuta: attraverso la musica.
Dovette passare una cinquantina d'anni prima che qualcuno se n'accorgesse. La storia della dichiarazione amorosa in musica offerse finalmente la traccia per avvicinare uno tra i più allettanti e importanti lavori musicali del secolo ventesimo, una storia che vede gli studiosi nell'improbabile ruolo di investigatori. Da molto tempo musicologi e studiosi erano suggestionati dall'idea che nella «Lyrische Suite» vi fosse molto di più di quanto apparisse immediatamente agli occhi ed agli orecchi. Adorno definì questo lavoro (che Berg aveva cominciato a comporre nel novembre del 1925) «un'opera segreta». L'allievo e futuro biografo di Berg immaginava che la sua definizione di questa musica era assolutamente esatta, oppure, come altri, costruì la sua ipotesi in base alla suggestione sonora? George Perle, l'eminente studioso americano specialista di Berg e della sua musica, suppose che alcune parti di questo lavoro fossero «letteralmente programmatiche» - e questo molto tempo prima di conoscere quale ne fosse il vero programma - e concluse che la «Lyrische Suite» era un «dramma psicologico completamente soggettivo»
Forse Perle e Adorno sospettarono che Berg avesse un programma per la «Lyrische Suite»; ma v'era pure la possibilità che la ricchezza di associazioni presenti in questo quartetto per archi tentasse l'ascoltatore a volervi scoprire qualcosa, mentre in realtà Berg non aveva messo in questa musica più segreti di quanti ne avesse messi nel «Kammerkonzert» (o, forse, nel «Kammerkonzert» vi sono più segreti di quanti sono stati finora scoperti).
Curiosità di studiosi, perseveranza, fortuna, riaprirono il mistero della «Lyrische Suite». Il capo investigatore fu Perle, anche se Hans Ferdinand Redlich, uno dei biografi di Berg, aveva messo - in gran parte inconsapevolmente - le mani sul primo indizio, e nello stesso periodo il musicologo inglese Douglass M. Green aveva scoperto una discreta quantità d'altri indizi, proprio quando Perle completava le sue ricerche e chiudeva il caso. La relazione di Perle fu pubblicata per la prima volta nel giugno 1977 sulla «Newsletter of the International Alban Berg Society».
Dopo la morte di Redlich nel 1968, le lettere e i documenti concernenti i suoi studi sulla vita e sulla musica di Berg che lo studioso conservava nella sua biblioteca passarono a Perle quale rappresentante della International Alban Berg Society. Tra i documenti v'erano alcune lettere dalle quali risultava che il manoscritto della «Lyrische Suite» non era in possesso degli eredi del dedicatario Zemlinsky, come Redlich aveva affermato nella sua biografia del compositore, ma era stato inesplicabilmente perduto. Tentando di rispondere ad alcuni dubbi su possibili errori della partitura pubblicata, Redlich era andato alla ricerca del manoscritto; ricordava che, a proposito della «Lyrische Suite», la signora Zemlinsky gli aveva parlato di una telefonata concernente una donna che si chiamava Hanna Werfel-Robettin. Ma il nome non significava nulla per Redlich il quale, senza sospettare che quel nome celasse la soluzione del mistero, non diede seguito alla cosa.
Nel gennaio del 1962 la signora Zemlinsky informava l'Universal Edition che né suo marito né lei erano mai stati in possesso della partitura originale del lavoro. Helene Berg e l'Universal Edition chiesero a Redlich di continuare le ricerche, ma poiché dieci mesi dopo non era stato ancora ottenuto alcun risultato si lasciò cadere la cosa.
Purtroppo la perdita d'un manoscritto non è cosa infrequente. Alcuni tra i manoscritti più importanti di Berg, compreso quello della «Sonate fur Klavier» op. 1, figurano tra i dispersi. Spesso copie manoscritte, fatte dal compositore stesso, sono andate perdute a causa d'incendi o inondazioni, oppure sono state messe all'asta (talvolta, disgraziatamente, a pagine isolate), o immagazzinate in sofiìtte, talvolta in biblioteche o cantine, dove rimangono dimenticate. Tuttavia la confusione che regna tra le parti interessate alla storia del manoscritto della «Lyrische Suite» è di un genere molto raro, quando si pensi che uno tra i molti che ebbero notizia di questa preziosa reliquia, prima ne parla come se la conoscesse bene e poi la dà per definitivamente perduta.
Pur avendo dedicato ufficialmente la «Lyrische Suite» a Zemlinsky, Berg aveva consegnato la partitura a Hanna Fuchs-Robettin, la donna per la quale quest'opera è stata composta. Poco dopo la morte del compositore Alma Mahler-Werfel tentò di convincere la cognata a restituire la partitura a Helene Berg; mandò persino un sacerdote, Johannes Holinsteiner, come messaggero, perché prendesse in consegna il manoscritto durante il viaggio di ritorno a Vienna.
