ATTO I

ANALISI VI

 

L'Atto II inizia con una marcia lenta per i sacerdoti. Jahn dice che, rispondendo ad un amico che l'accusava di averla rubata dalla marcia dell'Atto I, Scena III dell'«Alceste» di Gluck, «Mozart rispose ridendo che questo era assolutamente impossibile, dato che essa se ne stava ancora là, al suo posto». La somiglianza tra i due pezzi è solo di atmosfera, perché il colore orchestrale che Mozart ottiene con il suo solo flauto sopra archi, corni, corni di bassetto, fagotti e tromboni è unico nella sua maestosa solennità. Quando Sarastro invita i sacerdoti ad accettare Tamino come iniziato, essi rispondono con i tre accordi in si bemolle che abbiamo sentito per la prima volta nell'ouverture.
L'aria di Sarastro («O Isis und Osiris») è una preghiera di grande bellezza e maestà, permeata di calore umano che libera la musica da ogni sospetto di religiosità. (Non fu Bernard Shaw che disse che le due arie di Sarastro erano la sola musica che egli riusciva ad immaginare scaturire dalla voce di Dio?). Alla fine di ciascuna delle due stanze dell'aria, il coro dei sacerdoti ripete sommessamente l'ultima frase di Sarastro un'ottava sopra e l'effetto è di una serenità radiosamente soprannaturale.
Il breve duetto («Bewahret euch vor Weibertucken») per due sacerdoti, tenore e basso, è atipicamente brioso, specialmente se si considera il suo messaggio di ammonimento contro le astuzie delle donne. È seguito da un superbo quintetto («Wie? Wie? Wie?») in cui Tamino, Papageno e le tre Damigelle della Regina della notte portano ciascuno il proprio contributo nel loro modo caratteristico, formando una unità da un gran numero di elementi dissimili. La naturalezza colloquiale ed il combaciare del tono d'ammonimento delle Damigelle, il solenne senso di risolutezza di Tamino ed il chiacchiericcio di Papageno, sono una delizia assolqta. Venendo dopo una musica così incantevole, l'effetto delle battute finali è elettrizzante. «Tuoni e fulmini» vengono chiamati nelle didascalie e Mozart produce degli accordi appropriatamente terrificanti per accompagnare l'improvvisa sparizione delle Damigelle, seguiti da un arpeggio discendente, mentre anche Papageno si getta a terra impaurito.
Charles Osborne, Guida alle opere liriche di Mozart, Firenze, Sansoni, 1982, pp. 422-423.
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