La vita e le opere di Gluck

II

1761-1787

N.B. Su Metastasio, cfr. link e scheda nella prima parte della biografia.
1761
Nel febbraio il teatro della Foire St. Laurent di Parigi rappresentò «Le cadi dupé» di Monsigny e il 9 dicembre lo stesso lavoro con nuova musica di Gluck trionfò a Vienna. Il 17 ottobre si eseguì il «Don Juan» di Gasparo Angiolini.
1762
Dopo il pantomimo «La Citera assediata» il 5 ottobre Gluck rappresentò al Burgtheater «Orfeo ed Euridice» di Calzabigi (29 prove e oltre 100 repliche), protagonista il castrato Gaetano Guadagni. Essa fu «la prima opera 'riformata', nel suo rigoroso impianto estetico-formale ispirato ai canoni del più intransigente razionalismo»: le opinioni del pubblico viennese furono divergenti «ma trovò immediatamente il suo sbocco naturale a Parigi dove, già nel
1763
Gluck si recò, di ritorno da Bologna, per curare la prima stampa della partitura. In Italia il musicista era disceso per l'inaugurazione del Teatro Comunale di Bologna che avvenne il 14 maggio di quell'anno con «Il trionfo di Clelia». Era in compagnia di Karl Ditters von Dittersdorf, violinista di scuola italiana, e frequentò Padre Martini e il celebre castrato Farinelli. Nel viaggio di ritorno passa per Parma, Mantova, Trento.
Il castrato Farinelli
1764
Mentre Durazzo cade in disgrazia, Gluck produce «La rencontre imprévue» (Burgtheater, 7 gennaio), con cui culmina la sua attività di compositore di opéras comiques, esperienza fondamentale poiché Gluck «venne a contatto con un mondo espressivo libero dalle convenzioni aulico-galanti dell'opera metastasiana, un mondo popolato da figure piene di freschezza e di spontaneità che si offrivano naturalmente alle esigenze di caratterizzazione personale manifestate dal compositore nella sua produzione italiana. Tecnicamente l'opéra-comique contribuì a snellire la mano del compositore nella maturazione d'un sincretismo linguistico che univa le tendenze all'accurata declamazione proprie del melodramma francese con la vivacità sillabatoria dell'opera buffa italiana e con certi caratteri melodici di netto stampo liederistico-viennese: il tutto articolato sul doppio piano dello stile comico e dello stile serio, non disgiunto da consistenti puntate nelle regioni dell'esotismo musicale, quando l'ambientazione dell'opera forniva il destro all'introduzione della 'musica turca'. Inoltre la produzione francese diede modo a Gluck di venire a contatto con un repertorio di forme nuove, in particolar modo con quei complessi scenico-musicali definiti da strofe in fomma chiusa, recitativi e anche cori che tanta parte avranno nelle grandi opere della riforma.
La produzione francese aveva dato modo a Gluck di comporre musica in sintonia con le proprie esigenze di spontaneità e di naturalezza espressiva che non potevano essere soddisfatte all'interno di un genere rigidamente convenzionale come l'opera seria italiana.» [DEUMM]
In quello stesso anno revisionò «Ezio». Con
Durazzo e M. Coltellini si recò poi a Parigi dove curò la stampa di «Orfeo ed Euridice». A Vienna, il 4 ottobre, fece rappresentare il balletto «Alessandro».
1765
Dopo il ritorno in Austria, seguirono altre opere d'impianto tradizionale come «Il Parnaso confuso» e «Telemaco», variamente legate a occasioni festive della corte viennese. Dello stesso anno è il balletto «Semiramis» che Angiolini trasse da Voltaire e Gluck musicò in quella linea di potente eccitazione drammatica che aveva già dato i suoi frutti in «Don Juan». Sempre in questo periodo è da segnalarsi il viaggio a Firenze per la rappresentazione del Prologo (2 febbraio1767) in occasione d'una festività ducale che diede pure occasione a Gluck di ascoltare l'«Ifigenia in Tauride» di Traetta.
1766 - 1777
«Tutti questi melodrammi che, a differenza di 'Orfeo', rientrano nell'argine ben collaudato dell'opera metastasiana traggono origine da precise commissioni: frutto di spontanea necessità creativa è invece 'Alceste', la seconda opera scritta in collaborazione con Calzabigi secondo i nuovi criteri di organizzazione musicale e drammatica minuziosamente esposti nella prefazione che rappresenta il manifesto più esplicito delle idee-cardine della riforma. 'Alceste', rappresentato il 26 dicembre 1767, ebbe un successo un po' tiepido alla 'prima', seguita però da un alto numero di repliche che rinsaldarono progressivamente la fortuna dell'opera difficile ad imporsi per le straordinarie novità estetiche e formali.» [DEUMM]
1768
«Nel 1768 Gluck ampliò la propria famiglia adottando la nipote Marianna cui il musicista fu legato da profondissimo affetto sino alla morte precoce della ragazza nel 1776. Revisiona «L'Innocenza giustificata», «La Vestale» e musica «La Battaglia di Arminio» di Klopstock.