Hanna poteva mostrare tranquillamente la versione manoscritta della «Lyrische Suite», poiché questa non rivelava nessuna storia. Il ricordo veramente importante e personale da lei conservato era una piccola partitura stampata che Berg aveva preparato appositamente per lei, con i segreti dell'opera accuratamente descritti ad ogni pagina. Quando George Perle ebbe notizia di questa partitura annotata, a tutta prima non vi pensò su più di tanto. Non aveva alcuna ragione per immaginare che le relazioni tra Berg e la sorella di Franz Werfel fossero qualcosa di più che un'amicizia, e neppure per sospettare che il compositore non fosse stato sempre fedele alla moglie. Sembrava dunque che non vi fosse nulla d'imbarazzante nel fatto che una donna dell'alta società, avendo avuto il musicista nella sua casa come ospite, possedesse la partitura in formato ridotto di un suo lavoro. Che cosa poteva aver scritto Berg su quella partitura, se non una dedica augurale?
Ma quando nel 1976 la signora Zemlinsky gli ricordò d'aver sentito parlare di una partitura in formato ridotto della «Lyrische Suite», preparata e annotata da Berg «per la signora Werfel-Robettin», Perle poté stabilire alcuni interessanti collegamenti. Già da qualche tempo era giunto alla conclusione che la «Mopinka» nominata da Berg nelle lettere alla moglie era Hanna Fuchs-Robettin, anche se la cosa era passata inosservata nella edizione tedesca, non annotata, delle lettere di Berg a Helene; ovviamente, il musicista non specificava a chi si riferissero i soprannomi. Quando seppe che Hanna era morta nel 1964, Perle pensò che la partitura era probabilmente venuta in possesso della figlia Dorothea insieme con le altre proprietà. In effetti, quando dopo lunghe ricerche si riuscì ad avvicinarla nel New Jersey, Dorothea confermò di possedere la piccola copia della «Lyrische Suite», e fu ben lieta di mostrarla e di dare le spiegazioni che fosse in grado di fornire. Non vi aveva mai fatto caso, non sapeva nulla della sua importanza e non ne aveva mai parlato perché mai nessuno gliene aveva fatto cenno.
La partiturina offerta alla donna che di quella musica era stata l'eroina rivelò l'intero programma della «Lyrische Suite». E fu questa piccola edizione che fece conoscere il segreto dell'opera, rivelando come in ogni frase ed in ogni particolare apparissero Berg, Hanna e i bambini di lei, trasformando il mistero dell'«opera segreta» (così definita da Adorno) in uno dei più completi e dettagliati lavori di musica a programma della letteratura musicale: programma completo di parole espresse ma non cantate.
Le novanta pagine della prima edizione in piccolo formato della «Lyrische Suite» sono datate 1927; Hanna, ed in seguito Dorothea, hanno conservato questo esemplare in ottime condizioni. Berg ha scritto su ottantadue delle novanta pagine, sottolineando anche alcuni passi della prefazione scritta da Erwin Stein. Il gusto del musicista per l'eleganza grafica fa sì che queste annotazioni colpiscano particolarmente l'occhio; Berg adopera matite e inchiostri di tre colori diversi per distinguere le diverse annotazioni: anzitutto rosso (per sé e per Hanna), ma talvolta bleu, e anche verde nel secondo tempo dove appaiono come personaggi i bambini. Sopra il proprio nome, stampato sotto il ritratto all'interno della partitura, Berg firma semplicemente «Alban»; sopra il titolo scrive la dedica: «Per la mia Hanna». Là dove Stein osserva che l'adozione del sistema di composizione con dodici suoni nella «Lyrische Suite», ben lontana dal limitare o coartare il compositore, al contrario gli accorda «la libertà» di citare le battute iniziali del «Tristano e Isotta» nella partitura del suo quartetto d'archi, Berg sottolinea «accorda la libertà» e traccia una freccia da queste parole allo spazio libero sottostante, dove scrive:
«E mi ha fornito, mia Hanna, anche altre libertà! Per esempio, nella musica ho inserito segretamente le nostre iniziali H.F. e A.B., ed ho legato ogni movimento ed ogni sezione di movimento al nostro numero del destino, dieci e ventitré. Ho scritto queste lettere e questi numeri, e molte cose che hanno altri significati, in questa partitura per te, per colei, e solamente per colei - nonostante la dedica ufficiale della pagina seguente - per la quale ogni nota di questa musica è stata scritta. Possa essere un piccolo monumento a un grande amore.»
La dedica «ufficiale» al maestro di Schönberg, Zemlinsky, può sembrare strana, ma non lo è per parecchie ragioni. Nel quarto movimento della «Lyrische Suite», Berg cita un «adagio mosso» dalla «Sinfonia lirica» di Zemlinsky. Il filo che, attraverso Zemlinsky, collega Berg al «Canto della terra» di Mahler è importante, poiché la «Sinfonia lirica», al pari del «Canto della terra», è una sinfonia di Lieder per voce e orchestra. La frase che Berg cita dalla «Sinfonia lirica» di Zemlinsky era in origine: «Du bist mein Eigen, mein Eigen» (tu sei mia, mia). E l'uso della qualifica «lirica» in ambedue i titoli non è una coincidenza. L'importanza di Zemlinsky, che Schönberg chiamava il suo mentore, non può essere minimizzata, come non può esserlo la sua partecipazione alla fondazione della scuola di Schönberg nel 1904, né l'interessamento continuo dell'anziano maestro per i lavori degli allievi di Schönberg, e specialmente Berg.
