Piero Mioli

Ecco la riforma:
Orfeo ed Euridice (1762)

 

Genesi di Orfeo ed Euridice
«L'intendente degli spettacoli della corte imperiale, conte Durazzo, credeva che Calzabigi (da poco giunto a Vienna con qualche riputazione letteraria) potesse avere nel suo bagaglio qualche libretto d'opera e lo invitò a metterli a sua disposizione. Calzabigi fu lieto di accedere al desiderio di un uomo così importante. Scrisse rapidamente «Orfeo» e GIuck fu scelto per musicarlo.
Tutti a Vienna sapevano che il poeta imperiale, Metastasio,
teneva in poco conto Gluck, e questi gli rendeva la pariglia non apprezzando i suoi pedanteschi drammi. Egli giudicava che quella poesia fluente e quei caratteri elegantemente convenzionali non avevano nulla di grande ed elevato da offrire alla musica. Gluck non condivideva affatto quelle dolciastre concezioni politiche, filosofiche e morali di Metastasio, le sue metafore, le passioncelle garrule, i giuochi di parole intrecciati geometricamente. Gluck amava le emozioni attinte alla semplicità della natura, le passioni incandescenti spinte all'estremo, i chiassosi tumulti teatrali. Il poeta imperiale, dal canto suo, si deliziava di ingegnose fioriture verbali che si compiaceva di presentare in forma di antitesi, di battibecchi amorosi, di tirate accademiche, di caratterini leziosi, il tutto contrassegnato da una manierata affettazioni. Le mentalità dei due erano agli antipodi.»
Questi gli umori dell'ambiente teatro-musicale viennese che s'apprestava alla cosiddetta riforma Durazzo organizzatore, Calzabigi poeta (e memorialista non imparziale, com'è facile notare), Gluck musicista. Ranieri de' Calzabigi, nato a Livorno il 23 dicembre del 1714 (dunque coetaneo di Gluck), studiò a Livorno e all'Università di Pisa (senza laurearsi, però), entrò nell'Accademia Etrusca di Cortona e nell'Arcadia con il nome di Liburno Drepaneo, si impiegò in un ministero a Napoli (dove scrisse per Giacinto Manna il libretto «L'impero dell'universo diviso» con Giove, nel 1745), si trasferì poi a Parigi dove intorno al '50 conobbe Giacomo Casanova, godette della protezione di madame de Pompadour e pubblicò la «Dissertazione su le Poesie drammatiche» del signor Abate P. Metastasio (1755), passò forse a Bruxelles e infine approdò a Vienna, dove nel febbraio del '61 era «Consigliere alla Camera dei conti dei paesi inferiori» con un onorario di duemila fiorini.
«Grande calcolatore, abile in operazioni finanziarie, esperto nel trattare gente di tutti i paesi, provvisto di buona cultura storica, bel esprit, poeta e gran donnaiolo» (Casanova), astuto come «quel pittore greco che raffigurò il re Antigono di Macedonia di profilo perché non si vedesse che era strabico» (Arteaga), coinvolto in traffici diversi, avventuriero, cosmopolita, sagace ma anche contraddittorio, coltissimo (anche d'archeologia) e pure compromesso in azioni poco chiaramente lucrose, tipico rappresentante della moderna, laica cultura europea e italiana, a Vienna Calzabigi fu accolto con benevolenza dal principe Kaunitz, dal conte Cobenzl, naturalmente da Durazzo. Il quale lo ascoltò recitare un suo libretto sulle vicende di Orfeo e propose di farlo musicare.
Così, più tardi, l'interessato avrebbe descritto quei giorni, irripetibili, intensi di fervore creativo, fatali per il teatro d'opera: «Acconsentii, a condizione che la musica seguisse i miei intenti. Egli mi mandò il signor Gluck, il quale mi disse si sarebbe prestato. Il signor Gluck non era allora noverato (e a torto certamente) fra i nostri più grandi maestri. Hasse, Buranello, Jommelli, Peres e altri occupavano i primi posti. Nessuno conosceva la musica di declamazione, come io la chiamo. Al signor Gluck, che non pronunciava bene la nostra lingua, sarebbe stato impossibile declamare un verso qualsiasi. Gli lessi l'Orfeo e gliene declamai in più volte parecchi frammenti, sottolineando le sfumature della mia declamazione, le sospensioni, la lentezza, la rapidità, i suoni della voce, ora pesante, ora flessibile, di cui desideravo facesse uso nella sua composizione. Lo pregai contemporaneamente di bandire i passaggi, le cadenze, i ritornelli, e tutto ciò che di gotico, di barbaro, di stravagante è stato inserito nella nostra musica. Il signor Gluck aderí ai miei punti di vista».
All'allestimento occorsero 29 prove, ma nell'interpretazione di Gaetano Guadagni (Orfeo), Marianna Bianchi (Euridioe) e Lucia Claverau (Amore) «Orfeo ed Euridice», azione teatrale in tre atti, dopo la première del 5 ottobre 1762 (al Burgtheater) intesa a festeggiare l'onomastico dell'imperatore, superò le cento repliche, trapassando da un successo cauteloso al trionfo incondizionato, nonostante le mene immancabili degli avversari e dei conservatori. Alla seconda recita l'imperatrice Maria Teresa donò al maestro un anello aureo e adamantino, e due anni dopo la partitura fu stampata a Parigi, evento singolarissimo in senso assoluto, ché quasi mai l'opera italiana riceveva gli onori della stampa (dopo gli esordi fiorentini e romani del primo Seicento che erano propiziati dal mecenatismo principesco), e in senso relativo, attesa l'eterna diffidenza con cui la Francia guardava al teatro musicale italiano.
Orfeo ed Euridice fu poi rappresentata a Napoli nel 1774 con aggiunte di Johann Christian Bach, a Madrid nel 1799, a Lisbona nel 1801, a Londra nel 1802; in seguito l'avrebbe riesumata La Scala di Milano il 28 gennaio del 1891.
Piero Mioli, «Invito all'ascolto di Gluck», Mursia, Milano, 1987, pp. 46 - 48.