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RICHARD WAGNER

STORIA DELLA MUSICA EINAUDI

pp. 333-340

 

A differenza di Liszt, Wagner trovò nel teatro musicale la sua forma privilegiata di espressione. Per Wagner infatti il dramma musicale è stato una precisa scelta ideologica: non un genere tra gli altri, ma l'unico luogo in cui potesse trovare piena attuazione l'«opera d'arte dell'avvenire». Il teatro di Wagner (Lipsia 1813 - Venezia 1883) prende corpo in un contesto artistico in cui è già venuto coagulandosi l'ideale di un teatro musicale nazionale che a partire da Mozart, segnatamente dai suoi Singspiele, passando per il «Fidelio» di Beethoven, e poi attraverso le opere di Hoffmann, di Weber, di Spohr, di Marschner, era maturato via via elaborando un complesso tipico di caratteri (dall'esoterico al libertario, dal fiabesco al leggendario, dal demoniaco al popolaresco), per pervenire alla scoperta del mondo del sentimento e dell'irrazionale.
In tale temperie Wagner arriverà a porre alla base del suo dramma musicale il mito quale rappresentazione simbolica di una verità universale cui sarà dato di accedere per adesione immediata invece che per via razionale. Ma proprio nel far ciò, mentre da un lato dichiarerà superate le forme espositive del melodramma tradizionale, d'altro lato, per le innovazioni formali, linguistiche e tecniche d'indole fortemente speculativa che la sua concezione comporta sul piano musicale, poetico e teatrale, egli collocherà il suo pensiero alle soglie dell'arte contemporanea, già annunciandone la mentalità critica.
Wagner muove da opere - «Die Feen» (Le fate, 1833) ricavata da una fiaba di Gozzi e Das Liebesverbot (Il divieto di amare, 1835) tratta da «Misura per misura» di Shakespeare - che si rifanno l'una alla recente tradizione romantica di Hoffmann, di Weber, di Marschner, l'altra agli stili, ecletticamente intrecciati, di Donizetti e di Auber, che egli trova ugualmente diffusi nei repertori operistici dei teatri tedeschi in cui, negli anni giovanili, svolge la sua attività, in qualità di direttore d'orchestra, a Magdeburgo, a Königsberg, a Riga, prima di trasferirsi a Parigi nel 1839; qui l'anno seguente completa la partitura del «Rienzi» , vero e proprio grand-opéra d'argomento storico. Ma una volta mirata nel grande apparato meyerbeeriano l'idea di una totalità convergente e paritetica degli ingredienti dell'opera teatrale, egli procederà, nei lavori seguenti, a una progressiva trasfigurazione di essa, assumendo il grand-opéra a modello negativo e volgendo all'identificazione di una vera opera d'arte totale (Gesamtkunstwerk), le cui componenti avranno a concorrere, in modo unitario e in base a una poetica rigorosa, all'esperienza assoluta del mito, ovvero della sua mistica sfera di verità, intesa al di là della vicenda rappresentativa.
Il trapasso si compirà attraverso «L'olandese volante» , il «Tannhäuser» e il «Lohengrin» per sfociare nei capolavori della maturità: la tetralogia intitolata «L'anello del Nibelungo» , «Tristano e Isotta» , «I maestri cantori di Norimberga» e «Parsifal» , concepiti secondo un sistema ideativo teoricamente definito in ogni suo particolare poetico e tecnico.
Già nel «Der fliegende Holländer» (L'olandese volante), rappresentato nel 1842 a Dresda, dove Wagner si era trasferito da Parigi per poi assumervi la carica di maestro di cappella presso la corte di Sassonia, i personaggi vivono all'interno delle tematiche simboliche che li avviluppano lungo il dispiegarsi di una leggenda. La leggenda, tratta da Heine, narra di un navigatore olandese condannato dal diavolo a vagare sui mari per l'eternità, fin tanto che l'amore fedele di una donna non l'abbia redento. L'opera, piú che quelle di un dramma, assume cosí le sembianze di una grande ballata scenica, dove a contare sono essenzialmente i significati ideali contenuti nei pensieri fissi della maledizione e della redenzione, temi che vedremo insediati stabilmente nel teatro wagneriano. La musica, peraltro, ricalca ancora le forme chiuse e quelle recitative dell'opera tradizionale, anche se la separazione fra le due tende ad essere assorbita dalla costituzione di scene di ampio respiro e dalla ricorrenza di alcuni occasionali motivi musicali «conduttori».
