BIOGRAFIA - SCRITTI 1848


Genoveva doveva essere eseguita nel '48 a Lipsia, ma l'ironia vuole che le si preferisca Il profeta di Meyerbeer, opera tra le più deprecate dallo Schumann critico. Il lavoro del compositore di Zwickau andrà in scena due anni dopo (solo tre repliche) ottenendo un modesto successo di stima. D'altronde l'opera, seppur notevole, risente di forti discontinuità e, per una volta, possiamo capire la perplessità del pubblico lipsiense. Il musicista pensa in seguito ad una seconda opera, valuta molti soggetti ma non trova l'ispirazione necessaria per andare oltre la composizione di alcune ouverture (Die Braut von Messina, Julius Caesar, Hermann und Dorothea), sintomo palese di una mancanza di sintonia con quel genere musicale.
Completata Genoveva, Schumann compone musiche per il Manfred di Byron,


JOSEPH-DENIS ODEVAERE - LA MORTE DI BYRON - CLICK TO ENLARGE

un poema caratterizzato da un esasperato romanticismo; e per realizzare il suo progetto sceglie una via differente: non un'opera lirica bensì musiche di scena, brevi interventi sinfonici e corali che avvolgono il testo e ne sottolineano le qualità drammatiche. Il risultato è certo più originale e aderente alle capacità del compositore. Ritorna anche al pianoforte e gli dedica due opere immortali che ribadiscono il suo antico amore per il mondo dell'infanzia e della natura incontaminata: l'Album della gioventù e le Scene del bosco. Sul frontespizio del primo pone alcuni significativi ammonimenti destinati ai giovani pianisti:

Suonate sempre con anima; suonate non solo con le dita, ma anche con la testa e col cuore; fate del Clavicembalo ben temperato il vostro pane quotidiano; completate i vostri studi musicali leggendo poesie e facendo passeggiate nei boschi; non aiutate a diffondere le cattive composizioni, al contrario aiutate a sopprimerle; le leggi della morale sono anche le leggi dell'arte; nulla di grande si può compiere senza entusiasmo; non si è mai finito di imparare; la migliore cura contro la vanità e la presunzione è lo studio della storia della musica.

L'invito alla serietà, alla sincerità, all'amore per il passato, all'ammirazione per le opere grandi si fonde allora con la speranza che l'energia creatrice non abbandoni mai l'artista ed anzi lo conduca sempre verso nuovi esiti, inesausto esploratore di ogni recesso dell'animo come di ogni non sperimentata possibilità stilistica; il tutto all'interno di una doverosa modestia, nella socratica consapevolezza che si conosce ben poco, forse poco più che nulla. Dentro a quegli "avvisi" c'è tutta la personalità di Schumann, generosa, umile, sempre in movimento, disinteressata e votata all'arte come ad una missione religiosa attraverso la quale si attua il miglioramento dell'uomo. [MURSIA-RAUSA]

***

Nell'agosto 1848 Genoveva è terminata. È in dubbio se proporla a Dresda o a Lipsia. Consegna una copia della partitura alla direzione dell'Opera Reale e ne manda un'altra a Wirsing, direttore del teatro di Lipsia. Nello stesso tempo scrive a Rietz [Julius Rietz (1812-1877), violoncellista, dedicatosi poi alla direzione d'orchestra. Fu successore di Mendelssohn a capo dell'orchestra di Lipsia] e a David per pregarli in via amichevole, di occuparsi della sua opera e, se è necessario, di difenderla presso Wirsing.
Poi torna a Faust e compone il solo pezzo ancor mancante della terza parte.
Durante l'estate non accusa né dolori fisici né smarrimenti mentali: confessa semplicemente che le partiture di Manfred e di Faust gli hanno richiesto uno straordinario dispendio di energie. Ma è soddisfatto di se stesso, della sua famiglia e della Società corale, da lui promossa e diretta, che canta a prima vista la Messa solenne di Beethoven.
Spesso rievoca Mendelssohn: «Non si può fare a meno di pensare sempre a lui, di parlarne continuamente». Ritorna anche con la mente a Mosca, e si compiace di rivivere le impressioni nei sei Improvvisi per pianoforte a quattro mani che intitola Bilder aus Osten (Quadri d'Oriente, op. 66).
A queste opere si aggiungono il Canto per l'Avvento su parole di Rückert, i primi pezzi delle Scene della Foresta e l'Album per la Gioventù (op. 68) sul frontespizio del quale scrive i suoi consigli ai giovani musicisti:

- Suonate sempre con l'anima.
- Fate del Clavicembalo ben temperato di Bach il vostro pane quotidiano.
- Le leggi della morale sono anche le leggi dell'arte.
- Nulla di grande si può compiere senza entusiasmo.
- Non si è mai finito d'imparare...

