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Arnold Schönberg
a Erwin Stein

11 marzo 1936

 

Al signor Erwin Stein XVIII Willbrandtgasse 43 Vienna.
Caro Stein,

la ringrazio vivamente per la sua lettera del 17 gennaio 1936. Sono stato così a lungo senza notizie circa la morte di Berg, e qui non ne potevo sapere nulla. Credo persino che sia stato ucciso da un trattamento medico inadeguato. Tuttavia, chi ne ha colpa? Mi sembra quasi che avesse ragione il primo medico, e che siano stati gli interventi ad ucciderlo. È terribilmente triste. Soltanto oggi la Ass. Music Publishers mi comunica la sua intenzione di inviarmi il materiale dell'opera di Berg. Dall'epoca della sua lettera attendo la spedizione con ansia crescente, visto che avrei dovuto ricevere tutto una settimana al massimo dopo la sua lettera. Non riesco a comprendere perché sia trascorso tanto tempo, poiché so che delle fotocopie possono venir fatte in pochi giorni, e non vedo perché mi si dovrebbe spedire tutto insieme, si sarebbe potuto quantomeno mettere una parte del materiale a mia disposizione più avanti.

In effetti, non ho alcuna idea del grado di difficoltà di questo incarico, e non so ancora se sarò in grado di affrontarlo in modo degno, degno di Berg e di me stesso. Il pensiero di Berg è fondamentalmente diverso dal mio. Mentre io immagino parti orchestrali assolutamente collegate in vista di un effetto d'insieme, il suo modo di pensare è decisamente pianistico. Ma egli sapeva trasporlo in modo assai efficace per l'orchestra, ed ha saputo comunque esprimere i caratteri e le atmosfere che desiderava. E ciò grazie soprattutto al fatto che egli conosceva bene l'orchestra, ed era da essa dominato. Guardi ad esempio, a pagina 20 dei «Pezzi (sinfonici) da Lulu». I bassi costituiscono la parte della mano sinistra di una composizione pianistica. Oppure a pagina 38-40, un episodio che suonerà certamente in modo assai bello e caratteristico.
11 marzo
Il plico con il materiale è arrivato proprio a questo punto della mia lettera. Mi sono immediatamente precipitato su di esso, e ho constatato immediatamente che tre quarti del terzo atto non sono ancora orchestrati. Poi ho visto che la partitura, o piuttosto la sua riduzione per canto e pianoforte, degli atti precedenti non era arrivata con il resto, così che non avrei potuto sapere quali motivi e quali passaggi erano già stati impiegati in precedenza, e avrebbero dovuto comparire nella ripresa testualmente oppure in forma variata. E ancora, vedo che alcuni passaggi sono pressoché indecifrabili, cosa che avrebbe quantomeno considerevolmente ritardato il mio lavoro.
Infine ho constatato che Berg procedeva in modo assai diverso dal mio nell'impiego delle serie: raddoppio d'ottave, ecc., cosa che rende la decifrazione delle note illeggibili infinitamente più difficile. Perciò, so che se anche consacrassi a quest'impegno tutto il mio tempo di lavoro, non ci sarebbe alcuna possibilità di rispettare il limite di consegna. Ma come comprenderete, anche se io fossi disposto a rinunciare a tutto il mio lavoro personale durante questo periodo, non posso tuttavia impiegare il tempo necessario per le mie esigenze alimentari e per numerosi sgradevoli ma inevitabili impegni. Ma non sono queste le ragioni per le quali non posso affrontare questo lavoro. Poiché ero sin dall'inizio pronto a ogni sacrificio, e avrei fatto tutto quanto mi fosse stato possibile per terminarlo nei limiti previsti o poco più tardi.
Ma, dopo che mi sono un poco orientato tra le note, ho cominciato a leggere il libretto, e ho trovato, nel terzo atto pagina 46 riga 13: «...questo maiale d'ebreo», e a riga 15: «e parlando sempre più un gergo ebreo». Nella partitura ridotta c'è un punto in cui per la seconda volta, PER MANO Dl BERG, è indicato: «Mauschelnd» (parlando in gergo ebreo). La musica esprime (simbolicamente) con toni alti e gracidanti la sfalsatura della voce, e con biscrome nel grave il gergo ebreo. Mi sono procurato i due originali di Wedekind, nei quali il direttore generale si chiama Puntschu, e impiega anch'esso espressioni ebree. Ma le due citazioni che richiedono l'impiego del gergo ebreo («Judeln» e «Mauscheln») non compaiono, sono aggiunte dovute a Berg, che non gli sono sfortunatamente servite a nulla presso i nazisti. Egli forse ne faceva qualche conto?