Ma il punto essenziale, il movente della dedica, fu probabilmente il fatto che Zemlinsky aveva diretto i «Drei Bruchstucke aus Wozzeck» al Festival della Società di musica contemporanea, ed era stato proprio questo concerto che aveva condotto Berg a Praga nel maggio 1925, quando aveva incontrato Hanna Fuchs-Robettin.
Il primo riferimento che Berg sottolinea per il suo «eterno, unico amore» nella partitura di Hanna implica certi aspetti della musica che gli analisti avevano intuito già da parecchio tempo, pur essendo incapaci di spiegarli correttamente, nonché altri particolari ai quali il compositore stesso aveva alluso e che aveva spiegato dettagliatamente nei suoi scritti sulla «Lyrische Suite». Già da tempo si sapeva che Berg usa il numero del destino come forza direttiva tanto per il piano formale del lavoro (compreso il numero di battute in quasi tutti i sei movimenti), quanto per la scelta dei tempi (anche se considerazioni numeriche hanno costretto talvolta Berg ad impiegare i tempi del metronomo, anche se questi non riflettono l'abituale sequenza delle velocità). Si sapeva anche della presenza di un altro numero che nella partitura agiva con la stessa forza. Ma era impossibile dire se questo secondo numero fosse cinque oppure dieci, e non esisteva virtualmente alcuna possibilità che qualcuno potesse anche solo indovinarne il significato.
Però stupisce il fatto che nessuno studioso abbia intuito la verità nascosta dietro l'uso di quelle iniziali. Bastava ricordare che esisteva già il precedente d'un procedimento del genere nell'Arnold Schönberg-Anton Webern-Alban Berg, il tema-motto del Kammerkonzert. Invece a proposito della «Lyrische Suite» si è dimenticato per parecchio tempo che i punti essenziali, le indicazioni che segnalano la serie di dodici suoni, sono A, B, H, F (dove B è il si bemolle e H il si naturale).
Le note analitiche che Berg scrisse per il violinista Rudolf Kolisch quando il quartetto di questi preparava la prima esecuzione del lavoro non nascondono l'importanza del «gruppo di quattro note» del violoncello. Berg ammette di aver alterato la serie di dodici note in quattro movimenti (l'allegretto, l'allegro, i trii del presto e il largo), mutando le posizioni in certi punti essenziali. «Il mutamento non è importante per la linea, ma è importante per il carattere di «dolorosa soggezione al destino» [Schicksal erleidend] scrisse il compositore. Aveva collegato ogni movimento con quello contiguo, non già impiegando le relazioni che regolano l'uso della serie, ma ripetendo un elemento - tema oppure idea - del movimento precedente nel successivo, anche se per questo era necessario cambiare la disposizione del frammento musicale; così l'ultimo movimento si riferisce specificatamente al primo. Come Berg disse a Kolisch, tali riferimenti non sono meccanici: sono necessari per l'«ampio sviluppo» (intensificazione interiore) della «Suite», concepita come un tutto («dolorosa soggezione al destino»). Qui ancora una volta il compositore allude ad un significato interiore, che però non è meglio specificato dalla ricorrente frase «dolorosa soggezione al destino».
Ma nella partitura destinata a Hanna, Berg traccia quadri vividi del ruolo centrale delle tonalità indicate con le iniziali. Sulla pagina di fronte al primo dei sei movimenti, un allegro gioviale, il compositore scrive: «Il primo movimento, il cui per lo più modesto carattere espressivo non fa prevedere la tragedia che seguirà, oscilla fra le tonalità di H e di F maggiore. Il tema principale, una serie di dodici suoni che con le sue variazioni regge tutto il lavoro, è nello stesso modo inquadrato dalle tue iniziali F e H». Inoltre, la serie fondamentale non lascia dubbi sulle sue affinità con certe tonalità: la prima metà disegna la triade di F maggiore, la seconda si muove tra H e B maggiore.
Il secondo movimento, un andante amoroso (persino le didascalie poste da Berg all'inizio dei sei movimenti suggeriscono un conflitto drammatico), nella partitura dedicata a Hanna è il più ricco di annotazioni. Primo: «A te ed ai bambini ho dedicato questo rondò - una forma musicale in cui i temi (e specialmente il tuo tema) si rincorrono continuamente chiudendo un circolo grazioso». Significativo il fatto che questo movimento sia un rondò, dal momento che Berg associò per la prima volta questa forma al virile Tamburmaggiore in Wozzeck, poi al compositore Alwa Schon (che in «Lulu» rappresenta lo stesso Alban). Forse Berg immaginava se stesso mentre guardava oltre il gioco del rondò nella «Lyrische Suite», dominato dal tema principale di Hanna, graziosamente interrotto dai temi dei bambini. Il bambino, Munzo, appare primo nella musica; il suo tema è segnalato vagamente con le parole «non senza intenzione, ma con gentile tocco cèco». Per decenni gli esecutori lessero e seguirono fedelmente l'indicazione del compositore, senza però comprendere che l'accento cèco alludeva al fatto che Munzo frequentava una scuola cèca e parlava questa lingua più correntemente dei suoi genitori tedeschi.