1769
Un nuovo viaggio in Italia lo portò quindi a Parma nel 1769 con 3 atti unici indipendenti raccolti sotto il titolo de «Le feste d'Apollo» e composti su libretto di Frugoni («Prologo», «Bauci e Filemone», «Aristeo») attraverso un fitto lavoro d'imprestiti da opere precedenti: come IV atto Gluck propose l'intero «Orfeo ed Euridice» che ebbe così la sua prima rappresentazione italiana. A Vienna venne stampata la partitura di «Alceste».
1770
«L'anno dopo, sempre a Vienna, andava in scena la terza opera scritta in collaborazione con Calzabigi, 'Paride ed Elena', preceduta da una prefazione, non meno importante di quella di 'Alceste', in cui il musicista ribadisce la propria volontà di proseguire nell'opera riformatrice del melodramma basata su di una rigorosa sottomissione della musica alle esigenze dell'azione e dell'espressione. Il taglio drammaturgico in 5 atti di 'Paride ed Elena' e l'accentuato interesse per il conflitto tra i personaggi stabiliscono un ponte di collegamento verso la tragédie lyrique, genere al quale Gluck avrebbe dedicato le forze spirituali della sua ultima fase creativa.» [DEUMM]
Ma la tranquillità viennese non era incontrastata, negli anni che seguirono il fenomeno di «Alceste». La partitura stampata dell'opera summenzionata «Paride ed Elena», contiene una dedica, a Giovanni di Braganza, dove Gluck accusa duramente gli infiniti «buongustai» della musica e gli «scioli», i saputelli, nemici di ogni novità, faziosi, addirittura disonesti, e coglie l'occasione per ribadire i cardini della sua estetica con particolare riferimento all'ultima fatica teatrale. Il nuovo dramma in cinque atti di Ranieri de' Calzabigi andò in scena al Burgtheater il 3 novembre del 1770 con il contributo di Noverre, protagonisti Millico e Katharine Schindler; e resistette per una ventina di repliche, sintomo di un'accoglienza moderata, promiscua forse di una certa delusione da parte dei fautori della grande riforma integrale e dei soliti complotti orditi da meschini avversari, pur sempre nel rispetto complessivo del cinquantaseienne, tanto meritorio maestro ormai viennese d'adozione. Quanto a Calzabigi, presto cadde in disgrazia, lasciò Vienna che gli aveva già preferito Coltellini, visse altrove, a Napoli operò collaborando con Paisiello e morì nel '95, otto anni dopo Gluck. [da MIOLI 59-60]
1771
«Audace innovatore nelle scene, di quegli anni Gluck conduceva una vita assai riservata, intatta da sentori politici che non fossero di natura squisitamente artistica (nel '71 Bologna rappresentò «Orfeo ed Euridice», poco tempo dopo che la locale Accademia Filarmonica aveva aggregato il quindicenne Mozart). Al giovane Antonio Salieri [...] diede l'avallo della sua benevolenza e della sua stima (Salieri fu poi compositore di corte a Vienna e maestro di cappella dell'Opera italiana nonché rinomato didatta).» [MIOLI 60]
1772
In questo periodo il musicista veniva a contatto con il marchese Le Blanc du Roullet, diplomatico dell'ambasciata francese a Vienna e fine uomo di lettere che, attratto dalle idee riformatrici di Gluck, gli fornì il libretto de 'Iphigénie en Aulide', tratto da Racine.
1773 - 1774
Fattosi precedere da un accorto battage pubblicitario, nell'autunno 1773 Gluck partiva per Parigi dove poteva contare sulla protezione di Maria Antonietta che era stata sua allieva a Vienna e dove, il 19-IV-
Gluck e Maria Antonietta nel 1774
1774, «Iphigénie en Aulide» fu presentata con enorme successo e seguita, 4 mesi dopo, da «Orthée et Eurydice», in traduzione francese di P.-L. Moline, con altrettanto scalpore di critica e di pubblico.
1775
Dopo un breve ritorno a Vienna Gluck tornò ancora a Parigi. Si rirappresentarono «Iphigénie en Aulide» all'Académie Royale e «L'arbre enchanté» (a Versailles). Si rappresentò anche «La Cythère assiégée», opéra-ballet derivato dall'omonimo opéra-comique. In marzo ritornò a Vienna (intanto il pittore J. S. Duplessis gli aveva terminato il ritratto).
