Otto Erhardt

SALOME

[dal volume
Richard Strauss. La vita e l'opera,
Ricordi, Milano 1957, pp. 175-183]

 

 

 

Gustave Moreau - Salome
È quasi inconcepibile come in pochi anni sia stato percorso tanto cammino quanto ve n'è da «Feuersnot» all'opera seguente. Esso è solo paragonabile storicamente a quello compìuto da C.M. von Weber da «Abu Hassan» al «Freischütz» .
Strauss scoprì se stesso anche come musicista drammatico. In qualità di uno dei principali attori del rinascimento mozartiano di Monaco, egli potè comprendere, come prima non gli era stato possibile, la distanza spirituale che lo separava da Wagner. La sua permanenza come direttore d'opera e di concerti nella capitale dell'Impero e la sua inclinazione verso la musica contemporanea maturarono il suo sentimento artistico e diedero ali alla sua fantasia. Respirando a pieni polmoni l'aria rinfrescante di Berlino, si lasciò trascinare dalla fervida atmosfera dei «moderni», atmosfera arroventata dalle animate discussioni sul modo di rivoluzionare il teatro e piena di progetti futuristi in tutti i rami dell'arte. Lo spirito del tempo si impadronisce di lui, che aguzza lo sguardo, presente le rinnovatrici aure mattutine e si prepara alla creazione.
Ma in quale direzione si volgerà l'eruzione drammatico-musicale? Egli respinge con senso critico i progetti di libretto che gli vengono sottoposti; accoglie invece rimpulso che gli proviene da «Salomé» , gia rappresentata sulle scene di prosa, autore il poeta irlandese Oscar Wilde, morto sul finir del 1900.
L'argomento C tolto dagli Evangeli di S. Matteo, cap. 14, e di S. Marco, cap. 6, dove si narra come il Tetrarca avesse fatto porre in catene Giovanni Battista, imprigionandolo in un pozzo. Questo per cagione di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, perché il Battista aveva detto a Erode: «Non è lecito giacere con la moglie di tuo fratello». Il giorno del compleanno del Tetrarca la figlia d'Erodiade danzò avanti ai convitati, e tanto piacque questo a Erode, che fece il giuramento di dare alla fanciulla qualunque cosa ella avesse chiesto. Quella, istigata dalla madre, disse: «Dammi su un piatto la testa di Giovanni il Battista». Molto si afflisse il sovrano a questa domanda, ma a causa del giuramento fatto in presenza dei convitati fu costretto a cedere. Giovanni fu decapitato nel pozzo e la sua testa fu consegnata su un piatto alla fanciulla che la diede alla madre.
Questo passo della Bibbia era stato gia trattato nelle antiche «tragedie di orrori» inglesi. In una lepida quartina Hans Sachs descrive la danza di Salomé, «regalmente adorna, col corpo d'angelo, indescrivibilmente delicata e interamente femmina». Heinrich Heine, in «Atta Troll» , fu probabilmente il primo che fece dell'amore respinto il motivo della decapitazione del Battista.
Oscar Wilde fu invece impressionato dalle pitture di Fra' Angelico da Fiesole e di Luca van Leyden e da una vetrata della Cattedrale di Burgos; ma più lo influenzarono due opere letterarie: il racconto «Hérodias» di Flaubert, con la vivida descrizione dello sfondo orientale, e la novella «A rebours» di Huysmans con la deserizione del quadro «La Danza di Salomé» di Gustave Moreau [La tragedia lirica «Hérodiade» di Massenet (Bruxelles 1881) appartiene al genere dell'opera storico-decorativa convenzionale. Nel 1907 Florent Schmitt (nato nel 1870 morto nel 1952) compose la musica del mimodramma «La Tragédie de Salomé» .]
L'atto di «Salomé» , secondo Wilde, fu suggerìto dal proprio impulso e non da un ordine della madre. Il poeta scrisse il lavoro a Parigi nel 1891 in un francese squisito. La prima rappresentazione del dramma in lingua tedesca ebbe luogo a Breslavia nel 1901 con successo straordinario. Strauss ne ebbe conoscenza a Berlino nel novembre 1902, quando Max Reinhardt lo pose in scena in modo memorabile.
