VERDI-BOITO
Uno straordinario sodalizio
artistico e umano
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Il sodalizio artistico e umano tra Arrigo Boito (scrittore, librettista e compositore) e Giuseppe Verdi, iniziato nel 1880, permise al Grande Vecchio di aggiungere tre aurei tasselli alla storia della musica e della cultura: il rifacimento di «Simon Boccanegra», «Otello» e «Falstaff». |
Non correva buon sangue tra i due artisti prima che iniziasse la loro collaborazione. Nel periodo in cui era uno Scapigliato militante, Boito aveva offeso Verdi: in un'ode goliardica lo accusava di aver imbrattato con le sue opere l'altare dell'arte. Il riavvicinamento, complice l'astutissima Peppina, avvenne quando Ricordi propose a Verdi di musicare «Otello». L'editore disse chiaro e tondo al Maestro che non vi era in Italia un letterato che conosceva Shakespeare come Boito. E Boito, che nel frattempo era passato dal disprezzo alla stima sconfinata per Verdi, accantonò la partitura della sua seconda opera Nerone, pur di servire al meglio il Maestro. |
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Se «Falstaff» esiste, lo dobbiamo ad Arrigo Boito: egli era convinto che Verdi, nonostante stesse per raggiungere gli ottant'anni, poteva ancora creare una partitura scintillante. |
La villa di Sant'Agata luogo di tanti incontri con Arrigo Boito
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Ecco alcuni stralci della corrispondenza che accompagnò la nascita di un capolavoro: |
Verdi a Boito, 7 luglio 1889: Voi nel tracciare Falstaff avete mai pensato alla cifra enorme de' miei anni? So bene che mi risponderete esagerando lo stato di mia salute, buono, ottimo, robusto... E sia pur così: ciò malgrado converrete rneco che potrei esser tacciato di grande temerità nell'assumermi tanto incarico! - E se non reggessi alla fatica? E se non arrivassi a finire la musica? |
Boito a Verdi, 9 luglio 1889: Lo scrivere un'opera comica non credo che la affaticherebbe. La tragedia fa realmente soffrire chi la scrive, il pensiero subisce una suggestione dolorosa che esalta morbosamente i nervi. Ma lo scherzo e il riso della commedia esilarano la mente e il corpo. «Un sorriso aggiunge un filo alla trama della vita.» Lei ha desiderato tutta la sua vita un bel tema d'opera comica, questo è un indizio che la vena dell'arte nobilmente gaja esiste virtualmente nel suo cervello; l'istinto è un buon consigliere. C'è un modo solo di finir meglio che coll'Otello ed è quello di finire vittoriosamente col Falstaff. Dopo aver fatto risuonare tutte le grida e i lamenti del cuore umano finire con uno scoppio immenso d'ilarità! c'è da far strabiliare! |
Verdi a Boito, 10 luglio 1889: Amen; e così sia! Facciamo addunque Falstaff! Non pensiamo pel momento agli ostacoli, all'età, alle malattie! |
Verdi a Boito, 18 agosto 1889: Voi lavorate spero? Il più strano si è che lavoro anch'io!... Mi diverto a fare delle fughe!... Sì signore: una fuga... ed una fuga buffa... che potrebbe star bene in «Falstaff»... |
Boito a Verdi, 20 agosto 1889: Una fuga burlesca è quello che ci vuole, non mancherà il posto di collocarla. I giochi dell'arte sono fatti per l'arte giocosa. |
Verdi a Boito, 12 giugno 1891: Il Pancione è sulla strada che conduce alla pazzia. Vi sono dei giorni che non si muove, dorme ed è di cattivo umore; altre volte grida, corre, salta, fa di diavolo a quattro... Io lo lascio un po' sbizzarrire; ma se continuerà gli metterò la museruola e la camicia di forza. |
Boito a Verdi, 14 giugno 1891: Evviva! Lo lasci fare, lo lasci correre, romperà tutti i vetri e tutti i mobili della sua camera, poco importa, Lei ne comprerà degli altri; sfracellerà il pianoforte, poco importa, Lei ne comprerà un altro. Vada tutto a soqquadro! ma la gran scena sarà fatta! Evviva! |
E «Falstaff» nacque il 9 febbraio 1893 alla Scala. Tra il pubblico, molto elitario, anche Puccini e Mascagni, letteralmente increduli dinanzi a un tale prodigio musicale. Questa commedia lirica entusiasmò anche musicisti di formazione tedesca come Richard Strauss e Ferruccio Busoni, il quale scrisse a Verdi:«Il Falstaff ha suscitato in me una tale rivoluzione dello spirito e del sentimento, che con pieno diritto posso datare da questo momento un'epoca nuova della mia vita artistica.» |
Boito a Verdi, 19 marzo 1893: Io non ricordo, e credo che non si sia visto mai, un'opera la quale abbia saputo penetrare come questa nello spirito e nel sangue d'una popolazione. Da questa trasfusione di gioia, di forza, di verità, di luce, di salute intellettuale deve derivarne un gran bene all'arte ed al pubblico. |
[Il Carteggio Verdi-Boito, a cura di Mario Medici e Marcello Conati, è pubblicato dall'Istituto di Studi Verdiani, Parma 1978.] |
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