HOME
 

Schikaneder

 

SCHIKANEDER, il cui vero nome era Johann Joseph, si faceva chiamare Emanuel [...] Era in tutto e per tutto uomo di teatro, e nient'altro. Le sue intenzioni estetiche coincidevano di volta in volta con quelle del suo pubblico. Il suo intendimento artistico era volto esclusivamente a ciò che il suo potenziale spettatore avrebbe o non avrebbe voluto vedere o udire. Non aspirava a qualcosa 'di più alto', e non gliene facciamo torto, non aveva nemmeno i mezzi per qualcosa di più alto, privo com'era di formazione culturale. Aveva sì letto alcuni classici - tra i quali Lessing, che aveva rielaborato per lavori suoi - ma solo in funzione della loro possibilità di essere sfruttati e di far presa sul pubblico. È del tutto possibile che fosse un Amleto di successo, riteniamo invece improbabile che sia stato un grande Amleto, come assicurano ripetutamente i suoi apologeti.
I suoi maggiori successi furono del resto, com'è provato, quei lavori teatrali nei quali poté spiegare effetti scenici grandiosi, sia facendo appello attraverso i suoi attori e attrici alle reazioni emotive del pubblico, di cui immediatamente e ovunque indovinava i desideri, sia anche con l'uso dei più svariati macchinari, di giochi di luce, fuochi d'artificio, effetti sonori. Talvolta l'esito era buono, ma non sempre. [...] Dal punto di vista storico-culturale Schikaneder ha senza dubbio un certo rilievo, e doveva essere dotato di una personalità dall'influsso vivificante, ma è senza senso estrapolare quest'uomo dal contesto di un teatro ambulante e accostarlo a Mozart come partner alla pari, come i biografi fanno. [Wolfgang Hildesheimer, «Mozart», Milano, Rizzoli, 1982, pp. 339-340.]
Mozart conosceva Schikaneder da quando, nel 1780, il capocomico era passato da Salisburgo, in tournée con la sua compagnia teatrale. Schikaneder aveva ereditato, attraverso la moglie, la gestione del teatro Auf der Wieden, lo aveva ingrandito e vi dava spettacoli popolarissimi misti di musica e di recitazione: si trattava di Singspiele, per adoperare il termine tedesco. Ma questi Singspiele non avevano nulla di comune con «Il Ratto dal Serraglio», che a suo tempo era stato destinato a una sede nobile come il Burgtheater e che rientrava nel disegno politico di Giuseppe II per la nascita del teatro nazionale. Nei Singspiele di Schikaneder si mescolavano elementi popolari come le «macchine» teatrali, la comicità dialettale e naturalmente la musica. Vi si raccoglievano gli ultimi rivoli di una tradizione molto antica, risalente al secolo precedente, in cui le «macchine» avevano costituito una meraviglia del teatro barocco.
Schikaneder, che era un abilissimo uomo di teatro, si incaricò di fondere i materiali occorrenti per la nuova opera in progetto, «Il Flauto magico», prendendoli da lavori in cui il nesso tra i misteri egizi e l'attuale massoneria (un nesso che era moneta corrente nella cultura dell'epoca) era già sfruttato: ad esempio l'opera «Oberon» di Paul Wranitzky, che egli stesso aveva già messo in scena nel 1789, la novella «Lulu o Il Flauto magico» apparsa nell'ultimo volume della raccolta di fiabe, «Dschinnistan», pubblicato nel 1789 da Wieland, il celebre letterato che Mozart conosceva di persona fin dai tempi di Mannheim. Di suo, Mozart vi aggiunse l'esperienza fatta con le musiche di scena per il dramma massonico, «Thamos re d'Egitto», di Gebler." [Claudio Casini, «Amadeus. Vita di Mozart», Milano, Rusconi, 1990, p. 242]
HOME