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Jean Mistler

«Muor giovane
colui che al cielo è caro»

 

Poche glorie furono precoci quanto quella di Mozart, già celebre a dieci anni: ci fa pensare a quella giovane gloria i cui primi sguardi, secondo Vauvenargues, sono più dolci delle luci dell'aurora. Venticinque anni dopo, nel 1791, Mozart ha trentacinque anni. Nel frattempo, ha prodotto un'opera immensa, oltre seicento numeri nel catalogo di Köchel, e questo complesso enorme comprende, certo, qualche scherzo musicale e opere di circostanza, ma vi reperiamo diciannove messe, venticinque opere liriche, otto vespri e litanie, trentanove mottetti, dieci cantate, settantun'arie con accompagnamento d'orchestra, quarantun melodie, ventitré sonate per piano, quaranta per piano e violino, trentadue quartetti, trii, quintetti, suite di balletto, serenate, cinquantacinque concerti, cinquantun sinfonie! Ci vorrebbe oltre un anno per eseguire l'opera integrale. Nessuno al mondo può vantarsi di averla udita tutta e per studiarla a fondo ci vorrebbe più tempo di quel che ne impiegò Mozart a comporla! Non si trova, né nel XVIII né nel XIX secolo, un musicista così fecondo, salvo forse Telemann, ma le sue opere migliori sono di gran lunga inferiori alle opere più scadenti di Mozart.
Ebbene, nel 1791, l'autore di tanti capolavori è soltanto un malato moribondo che sarà portato al cimitero dal carro funebre dei poveri. Egli sta ormai per terminare quella sua vita in cui permangono tanti enigmi e in molti punti forse non sarà mai chiarita. Eppure conosciamo abbastanza bene il suo ultimo anno di vita. Le testimonianze abbondano e possiamo seguire quasi giorno per giorno le vicende della sua tragedia.
La casa in cui viveva Mozart, in quell'anno 1791, non esiste più. Fu distrutta e sostituita intorno al 1840 da un banale immobile d'affitto il cui solo nome, Mozarthof, rammenta che il maestro abitò in questo luogo. Ma la casa in cui visse ci è ben nota attraverso le stampe. Era un edificio a due piani dalla facciata asimmetrica e un grande tetto a quattro spioventi. Al piano terra, due botteghe e un grande portone; al primo piano, l'appartamento di Mozart. Sopra il portone era posta una statua della Vergine col Bambino sormontata da un piccolo baldacchino con in cima una croce. L'appartamento di Mozart comprendeva quattro stanze, più un vestibolo e una cucina. Il salone faceva angolo con una voliera in cui cantavano i canarini prediletti dal musicista. È qui che egli abita con la moglie e la serva Elisa. Il figlio maggiore, di sei o sette anni, è in collegio e l'ultimo, quello che nascerà appena qualche mese prima della sua morte, verrà messo a balia. I coniugi Mozart quindi vivono soli, come nei primi anni di matrimonio.
Il mobilio lo conosciamo: comprende due cassettoni, un sofà, due divani, un piano e (si noti il particolare) un biliardo con dodici stecche e cinque palle, più una lanterna e quattro fiaccole. Mozart era un grande appassionato di biliardo e spesso, mentre lavorava, si alzava e lasciava il clavicembalo per fare qualche carambola. Ecco alcuni estratti dell'inventario dei suoi beni redatto all'indomani del decesso:
Denaro liquido: 60 fiorini.
Stipendi da riscuotere, il trimestre della pensione di secondo maestro di cappella: 133 fiorini.
Denaro prestato da Mozart, ma irrecuperabile: Gilowsky, 300 fiorini; Stadler, 500 fiorini.
Quanto all'argenteria, la lista è presto fatta: tre cucchiai, 7 fiorini.
Vengono poi gli abiti:
1 abito bianco con gilé Manchester 6 fiorini
1 abito turchino 2 fiorini
1 abito rosso 1 fiorino 30
1 abito di nanchino 45 kreutzer
1 abito di bigello 3 fiorini
9 camicie
3 paia di scarpe, ecc. ».
Per riassumere, il bilancio definitivo della successione comportava:

attivo 592 fiorini 09 kreutzer
passivo 918 fiorini 16 kreutzer
deficit 326 fiorini 07 kreutzer.

Si noti che le somme dovute da Mozart a diversi amici portavano lo scoperto a circa 3.000 fiorini.