Con gli indizi già chiariti, sembra ora perfettamente ovvio che la bambina di Hanna, Dorothea, conosciuta da amici e famigliari come «Dodo», sia musicalmente rappresentata dalla ripetizione di alcuni do (do-do). Dodo, secondo la didascalia della partitura, nel rondò appare «minacciosa, ma da non prendere troppo sul serio... al contrario, [in modo] dolcissimo» Dodo e Munzo giocano, ma trovano presto motivo per litigare, e vengono calmati dalla mamma. Evidentemente il secondo movimento si conclude con Dodo che scappa, poiché il suo «do-do» riappare nell'ultima battuta «come se venisse da lontano», secondo la didascalia posta da Berg. L'andante-rondò è composto di centocinquanta battute, cioè quindici volte dieci (il numero di Hanna), e l'allegretto iniziale da sessantanove battute (tre volte il ventitré di Alban).
All'inizio del terzo movimento, per stimolare la memoria di Hanna, Berg scrive la data: «20 maggio 1925»; cinque giorni dopo il suo arrivo a Praga per essere ospite dei Fuchs durante la settimana del Festival, un giorno o due dopo aver capito che Helene non intendeva raggiungerlo, e certamente il giorno in cui egli e Hanna avevano sentito che tra loro v'era qualcosa di particolare. Il movimento comincia con un allegro misterioso, «perché tutto era ancora un mistero - un mistero per noi» scrisse Alban. Qui le quattro iniziali si mescolano in una cellula ricorrente; il musicista segna le quattro note H, F, A, B ogni volta che appaiono. L'allegro misterioso, con i suoi passaggi sussurrati, esplode in un trio estatico, «scoppia improvvisamente» lo ricorda Berg a Hanna «sempre il più forte possibile, frenato dalla sordina» agli archi per attenuare e ridurre la sonorità. In questo trio, che rappresenta una sezione contrastante dello scherzo tradizionale, il primo violino rievoca la frase finale della ninnananna di Marie in «Wozzeck», quando lei canta «Lauter kuhle Wein muss es sein» (dev'esser puro e fresco vino), ed è questo il riferimento più chiaro al marito di Hanna, poiché rievoca la cantina dei vini, che tanto aveva impressionato Berg.
Dopo il primo incontro, la coppia dovette separarsi e presentarsi al mondo come se nulla fosse accaduto; così, quando alla fine del terzo movimento riappare la musica dell'allegro misterioso, Berg scrive solamente: «Dimentica!»
Ma non potevano dimenticare, ed il quarto movimento che, secondo il compositore, si colloca al giorno seguente, è un adagio appassionato nel quale le lettere A, B e H, F, impegnate in uno stile canonico, agiscono come personaggi di una commedia musicale. Allora cominciano i riferimenti lirici, dapprima in frammenti molto brevi, sufficienti a suggerire il «Tristano», poi, subito dopo, nella viola e nel secondo violino, con la chiara citazione della frase dalla «Sinfonia lirica» di Zemlinsky, che Berg ha segnato perché Hanna comprendesse ciò che voleva esprimere; prima egli «canta» il verso «sei tutta mia, soltanto mia», poi qualche battuta dopo, a guisa di risposta, lo «canta» anche lei. Nel punto culminante Berg indica agli esecutori che la musica deve sonare pesante e ritenuto, poi (aggiunge per Hanna) «sfumando - nel - totale, etereo, spirituale, trascendentale -» (le parole sono attentamente distanziate sopra il rigo).
Gli ultimi due movimenti della «Lyrische Suite», il quinto e il sesto, contengono segreti anche più sorprendenti e rivelatori. Il quinto è un presto delirando, interrotto da un tenebroso. Qui le parole scritte da Berg si stendono attraverso l'intero movimento, e hanno un significato grafico particolare; sono esattamente ventitré parole nella prima sezione dell'originale tedesco (termina con la parola «giorni», prima che i quattro strumenti introducano successivamente il motivo del «battito ansimante»):
«Questo presto delirando può esser compreso solamente da chi ha la possibilità di presentire gli orrori e le pene che verranno - Degli orrori dei giorni col loro battito ansimante... del dolente tenebroso delle notti, col loro cupo declinare verso ciò che difficilmente può esser chiamato sonno - e ancora il giorno con i suoi rapidi e folli batticuore... come se il cuore si potesse arrestare - di nuovo tenebroso col suo pesante respiro che a malapena può dissimulare una dolorosa agitazione... come se per un momento il dolce conforto di un vero, oblioso sogno scendesse su me... Ma già il cuore si fa sentire... ed ancora giorno e - così - avanti- senza cessare - questo delirio - senza fine.»