Generalmente lo stato di salute di Schumann segue il ritmo delle stagioni. Migliora e prende vigore con la primavera; è stazionario durante l'estate; declina, diventa febbrile in autunno e tocca il livello più basso con le giornate tristi, con le giornate brevi e avare di luce dell'inverno.


I primi mesi del 1848 trascorrono senza scosse notevoli. Non appena le tracce della fatica diventano visibili, Schumann sospende lo sforzo, sperando così di allontanare la malattia che è forse là in agguato. In quel "forse" sta tutta la sua angoscia. Qual nome poi deve dare al male misterioso di cui ha sentito già i morsi e che i medici, senza ulteriori spiegazioni, chiamano "affezione nervosa"?
Non è in suo potere disporre delle forze come vorrebbe; deve, di volta in volta, applicarne una parte a esaltarsi e l'altra a calmarsi. Così procedendo, egli avverte, senza tardare, i propri limiti, e tutte quelle soste, quelle partenze, quelle angosce lo irritano e lo avviliscono anche s'egli non sempre ne ha la sensazione.
Si affatica, ora per abuso di lavoro, ora per un'immobile costrizione. Senza farsi troppo accorgere, Clara lo osserva e ne ha quasi paura; lei, che è instancabile, vorrebbe addossarsi quel fremito doloroso che, fin troppo bene, vede sconvolgere lo spirito e le membra del marito.
Nel mese di giugno Liszt passa per Dresda: Robert e Clara lo accolgono con l'affetto di sempre.
"Il mio più vivo desiderio, - dice Liszt, - sarebbe di ascoltare il Trio in re minore".
Pronti a soddisfarlo, gli Schumann radunano alcuni amici. Liszt arriva molto in ritardo, applaude il Trio e accetta con piacere di sentire il Quintetto. «Bene, anzi benissimo, però manca di un certo liberalismo musicale; è un'opera, vorrei dire, troppo 'lipsiense'». Partendo da questa frase, Liszt si lancia in un parallelo fra Mendelssohn e Meyerbeer. Come se ignorasse l'opinione di Robert sugli Ugonotti e piú ancora la ferita che gli sanguina nel cuore allorché si parla davanti a lui dell'amico adorato, Liszt insiste sulle qualità brillanti di Meyerbeer e fa il nome di Mendelssohn associandolo all'idea della meschinità, del provincialismo. Se non che, tutto a un tratto, l'incantatore si trova di fronte uno Schumann sconosciuto che lo afferra per le spalle tremando. Nel silenzio che cala sui presenti, la voce di Robert si alza stranamente sconvolta e indignata; ingiunge a Liszt di tacere, afferma che la grandezza di Mendelssohn trabocca non soltanto da Lipsia, ma dall'intera Germania e che Meyerbeer non è altro se non un cece, cresciuto all'ombra delle querce.
Dopo aver profferito queste parole, Schumann se ne va senza salutare nessuno, lasciando Liszt rattristato ma soprattutto sbalordito. Nessuno, infatti, aveva mai visto il maestro in tale stato di agitazione, di collera, di mancanza di controllo. Per darsi un contegno, Liszt finge di non dar peso all'incidente e sostiene la conversazione con foga. Ma l'imbarazzo paralizza gli interlocutori e anche a lui non resta che andarsene. Prima di partire si avvicina a Clara per salutarla e le dice:
"Creda, Signora, da nessun altro avrei tollerato le parole che ha pronunciato suo marito".
Il pianista ritorna a Weimar e Schumann ai suoi quaderni. Robert appare sempre piú eccitato, irrequieto, affannato. Si giudica debole, perché cede troppo spesso alla tentazione del riposo; qualche volta, come per punirsi da se stesso, porta avanti contemporaneamente tre lavori: Genoveva, Faust e un nuovo lavoro che lo trasporta nelle sue regioni disperate: il Manfred di lord Byron.