1776
Nel febbraio Gluck partì per Parigi, dove il 23 aprile rappresentava «Alceste» in versione francese. Tornò temporaneamente a Vienna per la morte di Nanette. Da Napoli giunge il rivale Niccolò Piccinni, il 31 dicembre.
1777
«La presenza di Gluck a Parigi con la straordinaria carica di novità delle sue opere avevano scatenato un acceso dibattito critico tra i sostenitori di Jean Philippe Rameau, che non accettavano la violenza espressiva di Gluck e la sua audacia nel superare i clichés drammaturgico-musicali del teatro nazionale, quelli di Gluck, che vedevano nel loro idolo il rinnovatore tanto atteso d'un genere ormai sclerotizzato in fredde formule ripetitive, e quelli del napoletano Niccolò Piccinni chiamato a Parigi nel 1778 ed opposto a Gluck come rappresentante della «civiltà» musicale latina contro la «barbarie» tedesca di questo presunto nemico d'ogni bellezza melodica. La querelle, che coinvolse i più begli spiriti della Parigi intellettuale, si pone tra i capitoli fondamentali della cultura illuministica e dimostra la pregnanza culturale della riforma gluckiana, vero crogiolo in cui pervengono a fusione i decennali fermenti di rinnovamento che si agitavano attorno al melodramma settecentesco.» [DEUMM] Il 23 settembre andò in scena «Armide», che riscosse ampi consensi.
Poche settimane prima, Gluck ricevette l'invito a comporre un'opera per La Scala, che l'architetto Giuseppe Piermarini stava costruendo su ordine di Maria Teresa dopo l'incendio del Teatro Regio avenuto l'anno prima. Soprattutto per mancanza di tempo, il compositore rifiutò.
1778
Il 2 marzo è a Vienna (dopo una visita a Voltaire); lavora assiduamente a «Iphigénie en Tauride». Nella seconda metà di novembre è di nuovo a Parigi, dove ottiene una dilazione per «Iphigénie en Tauride» di Piccinni. Bologna rappresenta «Alceste», senza Gluck.
1779
Parigi tributò un grande trionfo a «Iphigénie en Tauride» (18 maggio), subito stampata. Dopo una parentesi di malattia, diede senza successo «Echo et Narcisse»; decise perciò di partire immediatamente.
«Iphigénie en Tauride» ed «Écho et Narcisse» segnarono per Gluck, rispettivamente, l'ultimo trionfo e la prima bruciante sconfitta che amareggiò molto il musicista e lo indusse a non ritornare più a Parigi, anche in considerazione al progressivo deterioramento della sua salute.
Alla fine dell'ottobre del '79 Gluck era a Vienna, partito da Parigi il 9 del mese.
1780
Giunto a Vienna, nel febbraio del 1780 scrisse:

Io non posso più sputare veleno a Parigi [...]. Sarà difficile che io mi lasci convincere a ridiventare l'oggetto della 'critique' e delle lodi della nazione francese, perché si tratta di gente troppo mutevole [...]. Vorrei che una volta per sempre dicessero quale sia la musica che preferiscono [...].

E nemmeno scrisse più opere nuove, variamente negandosi al poeta francese Sersin che gli offrì un libretto, a Londra che avanzava proposte, a Napoli che mediante il presumibile intermediariato di
Calzabigi addirittura chiedeva di mettere in scena quattro opere, a se stesso che non aveva mai declinato l'idea di completare la «Hermannsschlacht» di Klopstock, a Parigi stessa che progettava una «Hypermestra», a Dalberg che inviò il libretto manoscritto di una «Cora».
1781-1782
Vive appartato a Vienna con la moglie.
Per l'«Iphigénie en Tauride» inscenata il 23 ottobre del 1781 al Burgtheater aiutò il traduttore Johann Baptiste von Alxinger e sistemò adeguatamente il canto alla versione tedesca; non dopo l'81 compose un «De profundis»; lasciò che si rappresentassero a Vienna «Orfeo ed Euridice» (3 dicembre 1781) e «Alceste» (31 dicembre 1781). Stanco della vita parigina e delle polemiche eanelando alla pace, Gluck rifiutò altre proposte.
Il 28 novembre dell'81, mentre era a casa malato, gli fece visita il granduca Paolo Petrovich (poi zar Paolo I, che elogiò l'espressività della sua musica - aveva ammirato l'«Ifigenia in Tauride» tedesca - ed ebbe parole d'apprezzamento per il commiato di «Alceste» dai figli.
In seguito a un colpo apoplettico si curò a Baden e a Perchthodsdorf. Ristabilitosi dalla conseguente paralisi alla parte destra del corpo, nella quiete di Vienna assistette in pace ai fatti e agli eventi della musica europea, sentendosi finalmente fuori dell'agone, anche se non per questo immemore del passato. Intanto si rappresentavano «Ifigenia in Tauride» in tedesco, «Orfeo ed Euridice» e «Alceste».