Berg aveva bisogno di puntini e lineette per poter disporre le parole sotto la musica nella partitura di Hanna. La sensazione di affondare per l'eternità in un oblioso sonno richiama ancora una volta l'ultimo movimento del «Canto della terra» di Mahler.
L'enigma del sesto movimento è stato scoperto prima ancora che Perle trovasse la partitura annotata; tuttavia esso è divenuto ora più chiaro nel contesto integrale della storia della «Lyrische Suite». Lavorando sulla ricca collezione di documenti dell'eredità di Berg, oggi nella Biblioteca Nazionale Austriaca di Vienna, Douglass M. Green poté studiare alcune raccolte di schizzi per la «Lyrische Suite» ed un primo manoscritto del lavoro completo che - secondo quanto affermava la vedova del compositore - era quello di cui Berg si era servito quando ne sorvegliava le prove. Come nella partitura destinata a Hanna, anche qui Berg aveva impiegato matite e inchiostri differenti, servendosi dei contrasti di colore per mettere in evidenza il profilo della serie nei suoi vari aspetti; evidentemente per soddisfare una sua interna necessità ed avere la certezza che ogni nuova apparizione della serie fosse completa e giustificata. Questo abbozzo della partitura, però, non era completo: il primo, il secondo, il quarto ed il quinto movimento erano quasi completi, ma il terzo movimento e il finale non avevano ancora ricevuto la forma definitiva.
Green scrisse d'aver passato alcune settimane studiando in questo manoscritto i diversi aspetti della serie di dodici suoni, prima di accorgersi che sotto alcune righe dell'ultimo movimento erano state scritte diverse parole. Il manoscritto, sicuramente di mano di Berg, era difficile da decifrare (come sempre quelli del compositore) e, ad aumentare la difEcoltà, il testo era appena abbozzato: alcune parole erano abbreviate ed altre omesse completamente, dando l'impressione che a quel punto il compositore stesse cercando qualcosa e le parole non fossero destinate ad altri occhi che i suoi.
Il testo, nondimeno, si adattava con precisione alle linee melodiche e, intuendo che avrebbe dovuto cercare quelle parole in qualche libro di poesia, Green riusci finalmente a decifrarle: era il sonetto di Baudelaire «De profundis clamavi», dai «Fiori del male» nella traduzione tedesca di Stefan George. Più che una traduzione, il testo di George è un adattamento del testo baudelairiano, e si può rendere, press'a poco così:
Tu, mia sola adorata, ridesti il mio lamento
Dai più profondi abissi dove il mio cuore è caduto.
Qui il paesaggio è morto, l'aria è come piombo e, nella tenebra, la sventura e il terrore risorgono.

Sei mesi il sole è senza calore,
e altri sei la tenebra avvolge la terra.
Persino le lande polari non sono così aride;
non ruscello o albero, non campo, non gregge.

Ma nessun terrore nato nel cervello dell'uomo paò avvicinarsi
al freddo orrore di questa gelida stella
e di questa notte, un gigantesco caos!

Invidio il destino dei comuni animali
che possono sprofondare nello stordimento d'un sonno insensato...

Così fa il fuso del tempo dipanato!

Queste le parole che scorrono lungo quasi tutto il finale della «Lyrische Suite», la «dolorosa soggezione al destino», «largo desolato». Non è il suggerimento di un testo, non è una pura idea, ma un progetto che avrebbe dovuto essere realizzato adattando una sillaba dopo l'altra alla musica. Nella partitura strumentale non vi è nessun disegno che possa essere realmente cantato (il cantante dovrebbe possedere un'estensione di voce di circa quattro ottave). Perle avanza l'ipotesi che Berg desiderasse un'esecuzione del finale con degli a solo vocali, ma che ne sia stato impedito dalla necessità di tener segreto il programma dell'opera così come non voleva rivelare la sua relazione con Hanna.
Green ipotizzava con una punta di scetticismo che Berg si fosse semplicemente divertito a giocare con la possibilità di aggiungere una voce all'insieme strumentale, e che se avesse avuto davvero l'intenzione d'includere il testo nella versione definitiva, tale possibilità sarebbe certamente accennata in qualche sua lettera di quel periodo. È interessante tuttavia ricordare che Schönberg aveva aggiunto la voce al finale del suo Streichquartett n. 2, e che la «Lyrische Suite» è il secondo quartetto di Berg. Inoltre sono troppo forti gli argomenti contrari all'ipotesi che i ritmi e le melodie di Berg si adattino per puro caso alla traduzione di George della poesia baudelairiana; la corrispondenza dovette essere presente alla mente del compositore fin dall'inizio della composizione del finale. Il sonetto potrebbe essere stato l'impulso iniziale del lavoro, anche se probabilmente Berg si rendeva conto che la musica non avrebbe mai potuto essere eseguita con le parole.