A Dresda Wagner compone ancora, e rappresenta nel 1845, il Tannhäauser. Il libretto è scritto dal musicista stesso, come ogni altro dei suoi drammi, e fonde varie leggende medievali nordiche che hanno per protagonista il Minnesanger Tannhäuser, con quella di santa Elisabetta contenuta in un poema alto-tedesco. I temi, già acquisiti nell'opera precedente, della dannazione e della redenzione, si integrano cosí con quelli dell'amore sensuale, rappresentato da Venere e dalla sua corte, il Venusberg, e dell'amore spirituale: Tannhäuser irretito da Venere, cerca, come l'Olandese volante, una salvazione dal peccato, che soltanto la morte di una vittima sacrificale, Elisabetta, può procurargli. Come nell'«Olandese volante» , la tematica ideale intrinseca all'elemento mitico domina sul racconto e sui personaggi, anche perché, nonostante qualche concessione residua al teatro tradizionale come nelle scene illustrative di massa, il discorso musicale fluisce ormai ininterrotto, fuori da forme precostituite. La tecnica del motivo «conduttore» (del Leitmotiv, come verrà chiamato non da Wagner), vi compare chiaramente anche se non è ancora eretta a sistema.
Essa riappare, invece, pienamente definita nel «Lohengrin» che Wagner completa ancora a Dresda nel 1848 e che verrà rappresentato due anni dopo a Weimar, appena il musicista si sarà rifugiato in Svizzera dopo aver partecipato ai falliti moti insurrezionali della città sassone. Le parti essenziali del «Lohengrin» , infatti, si sviluppano da cinque motivi musicali principali che generano la struttura interna delle scene senza il concorso di forme chiuse (arie, cori, duétti, recitativi). La memoria del grand-opéra persiste, soprattutto nelle parti corali, e tuttavia in funzione, questa volta, della contrapposizione fra un mondo storico e terreno, cosí richiamato, e un mondo fiabesco e ultraterreno, evocato dallo stile interno del dramma musicale, che immerge il mito (la leggenda dell'ignoto cavaliere condotto miracolosamente da un cigno a salvare l'innocenza minacciata) in epoca e luogo definiti (nel secolo X nel Brabante durante il regno di Enrico I). Di nuovo è la salvezza in questione, ma qui sono in gioco le condizioni per cui essa si rende possibile: la dedizione cieca e assoluta, onde la giovane Elsa non dovrà mai chiedere al suo salvatore, divenuto suo sposo, chi egli sia, e l'inconciliabile separatezza fra le ragioni umane e l'ineffabile che le trascende suggerita dalla costituzione stessa dell'opera. Inoltre nel «Lohengrin» la timbrica strumentale, in perfetta simbiosi con l'armonia, raggiunge tale grado di emancipazione dalle componenti del linguaggio musicale cui soleva andare applicata, da valere ormai come dimensione autonoma.
A Zurigo Wagner rimane per circa nove anni, durante i quali scrive il saggio programmatico «L'opera d'arte dell'avvenire» (1849) e mette a punto definitivamente la propria poetica esponendola nel voluminoso trattato «Opera e dramma» (1851) ispirato all'idea di una sintesi di tutte le arti dello spettacolo in un'opera totale che, rifiutando le forme dei melodramma tradizionale, dia vita a una rappresentazione in cui parola, musica e dramma, intimamente fuse (Wort-Ton-Drama) concorrano a ridestare il mito: vale a dire, ad uno svolgimento simbolico di contenuti immaginari i cui significati universali siano comunicati e direttamente vissuti dal sentimento. Tale aderenza di significato e sentimento verrà assicurata dalla musica, in virtú della sua facoltà di rivolgersi al secondo senza la mediazione della ragione. Una musica perennemente presente, in tale funzione, grazie all'orchestra, cui sarà assegnato il compito di esprimere ciò che è inesprimibile a parole: mediante l'armonia e il trasmutare dei timbri strumentali, i piú sottili trapassi mentali e psicologici; mediante i temi conduttori simbolicamente connessi a figure o a sensi ideali, il flusso di coscienza che scorre nel corso dell'azione. Questa, con il gesto e la scena, completerà la comunicazione dell'idea. La poesia, invece, riecheggerà dentro di sé i contenuti concettuali della parola nella rima e soprattutto nell'allitterazione (lo 'Stabreim', che è la ripetizione di lettere o di sillabe uguali all'inizio di due o piú parole successive), la quale, esercitandosi sull'associazione fonica delle radici verbali, unificherà psichicamente le immagini espresse dal testo.
