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Molti elementi riconducono ai rituali delle varie associazioni massoniche esistenti in Austria [...]: l'insistenza sul numero 3 con la presenza dei tre Paggi e delle tre Damigelle che appartengono al seguito della Regina della Notte; la presentazione del principe Tamino come «postulante» o «cercatore» e la sua progressiva ascesa attraverso i gradi della gerarchia massonica; le prove del fuoco e dell'acqua cui viene sottoposto Tamino, dopo il suo incontro con i due uomini in armatura nera, e la presentazione al giovane di una misteriosa scritta, probabilmente il tetragramma JHVH, scolpito sulla piramide (una fase fondamentale del rito dei Rosa Croce); l'assalto al tempio di Sarastro da parte della Regina della Notte e del suo seguito, cui si è unito il nero Monostato, nella trentesima scena del secondo atto, allusiva al trentesimo grado del Rito Scozzese, denominato appunto «grado della vendetta».
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Infine, l'insistenza sul numero 18 (nella numerologia mozartiana, va letto 1 + 8 = 9, multiplo del fatidico 3) che ricorre in vari momenti dell'opera: Sarastro appare alla diciottesima scena del primo atto; il suo seguito è formato, all'inizio del secondo atto, da diciotto sacerdoti i quali cantano l'inno «O Isis und Osiris», la cui prima sezione è lunga diciotto battute; diciotto anni si attribuisce la vecchia orrenda che Papageno incontra alla fine dell'opera e che si trasforma nella giovane e graziosa Papagena nella quale l'uomo-uccello troverà finalmente l'anima gemella. [...]
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La comunità dei sacerdoti diretti da Sarastro costituisce il gruppo di alti reggitori destinati a guidare le sorti di un mondo formato da una società senza classi. ¡l clero cattolico, rappresentato dal nero Monostato la cui anima è nera come la sua pelle (gli ex gesuiti costituivano il nerbo del clero) è giustamente schiavo di Sarastro e castigato con 77 vergate: 7 + 7 (Mozart scomponeva sempre le cifre nei loro numeri) come i sette peccati capitali, le sette virtù teologali, a parte il fatto che il 7 è comunque il numero della perfezione biblica." [Claudio Casini, «Amadeus. Vita di Mozart», Milano, Rusconi, 1990, pp. 243-244 e 247]
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