1783
Nell'estate dell'83, reduce dall'Italia, Reichardt lo visitò, pranzò da lui, ascoltò le sue lagnanze per i danni conseguenti la svalutazione monetaria, lo sentì non cantare ma flebilmente declamare la diletta «Hermannsschlacht», prese atto della sottile ironia contro i francesi e del rassegnato pessimismo circa la fortuna futura della sua riforma (quanto all'invito londinese di cui parlava, eventuale occasione di un passaggio a Parigi, si trattava di un progetto fugacemente accarezzato, subito conteso dalla salute).
1784
Gluck lasciò temporaneamente credere di essere coautore con Salieri della «Danaïdes», rappresentata a Parigi: ma il 26 agosto svelò pubblicamente l'inganno.
1785 - 1787
Trascorse a Vienna gli ultimi tre anni della sua vita.
Il 2 aprile del 1786 pochi giorni prima che al Burgtheater Mozart rappresentasse le trionfali «Nozze di Figaro» Gluck così esordì nel suo testamento:

Nulla essendo più certo della morte, benché l'ora ne sia incerta, nella pienezza della ragione ho preparato tutto in previsione della mia fine, e fissato le mie ultime disposizioni
1º) raccomando la mia anima all'infinita misericordia di Dio, il mio corpo dovrà essere affidato alla terra, secondo il rito cattolico.
2º) per cinquanta messe lascio venticinque fiorini.
3º) lego un fiorino all'ospizio dei poveri, uno all'ospedale generale, uno all'ospedale della città, uno alla Scuola normale, quattro in tutto.
4º) lego a ciascun domestico ancora in servizio al momento della mia morte lo stipendio di un anno.
5º) lascio alla volontà della mia legataria universale la facoltà di dare o no qualcosa ai miei fratelli e alle mie sorelle,
6°) poiché la base di ogni testamento è l'istituzione di un legatario universale, nomino la mia cara compagna in matrimonio Anna Gluck, nata Bergin.
Friedrich Gottlieb Klopstock
L'anno seguente, un paio di settimane dopo la rappresentazione praghese del mozartiano «Don Giovanni», il tardo pomeriggio del 15 novembre Gluck morì. Da una lettera di Salieri:
«Il giorno prima della morte, il buon uomo, dopo pranzo, andò a passeggio in carrozza con sua moglie. La quale m'ha raccontato che stava bene, che aveva pranzato bene, e che uscendo aveva scherzato con un domestico. Un'ora e mezzo dopo, mentre stava in vettura, lo colpì un attacco apoplettico. Erano le quattro. Fu ricondotto a casa. Alle dieci, altro colpo. Nonostante questo, parlava ed era lucido. Il giorno seguente, alle 5 del mattino, un terzo colpo. Alle 9 la signora Gluck mi fece avvertire della disgrazia. Come potete pensare, corsi da lui. Con le lacrime agli occhi gli presi e baciai la mano destra, che muoveva ancora un poco, ma egli non riconosceva più nessuno, e alle 7 di sera cessò di vivere. Aveva quasi indovinato il giorno della sua morte. Due settimane prima gli avevo mostrato il mio nuovo coro, «Il Giudizio universale». Consigliandomi di lasciare uno dei due canti che avevo fatto per il momento in cui si sente la voce di Dio m'aveva detto queste precise parole: «Credo che questo sia più regolare dell'altro, perché meglio si distingue dal comune canto degli uomini, e perciò è più adatto all'idea che possiamo farci della divina maestà. Se non ne siete convinto, aspettate qualche giorno e ve ne manderò notizia dall'altro mondo.»
Il 17, solenni, si svolsero i funerali, verso il cimitero di Matzleinsdorf (in seguito i resti con la lapide sarebbero stati traslati al Cimitero centrale di Vienna). L'epitaffio dell'inseparabile Marianna, sopravvissuta per soli tre anni, suonò così: «Qui giace un onesto tedesco, un buon cristiano, uno sposo fedele, il cavaliere Christoph Gluck, grande maestro della sublime arte dei suoni; mori il 15 novembre 1787».
I1 15 dicembre, al trigesimo dalla morte, il fedele «Journal de Paris» pubblicò un elogio funebre del già coatto rivale, il buon Piccinni, che non esitava a discettare di una «rivoluzione musicale» operata in Francia e proponeva di istituire dei concerti gluckiani alla scadenza di ogni anniversario. Non se ne fece nulla, anche perché incalzavano eventi civili d'altra specie; ma nell'andirivieni delle mode come nella staticità della tradizione l'immagine di Gluck si ergeva senza dubbio come la più audace e la più duratura nello stesso tempo.
MIOLI = Piero Mioli, «Invito all'ascolto di Gluck», Mursia, Milano, 1987, passim.