In base a tali dettami Wagner intraprende la composizione di un lavoro colossale costituito da quattro drammi collegati, denominato Tetralogia, al modo che ordinavano i cicli delle loro tragedie gli antichi greci, e precisamente distinto in una vigilia e tre «giornate», che finiranno globalmente per intitolarsi «Der Ring des Nibelungen» (L'anello del Nibelungo), e singolarmente «Das Rheingold» (L'oro del Reno), «Die Walküre» (La Walkiria), «Siegfried» (Sigfrido) e «Götterdammerung» (Il crepuscolo degli dèi). Il lavoro di composizione viene portato avanti dal musicista sino al 1857, interrompendosi alla fine del secondo atto del «Sigfrido» per lasciar posto alla creazione del «Tristan und Isolde» (Tristano e Isotta), ispiratogli dalla passione per Mathilde Wesendonck, moglie di un suo protettore, e dalla lettura di Schopenhauer.
Nel «Tristano e Isotta» Wagner reinterpreta i temi della colpa e della redenzione nell'eccitazione delle sue nuove personali esperienze. Per l'ardore amoroso cli Tristano e di Isotta, per la brama insaziabile che li travolge e li porta a tradire re Marco, protettore e marito, unica, estrema redenzione non può essere che la morte, la dissoluzione, la notte perpetua, intesi, quali in Schopenhauer, come annullamento, come liberazione dalla volontà, ch'è origine del mondo e degli egoismi individuali. I due temi ideali si traducono, pertanto, nel nesso, tipicamente romantico, di amore e morte, dispiegato lungo i tre atti di un'azione poverissima di accadimenti esteriori quanto densa di dialettica e di tensione interiori procurate dall'intreccio sinfonico dei motivi conduttori e da un esasperato cromatismo armonico.
A Lucerna, dove si è stabilito dopo Zurigo, Wagner completa la partitura del «Tristano e Isotta» . Poi attende a una revisione per Parigi di quella del «Tannhäuser» , componendone nuove parti (fra cui l'episodio ballettistico, di rigore all'Opéra, costituito dal Baccanale). Risoltasi la rappresentazione parigina (1861) in un memorabile fiasco, Wagner, assillato da problemi finanziari, conduce per qualche tempo vita movimentata e randagia, finché il giovane re Luigi II di Baviera, suo ammiratore, non gli viene in aiuto, offrendogli sicurezza economica e facendogli rappresentare a Monaco, nel 1865, il «Tristano e Isotta» .