Che Schumann abbia scelto Manfred per trarne un lavoro musicale è alquanto sorprendente. Noi vediamo benissimo ciò che in Byron ha potuto attirano: quel romanticismo assoluto, quella solitudine grandiosa del superuomo ammantato nella natura, quel contatto dell'eroe con le potenze invisibili. Ma ci fa meraviglia che il suo entusiasmo non si sia arrestato di fronte all'amore incestuoso di Manfred per la sorella Astarte; di fronte alla violenza del disprezzo, della rivolta e della negazione che finiscono col condurre Manfred a una collisione con le forze demoniache. Il totale, assoluto rifiuto di umiltà e di purificazione, manifestato da parte del poeta nei confronti di una passione mostruosa, sembra incompatibile con le qualità dominanti di Schumann: generosità, modestia, castità, religiosità e capacità di commuoversi musicalmente solo attraverso uno stato di simpatia spirituale.
Bisogna dunque concludere che tra Manfred e Schumann esistessero piú affinità di quante si potrebbe supporre a un primo sguardo; affinità profonde, anche se non distinguibili facilmente.
Mentre il pensiero di Byron spinge il proprio slancio fino all'estremo e mentre il poeta, partito dal peccato, percorrerà dl peccato tutta la sinistra parabola, Schumann resterà combattuto dal dualismo. Presso Schumann, il male non sopprimerà il bene; lo esalterà, invece, e gli comunicherà certe risonanze dolorose cosí fatte da conferire anche al peccato valore d'arte. Schumann non si rassegnerà ad ammettere la fine disperata del racconto romantico. Con l'aiuto dello studente Richard Pohl cercherà una conclusione piú consona alla propria natura. Manfred espierà in dolcezza, avvolto nel pentimento e nella luce. Così, Manfred diventa per Schumann una battaglia fra i principi opposti del bene e del male, una proiezione della frattura che nasconde nell'anima, un nuovo documento del suo dualismo.
Il dualismo esplicito in Manfred viene ad aggiungersi ad altri di piú lunga data. Il piú antico, come si ricorderà, si chiamava poesia-musica e si manifestò quasi contemporaneo a quello effusione-silenzio, strano dono di espansione accordato a un essere tanto invaghito dell'isolamento e della taciturnità. Fu poi la volta, all'epoca del fidanzamento con Clara, dell'urto fra desiderio e purezza, fra l'impazienza di Florestan e il ritegno di Eusebius. A questo, dopo il matrimonio, sarebbe seguito un ulteriore contrasto, l'intrecciarsi di felicità e di angoscia, l'armonia di un'esistenza conforme alle piú profonde aspirazioni eppure minacciata in perpetuo. Ma non è qui tutto. Nella doppia anima di Schumann si sono insinuati anche l'antagonismo fra il passato, sempre piú affascinante, e il presente; il conflitto fra il reale e l'immaginario, l'esigenza del lavoro artistico eccitante e la sua inconciliabilità con la malattia; infine la lotta insolubile fra soggetto ed oggetto, tra figura e forma, tra infinito e finito. Quest'ultimo conflitto, comune a tutti gli artisti, nel campo della musica ha trovato solo due esempi nei quali esso si sia risolto in letizia: gli esempi di Bach e di Mozart. In Schumann, al contrario, esso continua ad acuirsi in modo sempre piú doloroso.
Scrive Schumann:

Ho, io credo, dell'immaginazione... Non sono un pensatore profondo: non riesco mai a seguire conseguentemente il filo che ho ordito talvolta con abilità. Sono un poeta? Diventarlo è impossibile! Lo decideranno i posteri.

Ma qui egli parla di poesia, non di musica, e convien appunto notare che le idee musicali sono di natura radicalmente diversa dalle idee letterarie, filosofiche o positive. Musicista di razza, Schumann possiede la dote della consequenzialità musicale, il dono dell'effusione melodica, della costruzione e dello sviluppo tematico. Per ritornare a Manfred, sembra accertato che Schumann abbia avuto notizia della famosa lettera inviata da Byron all'editore Murray il 15 febbraio 1817. Comunque sia, il musicista, ben comprendendo che il poeta ha inteso scrivere un racconto fantastico, impossibile da rappresentarsi, si è limitato a comporre musiche di scena per un teatro irreale: una "ouverture", intermezzi, quadri sonori, come ne può ispirare il testo... [COLLING RIDOTTO E MODIFICATO]

***

Il primo atto [di Genoveva] fu terminato, in abbozzo, il 3 gennaio, ma solo sedici giorni dopo Schumann lo suonò a Clara (che il giorno successivo, il 20, diede alla luce il figlio Ludwig). Fra il 21 gennaio e il 4 febbraio fu abbozzato il secondo atto e la partitura fu completata il 30 marzo. Nel frattempo Schumann era entrato in grande agitazione - e Clara in serio allarme - in seguito all'insurrezione rivoluzionaria.
Il 18 marzo l'Haushaltbuch salutava la «primavera dei popoli» (Völkerfrühling), il giorno successivo annotava «le grandi notizie di Berlino». Fra il 3 e il 19 aprile Schumann compose tre canti patriottici e rivoluzionari per coro maschile e banda di fiati (originariamente numerati op. 65, ma mai pubblicati in vita). Il terzo atto di Genoveva fu abbozzato tra il 24 aprile e il 3 maggio; ii 6 maggio seguì il coro in Si bemolle maggiore "Gerettet ist das edle Glied" per il Faust (parte terza, n.4, ultima sezione). Il 25 giugno provò, in forma semiprivata, tutta la musica del Faust composta sino a quel momento (la terza parte delle Szenen) con coro e orchestra, con grande soddisfazione perché l'ultimo coro gli aveva creato grossi problemi. Due giorni dopo terminò l'abbozzo compositivo del quarto atto di Genoveva e, il 4 agosto, la partitura dell'intera opera. L'indomani cominciò ad abbozzare la musica per il Manfred di Byron, ma il lavoro fu interrotto dalla trascrizione per pianoforte a quattro mani della Sinfonia in Do maggiore e, tra il 30 agosto e il 14 settembre, dalla composizione dell'Album für die Jugend op. 68, i cui primi sette pezzi furono dedicati alla figlia Marie per il suo compleanno (ii 1° settembre). L'ouverture del Manfred fu «sostanzialmente completata» il 19 ottobre; tutto il primo atto fu abbozzato in un solo giorno, il 6 novembre, e l'intera partitura terminata il 23 novembre.
Schumann era in piena attività compositiva. Il 25 novembre 1848 cominciò a lavorare a due composizioni molto diverse, entrambe ispirate agli scritti di Rückert: l'Adventlied per coro e orchestra (completato in abbozzo il 30 novembre e orchestrato tra il 3 e il 19 del mese successivo) e i Bilder aus Osten per pianoforte a quattro mani, ispirati alla traduzione di Rückert del Makamen arabo di Hariri

e completati il 26 dicembre. Un altro lavoro pianistico di ispirazione letteraria fu la serie di Waldscenen op. 82 per pianoforte suggerite dallo Jagdbrevier di H. Laube (29 dicembre-6 gennaio 1849).

La muta di Portici d’Auber (22 febbraio 1848)

L’opera d’un beniamino della musica. Il soggetto ha sostenuto l’opera. La musica è troppo rozza, senz’anima, e inoltre orribilmente strumentata. Qualche scintilla di spirito, qua e là.

Oberon di Weber (18 marzo 1848)

Soggetto troppo lirico. Anche la musica inferiore in freschezza alle altre opere di Weber. Un’esecuzione trascurata.

1848

Ferdinando Cortez di Spontini
(27 luglio 1848)

Udito per la prima volta con rapimento.

Fidelio di Beethoven
(11 agosto 1848)

Cattiva esecuzione e tempi incomprensibili di Richard Wagner.

libretto di Robert Reinick, dalle tragedie Das Leben und Tod der heiligen Genoveva di Ludwig Tieck e Genoveva di Friedrich Hebbel

Opera in quattro atti

Prima:
Lipsia, Stadttheater, 25 giugno 1850

Personaggi:
Siegfried, conte di Brabante (Bar); Genoveva, sua moglie (S); Golo, suo luogotenente (T); Margaretha, strega (Ms); Drago, servitore di Genoveva (B); Hidulfus, vescovo (Bar); Balthasar (B) e Caspar (Bar), servi; cavalieri, gentiluomini, popolo, vassalli, servi, cacciatori

L'unica opera teatrale di Schumann fu composta a Dresda nel 1848. Al debutto ebbe tiepida accoglienza, e neppure in seguito ha goduto dei favori del pubblico: ripresa talvolta nel corso dell'Ottocento, è stata pochissimo rappresentata nel XIXº secolo. Una possibile ragione è da attribuire agli squilibri del libretto, nel quale non è difficile ravvisare la compresenza di parti di testo di Reinick (l'amico letterato e pittore cui Schumann aveva originariamente affidato la prima stesura), di Tieck, Hebbel e dello stesso compositore. Tuttavia Genoveva rappresenta forse il maggiore titolo teatrale nell'ambito dell'opera tedesca tra Weber e Wagner.