Nell'esemplare della partitura di Hanna il musicista scrive il titolo della poesia, il nome dell'autore e quello del traduttore, richiama l'attenzione sulla posizione cruciale delle loro iniziali e mira all'uso integrale del motivo del «Tristano». Solamente alla fine estrema del movimento, e quindi alla fine dell'intero lavoro, Berg trascura di identificare la cellula A-B-H-F. Il fuso del tempo» è stato srotolato; Berg scrive che il disegno della viola trascina la «Lyrische Suite» lontano nell'eternità (alla maniera del mahleriano «Canto della terra»), in una continua morte nell'amore, nella brama e nel dolore».
La scoperta del sonetto di Baudelaire aiuta anche a spiegare la citazione dal «Tristano». Non è certamente eretico o sospetto che Berg pagasse in tal modo un tributo a Wagner; ma il completo significato della citazione è rivelato dalla combinazione del motivo iniziale dell'opera con l'ottavo verso del sonetto: «Non ruscello o albero, non campo, non gregge», e dalla sensazione di solitudine, desolazione e disperazione che esso suscita.
Sulla «Lyrische Suite» restano poche altre cose da dire. Questo è il primo dei lavori importanti nei quali Berg adotta il metodo di composizione con dodici suoni di Schönberg, e si basa su una serie tipica scoperta dall'allievo di Berg, Fritz Klein (quello che portava le lettere di Hanna a Alban), una serie che comprende tutti gli intervalli possibili; l'accordo ottenuto con la simultaneità di tutte le dodici note può esser definito «accordo madre». Berg lavorava alla «Lyrische Suite» nell'estate del 1926, in un momento di apprensione perché il clan Nahowski appariva spesso improvvisamente a Trahutten, e Alban e Helene avrebbero voluto ritornare a Vienna prima d'esser pregati di lasciar le loro camere libere e pronte per ricevere altri ospiti. Berg raccontò poi a Schönberg che l'imminente ritorno in città aveva suscitato in lui una grande premura di portare a termine l'abbozzo della «Lyrische Suite*, così da dover solamente colmare certi vuoti quando sarebbe tornato a Vienna, dove l'opera di creazione gli riusciva molto più difficile.
Documentò ampiamente le esperienze fatte nella sua prima lunga incursione nel metodo di composizione con dodici suoni: «Lentamente sto scoprendo una mia maniera anche in questo, e ciò è per me motivo di grande consolazione. Sarei profondamente afflitto se mi fosse stata negata la possibilità di esprimere me stesso in questo modo. Ed ora so che, a parte le personali ambizioni (e gli idealismi), si comporrà in questo stile quando tutti gli zampognari e gli scribacchini della composizione (internazionale) saranno scomparsi nel limbo».
In un foglio separato pieno di esempi musicali, Berg sottolinea per Schönberg i dodici suoni che compongono la base strutturale della «Lyrische Suite». Aveva cominciato il primo movimento usando la serie di Klein, ma lavorando aveva sentito la difficoltà di elaborarla a causa della sua struttura simmetrica: le seconde sei note, trasportate una quinta diminuita più sotto, sono infatti il retrogrado delle prime sei. Per crearsi più ampie possibilità ed ottenere una maggior varietà Berg inverte la posizione della quarta e della decima nota della serie all'inizio del secondo movimento, così che all'inizio della serie alterata scopre un gruppo di quattro note particolarmente stimolante, che unito alla sequenza iniziale diventa un nucleo importante di tutto il lavoro. Si dà anche la pena di scrivere tutti i possibili canoni (diciassette) che vorrebbe realizzare con questo embrionale gruppo di quattro note: «Per non perdere la speranza di ricadere nell'apostasia del mio sperimentato vero e libero stile».
Perché Berg adotta una serie che presenta tanti problemi? Potrebbe essere stato il desiderio di includere in qualche modo anche Klein nella «Lyrische Suite», come ringraziamento per la sua funzione di messaggero, fosse Klein a conoscenza oppure no di ciò che rappresentava veramente il suo servizio postale per la signora Fuchs-Robettin e Berg. Anche i diciassette canoni a quattro parti restarono uno degli enigmi della «Lyrische Suite» fino al 1972, quando il dottor Jan Maegaard, membro della facoltà universitaria di Copenaghen, lo risolse, documentandolo poi in un articolo della «Zeitschrift fur Musiktheorie». Dopo aver isolato tutti i canoni a quattro voci che evitavano movimenti paralleli di voci, Maegaard osservò che Berg ne aveva impiegato solamente undici. Nessun'altra nota su programmi o altro enigma è stato poi scoperto nei canoni.