Nel 1866 egli prende dimora in una villa a Tribschen, presso Lucerna, e l'anno dopo vi completa la partitura di «Die Meistersinger von Nurnberg» (I Maestri cantori di Norimberga). Questa è l'unica opera sua che non sia tragica e, salvo il giovanile Rienzi, che non sia d'argomento mitico. Eppure la teoria del Wort-Ton-Drama non vi è essenzialmente contraddetta, perché la storia ivi trattata, al di là dei fatti, collocati in epoca ben determinata, e dei motivi polemici e autobiografici cui essi alludono, si costituisce egualmente a rappresentazione simbolica di una verità universale. La stessa verità che fonda la filosofia wagneriana dell'arte espressa, negli altri drammi, sotto le sembianze del mito: l'arte, per essere tale, deve dissimulare se stessa e apparire come natura, la riflessione deve convertirsi in spontaneità, in immediatezza; il sentimento, che assorbe la ragione, diventa organo della conoscenza. Nell'atmosfera borghese della corporazione cinquecentesca dei Meistersinger si svolge la storia d'amore di Walther, che per guadagnare la mano della giovane Eva messa in palio dal padre, tenta di conquistare il titolo di maestro cantore, e poi gareggia nel canto col suo severo censore, Beckmesser (in cui Wagner ritrae satiricamente il suo critico ostile Eduard Hanslick), vincendolo grazie all'aiuto del saggio e sapiente Hans Sachs. Oltre i contenuti narrativi questa storia vale quale riaffermazione, vissuta nell'opera stessa, di una comprensione che non si può misurare razionalmente pur se nutrita dalla speculazione. Il che si coglie specialmente nel recupero arcaicizzante del diatonismo e del contrappunto entro il principio stilistico latente del cromatismo poc'anzi ratificato dal «Tristano e Isotta» .
Gli otto anni passati da Wagner a Tribschen (dal 1866 al 1874), dopo la morte della prima moglie dalla quale viveva separato, sono segnati da due eventi di capitale importanza per la sua vita spirituale e materiale: l'amicizia stretta col filosofo Friedrich Nietzsche, che da sostenitore appassionato si tramuterà successivamente in acerrimo demolitore della sua arte, scorgendo nella sua mitologia l'espressione ideologica di una coscienza reazionaria, e il matrimonio con Cosima, figlia di Liszt, finalmente divorziata dal direttore d'orchestra Hans von Bulow.
A Tribschen egli riprende anche la composizione della Tetralogia, lasciata interrotta dodici anni prima, e che completerà nel 1874, appena si sarà trasferito nell'ultimo suo domicilio, la villa detta Wahnfried in Bayreuth. La realizzazione dell'«Anello del Nibelungo» avrà finito per occupare, pertanto, un quarto di secolo abbondante. L'idea drammatica che sta all'origine del ciclo, in accordo con i trasporti anarchico-socialisti del musicista nel momento in cui ne aveva concepito il disegno (1848), consiste nel tramonto d'un mondo basato sulla legge e sulla violenza, quello degli dèi e del loro re, Wotan, che simboleggia lo stato cui doveva seguire l'alba d'un'età utopica, di un nuovo ordine, che si annuncia con Sigfrido e con Brunilde, e che avrebbe dovuto essere quello della libertà, della libera autodeterminazione dell'individuo, comune a tutti i membri della società. Lungo la via il motivo propulsore dell'azione torna però ad essere, da contingente, universale: quello della rinuncia all'amore in cambio del potere, formulato all'inizio dal nano Alberico nell'atto di carpire l'oro che dona il potere; quindi nuovamente, quello connesso della salvezza, segnata dalla restituzione dell'oro al fiume, dal crollo della reggia degli dèi, il Walhalla, e dalla riaffermazione o dalla speranza superstite dell'amore tramite il sacrificio di Sigfrido e di Brunilde. La Tetralogia si configura come una grandiosa epopea ispirata agli antichi miti germanici molto liberamente ripresi soprattutto dall'Edda (una raccolta poetica in lingua scandinava risalente al XIII secolo circa) e dal «Nibelungenlied» , poema epico del medioevo tedesco.