Atto primo. Congedatosi dall'amata moglie Genoveva e lasciatala sotto la tutela del suo luogotenente Golo, Siegfried, conte di Brabante, parte per combattere i saraceni al fianco di Carlo Martello. Golo si invaghisce di Genoveva e, in un momento in cui giace semiaddormentata, la bacia voluttuosamente; la strega Margaretha, che ha visto la scena, promette aiuto al luogotenente per ottenere l'amore della donna.

Atto secondo. Vedendo rifiutate le sue profferte amorose, Golo medita vendetta e, consigliato dalla perfida Margaretha, organizza un piano che metta in cattiva luce l'innocente Genoveva: fa in modo che i cortigiani penetrino di notte nei suoi appartamenti e vi trovino il fedele servitore Drago, precedentemente entrato per ordine dello stesso Golo. Mentre lo sfortunato Drago è condannato a morte, Genoveva viene rinchiusa nella torre del castello, in attesa del giudizio di Siegfried.

Atto terzo. Siegfried si trova a Strasburgo, ferito; qui riceve una missiva di Golo, che lo informa del tradimento della moglie. Impossibilitato a muoversi, Siegfried convoca Margaretha affinché gli mostri, attraverso uno specchio magico, quanto è realmente accaduto nel castello; Margaretha evoca false immagini, suscitando la sdegnata reazione del combattente, che manda in frantumi lo specchio magico. Intanto, alla strega appare lo spirito di Drago, che la minaccia di una orribile morte tra le fiamme se non racconterà la verità.

Atto quarto. Genoveva, che ha inutilmente proclamato al cospetto di tutti la propria innocenza, si trova in un bosco nei pressi del castello e sta per essere giustiziata da Golo: invano quest'ultimo le ha offerto salvezza in cambio del suo amore. Ma mentre la crudeltà di Golo sta per abbattersi sull'innocente, uno squillo di corni annuncia l'arrivo di Siegfried che, fatto ormai consapevole dell'innocenza della sposa, la trae finalmente in salvo, sgominando i crudeli sicari.

Lontana tanto dalla maestosa magniloquenza del grand-opéra francese quanto dal primato della melodia nel melodramma italiano coevo, Genoveva si colloca a pieno titolo nell'alveo della nascente opera romantica tedesca. Di tale modello condivide infatti tutti i principali tratti distintivi: la scrittura orchestrale, densa e preminente su quella vocale; l'uso ben calcolato del Leitmotiv, ai fini di una caratterizzazione sinfonica dei personaggi; la vocalità, impostata sulla libera declamazione del testo; il rifiuto delle forme chiuse e la preferenza per forme fluide, che si succedono l'una nell'altra senza soluzione di continuità; l'argomento di natura leggendaria, medioevale, cavalleresca; la predilezione per l'elemento fantastico-magico-demoniaco; la finalità etica dell’assunto, che suona come ennesima affermazione dell'amore coniugale (qui certo non è dimenticata la lezione del Fidelio ); la sconfitta delle forze del male. Nonostante le critiche di Wagner, che inutilmente suggerì a Schumann di modificare la struttura dell'opera, Genoveva non è priva di una certa evidenza teatrale: nei quattro atti in cui è esemplata, l'assunto drammatico si dipana con incisiva rapidità. L'unico rilievo critico che trova d'accordo pressoché tutti i commentatori è piuttosto la mancanza di una definizione psicologicamente approfondita dei personaggi: a parte Golo, di cui è sufficientemente delineata la contraddittoria figura di amante crudele, difficilmente la musica riesce a tratteggiare adeguatamente la malvagità di Margaretha, la nobiltà di Siegfried e la bontà di Genoveva. Un'altra possibile ragione della scarsa circolazione dell'opera consiste nella mancanza di pagine di facile presa; trattandosi di un'opera essenzialmente sinfonica, non è un caso che la pagina più giustamente famosa sia l'ouverture, un brano articolato in forma-sonata nel quale riecheggiano i Leitmotive principali (quello dell'amore di Golo per Genoveva, della rabbia di Golo per il rifiuto, del trionfo del bene sul male) e, con essi, i diversi climi espressivi dominanti nell'opera. [DIZIONARIO DELL'OPERA BALDINI & CASTOLDI]


1848

Ferdinando Cortez di Spontini
(27 luglio 1848)

Udito per la prima volta con rapimento.

Fidelio di Beethoven
(11 agosto 1848)

Cattiva esecuzione e tempi incomprensibili di Richard Wagner.