Un giovane poeta viennese, Anton Lindner, il cui «Hochzeitlich Lied» (Canzone nuziale) era stato posto in musica da Strauss, si offerse per trasformare il dramma in libretto d'opera. Ma delle prove ch'egli inviò al musicista, questi non seppe che fare. Si sprofondò nuovamente nel poema wildiano ed ecco scoccar la scintilla: «Niente libretto di tipo tradizionale! Comincerò direttamente col testo di Wilde: 'Com'e bella questa sera la principessa Salomé"...». Fu come un'illuminazione: il testo originale, in cui il contenuto musicale era immanente, era quello che doveva essere posto in musica.
Tuttavia questo non avvenne senza qualche modifica, com'era stato poco prima il caso di Debussy, quando aveva composto la musica per il «Pelléas et Mélisande» di Maeterlinck. Il drammaturgo musicale in evoluzione, sempre pià cosciente del proprio obiettivo, approfittò dell'esperienza della propria pratica operistica di tanti anni e pesò bene la materia prima di cominciare a darle forma. In tal modo con felicissima ispìrazione fece sorgere la tragedia, spoglia di ogni deviazione storico-letteraria.
La misteriosità, la rarità, la decisa singolarità di questo poema unico nel suo genere, l'ingegnosa combinazione di tragici destini individuali con il cozzo di due mondi all'incontro di due epoche culturali, tutto questo viene ad essere rivestito del suo equivalente sonoro. L'espressione adeguata è trovata nella dualità che a quei tempi opprime gli uomini, come anche per il mosaico di sensazioni eterogenee che determinano gli stati d'animo. L'esotico ambiente della corte di Erode, con la sua esuberante sensualità e le sue figure viziose e corrotte, è stato così opportunamente descritto come l'ambiente orientale, col caratterìstico miscuglio di popoli, dove si trovano insieme «ebrei di Gerusalemme che litigano a causa delle loro ridicole cerimonie, Egiziani silenziosi e sottili Romani grossolani e brutali dal parlare sboccato». Il presentimento di vicini avvenimenti che dovevano ripercuotersi universalmente, le sinistre allucinazioni di Erode («il battito di gigantesche ali nell'aria»), tutto ciò resta incluso nella musica come fossero fenomeni di natura. La luna, il cuì aspetto è mutevole secondo la disposizione dell'animo di chi la contempla, accompagna l'azione attraverso le sue fasi, desta negli uomini le più diverse sensazioni e traccia misteriosi cerchi intorno al destino della figura principale.
Il sipario si leva senza alcuna preparazione strumentale e dalle prime battute si sente la pesantezza inebriante della notte di luna meridionale.
Nell'interno dell'unico atto l'azione è articolata in due sezioni principali. La prima, più intima, comprende l'episodio della disobbedienza per amore di Narraboth e il suicidio di lui per gelosia, la esposizione delle tre figure centrali di Erode, Jochanaan e Salomé, e rincontro decisivo di costei col profeta. La seconda sezione, maggiormente proiettata verso l'esterno, comprende l'arrivo di Erodiade e dì Erode, la sollecìtudine di quest'ultimo per ottenere il favore di Salomé, l'annunzio del «Redentore del mondo» e la conferma e la negazione di questa venuta fatte rispettivamente dai Nazzareni e dagli Ebrei (tesi del Iº Nazzareno che afferma: «Il Messia è giunto»; antitesi del Iº Ebreo, il quale sostiene: «Il Messia non è giunto»; la prima esposta in un meraviglioso canto di fede, la seconda lanciata a scatti in un secco «parlato»; contrasto che è un panorama in miniatura di storia universale) la danza di Salomè, la lotta del Tetrarca contro la pertinacia di lei nell'esigere la ricompensa, la decollazione di Jochanaan, l'apoteosi trionfale di Salomé e il suo schiacciamento.
