Francesco Degrada

«Don Carlos»

Il teatro musicale
e la sua funzione critica
*

[Solo le prima parte]

[Il palazzo incantato, pp. 143 ss.]

«Don Carlos» rappresenta nell'evoluzíone del pensiero e dell'arte verdiani il tentativo piú lucido e consapevole di proporre attraverso il melodramma - in una sintesi di singolare complessità drammaturgica e di denso spessore significativo - una visione globale della vita e della storia, offrendone insieme - esplicitamente - la chiave d'interpretazione ideologica. «Don Carlos» è l'affermazione - di segno squisitamente borghese e liberale - della libertà di sentire, di pensare e di agire, riconosciuta come diritto naturale e inalienabile di ogni individuo e di ogni popolo. È, in certa misura, una sacra rappresentazione che quei principi proclama esibendo la morbosa fenomenologia conseguente alla loro inumana negazione: è l'evocazione di un mondo in disfacimento sotto lo smagliante decoro delle sue apparenze, l'immagine di una società che soffoca e si sgretola perché conculcata nei suoi diritti naturali, nelle sue organiche ragioni vitali.
L'opera nacque dopo lunghissima, segreta gestazione - attraverso la mediazione del «Don Carlos» di Schiller - come una meditazione su temi di fondamentale rilievo umano e di bruciante attualità. Ma il suo segno non è - come in Schiller - quello dell'utopia, bensí quello del realismo: del quale si fa garante la oggettiva globalità del quadro evocato, la ricercata ed esibita interdipendenza tra le parti dell'universo che il teatro è chiamato a riflettere. Cosí i destini dei protagonisti, scrutati nelle pieghe piú riposte delle loro anime, si intersecano con avvenimenti storici grandiosi e questi, a loro volta - nello scontro drammatico di principi universali - rivelano le loro dolenti motivazioni occulte, il nodo di forze oscure che ne determinano il corso: il tutto in una intricata connessione di piani, di motivi, di temi dotati di straordinaria tensione ideale ed emotiva, che elevano la scena melodrammatica - pur non negandone l'immediata evidenza popolare - a incisiva metafora della realtà, i suoi personaggi e le sue vicende ad emblemi di forze sentite e indicate come tuttavia vive e operanti nella situazione storica contemporanea.
Certo, si potrà obiettare che questa è una caratteristica costante del melodramma verdiano, nel quale il singolo, per quanto condizionanti ed urgenti siano le sue passioni e le sue motivazioni individuali, è sempre deposítario di una forte tensione etico-politica, cosí come il mondo in cui opera è il terreno sul quale il suo privato destino si confronta e si scontra con l'ideologia del collettivo. Che è poi la ragione per la quale risultano inscindibilí, nella peculiare dimensione del realismo di Verdi, la lezione etica schilleriana e l'impulso, di documentata ascendenza sbakespeariana, all'analisi acuta delle psicologie e dei caratteri individuali.
Ma questa tensione alla totalità è nel «Don Carlos» qualità specifica e distintiva, certo non assimilabile al carattere di universalità cui aspira ogni opera del Verdi piú grande, nonché di segno e di peso diversi rispetto ad altre sue esperienze: tra le quali pare a noi possa essergli specialmente accostata, per certa consentaneità profonda di tematiche e di strutture (seppure m una angolazione piú ristretta e specifica e - beninteso - al di là degli ovvi agganci e delle scoperte analogie formali con altre pagine di Verdi, a cominciare dalla vicina «Aida»), un'altra opera nata con altrettali atnbízioni ideologiche («filosofiche» come avrebbe detto Boito): l'«Otello». Come il «Don Carlos», Otello è la tragedia della eclisse dei valori morali, dell'equilíbrio etico sul quale si fonda la vita delle coscienze e degli affetti; ne è alla base una perdita di identità dell'individuo con se stesso, una fatale resa al male originario, a quella malattia mortale dell'uomo moderno e della società che egli esprime, dalla cui esistenza l'ultimo Verdi ebbe (auspice anche la ferale presenza di Boito) sempre piú acuto il sentimento. E non sarà inopportuno ricordare che la composizione di «Otello» si intersecò e si sovrappose, appunto, alla estrema revisione del «Don Carlos».
L'eccezionale ricchezza degli elementi tematici conseguenti a questa esplicita ricerca di totalità espressiva, fa di «Don Carlos» un'opera che rifugge da una prospettiva di lettura univocamente e rigidamente orientata. La sua struttura è unitaria, ma polícentrica; i punti di osservazione da cui porsi per afferrarne con un sol colpo d'occhio la complessa sostanza sono vari, e ogni angolazione permette acquisizioni nuove. La somma delle prospettive possibili offre una visione estremamente densa, frastagliata e se vogliamo anche contradditoria, assai piú complessa rispetto al taglio tradizionalmente riduttivo e convenzíonale del melodramma.
A ben vedere, la vicenda scenica è in «Don Carlos» non piú che il pretesto per mettere a fuoco temi e problemi che di tanto la trascendono; e, in un certo senso, un mezzo per porre in relazione reciproca personaggi e situazioni la cui risonanza significativa travalica - per la loro esemplarità emblematica - la loro puntuale funzione all'interno dell'opera. In altre parole, la ricchezza di significati di cui ciascuno è portatore è decisamente superiore al ruolo a lui devoluto all'interno della trama. Il meccanismo romanzesco dell'azione appare, in quanto offerto in una dimensione straniata, un momento effimero rispetto ai contenuti «assoluti» che s'intravvedono al di là dell'apparenza fastosamente opulenta dello spettacolo. Certo, Elisabetta, Don Carlos, Fflippo, il Marchese di Posa, la Eboli, il Grande Inquisitore si definíscono e assumono progressivamente rilievo attraverso la vicenda dei dramma, ma, per cosí dire, la dominano, anziché esserne condizionati: in qualche misura la attraversano per attestarsi nelle loro dolenti solitudini in una dimensione ulteriore, nella quale intuiamo consistere la sostanza piú profonda e piú vera del lavoro.
A questo segreto carattere del Don Carlos è facile ricollegare - pur tenendo conto degli innumerevoli condizionamenti di ordine pratico cui Verdi dovette sottostare - la tormentatissima vicenda delle sue trasformazioni che gli conferiscono quella « perenne inquietudine » e quel « sospetto di incompiutezza » giustamente rilevati da Gianandrea Gavazzeni. [...]