Nell'«Oro del Reno» , che ne costituisce la «vigilia», si assiste al trafugamento dell'oro custodito nel Reno da parte del nibelungo Alberico, con il quale forgia un anello magico in grado di conferirgli un potere supremo e che gli viene a sua volta sottratto da Wotan, re degli dei, per essere poi consegnato ai giganti che gli hanno costruito la reggia chiamata Walhalla. La prima «giornata», La Walkiria, introduce la storia dei Welsunghi: Sigmundo, figlio di Wotan, commette incesto con la sorella Siglinda sposa di Hunding, violando quindi la legge che Wotan è tenuto a far rispettare, e genera Sigfrido. Egli comparirà, ormai giovinetto, nella seconda «giornata» a lui intitolata, accudito dal fratello di Alberico, il nibelungo Mime, che intende servirsene per venire in possesso dell'anello fatale custodito dal gigante Fafner sotto le sembianze di drago; Sigfrido uccide Fafner, si impadronisce dell'anello, poi uccide anche Mime e corre a liberare Brunilde, una delle walkirie (figure mitologiche di carattere guerriero) figlie di Wotan, collocata dal padre su una roccia circondata dal fuoco per punirla di aver trasgredito la legge avendo posto in salvo, a suo tempo, lo stesso Sigfrido ancora infante. Infine nella terza «giornata», «Il crepuscolo degli dèi» , l'ingenuo Sigfrido, vittima della macchinazione di Hagen, figlio di Alberico, abbandona Brunilde sposando Gutrune, della stirpe dei Ghibicunghi, ed è a sua volta trafitto dalla lancia di Hagen; sul rogo del suo cadavere si sacrifica la stessa Brunilde, mentre l'oro dell'anello, dal dito dell'eroe, cola di nuovo nel Reno e il Walhalla rovina.
A tenere insieme tutta questa fitta e intricata moltitudine di fatti, di vicende, di simboli, provvede la tecnica del Leitmotiv, qui applicata da Wagner in misura intensiva, in modo che non vi sia momento che non possa essere riferito all'unità del tutto mediante il richiamo musicale. Piú di 90 temi, con forte valenza segnaletica, condensano i sensi ideali che penetrano nel dramma e ne costituiscono il continuo tessuto connettivo. Con i temi del «Sigfrido» Wagner compone anche il sognante «Idillio di Sigfrido» per piccola orchestra, la cui esecuzione offre in omaggio a Cosima nel 1870 per festeggiare il suo trentatreesimo anniversario a un anno dalla nascita del secondogenito, battezzato col medesimo nome.
Nell'ultimo dramma musicale, «Parsifal» , Wagner conduce l'antico motivo ideale di tutta la sua opera - quello della colpa e della redenzione affinato lungo la strada dal concetto schopenhaueriano della rinunzia - a un estremo grado di interiorizzazione, concependone la rappresentazione come quella di un percorso spirituale che si rende di per sé azione visibile scavalcando gli eventi. Risultato ottenuto ora assorbendo gli eventi nella contemplazione statica dell'idea (come durante i lunghi episodi, meramente narrati, di Gurnemanz e di Kundry per mettere al corrente degli antefatti, oppure durante i rituali liturgici al castello del Graal); ora conferendo all'idea, in sé statica, dell'evoluzione spirituale di Parsifal verso la conoscenza redentrice, il movimento di un evento scenico reale (come nelle due peregrinazioni dell'eroe verso il castello del Graal, nel primo e nel terzo atto, descritte mediante lo scorrimento materiale della scena).
Parsifal, piú ancora di Tristano, è un personaggio passivo, che sopporta il percorso dall'ignoranza (egli all'inizio è un «puro folle», ignaro di tutto) alla chiaroveggenza finale, simboleggiata dal sacro calice del Graal, mediante la compassione e la rinuncia, con cui redime dal suo peccato Amfortas, re dei cavalieri di Monsalvato: l'azione del Parsifal consiste nel mostrare tale processo interiore. E la «festa scenica sacrale», come vien chiamata, non è, un'ultima volta, che la trasposizione mitologica di motivi religiosi, cristiani ma anche buddisti e in genere di una religiosità filosofica e non confessionale, in larga misura imbevuti del pensiero di Schopenhaner. Il linguaggio musicale è ancora significativamente governato dal contrasto fra cromatismo e diatonismo: tra un cromatismo che sta a rappresentare il lato peccaminoso della materia (la natura malefica del mago Klingsor, quella perversa della seduttrice Kundry, lo strazio di Amfortas) e un diatonismo che ne esprime gli aspetti benefici (dalla primitiva ingenuità di Parsifal alla sublimità del Graal).
Il Parsifal, la cui composizione fu portata avanti da Wagner anche durante alcuni soggiorni in Italia, venne completato nel 1882 e subito rappresentato a Bayreuth nel teatro appositamente costruito per essere esclusivamente dedicato ai suoi lavori, sette mesi prima ch'egli andasse a morire a Venezia.