Le due parti sono legate fra di loro intimamente e unite esteriormente da un interludio sinfonico di grande ampiezza. In questo pezzo, che col suo linguaggio sconvolgente non costituisce affatto una pausa riposante ma piuttosto una continuazione degli intimi avvenimenti, l'autore ha racchiuso la quintessenza di ciò che è avvenuto prima e lascia intravedere lo scioglimento anticipando l'idea della vendetta sotto forma di motivo conduttore.
La disposizione del materiale tematico, elaborato contrappuntisticamente, e il collegamento psicologico dei motivi stanno a denotare una straordinaria forza intuitiva di associazione. [Per esempio, quando durante le allucinazioni di Erode, che sente il battito funesto di ali enormi, si ascolta il motivo di Jochanaan (m. 166 e 234 della partitura); appure quando, alla fine del breve interludio dopo che Jochanaan lia lasciato la scena, lo stesso motivo è esposto dal clarinetto in mi bem. (n. 153 della partitura) in valori diminuiti, svelandoci così, conne la m lampo, quel che avviene nell'anirno di Salome.]
Lo stile melodico, in cui qualche occasionale banalità si perde nelle ditirambiche esaltazioni del sentimento, è pieno di violento ardore sensuale. I ritmi, a volta a volta vibranti o morbidi, sospingono affannosamente senza tregua sempre più avanti.
I personaggi cantano in monologhi o in dialoghi; soltanto nel quintetto degli Ebrei si ha un insieme vocale che con la sua fattura particolarmente severa giunge ad interrompere l'azione. In uno «scherzo burlesco» i cinque Ebrei impiantano una disputa sulla propria religione, dapprima alternandosi, poi assordandosi reciprocamente in un fugato di grottesca esagerazione, con una verbosità di meschina presunzione e di fanatica prepotenza. I motivi principali di Salome
e di Jochanaan
fortemente contrastanti, hanno la doppia funzione di esprimere il carattere delle persone e di simboleggiare genericamente i due opposti mondi. Di particolare significato il tema vero e proprio di Jochanaan, che si erge imponente:
L'orchestra di Salome rappresenta la più alta espressione di potenza finora raggiunta in quel campo. È composta degli strumenti ad arco (molto suddivisi), 19 strumenti a fiato di legno (compreso l'Heckelphon ovvero oboe baritono), 15 strumenti d'ottone, 4 timpani e ogni specie di strumenti a percussione; inoltre 2 arpe, celeste, campanelli, xilofono, organo e armonio.
Il maneggio di tale apparato sonoro ci appalesa il sovrano evocalore di fascinose e rare visioni sonanti, come ad esempio nei passi «Com'è dolce qui l'arial» e «Com'è oscuro lì sotto» (n. 24 e 45 della partitura), dove l'ascoltatore ha la sensazione reale dell'ambiente descritto. Attenendosi per principio al concetto tonale, Strauss adopera tanto le progressioni diatoniche quanto complicati accordi alterati in una audace mescolanza di pittoreschi coloriti ottenendo effetti di politonalità e finanche di atonalità. L'orchestra domina incontrastata avvenimenti ed ambienti, incluse anche le voci umane; da essa scaturisce l'atmosfera scenica, il paesaggio palestinese, la irruenza bacchica della danza e il canto finale della protagonista, e così pure il profetico messaggio della redenzione universale.
La magnificenza immaginativa, scintillante di spirito, del poeta dà luogo ad una pittura musicale poetico-onomatopeica dalle sfumature continuamente cangianti. La «collana dalle quattro file di perle» rifulge nelle quattro file sonore delle scale in terze delle arpe (n. 287 della partitura); il verde raggiante del «più bello smeraldo» (n. 269), i «blanchi pavoni» (n. 276), i «topazi gialli e rosei» (n. 287), gli «opali sempre lucenti d'un fuoco freddo come gelo » (n. 289), i «crisoliti e i berilli, crisoprassi e rubini, sardoniche e giacintee», (n. 290), i «tre meravigliosi turchesi» (n. 293); tutto questo appare visibile in un intrico di sonorità iridiscenti e come sublimato a mezzo di appropriati richiami melodici, che illuminano segreti moti dell'animo.
