DON ALFONSO
Don Alfonso si esprime sempre in tono sentenzioso, e non disdegna il latino, che fra l'altro Mozart sottolinea acutamente: la frase è su otto «la» ripetuti, conclusi poi da un imperioso salto di ottava discendente, mentre l'orchestra accompagna con una scala ascendente, seguita da una discendente, un «gesto» veramente cattedratico. Fra l'altro, questo è un poco il linguaggio di Da Ponte, che amava servirsi frequentemente di mottl latini, com,e ce lo dimostrano le Memorie, e dove troviamo almeno un ex cathedra che l'autore intende «con distacco, con indifferenza», e non «in tono solenne». Fra l'altro possiamo notare che, nella disposizione delle tre quartine di senari, il verso di don Alfonso «Ex cathedra parlo» è irregolare: è infatti un senario piano, mentre i corrispondenti versi di Ferrando e Guglielmo sono senari tronchi: la qual cosa dà un peso particolare all'affermazione di don Alfonso. Affermazione poi che ci dà l'idea di un dialogo già iniziato (la successiva strofa dei due giovani che lo conferma): che è un modo di iniziar le opere che troveremo ben spesso nei decenni successivi.
Eduardo Rescigno, [Commento al libretto] in «Così fan tutte», Programma di Sala Stagione 1982-1983, Teatro alla Scala Milano, p. 75.
Stefan Kunze: Il ruolo di Don Alfonso
Il fatto che tutto ciò che accade sia «inscenato» da Don Alfonso, come da un «tirafili» che manovra le sue marionette, crea un'impressione di artificiosità. Egli guarda tutto da una posizione di superiorità: scettico, spiritoso, beffardo, indifferente fino a rasentare il cinismo. Ha acconsentito malvolentieri all'esperimento, e ora conduce un gioco che ritiene inutile, anzi dannoso. Infatti una cosa gli è chiara, e in questa consapevolezza è forse la chiave di tutta la pièce: guardare in faccia la realtà dei rapporti e delle relazioni umane rende quasi sempre infelici. È nel terzetto iniziale, così brioso ed elettrizzante, che Don Alfonso pronuncia le parole decisive, dopo aver tentato invano di comporre la lite sulla fedeltà delle due ragazze:

O pazzo desire!
Cercar di scoprire
Quel mal che, trovato »
Meschini ci fa.
[...] Il gioco si svolge secondo i piani. La conclusione potrebbe essere: quod erat demonstrandum. Durante il dialogo iniziale Don Alfonso si vede costretto a proporre una scommessa, a condizione che i due innamoratí si impegnino a fare tutto quello che egli dirà loro. Ferrando e Guglielmo accettano. La conseguenza è che i personaggi si rassegnano completamente al loro ruolo, rinunciando a qualsiasi libertà d'azione o spontaneità. Persino le due ragazze, dopo le resistenze iniziali, si comportano secondo le previsioni. Ciò sembra confermare la teoria di Don Alfonso, secondo il quale ogni azione è determinata a priori. In «Così fan tutte» non v'è traccia del postulato kantiano della libertà. Tutto è necessità, e l'intreccio non è altro che un meccanismo fatalmente orientato alla dimostrazione dell'assunto. [...]
Non rimane alcuno spazio drammatico dove i personaggi possano far valere la propria libertà di decidere e agire. Tutto si svolge secondo le attese e le fatali previsioni. L'impressione è che la disposizione drammatica sia finalizzata alla conduzione di un esperimento teatrale. Questo gioco meccanicistico e artificioso dove i personaggi son trattati come pedine è lontanissimo dallo spessore drammatico delle «Nozze di Figaro» e di «Don Giovanni», dove tutti i personaggi sono continuamente chiamati a decidere fra possibilità alternative e dove la libertà d'azione è alla base dei rapporti umani. In «Don Giovanni» il risultato era la disgregazione della comunità, nelle «Nozze di Figaro» si rasentava il caos a causa dei troppi fili aggrovigliati, giacché in questo caso la libertà minacciava di tramutarsi in accidentalità o in macchinismo. La posizione di «Così fan tutte» è più avanzata in quanto il determinismo sembra scalzare qualsiasi elemento di realtà e veridicità. [...]
Attraverso la dolorosa esperienza le due coppie hanno raggiunto la serenità e la riconciliazione, l'armonia dei cuori. Sorridendo fra le lacrime, gli innamorati si ergono al di sopra dei difetti della natura umana, a dire il vero non di loro spontanea volontà ma obbedendo a un ordine abbastanza perentorio di Don Alfonso. La musica allegra e conciliante scelta da Mozart dissimula il tono piuttosto brusco dell'esortazione:

Qua le destre: siete sposi.
Abbracciatevi e tacete.
Tutti quattro ora ridete
Ch'io già risi e riderò.

Nell'ultimo movimento del finale, Allegro molto, l'ultima strofa recita:

Quel che suole altrui far piangere
Fa per lui cagion di riso;
E del mondo in mezzo ai turbini
Bella calma troverà.
Mozart musicò ciascun verso a seconda del suo contenuto: prima il pianto, poi il riso. Ma nella sua musica non c'è contrapposizione fra chi piange e chi ride perché la sa più lunga: riso e pianto paiono equamente ripartiti. La serenità è conquistata a prezzo di dolore e lacrime. [...]
In Così fan tutte c'è anche il tema della separazione, non soltanto da un'illusione, da una menzogna capitale, ma anche da un modo di vivere e di amare. [...]
Stefan Kunze, «Il teatro di Mozart», Venezia, Marsilio, 1990, pp. 5436-550.