Mezzo secolo di audizioni ha dimostrato come il pubblico possa amare la «Lyrische Suite» pur senza conoscerne l'intimo segreto, né capire l'impiego della serie di dodici suoni e le sue sottili alterazioni interne. Il lirismo intenso di questa musica impegna l'ascoltatore su un piano che non ha nulla a che fare col calcolo e con l'organizzazione dei suoni; ciò che Berg aveva definito «intensificazione di stati d'animo» (Stimmungsteigerung) gli permise di disporre i diversi movimenti in modo che, attraverso lo svolgimento del lavoro, quelli dispari divenissero sempre più veloci e quelli pari sempre più lenti, realizzando così una specie di avvincente disputa musicale, anche senza testo o argomento storico. La «Lyrische Suite», secondo quartetto per archi, venne eseguita per la prima volta a Vienna 1'8 gennaio 1927. Assistendo il quartetto Kolisch nella preparazione di questa prima esecuzione, Berg usava la partitura annotata a matita. Ma nelle spiegazioni date a Kolisch ed ai suoi colleghi, Berg non rivelò alcun particolare personale oltre al fatto che la musica era l'espressione di una «dolorosa soggezione al destino». Non disse che la musica era strettamente legata alle parole scritte sotto, e neppure spiegò che la lettera M, che tutti credevano stesse per «motivo», in realtà indicava Mopinka.
La «Lyrische Suite» ottenne un successo immediato, e quando il quartetto Kolisch ne diede una seconda esecuzione a Baden-Baden nel luglio 1927, l'accoglienza del pubblico fu così calda e vigorosa, che il lavoro dovette essere programmato una seconda volta. Per suggerimento di Hertzka della Universal Edition, Berg trascrisse i movimenti centrali del lavoro - andante amoroso, allegro misterioso con trio estatico, adagio appassionato - per orchestra d'archi. Jascha Horenstein ne diresse la prima esecuzione a Berlino il 31 gennaio 1929. Kleiber portò questa trascrizione con sé, insieme coi «Bruchstücke aus Wozzeck», quando fece conoscere la musica di Berg al pubblico americano nel 1930-1931. La versione per orchestra d'archi dei tre tempi della «Lyrische Suite» fu la prima ed unica opera di Berg apparsa sui programmi di élite della Vienna Philarmonia durante la vita del compositore. Per molti questo lavoro fu la prova che non c'era nessuna ragione per temere la musica dodecafonica.
Rimane da domandarsi come Berg avrebbe reagito al pensiero che il segreto della «Lyrische Suite» non sarebbe rimasto tale a lungo. Molto probabilmente ne sarebbe stato alleviato e divertito. Era orgoglioso per l'intelligente realizzazione dell'opera, e doveva stare attento a non vantarsene troppo. Però aveva lasciato tali e tanti indizi che fu solo questione di anni perché la verità fosse scoperta; e quando questo avvenne, solamente i personaggi secondari del dramma erano ancora viventi ed avrebbero potuto vedere i segreti dei loro nonni diventare di pubblico dominio.
È stata una vera fortuna che la storia della «Lyrische Suite» sia rimasta celata fino dopo la morte di Hanna (1964) e quella di Helene (1976), dal momento che Berg non solo non aveva dedicato alla moglie il suo secondo appassionato quartetto - e questo era già di per sé un fatto clamoroso -, ma s'era anche compromesso con una quantità di sotterfugi musical-romantici. Aveva scoperto Baudelaire nell'agosto 1910, nel periodo in cui si struggreva per Helene, attendendo nervosamente e con impazienza il consenso del padre di lei al loro fidanzamento e matrimonio. Poco tempo prima di leggere per la prima volta la lirica in prosa «Il confiteor dell'artista» Berg aveva scritto alla futura moglie quanto fossero profonde le sue reazioni dinanzi alla natura, e come questa potesse impressionarlo e spaventarlo:
«Questa paura della natura, questa consapevolezza che la grande bellezza dello scenario naturale mi porta ad uno stato di malinconia e d'insoddisfazione, mi domina tuttora. Perciò evito queste estasi sconvolgenti come sfuggo le orge sessuali, l'ubriachezza ed i sogni provocati dalla morfina. Fuggo in camera mia tra i miei libri e la mia musica. Sento che solamente qui sono nel mio elemento e nel mio regno; altrove potrei cadere ammalato e sarei sommerso e disintegrato nella natura... Tuttavia so che se altri piaceri... sono nocivi per il corpo e per l'anima, chi può pienamente godere delle bellezze della natura, ne beneficia nel corpo e nell'anima. Così c'è una speranza che accarezzo volentieri, ed è questa: un uomo inebriato da un vino delizioso, appoggiato al seno della sua bella, con viticci nei capelli, in un vero entusiasmo d'amore si trasforma da bestia ubriaca in sublime cantore. Un uomo annientato dalla «Terza Sinfonia» di Mahler ritrova la forza singhiozzando tra le braccia della sua amata. Un libertino ossessionato da desideri sessuali guarda l'amata negli occhi ed è dominato da uno spirito di sacra adorazione. Il morfinomane tormentato da sogni spaventosi cade in un sonno profondo, ma può addormentarsi senza sogni solamente quando la sua amata gli posa la mano sulla fronte, ed allora sente soltanto i buoni effetti della droga. Un giorno anch'io mi sentirò così... con la mia Helene, la mia amata, al mio fianco.»