Anche le crude illustrazioni veristiche trovano giustificazione nei fattori ambientali. La più forte fra esse è quella del sacrificio di Jochanaan, quando i suoni dei contrabbassi (gli esecutori dovranno stringere la corda fra il pollice e l'indice, e quindi sfregarla bruscamente con l'arco) si convertono in un grido raccapricciante, come un gemito (n. 304).
Per la «danza dei sette veli» i musicanti attaccano le sincopi primitive d'una danza esotica eseguita da strumenti stridenti e strepitosi, ma Salome li contiene col gesto imperativo, accompagnato dal motivo «voglio la testa di Jochanaan»; dopo di che «il ritmo furioso tosto si placa e dà luogo ad una melodia soavemente cullante». Con questa fantasia sinfonica è creato un nuovo tipo di movimento: non danza da balletto, ma danza d'espressione; non esibizionismo erotico, ma pittura del più intimo di una anima. E un poema danzato, nel quale tutto si svolge intorno ad un unico avvenimento, nel quale tutto e riferito ad un conflitto drammatico. [E tuttavia, venticinque anni dopo, Strauss esigeva che nell'eseguire, la danza, Salome si movesse entro uno spazio ristretto e in pose ieratiche, le quali sono in curiosa posizione antitetica alla sua musica dionisiaca]
Per la sua origine mitologica Salome non appartiene alla Bibbia, ma piuttosto al politeismo indo-fenicio. È «la dea che simboleggia la voluttà e l'isterismo immortale senza sentimentalità, come rantica Elena, avvelenando tutto quel che le e vicino, tutto quel che vede, tutto quel che tocca» [Huysmans]. Wilde la presenta come un essere impulsivo d'incrollabile forza di volontà e di pericolosa e prematura maturità, come una creatura dalla morbida decadenza di «fine di secolo».
Strauss. con raffinata eccitabilità nervosa di uomo moderno, ha messo in luce i moventi occulti del fenomeno, ma nello stesso tempo ha ridotto le esaltazioni eccessive, ha attenuato la perversità e della bellissima, seducente, virginale principessa ha fatto un ostinato «enfant terrible». Ha fatto ancor più: le ha dato, nella danza e nel monologo finale, la sua musica spontanea, affermativa e priva di problemi, nella quale la figura di lei si leva più alta ed attraverso la quale ella raggiunge il proprio destino. Strauss ha teso umana, da musicista, la figura femminile, superando l'immoralitá wildiana.
Questo appare più evidente nella successione di accordi che, partendo dal motivo del desiderio, presenta quello della vendetta per il disdegnato amore e che tornano a risuonare straziantemente dopo le ultime parole di Salome (n. 361), pochi istanti prima della sua morte, in una visione apocalittica.
Fusione totale della parola e del suono in una compiuta unità, completo dominio di situazioni scabrose raggiunto a mezzo della sorprendente sontuosità sonora dell'orchestra e del fervore appassionato della voce umana, incessante fluire di un torrente di suoni nel quale affonda ciò che è decadente risorgendo luminoso e depurato: tutto ciò è Salome di Richard Strauss.
La partitura fu terminata il 20 giugno 1905 e la prima rappresentazione ebbe luogo il 9 dicembre dell'anno stesso all'Opera Reale di Dresda, dinanzi ad un pubblico internazionale. Essa costituì un fatto capitale della carriera di Strauss e segnò un avvenimento nella storia del teatro. [Direttore E. von Schuck, regista W. Wirk; Salome, M. Wittick, Erode K. Burrian, Jochanaan, C. Perron. L'orchestra comprendeva centodue professori.]
L'opera produsse un effetto formidabile e il successo fu senza esempi [«Lo stesso Strauss, secondo quanto egli stesso racconta, aveva quella sera la sensazione assoluta di uno stato di spirito "rnoscio"» (Adolf Aber in Opernfestpiele Dresden 1928, ed. da 0. Erhardt).], malgrado la parte della protagonista fosse stata assunta dall'eroina wagneriana Marie Wittich, la quale si presentò in costume oltremodo severo e si fece sostituire nella danza da una ballerina (lo stesso avvenne più tardi all'Opera di Corte di Berlino con Emmy Destinn). [ Nuovarnente si è ricorso a questa sostituzione nel 1955 a Monaro e nel 1956 alla Scala di Milano.]