È pressappoco la stessa situazione che lascerà, trentacinque anni dopo, Beethoven.
Perché questa miseria? Per ragioni molteplici, ma che vanno tutte nello stesso senso. Innanzitutto, nel 1791, la fama di Mozart è molto diminuita. Dopo i trionfi del bambino, dopo i concerti che rendevano fino a 1.000 e 1.500 fiorini l'uno, già il suo secondo soggiorno a Parigi e il secondo viaggio a Vienna avevano fatto molto meno sensazione. Il bambino prodigio non c'era più, restava solo l'artista, e l'arte pura attrae i curiosi e gli oziosi assai meno dei fenomeni da baraccone. Mozart non dà quasi più concerti. Nel 1782 e nel 1783 ne contiamo diciannove in un mese. Diciannove concerti, anche con un compenso ridotto, gli permettono di vivere; ma adesso, è tanto se dà cinque o sei concerti all'anno. Nessun mecenate privato a cui possa appoggiarsi. Ha lasciato la casa dell'arcivescovo di Salisburgo. Il famoso calcio nel sedere con cui il conte Arco lo saccia segna una data nella storia della musica. Questo affronto fatto dal maggiordomo dell'arcivescovo al più grande musicista di tutti i tempi segna la fine della servitù dei musicisti. Dopo questa data, non ci saranno più «musicisti domestici» nelle case signorili, ma in cambio di questa indipendenza ritrovata, bisognerà guadagnarsi da vivere duramente e a fatica. I mezzi di comunicazione come il cinema, i dischi, la radio, la televisione, di cui dispone oggi un compositore per guadagnare soldi, non esistevano ancora nel XVIII secolo. La corte imperiale è indifferente. Solo qualche mese prima di morire, Mozart otterrà il posto di secondo maestro di cappella, per 800 fiorini all'anno.
Questi i motivi esterni della miseria di Mozart, ma ce ne sono altri dovuti al suo carattere: Mozart è un bohémien, sua moglie è imprevidente quanto lui. Quando hanno soldi, vanno insieme al cabaret; cenano, invitano amici, tengono tavola imbandita. Quando Mozart passeggia per le vie della città e vede un bell'abito rosso coi bottoni di madreperla, deve comprarselo subito, anche se non ha denaro, e la sua corrispondenza ci mostra, negli ultimi mesi di vita, una ventina di lettere desolanti contenenti richieste reiterate di denaro all'amico Puchberg, negoziante, compagno di massoneria, che a forza di 20 o 100 fiorini gli ha prestato un totale di 2.000 o 3.000 fiorini. Non è una somma enorme, ma Mozart non era neppure riuscito a avviare un rimborso. Quel che riceveva con una mano, lo dava con l'altra: abbiamo visto, nell'inventario della successione, i due prestiti irrecuperabili, fatti a due compagni con soldi di cui invece avrebbe avuto bisogno lui, e per mangiare.
Sulla sua generosità e la sua imprevidenza vi sono innumerevoli testimonianze. La più curiosa è quella di Deiner, un alverniese di Vienna, il commerciante che forniva la legna alla famiglia Mozart. Un giorno va a fare la sua consegna e trova il musicista e sua moglie che ballano nel salone. «Che cosa fa?» chiede, «insegna a ballare alla signora?» «No,» risponde Wolfang, «avevamo freddo e ballavamo per scaldarci».
Un'altra volta, un vecchio accordatore va da lui per accordare il piano. «Quanto le devo?» chiede il compositore.
«Sono venuto tre volte,» fa il brav'uomo. «Diciamo, un tallero.»
Al ché, Mozart: «Un vecchio non si disturba tre volte per un tallero!» e gli dà un ducato, cioè il triplo.
È cosi che, un ducato di qui, un ducato di là, i soldi se ne vanno senza neanche accorgersene.
Due generazioni dopo, un musicista per molti versi meno geniale, Rossini, un bel giorno potrà ritirarsi dalla vita teatrale e vivere per trent'anni di rendita, occupandosi non più di musica, ma della confezione di cannelloni farciti di fois gras. I guadagni realizzati con le sue opere basteranno, insieme con un fortunato matrimonio, ad assicurargli una vita opulenta. Ma nel 1791 i diritti d'autore non esistono ancora! Quando un musicista compone un'opera, la vende una volta per tutte, fortunato se incassa un migliaio di franchi, un centinaio di ducati. L'opera non gli appartiene più e, anche se la si replica centinaia di volte, come il «Flauto magico», egli non riceverà nessun compenso supplernentare. Quanto ai brani di musica da camera, li vende agli editori. E sappiamo come trent'anni dopo, alla fine della sua vita, Schubert vendette i lieder del «Viaggio d'inverno», probabilmente i più belli che un musicista abbia mai composto, in ragione di un fiorino al pezzo, vale a dire quaranta soldi. Mozart vendette almeno i suoi manoscritti? Ho il sospetto che li regalasse. Il Concerto per clarinetto, uno dei suoi capolavori, lo offrì a quello stesso Stadler a cui prestava cinquecento fiorini.
Nessuno saprà mai quante sue composizioni siano scomparse. Bisogna rassegnarsi: della sua opera avremo sempre una visione parziale e incompleta. Quando parlano di Mozart, è molto raro che due interlocutori abbiano in mente le stesse opere: uno pensa alla musica sacra, l'altro alla musica drammatica; uno, ai brani per organo, l'altro alle serenate per orchestra. Questo dialogo di sordi va avanti da due secoli, con gli uni che parlano della grandezza di Mozart e gli altri della sua frivolezza, gli uni che lodano la sua scienza musicale e gli altri il suo gusto popolare.
 

L'anno 1791...

 

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