Forse, nel periodo pre-nazista avrei trovato la cosa sgradevole ma poiché Puntschu è, in Wedekind, appena un poco più antipatico degli altri protagonisti, ciò non avrebbe provocato in me alcuna conseguenza. Ma oggi, che Puntschu sia simpatico o no: «right or wrong, it's my country». E non ci si può veramente attendere da parte mia che io mi entusiasmi per questo passaggio quanto sarebbe necessario, per dare la più elevata caratterizzazione con la mia orchestrazione a questa derisione di qualcuno che è «sudicione, in quanto ebreo». E non si deve dimenticare che in teatro si sarebbe caratterizzato questo sudicione, accanto agli altri sudicioni, ancor più specificamente per la sua propria malvagità che per il suo gergo ebreo.
Allo stesso modo, avrei qualche esitazione ai caratterizzare un imbroglione con l'accento polacco o uno spaccone con l'accento prussiano. Credo che lei non dovrebbe fornire altre ragioni alla Signora Berg oltre a quello che io offro nella lettera alle Edizioni Universal qui allegata. Ritengo pure inutile che il pubblico ne sappia qualcosa, sebbene me ne incaricherei volentieri. Ma non voglio far torto a Berg in alcun ambiente, e tantomeno nel mio, e soprattutto voglio avere per lui la possibilità di dimenticarmi di tutto ciò. Perché mi spiace di non essere più in grado, oggi, di rendergli, contro l'odio verso gli ebrei, un servigio da amico, che avrei volentieri fornito. Lascio alla vostra... [illeggibile] il far parte a Kalmus o a Winter delle mie ragioni, oppure, se volete, lasciare che si attengano a quanto scrivo alle Edizioni Universal.
Capitemi bene: sono volentieri disposto a supporre che Berg abbia fatto tutto ciò per una disattenzione per quanto difficile da comprendere, e sebbene ciò sembri quasi incredibile in un'epoca di estrema persecuzione antisemita, qualcuno non pensa per nulla a ciò che possono pensare i suoi amici. Ma una volta ammessa la disattenzione: impiegare il gergo ebreo mi pare certamente più onorevole che sintomatico di sudiciume oggi quando conosco tante persone degne del massimo rispetto che impiegano questo gergo e che tante altre sono state ritenute degne di una morte da martiri solo a ragione dell'impiego del gergo ebreo. Devo dunque ispirarmi a ciò per orchestrare una musica? Un certo genere di malvagità vi si trova già caratterizzato per il fatto che una persona è ebrea, visto che fa uso del gergo.
Mi spiace infinitamente di aver provocato ritardi nell'orchestrazione, ma non potevo prevederlo. Spero, malgrado ciò, che qualcun altro possa ancora compierla in tempo, soprattutto ottenendo buone informazioni tecniche da lei o da Reich: informazioni che non sarebbero state disponibili in tempo per me. Ma consolerà forse tutti coloro cui la cosa riguarda se dico che sono quasi certo che non avrei potuto rispettare la data limite e che non sono sicuro, sebbene pronto a tutti i sacrifici, di aver il diritto di perdere un anno, visto che ne avrò presto 62 e che non mi resta più che un limitato numero di anni per il mio lavoro. Ma una volta ancora: non è stato questo a condurmi al rifiuto. La ringrazio ancora per le gentili lettere che mi ha scritto in quest'occasione e la prego, per il tempo che ancora ci rimane per comunicare tra noi, di scrivere assai più spesso e di lei, cosa che mi interessa sempre molto. I miei saluti e quelli di mia moglie a lei, sua moglie e sua figlia. La nostra Nuria avrà presto quattro anni, ed è molto, molto graziosa.

Suo Arnold Schönberg