Franz von Stuck - Salome
Il secondo teatro su cui l'opera apparve al principio del 1906 fu il Comunale di Breslavia, sotto la direzione di >Julius Prüwer, con un'orchestra ridotta di settanta esecutori, i quali con meraviglia dei compositore, fecero onore alla partitura in tutto l'essenziale, e con la cantante croata Fanchette Verlume, che fu la prima ad eseguire personalmente la «Danza dei sette veli».
In Italia la prima rappresentazione di Salome fu preparata contemporaneamente, sul finire del 1906, alla Scala di Milano da Toscanini e al Regio dì Torino dallo stesso autore. La prima pubblica esecuzione ebbe luogo a Torino, ma Milano la precedette di alcune ore, con la prova generale pubblica. La prima Salome italiana fu Salomea Krusceniski, che fu anche la prima interprete dell'opera al Teatro Colon di Buenos Aìres. Nel gennaio 1907 seguì il Metropolitan di Nuova York con Olive Fremstad quale Salome, e nel corso dell'anno stesso il Teatro do la Monnaie di Bruxelles e il San Carlo di Napoli con frenetico successo. A New York l'impresario Hammerstein riprendeva l'opera in lingua francese, nel gennaio 1909, con la cantante scozzese Mary Garden, la quale fu poi Salome alla prima esecuzione di Chicago (1910). Qui furono tante le proteste, a cui seguì l'interdizione dell'opera, che soltanto al principio del 1922 essa poté tornare sulle scene.
A Vienna Gustav MahIer combatté per Salome una delle sue ultime battaglie dírettoriali per ottenere la revoca della proibizione che, per motivi religiosi, chiudeva all'opera le porte dell'Opera Imperiale e Reale, proibizione che si estendeva anche all'Opera Reale di Budapest. Nel gennaio del 1907 MahIer scriveva che «Salome è un lavoro molto forte, di grande genialità, uno dei maggiori capolavorì del nostro tempo».
Ricorderemo qui alcune famose Salome, oltre a quelle già nominate: furono esse la finlandese Ainò Ackté, l'italiana Gemma Bellincioni, la ceca Maria Jeritza. la francese Genevieve Vix, le tedesche Anna Sutter, Aline Sanden, Barbara Kemp, Christel Goltz, l'ungherese Rose Pauly, e la jugoslava Ljuba Welitsch.
Carl Strathman - Salome
Il successo internazionale era raggiunto; ma intanto sorgevano fastidiosi inciampi, perché il clero prendeva partito contro l'opera, come avvenne a Bruxelles ed a Vienna, o protestava «on grounds of morality» come a Nuova York, a Chicago, ed anche alla fine del 1911 a Londra, dove la censura impose «assurde modifiche».
In occasione della ripresa di Salome all'Opera di Dresda, venticinque anni dopo la prima esecuzione sullo stesso teatro [Direttore F, Busch, regista O. Erhardt, Salome M. Raidl. 183] Strauss apportò alcuni ritocchi alla strumentazìone, dei quali ebbe beneficio specialmente la parte della protagonista. Egli espose allora in qual modo concepisse la danza: «Una danza orientale pura e semplice, più seria e moderata che si possa, assolutamente decente, eseguita quanto più possibile sullo stesso posto, quasi sopra un tappeto da orazioni. Soltanto alla tonalìtà di do diesis minore un movimento di traslazione e al 2/4 finale un'esaltazione discretamente orgiastica». Ed all'invito di spiegare il mistero dell'ultima scena rispondeva: «La scelta del modo in cui Lei deve interpretare il finale è lasciata alla sua sensibilità. Questo finale è quasi imperscrutabile, come lo è in genere la natura della donna, ed io stesso con precisione non lo so. Se lo sapessi, non sarei un artista, ma un giornalista!»