Poche ore dopo aver scritto questa lettera Berg cominciò a leggere Le piccole liriche in prosa di Baudelaire, un «volume prezioso», e fu meravigliato dal trovarvi parallelismi con le proprie idee. Grazie alla traduzione di Stofan George, si sentì trasportato nel mondo del poeta e capì di poter partecipare alle sue visioni romantiche, anzi di averle realmente anticipate.
Partecipava a Helene i propri pensieri e fantasie, la scoperta di Baudelaire, scrivendole spesso in quei giorni d'ansia, mentre aspettavano entrambi che il padre di lei comunicasse la sua decisione e benedicesse il loro matrimonio. Quindici anni dopo, Berg era ritornato all'opera di Baudelaire nella traduzione di George per scrivere la «Lyrische Suite» da dedicare a Hanna Fuchs, il suo nuovo amore. Quella non fu l'unica occasione in cui recitò la stessa poesia a due donne diverse. Nel 1907, appena dopo il loro primo incontro, Berg aveva mandato a Helene una lettera nella quale citava la poesia di Theodor Storm che comincia: «Chiudimi entrambi gli occhi» (Schliesse mir di Augen belde). Il ventiduenne compositore aveva appena musicato i versi di Storm per il suo nuovo amore. Diciott'anni più tardi, pensando a un'altra donna, Berg compose un'altra musica sullo stesso testo. Qualche aspetto dell'impatto emotivo di questa doppia composizione è andato perduto per la lunga incertezza sulla data esatta di composizione del primo Lied, «Schliesse mir». A questa confusione aveva contribuito lo stesso Berg, probabilmente per disattenzione, e non nel tentativo di nascondere i fatti o di proteggere la sua vita privata.
L'occasione per una pubblicazione che riunisse le due versioni musicali della stessa poesia di Storm fu offerta dal venticinquesimo anniversario della Universal Edition, celebrato con un supplemento speciale del giornale «Die Musik» nel febbraio 1930, il mese in cui Berg compiva quarantacinque anni.
Nella prefazione il compositore scrisse: «I venticinque anni di attività della Universal Edition hanno veduto il grandioso sviluppo della musica, dalla composizione tonale al 'metodo di composizione con dodici suoni in relazione solamente fra loro', e dalla triade di do maggiore, fino agli 'accordi madre'. È merito di Emil Hertzka, direttore della Universal Edition, l'aver seguito questo sviluppo fin dagli inizi. A lui sono dedicati questi due Lieder composti sulla stessa poesia di Theodor Storm. Essi vogliono dare un saggio di tale evoluzione musicale e vengono qui pubblicati per la prima volta. Uno fu composto al principio del secolo, l'altro alla fine del primo venticinquennio (1900-1925)».
Una delle due date citate da Berg non è esatta. La prima delle due composizioni su «Schliesse mir» risale al 1907, non al 1900; su questo punto la memoria del compositore può semplicemente essersi ingannata. Da un altro punto di vista, tuttavia, non può essere stato un lapsus di memoria. Le due composizioni sulla stessa poesia sono sì dedicate a Emil Hertzka e all'Universal Edition, ma non v'ha dubbio che la seconda, quella del 1925, è principalmente un omaggio a Hanna Fuchs, ed è la prima musica che Alban compose per lei.
La seconda versione di «Schliesse mir», infatti, è uno studio per il primo movimento della «Lyrische Suite», ed è anche la prima incursione conosciuta di Berg nella composizione con dodici suoni. Verso la metà del 1925, dopo la pubblicazione del bando di concorso per lavori celebrativi delle nozze d'argento della Universal Edition, Berg scrisse a Webern di aver presentato due Lieder d'amore, «le cui parole non hanno alcun rapporto col giubileo... Ho composto il secondo qui [a Trahutten] - ed è il mio primo tentativo di composizione col metodo dei dodici suoni».
Coscientemente oppur no, Berg aveva cercato di dare a questa nuova tecnica una sua impronta personale, per trovare il modo di fonderla col dramma. E quando l'apparizione di Hanna era stata motivo di nuove ed elevate complicazioni sentimentali nella sua vita, l'adozione del nuovo metodo di composizione ebbe risultati simili anche nella sua musica. La composizione sulla poesia di Storm del 1907 è di vecchia maniera ed inguaribilmente tonale. La versione del 1925, come il primo movimento della «Lyrische Suite», fa uso della serie di dodici suoni di Klein, completa di tutti gli undici intervalli. Il secondo Schliesse mir conta venti battute, due volte il numero del destino di Hanna. E nel centro sta la serie fondamentale sottolineata dalle note F e H, le iniziali di Hanna.
L'influenza di Hanna «Mopinka» Werfel Fuchs-Robettin continuò su Berg e sulla sua musica, forse più di quanto mai si conoscerà. Dalla primavera del 1925 fino alla morte del compositore, tutto ciò ch'egli compose è in relazione con Hanna o con la sua famiglia: ella era sempre presente nei suoi pensieri, anche se non prendeva parte attivamente alla sua vita. Un'altra donna aveva preso il posto di Helene nell'animo di Berg.
Karen Monson, Berg, Milano, Rusconi, 1982, pp. 237-263.